giovedì 31 marzo 2011

Vince chi si sapeva

Dunque è ufficiale, il concorso per 'comunichessa' al Comune di Prato lo vince la Tatti, come avevamo scritto: Serena Tatti, cugina di Francesca Arena, ex- compagna dell'attore pratese Luca Calvani , ufficio stampa di Panariello e deus ex machina della campagna elettorale del Cenni, attuale sindaco di Prato.
Contenti?


P.S. Ci dicono che la Arena è la compagna ancora attuale dell'attore pratese di Luca Calvani. Tanto perché ci piace esser precisi.

La politica arrapata va sul palco

Dopo aver visto Vendola fare Masaniello a teatro, la giunta pratese ha deciso di emularlo e va in scena.  No comment su questi politici, si commentano da sé. Alla gente piace la volgarità e questa politica-pollaio:  tuttavia sono tutti epigoni di Berlusconi, che come politico o-sceno resta il più bravo. Per chi pratese non fosse: il titolo della commedia a cui parteciperanno i nostri politici locali, "ArraPrato" è un gioco linguistico fra 'arrapato' e il nome della città. (T'è capì, Brambilla? Non volevi mica che facessero sul palco il pratese Gaetano Bresci? Lui al massimo, lo puoi 'cliccare' fra i tuoi pratesi preferiti sul sito internet del Comune. Ganzo,no?).

Comunicato stampa del Comune: Stamani la CONFERENZA STAMPA per la presentazione di "ArraPrato, dalle origini alla replica" . Il nuovo spettacolo delle Pagliette del Buzzi "ArraPrato, dalle origini alla replica", in programma al Teatro Fabbricone venerdì 15 e sabato 16 aprile con il patrocinio del Comune di Prato, sarà presentato giovedì 31 marzo alle 11.00 presso l'Istituto Tullio Buzzi in una CONFERENZA STAMPA. La rappresentazione, tratta dalla Rivista 2010, comprenderà varie sorprese, tra cui la straordinaria partecipazione sul palco di membri della giunta comunale...Saranno presenti il preside Erminio Serniotti, l'assessore alla Cultura Anna Beltrame e la compagnia di attori e ballerini delle Pagliette protagonisti dello spettacolo. Il ricavato sarà devoluto a Telefono azzurro. Si prega di inviare un fotografo ed un operatore tv.cb

IO STO CON FULVIO

E bravo Fulvio, che vuole spazzare via la vecchia e trita nomenclatura del potere arcigno!
Anche se noi non facciamo parte dell’ARCI, anzi spesso la contrastiamo per via del suo attaccamento al Partito, di cui in sostanza è una emanazione, sosteniamo Fulvio Silvestrini e le sue idee, e speriamo che entrino in quella ormai stanca associazione e la ravvivino.            

«Presidente Bianchi per favore non si ricandidi»La richiesta di Silvestrini alla vigilia del congresso provinciale dell’Arci
BA. BU.(Il Tirreno)

 PRATO. Fulvio Silvestrini, socio dell’Arci dal 1988 e presidente della Bottega d’Arte di Iolo alza la voce e chiede la modifica dello statuto del congresso in nome della democrazia. «Contesto un meccanismo di elezione della presidenza secondo me poco democratico - dice - che anziché venire dal basso si basa sulla fiducia avallando la continuità».
 Un’osservazione che arriva puntuale a pochi giorni dall’apertura del prossimo congresso provinciale che si svolgerà venerdì 1 e sabato 2 aprile a Vaiano. «Ho invitato il presidente Paolo Bianchi a dimettersi dopo venticinque anni di mandato - continua - se vogliamo un’Arci che faccia il bene comune e non l’interesse di pochi, è l’ora di aprire a persone e idee nuove».
 Alla luce di queste considerazioni Silvestrini chiede di modificare l’articolo 19 dello statuto attualmente in vigore, quello del 2007, che regola l’elezione del presidente. Nello specifico questo regolamento prevede che sia il consiglio territoriale a eleggere il vicepresidente e la presidenza su proposta del presidente, mentre a suo parere l’elezione dovrebbe avvenire dal basso scegliendo tra 10-15 soggetti indicati dal consiglio. «La presidenza è il massimo organo decisionale dell’associazione - afferma - se non è una decisione plurale, ma indicata dal presidentenon può essere democratica».«Ci tengo a dire che la mia non è una battaglia personale, ma etica - insiste - contesto una gestione sbagliata dell’Arci».
 Quella che Silvestrini immagina per il futuro è un’associazione «meno dipendente dai partiti e più aperta ai saperi, alla conoscenza, all’arte e al pensiero filosofico», spiega. «Per costruire un mondo migliore, a misura di bambino - continua - occorre elevare il ruolo dell’associazione». Per questo compito, Silvestrini aveva proposto in passato una triade femminile all’interno della quale spicca il nome di Michela Bongiovanni (Cesvot). Oggi aggiorna la proposta di allora suggerendo il nome di Giuseppe Cornacchia, artista, e membro del regionale.


mercoledì 30 marzo 2011

L' uso improprio del Teatro Metastasio

Ancora nulla di ufficiale sul concorso per 'comunicatore' del Comune di Prato, che sarebbe stato vinto dalla signorina Serena Tatti, cugina della signorina Arena che ha curato la campagna elettorale del sindaco Cenni.
Speriamo domani. Tra l'altro il luogo dove si svolgeva il concorso è stato il Teatro Metastasio. Non mi sembrava che prima si facesse uso del teatro cittadino per fare i concorsi comunali. Probabilmente mi sbaglio.
Ma anche questo la dice lunga sul doppio nodo che lega il bandolo. D'altronde prima di Umberto Cecchi, con la Presidente Cardillo, che ora sta in Regione, era uguale.
Però una differenza c'è: nessuno aveva così sfacciatamente usato il teatro cittadino come luogo di propaganda, spacciata per partecipazione, come ha fatto questa giunta con il serial teatro-televisivo di Prato-incontra. Questo uso volgare e improprio è nuovo. Che serve fare le opere se poi il potere occupa (e ha occupato!) lo spazio così? Cosa possono dire le opere anche se fatte bene, artisticamente intendo, se il libero pensiero è censurato e la parola è solo quella del potere, ora l'uno ora l'altro?
Il pubblico non si accorge di nulla, e pensa di andare a teatro a vedere drammi e commedie, ascoltare musiche: le migliori del mondo, e non s'accorge dell'inganno. Altro che educazione del pubblico, per cui i teatri ricevono anche finanziamenti! Il pubblico deve essere ingannato, non deve sapere, conoscere il meccanismo.
Non ho sentito una parola da parte dell'opposizione sull'uso improprio del Teatro Metastasio. O no?

