lunedì 7 novembre 2011

La Chisciotta e Sancio Panza operaio: considerazioni

Riceviamo da Gianfelice D'Accolti, attore protagonista nello spettacolo, alcune considerazioni sul testo e sulla rappresentazione.


È un testo teatrale che riflette sulla possibilità che l’utopia cambi la realtà.
I due personaggi-simbolo rappresentano due diverse modalità di affrontare la Storia, agita sul terreno pratico del mondo del lavoro: la Chisciotta, ex-padrona che reinventa se stessa nella sfida di affrontare un viaggio di redenzione del mondo, scommette sull‘utopia, sulla possibilità di ripensare un mondo non alienato e non succubo del fantasma della produttività; rinuncia al suo ruolo di capitalista e imprenditrice e parte in un viaggio senza meta che  vuole rifissare nella coerenza, nell’onestà e nel coraggio le regole del convivere civile. Ha bisogno di uno scudiero, un braccio fidato, lo trova in un operaio che ribattezza Sancio, come ella si è ribattezzata Chisciotta; egli é il rappresentante dell’universo operaista, ancorato al lavoro fisso non solo fonte di soddisfazione del proprio bisogno quotidiano, ma anche solo depositario della propria identità personale (non sono più nemmeno un operaio, non sono più nulla). Il chi si è, si identifica totalmente col cosa si fa. La Chisciotta, nel ribadire il primato della filosofia sulla economia, dell’agire sul fare, coinvolge in questo processo il proletario riluttante e timoroso di difendere sino alla fine la propria identità di salariato. Il patto, dapprima, si suggella come puro contratto, che l’operaio accetta per mero tornaconto: non ha capito il piano della Chisciotta, o almeno ne prende le distanze perché assorbito dalla preoccupazione dello svoltare la giornata. Chisciotta, sino quasi alla fine, rimane una pazza per lui. La rivoluzione e l’utopia si compiono quando Sancio rinuncia al posto fisso non in nome di un liberismo del mercato del lavoro che gli consentirebbe di entrare più agevolmente nel rinnovato meccanismo di domanda-offerta, ma per continuare la sfida della Chisciotta di portar lo scandalo della verità nel mondo ed evidenziare l’incoerenza del potere. Strumento ne diventa un animale umile e dolce che recano seco nel loro peregrinare da una città all’altra da un ufficio a un altro, l’asina Margherita che in città, nella banca,  dappertutto con la sua involontaria fortissima carica naturale smaschera nell‘uomo e nella donna di potere le loro vere immagini deformate dal Sistema. La Chisciotta sceglie di andare in giro armata solo di questo, di un’asina, che riporta in mezzo agli uomini la natura dimenticata o svillaneggiata dal profitto. Tramite questo rapporto salvifico con l’animale Sancio operaio riscoprirà in sé un’inaspettata carica umana e preferirà mettersi a un servizio più ideale e meno immediatamente interessato che non  portare a casa il mero stipendio. L’asina Margherita compie dunque la sua funzione redentrice soprattutto in Sancio che alla fine sceglie di esserlo veramente e fare propria la missione donchisciottesca della sua ex-padrona."

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