A chi servono profughi e clandestini, ovvero alcuni consigli per la cosiddetta Sinistra

E' ormai chiaro a chi servono i nuovi profughi e, soprattutto, i clandestini nordafricani.
Alla Destra.  Essa se ne ciba abbondantemente per la propria esistenza, su di essi sulle loro sciagure, sulle nostre paure, continua a proliferare, e non solo la Lega. E' un gioco squallido, bestiale. Non ha nessun vero interesse a fermarli.
Il clandestino che spinge alla porta di casa è quello che ci vuole per salire nelle stanze del potere, la Destra per questo è chiamata a governare dai cittadini impauriti. Pensateci voi.
Dunque viene da sospettare della gestione di queste persone da parte di un ministro come Maroni, che a questo punto, per come ha trattato l'isola di Pantelleria, dovrebbe dimettersi.
Quando gli albanesi arrivarono sulle coste pugliesi, il governo italiano in breve tempo agì e non li sfruttò elettoralmente. Erano gli anni novanta. Il governo italiano andò dagli albanesi  strinse accordi, dette sostegno e fece anche un bel po' di affari.
Ora tutto è cambiato, e l'assessorino Silli fa la voce grossa con Rossi, e dice che non vuole nemmeno dieci disperati a Prato. Continua l'abile propaganda del governo locale e, se non cambiano le cose, l'assessorino farà carriera.
E' su questo che la Sinistra gioca il suo futuro, e se non lo capisce, a Prato perderà di nuovo le elezioni. E nel Nord-Est riprenderà forza la Lega, e così via.
E' su questo punto che si gioca il nostro futuro politico, sia a livello locale che nazionale. La Sinistra non può parlare come il Papa; deve tener conto delle paure irrazionali, della grettezza della propria popolazione, e che non tutti sono pronti e bravi come loro ad 'accettare' il diverso. Che è molto facile per uno come Silli parlare come parla, oltre che da irresponsabile, ma la gente, la massa sta dalla sua parte. La gente sta con uno come Milone, che proprio la cosiddetta Sinistra ha portato dove sta e che si fa bello dei successi coi cinesi, senza però dire tutta la verità: che è la crisi che li sta decimando a Prato, non solo i controlli di polizia.
Dunque, signori, sbrigatevi ad attuare una strategia diversa, senza timore, altrimenti non tornerete, né andrete da nessuna parte: come la precedente, e più della precedente la prossima campagna elettorale si baserà sulla questione immigrati.

martedì 29 marzo 2011

Non sterili polemiche quelle sul museo etrusco di Carmignano

Ecco l'articolo dell'assessore Buricchi di Carmignano, uscito oggi su La Nazione,  che risponde alla lettera del Prof. Centauro che abbiamo già pubblicato. Trascriviamo anche la contro-risposta del professore. Di nostro aggiungiamo questo: per primi abbiamo osservato che l'apertura del museo di Carmignano doveva essere fatta anche, almeno anche, in Provincia di Prato. O si deve andare solo da chi dà i soldi? Non si pensa anche alla comunità?
Sosteniamo anche noi che il museo dei reperti di Gonfienti deve essere a Prato, e non si tratta di sterili polemiche provinciali, perché non facendolo, si diminuisce l'importanza storica della città etrusca sul Bisenzio , e non si passa ai fatti, ovvero all'apertura di un parco archeologico in loco.
Tra l'altro osserviamo questi punti che si possono trarre dalle dichiarazioni di Buricchi:
1. Fabrizio Buricchi confida che i reperti di Carmignano sono stati restaurati a Prato: ma dove, se non all'Interporto? Si presume al Mulino dell’Interporto,  altrimenti dove?  E' regolare questa procedura? Non è uso improprio della struttura dell'ex-Mulino data dalla società Interporto in comodato gratuito, ma con costo annuo gravante per oltre €. 100.000 nel bilancio di quella? La Soprintendenza avrebbe dovuto usare quelli spazi esclusivamente per laboratorio dei soli scavi pratesi, o come?
2. L’assessore non dice dell’apertura del polo museale interprovinciale -che affiancherà tra non molto il museo aperto provvisoriamente l'altro ieri-:  ma quello con quali reperti?
Si ricorda che la direttrice degli scavi, la signora Poggesi, ha rifiutato nel 2009 l’antiquarium di Villa Niccolini dove esiste da tempo (per ora sospesa) un’opzione di acquisto da parte del Comune di Prato.

Cliccare sull'articolo per ingrandirlo
Risposta all’ass. Fabrizio Buricchi del Prof. Giuseppe Centauro
"Gli Etruschi a Prato
In merito al Museo Archeologico di Artimino, ringrazio per il suo pronto intervento l’assessore Buricchi  anche per l’opportunità che mi offre di chiarire ai lettori un paio di concetti alla base della mia riflessione che sono stati colti solo come espressioni strumentali a “sterili polemiche”. In primo luogo perché ho applaudito senza condizionamenti alla creazione del nuovo museo di Artimino. Infatti ritengo che ogni sito rilevante archeologicamente dovrebbe avere un proprio antiquarium anche per far capire al grande pubblico il senso del territorio di appartenenza, il contesto stesso della storia. Di questo concetto sono un convinto fautore come ho avuto modo di ribadire da tempo in ogni sede, da quelle  universitarie alle parrocchie,  dalle scuole ai  circoli. Semmai, più discutibili appaiono  le deduzioni scientifiche indotte sulla presenza etrusca a Prato che si vorrebbe emanazione coloniale di Artimino, così com’ è stato scritto, posta  a cuneo nel cuore dell’ager fiesolano, annullando in tal modo, prima ancora di conoscerla, la vera identità della grande città tardoarcaica sul Bisenzio.  D’altronde, reperti di Gonfienti trovano già ospitalità a Villa Corsini a Castello,  e probabilmente, come più volte dichiarato dalle stesse autorità istituzionali,  con l’estensione interprovinciale del polo archeologico di Artimino, non tarderemo a  vedere  altri pezzi dedotti della Piana Fiorentina anche nella nuova sede museale.  Così come, a breve, vedremo reperti dell’abitato del Bronzo, tratti dalla medesima  area di scavo bisentina, collocati nella Rocca Strozzi a Campi Bisenzio. Ritornando quindi al museo di  Artimino, diciamo che questi due giorni di pre-apertura hanno mostrato al pubblico solo una parte dei tesori archeologici pratesi, intendendo quale area pratese anche la comunità di Carmignano. Vedremo alla riapertura. Consideri dunque, caro assessore, che il mio intervento valga come un principio di “museografia preventiva”, a tutela futura dell’intero  territorio pratese, oggi vilipeso da un punto di vista archeologico in alcune sue aree. Non nascondo il fatto che avrei desiderio di  vedere realizzata, in un giorno non troppo lontano, una rete museale completa, con i capolavori di Gonfienti al centro della sala d’ingresso del nuovo Museo Civico di Prato, ed ancora,  un grande Antiquarium dei reperti  di scavo, insieme ad un sempre attivo  ed aperto laboratorio di restauro,posto  direttamente in prossimità di un funzionale centro visite a Gonfienti, finalmente allestito in modo conveniente all’ingresso del Parco Archeologico degli Etruschi sul Bisenzio, da porre certamente in collegamento con gli itinerari della Calvana e  del Monteferrato, oltre a quelli del Montalbano.  Questo è il mio autentico e solo auspicio, di cittadino prima ancora che di studioso, “strumentale” alla crescita culturale della città quale ricchezza autentica delle risorse archeologiche della provincia di Prato." (29 marzo 2011).

Si scioglie il 'bandolo': ecco la vincitrice del concorso per uN' espertISSIMA in comunicazione

Notizie ufficiose che circolano frenetiche a Prato ci dicono che la vincitrice del concorso per un esperto in comunicazione del Comune di Prato è...Serena Tatti, cugina di Francesca Arena, ex- compagna dell'attore pratese Luca Calvani, se non si  'sbàgliola' , ufficio stampa di Panariello e deus ex machina della campagna elettorale del Cenni, attuale sindaco di Prato.
Dicono che ha risposto a tutte le domande. 
Non risultano esperienze di ufficio stampa da parte della ragazza. A La Nazione collabora alla rubrica del tennis. Sarà vero?
Aspettiamo conferma da parte del Comune di Prato.

Impianto anaerobico e la pellicola 'Fronte della Palazzina'

Cari amici,
voi tutti che avete votato la truppa cenniana destro-civica nella speranza cambiasse qualcosa: mettetevi l'animo in pace. Alle Pantanelle va l'impianto anaerobico che il Comune di Prato vuole costruire. Addio aironi cinerini, addio! Così sarete serviti,  insieme al termovalorizzatore di Case Passerini, con il Parco della Piana di Prato Firenze Pistoia. 
Lo dice il Borchi, assessore all'ambiente, che intanto non cura i campini di calcio, li lascia abbandonati. Che non si preoccupa neanche un po' della mobilità alternativa, o della spazzatura alternativa.
Intanto faranno confusione con il PIT (Piano di Indirizzo Regionale), rivogliono gli 800 ettari sottratti loro dalla Regionastra per costruire le case al popolo (parlano di edilizia popolare e giocano al comunista), preparano dibattiti pubblici nel teatro pubblico con soldi pubblici, a'muina, il fronte palazzinaro è già in azione e già si gira una pellicola a Prato, una dal titolo che ricorda quella più famosa sul porto... "Fronte della Palazzina". Marlon Brando è morto, ma il parrucchiere di Borchi giura che l'assessore è pronto a sostituirlo.

Testuali parole del Borchi che si leggono su un quotidiano, oggi:
" L’intezione del Comune è quella di avviare in fretta la progettazione dell’impianto anaerobico per lo smaltimento dell’organico nell’area Gida. «Che è il più difficile - conclude Borchi - e che noi vogliamo trasformare in una risorsa»."

lunedì 28 marzo 2011

Da bando a bandolo

Pubblicata oggi un'altra puntata relativa al concorso per 1 esperto in comunicazione del Comune di Prato.
Oggi il Comune risponde a un altro quesito posto da un concorrente in merito alla graduatoria, e questo a dimostrazione che il bando è stato scritto male e in fretta e furia.
In totale sono già tre puntualizzazioni che hanno dovuto fare per spiegare il bando, un vero collasso comunicativo.

Bando per il conferimento di incarico per 1 esperto in comunicazione: quesiti.

"Domanda: il candidato a colloqui ha richiesto, in data 27 marzo 2011, di essere informato sulla formazione di una graduatoria.

Risposta del dirigente responsabile del procedimento Dott. Antonio Avitabile: i candidati che risulteranno ideonei saranno inseriti in una graduatoria che avrà la stessa durata dell'incarico. Chi si classifica al secondo posto potrà essere chiamato soltanto in sostituzione del primo."

Il campetto

Come contributo al mio articolo sul campino abbandonato di Casale,  per cui presto partiremo con  raccolta firme e protesta contro questo nostro 'Comunello' pratese, il mio amico Tonguessy che saluto, mi manda questo contributo scritto qualche tempo fa. In altre parti d'Italia i campini, che lui chiama altrettanto bene 'campetti', sono del tutto scomparsi.


Chi ha parecchi capelli bianchi come il sottoscritto si ricorda di com'era l'Italia degli anni '60. Poche macchine, tante biciclette, le vespe e le lambrette. E nugoli di ragazzini figli del baby-boom del decennio precedente quando, finita la guerra, si era tornati alle cose normali: il lavoro, la famiglia, la casa. I figli rappresentavano la speranza del "darci un taglio" così straordinariamente testimoniato dalla nostra Costituzione: lavoro per tutti, mai più guerra, democrazia. Noi bambini dell'epoca eravamo tanti e, come tutti i bambini, giocavamo. Tra i giochi dell'epoca alcuni sono ormai scomparsi, purtroppo. 
Pindolo, ad esempio. Gioco semplicissimo fatto con un vecchio manico
 di scopa opportunamente adattato che ricalcava le orme del moderno baseball. Oppure il carrettino costruito con un asse, il solito manico di scopa con due cuscinetti alle estremità avvitato alla fine dell'asse ed un pezzo di legno imbullonato all'estremità opposta con sotto il terzo cuscinetto a fare da sterzo. I cartoni quando c'era una discesa e neve o, meglio, ghiaccio e ci si lasciava scivolare e poi si risaliva. Poi il sempiterno calcio. 
 Il campetto rappresentava il fulcro sociale dei nostri giochi, l'agorà ludico dove tutti i giochi avevano luogo, con l'esclusione del carrettino, delle corse in bici o dei "giri d'Italia" con i tappi corona che necessitavano di strade asfaltate. Campetto o piazzetta che fosse tutti i pomeriggi dopo la scuola o anche la mattina durante le vacanze ci si trovava lì. Non c'era nè il televisore con i suoi Disney Channel nè la Playstation. Oggi invece abbiamo Sky, playstation, computer e molto altro ancora: auto in quantità (abbiamo il più alto rapporto auto/abitanti d'Europa), ed una autentica chicca della globalizzazione: le zanzare tigre, attive 24h al giorno.  Abbiamo però perso quel campetto, diventato ormai condominio, case a schiera o selciato progettato da qualche  illustre architetto. Non ci sono più quei giochi semplici ma non ci sono più, a ben guardare, neanche i bambini. Dove saranno finiti? Tra tv, playstation e computer non si schiodano proprio mai di casa? Per chi ha bambini in età scolare sa che esiste un'alternativa: il patronato. Che, differentemente dal campetto, è di proprietà privata. Anzi appartiene ad un altro Stato. Dove lo Stato fallisce subentrano i privati, oppure un altro Stato che si vede garantito il diritto a mantenere degli spazi di condivisione sociale all'interno del territorio Italiano. Territorio Italiano che altrimenti non avrebbe spazi di socializzazione minorile.   Buffo, no? I nostri figli per svolgere attività ludiche devono quindi entrare in quella parte del territorio Italiano gestito da un altro Stato, perchè il nostro, quello delle belle speranze del dopoguerra, non ha più niente da offrire. Grazie ed una accorta politica di saccheggio territoriale è stato cementificato tutto. Perfino i pochi spazi "pubblici" sono di appannaggio delle macchine, parcheggiate in ogni dove. Ne hanno diritto, visto che pagano la tassa di circolazione. I nostri figli invece, non pagando niente, non possono accampare  diritti.

domenica 27 marzo 2011

Il campino abbandonato, ovvero come la politica continua a essere occupazione di potere

A Casale di Prato c’è un campino di calcio comunale, ormai quasi del tutto abbandonato. I ragazzi non sanno dove andare a giocare, a incontrarsi, e allora sono costretti a chiedere asilo alla parrocchia, che però non è attrezzata come dovrebbe, per esempio non ha una rete di protezione e il pallone  che va fuori è causa di discussioni con i confinanti.

I ragazzi sono consapevoli di dare fastidio, ma non sanno cosa fare. Il campino comunale è inagibile, non è curato.

Con i ragazzi abbiamo deciso di raccogliere le firme.

Ecco la percezione che ha la gente della politica comunale, che continua a essere occupazione di potere.

Le strutture sono abbandonate, e cominciano a  vedersi i segni  concreti dell’abbandono.

sabato 26 marzo 2011

Recensione di Pratopezza

MAILA ERMINI PORTA IN SCENA IL SUO PRATOPEZZA AL TEATRO LA BARACCA, UN NOVELLO PINOCCHIO IN SALSA PRATESE

In via Virginia Frosini al numero 8 c’è un piccolo teatro, “ La Baracca”, che esiste nella nostra città dal 1993, fondato dopo la ristrutturazione di una officina di rimessaggio di una comunità contadina. E’ un luogo poco conosciuto e ristretto, ma indipendente e aperto a qualsiasi proposta per la messa in scena di spettacoli dalle tematiche sociali e ambientali.All’interno di questo spazio si avvicendano rappresentazioni per adulti e per ragazzi, con una stagione che al momento presenta soprattutto pièce scritte dalle due anime del progetto, Maila Ermini e Gianfelice D’Accolti. Questa sera, sabato 26 marzo, alle ore 21 salirà sul palco “Pratopezza”, scritto e interpretato da Maila Ermini. Il personaggio di Pratopezza è un po’ un novello Pinocchio: nasce da un rotolo di tessuto e incappa in esperienze e situazioni al limite del possibile. Oltre a essere un po’ scontroso e ribelle, è simpaticissimo, goloso di cantucci di Prato e di vin Santo, ma soprattutto un grande inventore di storie, tante e diverse come i fili di tessuto con cui è stato prodotto: ogni singola toppa, ogni parte di sé, proveniente da vecchi stracci malmessi, gli hanno trasmesso una quantità infinita di storie. Uno spettacolo molto simpatico che unisce il divertimento alla riflessione; il nostro passato riemerge con prepotenza in una storiella non solo per bambini che, con atmosfere che ricordano tanto Carlo Collodi, riconferma la grande genialità della Ermini, che abbiamo potuto apprezzare anche poco tempo fa al Teatro Magnolfi di via Gobetti. (Elia Frosini, Notizie di Prato)

Dibattito sul teatro


(Questo dibattito nasce dal blog di Anna Bandettini , Post teatro, sul sito internet di La Repubblica)
Buongiorno, Marco.
Le problematiche esistenti in ‘provincia’ hanno sfaccettature diverse da quelle che tu dici per Roma, per esempio in Toscana l’esistenza di monopoli culturali fortissimi hanno da tempo fatto morire ogni possibilità di ‘emergere’ o circuitare a chi non è un nome o non fa parte di gruppi sostenuti politicamente o graditi perché utili in qualche maniera. La Fondazione Toscana Spettacolo possiede quasi tutte le piccole sale della regione e i grandi teatri, come il Metastasio di Prato, la fanno da padrone e coltivano la produzione ‘mitologica’, oltreché commerciale, ma di quel tipo raffinato e apparentemente ‘alto’, radical-chic. Tra l’altro i teatri importanti vengono giocati in modo sfacciato sulla scacchiera partitica e le nomine e le assunzioni sono solo gestite in tal senso, generando uno spettacolo a dir poco farsesco, ma con grave danno al teatro stesso. Meno forte, ma certo presente, è la percezione del teatro commercial-televisivo come lo descrivi tu, piuttosto è stato aiutato il teatro amatoriale (che comunque quasi sempre genera teatro commerciale), anche perché serve per il consenso. Non esiste, e non si vuole che esista, una idea del teatro come possibiiltà di lavoro serio.
Accolgo il tuo invito al dibattito, ormai assolutamente necessario, anche perché, come ho già detto, non si tratta solo di finanziamenti, ma anche di meccanismi truccati, di inganni che vanno scoperti.

Maila Ermini


“La città e i suoi teatri” di Marco Lucchesi TEATRO DUE ROMA
Se osserviamo la programmazione teatrale che offre la città di Roma non possiamo fare a meno di rilevare un dato piuttosto singolare: già ad una prima, sommaria analisi risulta infatti evidente come, negli ultimi anni, si sia registrato un graduale e costante sbilanciamento dell’offerta culturale verso un “prodotto” di tipo commerciale, ispirato ai linguaggi ed ai generi propri dell’intrattenimento e della televisione. Occorre inoltre evidenziare come questa tendenza si sia sviluppata – per forza di cose – a discapito di proposte di maggior spessore, contribuendo così a destrutturare quel tessuto, già fragile, di spettatori preparati e predisposti all’approfondimento di esperienze intellettuali man mano sempre più raffinate e complesse. In altri termini, quindi, la sperequazione dell’offerta che si è andata consolidando ha provocato una lenta ma inesorabile rinuncia da parte delle strutture teatrali alla propria funzione di formazione ed emancipazione culturale del pubblico, in favore di una politica esclusivamente ricreativa, predisposta al confezionamento di prodotti spendibili sul mercato dell’intrattenimento. Il teatro manca, in ultima analisi, di quel pluralismo che contraddistingue invece l’industria cinematografica, i cui mille volti diffondono generi e tematiche assolutamente diversificati, nel rispetto di un pubblico equilibrato e multiforme.
Il progressivo depauperamento delle risorse economiche destinate al teatro ha certamente contribuito a costruire un contesto nel quale la sopravvivenza del settore è direttamente proporzionale alla capacità dei singoli di reperire fondi attraverso il sistema economico, commercializzando le proprie proposte secondo i principi imposti dal marketing. Gli spettacoli che ne derivano sono confezionati appositamente per andare incontro alle esigenze del pubblico ed assecondarne a tutti i costi i gusti e le ambizioni di svago. Tali scelte sono, inoltre, direttamente incentivate dalla maggiore facilità con cui i mezzi di comunicazione in generale concedono loro spazi di visibilità e promozione, in ragione dell’omogeneità del cosiddetto target di riferimento.
Le istituzioni, d’altra parte, non hanno adottato nel corso degli anni alcuna strategia volta ad arginare questa desertificazione culturale né tantomeno hanno varato iniziative utili a preservare ed incoraggiare la scelta di quanti abbiano tentato di percorrere una strada alternativa a quella ludica che – per quanto legittima – risulta essere ormai pressoché l’unica opzione presente a Roma. L’assenza di misure organiche a sostegno di attività più costruttive ma meno redditizie si accompagna – paradossalmente – alla proliferazione di leggi e disposizioni economicamente penalizzanti che si traducono in oneri stritolanti soprattutto per un certo tipo di offerta, non supportata dalle preferenze del mercato. Le programmazioni determinate in questo modo, di conseguenza, diventano specchio di una condizione piuttosto che di una libera scelta e sono incapaci di riflettere liberamente le culture e le progettualità degli operatori impegnati nel settore. I fondi eventualmente reperiti grazie alle capacità imprenditoriali dei singoli gestori – sfruttando tanto le opportunità del commercio quanto il coinvolgimento di finanziatori privati – restano a loro volta imbrigliati in un meccanismo di autoconservazione, a scapito di moti di crescita e sviluppo che arricchiscano la propria attività e – di conseguenza – il panorama culturale in generale.
La storia recente della nostra città – con il triste elenco di tutti i teatri che sono stati costretti a chiudere i battenti – dimostra come, ad oggi, la volontà di aprire e di gestire una sala teatrale sia un’impresa da considerarsi assolutamente fallimentare ed evidenzia come la mancanza di politiche mirate abbia ingenerato un progressivo impoverimento del territorio stesso costretto a privarsi – per il prevalere del sistema economico su qualsiasi valore civico e culturale – di importanti luoghi di crescita per tutta la società civile.
Roma, in ultima analisi, offre al nostro sguardo uno scenario intellettuale gravemente deficitario con una programmazione teatrale non all’altezza delle sue responsabilità storiche e culturali, soprattutto se considerate in relazione al ruolo assunto nei confronti dell’Italia e dell’Europa intera.
Alla luce di queste osservazioni appare doveroso e, mai come ora, urgente aprire un momento di dibattito e di riflessione con tutti gli operatori del nostro settore per interpretare insieme la deriva in atto e trovare una strada per deviarne la rotta.

venerdì 25 marzo 2011

Duchamp e la politica

di Tonguessy

Duchamp inventò l'arte (chiamarla pittura sarebbe riduttivo) ready-made.  La Fontana (orinatoio) rimane a tutt'oggi il più brillante esempio di arte del '900 assieme alla sua Monna Lisa coi baffi.[1] Ready-made: quasi raffazzonato, fatto alla bell'e meglio. Non più ampollose nature morte, ma pezzi di vita quotidiana. Non più Arte ma ready-made: la distanza tra artista e uomo comune viene così azzerata.
E l'uomo comune si domanda quindi se quando piscia nell'orinatoio non stia in realtà facendo Arte. O pisciando sull'Arte. O se sia sempre stata Arte quel coso nei bagni del bar.
Lo stesso processo si sta avverando in politica, grazie all'avvento del politically ready-made. Una volta c'era il politically correct, quell'idiozia che voleva parità di diritti radicalchic. Chiaramente per la legge del contrappasso questa operazione di facciata sanciva l'esistenza di pretese sempre maggiori da una parte e fregature sempre più imponenti dall'altra. Il frutto del politically correct è il politichese, linguaggio ricco di magniloquenti parole ma poverissimo di significati. Non si offende nessuno, non si dice un bel niente. Si diventa così diversamente politici.
Qui trovate un'esempio: [2]
"Il quadro normativo estrinseca il superamento di ogni ostacolo o resistenza passiva al di sopra di interessi e pressioni di parte, evidenziando ed esplicitando, nel rispetto della normativa esistente, la trasparenza di ogni atto decisionale."
Potrebbe essere Napolitano che ci dice che stiamo bombardando Tripoli o la Gelmini che ci informa che le università italiane saranno chiuse a breve.
Ma così come l'homo industrialis ha dovuto cedere il passo all'homo oeconomicus, anche il politically correct deve ora cedere il passo al politically ready-made.
Il politichese ha finito la funzione, ha rimbambito le masse al punto giusto ed ora si può passare alla seconda parte del piano: la quotidianità dei politici al "servizio" delle masse; dove per quotidianità si intendono le demenze di una classe politica ormai completamente fuori bolla, che invece del respiro lungo dei predecessori sa solo offrire i brevi e smorzati respiri tipici di chi è in affanno e soffre di gravi disturbi.
Noi italiani siamo al passo con i tempi, con il nostro premier che si ostina a chiamare comunista chiunque la pensi diversamente da sè stesso, ben sapendo che i comunisti sono spariti dall'Italia all'epoca della Bolognina (o sùbito dopo). Dare poi del comunista a Travaglio o Di Pietro…..
Se volgiamo lo sguardo altrove non troviamo di meglio. La Russia e la Cina con il loro mancato veto alla risoluzione ONU 1973 hanno dato il via al bombardamento libico. Politically ready-made. Diplomazia raffazzonata. Che ci guadagnano da quei bombardamenti? La Cina con un suo veto avrebbe stilato un'alleanza petrolifera molto consistente con Gheddafi. La Russia avrebbe potuto allungare la mano su alleanze importanti con un veto. Invece Putin manda parole pesantissime all'indirizzo USA (e che mettono in affanno anche Medvedev) solo dopo avere sottovalutato il peso della sua astensione.
Gli USA vogliono il comando delle operazioni libiche mentre Francia e Italia si lanciano invettive al vetriolo. La diatriba Sarkozy-Berlusconi trasmuta gli epici scontri tra titani in miserrimi scontri tra nani.
Potenza del ready-made. Ci manca solo Brunetta che abbai contro il postino.
Gli inglesi non stanno certo a guardare e mandano centinaia di militari britannici del Sas, lo Special Air Service, a sostengo dei rivoltosi.
Sicuramente la lezione irachena non è stata sufficiente, e Cameron vuol far vedere a Blair che anche lui sa impantanarsi per bene in operazioni dagli esiti più che incerti.
E' una tipica situazione lose-lose, dove nessuno dei grandi attori internazionali sa esattamente se ne guadagnerà qualcosa in termini geopolitici. Pensateci bene: se lo fanno è per dimostrare qualcosa a sè stessi. A costo di rimetterci tutto, come nel caso dei nostri lucrosi affari libici andati in fumo. Alla faccia della tanto decantata indipendenza energetica voluta e perseguita da Berlusconi. Adesso che la indipendenza energetica è andata in fumo, tutto quel gas chi ce lo darà?
In quanto agli USA, sanno benissimo di non potere aprire un terzo fronte bellico. Perchè quindi sono arrivati a lanciare 110 Tomahawk? Cosa vuole dimostrare Obama? Che si è ben meritato il Nobel per la Pace forse?
La Francia che ci sta guadagnando poi?
Sono convinto che tutta questa pessima messinscena (se non fosse che i morti causati sono veri, purtroppo) stia solo a sancire l'inizio dell'era del politically ready-made, che segue il tramonto del politically correct.
In questo momento non è più importante per i politici dire cose insensate nel nome della par condicio. Adesso è urgente far notare alle masse le proprie problematiche comportamentali, ovvero la propria pendenza psichiatrica.
Il risultato del ready-made ce l'aveva suggerito Duchamp un secolo fa:
chiunque a questo punto può fare Arte, o Politica. Avete messo l'Arte e la Politica in una situazione tale per cui qualsiasi cosa diventa migliore.
Anche un'orinatoio.

[1]http://fiolau.blogspot.com/2006/11/la-fontana-di-duchamp.html
[2]http://www.sandrodiremigio.com/giochi/generatore_frasi_senza_senso.htm

Terzo articolo su Metropoli : NON C'E'

Contrariamente agli accordi, e senza dirmi nulla, METROPOLI non ha pubblicato nessun articolo nella mia - a questo punto - vacillante rubrica.
Se non riceverò spiegazioni, pubblicherò i due articoli sul blog.
Finirò anch'io come Grillo?

POSTILLA DELL'ULTIMA...ORA!
Sembra che non l'abbiano messo per mancanza di spazio e perché c'era un articolo più importante... Dunque vediamo la prossima settimana.

GLI ETRUSCHI DI PERIFERIA TROVANO CASA

Pubblico un articolo del Prof. Giuseppe Centauro in merito all'apertura del parco-museo etrusco di Carmignano, Prato.  Anche il professore mi sembra perplesso riguardo alla mancata presentazione in Provincia di Prato, come ho osservato ieri su questo blog.

“Ricordate gli “Etruschi di periferia”,  presentati nel 2001 come l’anomalia archeologica pratese. Ebbene questi    “etruschi di periferia” trovano adesso, con buona pace di tutti, la loro ultima dimora in collina. Assistiamo post mortem  di Gonfienti  ad una nuova  diaspora degli etruschi in terra di Toscana, dopo un lungo peregrinare di oltre nove anni si realizza infatti  il Parco archeologico di Carmignano e si apre il nuovo museo di Artimino. Una struttura quest’ultima  che viene a raccogliere oltre ai magnifici reperti rinvenuti sul Montalbano, anche alcuni preziosi frammenti di Gonfienti, che si sommano ad altri oggi variamente dispersi tra Villa Corsini a Castello e i depositi fiorentini . Questi  reperti sono il frutto dei ritrovamenti tratti dagli scavi bisentini, già contestualizzati alle strutture murarie bonificate archeologicamente nell’area dell’interporto . Si tratta comunque, nel caso del parco e del museo,  di realizzazioni lungamente attese dalla comunità che vanno ad occupare uno vuoto espositivo fortemente avvertito da tempo. Salutiamo quindi con  grande senso di responsabilità questa speciale occasione, valutando molto positivamente il fatto che la Regione, dopo l’ambiguo esito del convegno del Pecci del 2006, ritrova gli Etruschi dell’area pratese, ponendoli alla ribalta del grande pubblico intorno ad  un percorso turistico piacevole ed ameno, lontano da zone troppo problematiche. Peccato semmai che la storia e la museografia richiedessero una maggiore attenzione topografica per quei reperti e un maggiore rispetto per il contesto originario. Possiamo beffardamente osservare come  la fortuna dell’ etrusca Artimino, sorta sulle ceneri della città etrusca sul Bisenzio, si ripeta oggi a distanza di 2500 anni. Tanto che la delocalizzazione in altura dei resti dello  sfortunato insediamento di Gonfienti sembra assumere un significato del tutto particolare, da leggere quasi si trattasse di una sorta di “conservazione preventiva”, pensando che avremo a breve l’opportunità di vedere in questi pezzi magistrali dell’antichità  etrusca  i brandelli di una storia troppo spesso negata, pensando in definitiva che è pur sempre meglio averli sotto gli occhi piuttosto che saperli sepolti in qualche recesso dello scalo merci. Applaudiamo allora senza tentennamenti alla celebrazione dell’evento inaugurativo ormai prossimo per l’imminente apertura al pubblico del  parco e del museo.  Intanto oggi si è fatta la presentazione di questo nuovo percorso in Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze , non a Prato, come ci si sarebbe aspettato, magari con cerimonia solenne in Provincia e con i cittadini  che fin qui si sono adoperati per la salvezza della città etrusca, ma tant’è. E così ricorderemo che la città di Prato è rimasta fuori  dalla attesa celebrazione della sua più antica origine."
Giuseppe Centauro

IL FRONTE PALAZZINARO BIPARTISAN DELLA PIANA FIRENZE PRATO PISTOIA

Nonostante i distinguo dal Sindaco Cenni, nonostante non vogliano muover guerra alla Regione, tuttavia la pensano esattamente come lui (il sindaco che da verde è ormai ben grigio!), e rivogliono gli 800 ettari sottratti dal PIT regionale allo 'sviluppo' della città di Prato!: sono quelli della Rete imprese, e c'è anche la Confartigianato, di cui faccio parte, ma da cui mi dissocio totalmente . E visto che ci tengono tanto allo sviluppo, naturalmente vogliono sviluppare anche l'aeroporto di Peretola. Insomma, in questa corsa palazzinara il Cenni avrà anche il sostegno delle opposizioni.

m.e.
Pit, niente guerra alla Regione . Mazzanti (Rete imprese): «Sugli 800 ettari serve la concertazione.
La questione Pit: sindacati e associazioni chiedono un incontro a Rossi
CRISTINA ORSINI- IL TIRRENO

 PRATO. E’ il segretario di Rete imprese Prato, l’associazione che riunisce Confartigianato, Cna, Confesercenti e Confcommercio, uno dei sostenitori di una linea autonoma delle categorie economiche, rispetto al Comune, nell’affrontare la questione Pit, il piano territoriale della Regione che, nel tracciare la perimetrazione del parco della piana, ha bloccato d’imperio 800 ettari in più di aree comunali.
 Fabio Mazzanti, architetto, direttore di Confartigianato Imprese, di prendere le armi contro la Regione proprio non vuole sentire parlare.
 Direttore, mi spieghi il senso della vostra iniziativa: è una presa di distanza dalla linea espressa dal sindaco Roberto Cenni che non più di una settimana fa, sul Pit, ha chiamato a raccolta tutte le forze della città per avviare un’azione comune contro la Regione?
 «Il documento che abbiamo sottoscritto due giorni fa (Rete imprese Prato, Unione industriali, commercianti e sindacati ndr) è la dichiarazione dell’esistenza di una grande coalizione tra organizzazioni cittadine e che ha la convinzione che i problemi di Prato debbano essere risolti senza crociate e senza dichiarazioni di guerra ad alcuno, ma attraverso una concertazione con la Regione».
 Ed è per questo che avete chiesto, in piena autonomia, un incontro con il presidente Enrico Rossi?
 «Direi che la richiesta di incontro col presidente è il minimo comune denominatore individuato dai soggetti della coalizione, all’interno della quale restano, pur tuttavia, posizioni sfumate. Intendiamoci bene, la differenza tra quanto noi affermiamo e la linea del Comune non si pone in termini di contenuti, tanto che continueremo il confronto con l’amministrazione comunale. Riteniamo però che sia necessario un accordo tra tutte le istituzioni e tutte le organizzazioni della città per capire se si può raggiungere risultati non con uno scontro, ma con un dialogo con la Regione per arrivare a una presa d’atto dei problemi di Prato e inducendo contemporaneamente una riflessione sulle soluzioni. Bisogna che la Regione capisca che vogliamo un confronto e non una guerra, tantomeno dichiarata per ragioni politiche».
 Primo punto in discussione?
 «Il dimensionamento del Pit che va modificato per consentire lo sviluppo delle imprese e della città. E’ questo l’obiettivo minimo che ci poniamo».
 Che rischi vede, nella perimetrazione del parco, la “grande coalizione”?
 «Le spiego subito. I vincoli imposti dal Pit non intervengono solo sulla nuova programmazione urbanistica ma anche su quella passata. In pratica anche se un terreno privato è classificato come edificabile nel Prg vigente, con la salvaguardia torna agricolo a meno che non sia già concessionato, abbia cioè ottenuto la concessione edilizia o il permesso di costruire dal Comune. E questa ci appare una regola molto discutibile anche dal punto di vista giuridico. Inoltre noi pensiamo che Prato, città in trasformazione sia dal punto di vista produttivo che residenziale, abbia assoluta necessità di polmoni nei quali estendersi. E per due motivi: tante imprese sono in corso di ristrutturazione e hanno diritto, per reggere, ad ampliarsi, modificarsi o allargarsi e lo possono fare solo sui quei terreni di proprietà, limitrofi alle aree urbane, buona parte dei quali, però, sono stati messi in salvaguardia. Interi quartieri di Prato, inoltre, hanno urgente bisogno di riqualificazione, prendo ad esempio il Macrolotto zero. Per alleggerire carichi e volumi c’è uno strumento: la perequazione che però è possibile se sul territorio restano aree libere sulle quali trasferire i volumi perequati. Ma se queste vengono messe in salvaguardia salta tutto».
 La richiesta alla Regione è quindi di ottenere la restituzione degli 800 ettari?
 «Esattamente. Ed è necessario un incontro con il presidente Enrico Rossi perchè è lui che deve capire la situazione della città e intervenire. Prima che la variante Pit vada in consiglio perché i margini di intervento, soprattutto a livello numerico, una volta che la pratica sia arrivata in aula, potrebbero essere esigui».
 Mazzanti che ne pensa dello sviluppo di Peretola?
 «Quello che ne pensano Rete impresa e industriali: che la messa in sicurezza dell’aeroporto fiorentino sia ormai inderogabile; che la pista giusta sia quella convergente (spostata di alcuni gradi rispetto a quella parallela all’autostrada e di meno impatto sull’abitato pratese ndr) e che un city aeroport così vicino possa fare bene a tutta l’area metropolitana ma se ben collegato con lo scalo intercontinentale di Pisa. La questione vera resta, però, al di là di ogni modernizzazione o sviluppo di Peretola, capire quanti investimenti siano necessari per collegare l’area aeroportuale fiorentina con tutto ciò che le sta intorno. Per ora non c’è nemmeno un bus che ci arrivi».

Torna Pratopezza

Sabato 26 marzo, ore 21, al Teatro La Baracca torna Pratopezza, la prima maschera pratese. Come Pinocchio nasce dal legno, Pratopezza nasce dal tessuto e vive in un portaballe.  Racconta storie, e ne ha tante dentro si sé, tante quante sono i fili del tessuto di cui è fatto...
Pubblico e critica hanno molto gradito lo spettacolo. Vi aspettiamo; lo spettacolo non è solo per ragazzi.

giovedì 24 marzo 2011

Terzo articolo su Metropoli

Venerdì 25 marzo esce il mio terzo articolo su Metropoli, edizione di Prato.
Dato che questa volta gliene ho mandati due, non so esattamente quale seglieranno.

m.e.

Alcune domande sul parco archeologico di Carmignano, ovvero come le bombe possono essere di più qualità

Oggi si inaugura in Regione il parco etrusco di Carmignano. Non ne sappiamo nulla.
Perché non si presenta anche in Provincia di Prato? Non hanno diritto i cittadini  della provincia di Prato a essere informati sulle caratteristiche di questo parco del 'loro' territorio? Si ha paura di domande o reazioni legate alla vergogna vivente della città etrusca di Gonfienti?
Questo parco significa che la città di Prato non avrà mai il suo museo, relativo agli scavi di Gonfienti? I reperti della vergogna vivente di Gonfienti andranno tutti là? Perché? Si pensa forse che la città di Prato contenga troppi musei? Si pensa forse che questa richiesta implichi un atteggiamento eccessivamente campanilistico?
Con questo parco di Carmignano -in collina - si chiude il futuro della città etrusca di Prato,  Gonfienti - nella Piana?
Con questo parco di Carmignano si vuole ribadire che Prato è città industriale e lo sarà sempre e che quindi noi invece dei parchi vedremo ancora e sempre fiorire capannoni?
Come le bombe vengono sganciate dall'oggi al domani e più nulla è nel potere dei cittadini, così il potere decide sulle sorti culturali, piccole bombe che distruggono il nostro futuro, anche ecologico, anche economico.

Maila Ermini

 FIRENZE – Il nuovo museo archeologico di Artimino e il parco archeologico di Carmignano saranno presentati nel corso di una conferenza stampa domani, giovedì 24 marzo, alle ore 12.00, a Palazzo Strozzi Sacrati, Piazza Duomo 10, a Firenze.
Saranno presenti Cristina Scaletti, assessore regionale alla cultura, Doriano Cirri, sindaco del Comune di Carmignano, Maria Rosaria Barbera, soprintendente per i Beni Archeologici per la Toscana, Edoardo Nesi, assessore alla Cultura della Provincia di Prato, Gabriella Poggesi, soprintendenza per i Beni Archeologici per la Toscana e Maria Chiara Bettini, direttore del nuovo Museo Archeologico di Artimino.

Dario Rossi 
(Comunicato della Regione Toscana)

mercoledì 23 marzo 2011

Cultura: siamo incazzati neri, e non solo per via dei soldi mancanti

Come si sa, venerdì 25 marzo prossimo sarà sciopero della cultura contro i tagli ai finanziamenti. 
Come abbiamo già detto, noi parteciperemo a questo sciopero e condividiamo i motivi della protesta.
Tuttavia non basta parlare di soldi, non basta.
Ma voglio sottolineare la mia esperienza, quella di un teatro indipendente che riceve sporadicamente miseri spiccioli; voglio non lamentarmi del fatto che gli spiccioli siano pochi, ma dell'indifferenza di tutti i rappresentanti della cultura locali. Anzi, dello scherno  e ostilità, un vero e proprio mobbing,  che abbiamo ricevuto indistintamente dall'una e dall'altra parte politica. Da enti, che ora capeggiano la protesta per i taglia alla cultura, dell'una e dell'altra parte politica.
Assessori che mai si son fatti vedere, assessori alla cultura dico;  presidenti di commissioni cultura; direttori dei teatri importanti, nessuna curiosità nessuna voglia di capire.
In questi anni ognuno ha guardato nella propria stanzuccia per vedere se c'era caldo a sufficienza.
La tecnica è stata ed è quella che non ti considero, faccio finta che non esisti, e così ti uccido: in primo luogo perché la tua cultura non mi serve, perché non ti allinei. Perché a questo serve la cultura nelle menti di certi personaggi: vetrina, come ebbe a dire l'ex-sindaco di Prato Romagnoli.
E' da qui che discende lo scempio messo così bene in atto, fatto non solo da lui, del governo Berluscones.
Facciamo qualche nome di campione locale a mo' di per esempio: la Presidente della Circoscrizione Sud di Prato, Luisa Peris, che non si è mai degnata, se non una volta per sbaglio e un'altra per motivi elettorali, di varcare uno spazio che è nel territorio di sua competenza; che anzi, in particolare a partire dal mio impegno politico indipendente, mi ha punito facendomi lavorare  me e chi lavora con me, in luoghi  inadatti  e a volte squallidi del territorio, primo per non valorizzare il teatro fedifrago, e poi per  portare avanti un falso e ipocrita concetto di spalmare la cultura nel territorio, in realtà per rafforzare i centri e le associazioni compiacenti.
Infatti, se avessero veramente voluto spalmare la cultura non avrebbero fatto morire la Bottega d'Arte Comune di Iolo, morte che hanno decretato a causa di Fulvio Silvestrini, punito per il suo impegno contro la Multisala di Capezzana, oltre che per aver abbandonato la Chiesa Cattolica Romana (è un prete!).
Mi piacerebbe tanto che Fulvio mostrasse quel video in cui, nel 1995, l'allora sindaco Mattei inaugurò il "Giugno con l'Arte" a Iolo. Se lo ricorda, signor Mattei che ora si trova in consiglio regionale a fare il gioco delle tre carte? E poi avete fatto di tutto per distruggere quel piccolo centro culturale, che costava ben poco. A Fulvio avete tolto tutto. Una vera vergogna.
Questo tipo di comportamento si chiama persecuzione, sottile persecuzione, mobbing messo in atto dalle istituzioni contro chi pensa con la propria testa!
Non basta, non basta lamentarsi per i soldi che mancano, che è sacrosanto, ma dobbiamo dire veramente qual è il re nudo e che la cultura la si sostiene quando sostiene il potere. Punto.Tutto il resto viene spazzato via.
E ora a Prato  si dice che non ci sono i soldi. E i 50 mila Euro che è costato il serial cine-teatrale di Pratoincontra organizzato per sostenere con clac la giunta Cenni?
E il sostegno che viene dato quasi esclusivamente a Metastasio e Pecci, per via - dicono - degli stipendi che bisogna certo pagare perché da Roma i soldi sono pochi?
E tutti gli altri artisti, gli stipendi degli altri, non esistono?

Cosa hanno fatto in pratica per la cultura in questa città, che tanto s'è sciacquata la bocca con la parola cultura? Nulla, se non accentrare tutto e chiudere gli spazi. E non certo solo per mancanza di soldi.
Hanno soffocato la base, la creatività, l'impegno, hanno distrutto le basi per un possibile lavoro futuro.
Destra, Sinistra Centro: sono tutti ugualmente responsabili della morte della vita della cultura.

M.E.

martedì 22 marzo 2011

Bando per esperto in comunicazione del Comune di Prato: continuano le perplessità

Dunque oggi il Comune pubblica un altro comunicato su questo benedetto bando per 1 esperto in comunicazione, comunicando (ahi, la comunicacion!) testuali parole:
"Domanda: il candidato al colloquio ha richiesto, in data 19 marzo 2011, di essere informato sugli argomenti del colloquio.
Riposta del dirigente responsabile del procedimento dott. Antonio Avitabile:
Il colloquio avrà come oggetto il curriculum del candidato e le esperienze professionali maturale, relative alle caratteristiche dell'incarico. Nel colloqui verranno valutate le competenze del candidato connesse allo svolgimento dell'incarico stesso, ad es. la conoscenza della normativa in tema di comunicazione e informazione, le conoscenze in materia di organizzazione di eventi, la conoscenza degli strumenti tenici per la creazione e elaborazione e diffusione di comunicati, con particolare riferimento all'utilizzo pratico degli strumenti multimediali."

Ora la nostra domanda è:
1. perché nel testo si parla del candidato e non di un candidato che avrebbe richiesto? E' stato già deciso il candidato che sarà ammesso al colloquio oppure si tratta di una svista linguistica?
2. che il bando sia stato frettoloso e mal impostato lo si evince anche raffrontando altri bandi del Comune di Prato, come per esempio quello di facilitatore linguistico, che invece, rispetto a questo era ricco di dettagli, molto aperto, anche nel titolo di studio richiesto, e quindi non ha avuto necessità di tutte queste aggiunte.

Si ricorda che il primo bando è stato oggetto di censura da parte della stampa regionale, come abbiamo già osservato in questo blog (cfr. il 24 febbraio e, in particolare, l' 8 marzo)
Si richiede da parte del Comune maggiore attenzione nel redigere comunicati così importanti, e, invece di essere restrittivi, di dare a tutti, fermo restante le leggi in materia, uguali opportunità per concorrere, così come è previsto dalla nostra Costituzione.

Posta, gratta e vinci

Stamani sono passata alla Posta e, prima di inviare la lettera, mi hanno chiesto se volevo un gratta e vinci.
Prima di rispondere, prima di capire, un impiegato ha urlato: -Questo signore ha vinto! - Era un signore anziano, confuso e contento. Aveva vinto 5 euro.
Ai clienti ora la Posta offre anche questo servizio, presto immagino farà da ricevitoria dei vari giochi statali.
All'impiegata che aspettava la mia risposta, ho detto, brusca: - Non voglio vincere niente, grazie. -
-Evidentemente, - ha sentenziato lei - non ne ha bisogno, è ricca. - 
-No, non lo sono affatto. Sono però del tutto scandalizzata dal fatto che vi prestiate a questo meccanismo, cara signora, che tra l'altro rallenta il servizio."
L'impiegata ha arrossito. 
Sono dispiaciuta di essere stata dura, durissima, ma quello che ho visto è disgustoso.
Aver studiato filosofia non mi ha fatto guadagnare mai niente, ma sì risparmiare tantissimo.

m.e.

lunedì 21 marzo 2011

Ancora in merito al concorso per esperto in comunicazione del Comune di Prato


Devo tornare a parlare del concorso per l'esperto in comunicazione del Comune di Prato.
Sollevo molte perplessità riguardo al rifiuto che è stato fatto dall'amministrazione per alcuni candidati laureati in filosofia, lettere eccetera.
Credo che l'interpretazione stretta che è stata fatta per questo concorso dell'articolo 2 della legge che regolamenta l'accesso del personale agli uffici stampa debba essere rigettata: come si legge nell'articolo che trascrivo è sì richiesto il diploma di laurea in relazioni pubbliche o scienze della comunicazione, ma anche di altre lauree con indirizzi assimilabili che sono anche la laurea in filosofia e in lettere, e altre lauree quando possono essere corredate da esperienza o formazione in strutture  pubbliche o private del settore, come possono essere i giornali o altro (vedi l'allegato B dello stesso regolamento).  

Così recita l'avviso del Comune di Prato: "E’ indispensabile il possesso del titolo di studio previsto dall’art. 2 c. 2 del DPR 21.9.2001 n. 422, applicativo della legge 150/2001, e l’iscrizione presso l’Ordine nazionale dei giornalisti."
Questo è l'articolo 2, commi 1 e 2 della legge citata nell'avviso: 
Articolo 2- Requisiti per lo svolgimento delle attività di comunicazione
1. L’esercizio delle attività di comunicazione nell’ambito degli uffici per le relazioni con il pubblico o delle analoghe strutture di cui all’articolo 6 della legge 7 giugno 2000, n. 150, fatte salve le norme vigenti nei diversi ordinamenti che disciplinano l’accesso alle qualifiche, è subordinato al possesso dei requisiti di cui ai successivi commi 2 e 4.
2. Per il personale appartenente a qualifica dirigenziale e per il personale appartenente a qualifiche comprese nell’area di inquadramento C del contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto Ministeri o in aree equivalenti dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i comparti di contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il presente regolamento, è richiesto il possesso del diploma di laurea in scienze della comunicazione, del diploma di laurea in relazioni pubbliche e altre lauree con indirizzi assimilabili, ovvero, per i laureati in discipline diverse, del titolo di specializzazione o di perfezionamento post-laurea o di altri titoli post-universitari rilasciati in comunicazione o relazioni pubbliche e materie assimilate da università ed istituti universitari pubblici e privati, ovvero di master in comunicazione conseguito presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione e, se di durata almeno equivalente, presso il Formez, la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e altre scuole pubbliche nonché presso strutture private aventi i requisiti di cui all’allegato B al presente regolamento.


Allegato B (articolo 8, comma 2)
REQUISITI PER LA SELEZIONE DELLE STRUTTURE PRIVATE ABILITATE ALLE

ATTIVITÀ DI FORMAZIONE.

A) Adozione, nella pianificazione esecutiva della formazione che si intende erogare, dei modelli formativi di cui all’allegato A previsto dall’art. 7 del regolamento.
B) Comprovata esperienza pluriennale accumulata nel campo della formazione in generale, di cui per almeno un biennio nel campo della formazione del personale di pubbliche amministrazioni.
C) Documentata competenza nello specifico settore della comunicazione e delle pubbliche relazioni.
D) Livello professionale dei formatori che devono essere di accertata competenza ed esperienza (docenza universitaria in discipline relative alla comunicazione e pubbliche relazioni e docenza universitaria relativa alle discipline amministrative, iscrizioni ad albi ed associazioni professionali relativi alla comunicazione, all’informazione e relazioni pubbliche da almeno tre anni, funzioni dirigenziali in strutture pubbliche e private in settori relativi alla progettazione organizzativa ed alla gestione dei sistemi di informazione/comunicazione, altre analoghe e qualificate figure professionali).
E) Valutazione continua delle attività formative, sia attraverso strumenti di autovalutazione, sia attraverso strumenti di valutazione di impatto dell’intervento formativo dopo il ritorno dei partecipanti nelle rispettive amministrazioni.
F) Capacità logistiche e stabilità economica e finanziaria.
G) Ricorso alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione e disponibilità di sale multimediali attrezzate.

Per sapere cosa sta accadendo al Ponte sullo Stretto

Dato che l'informazione è quella che conosciamo, copio un indirizzo su cui si possono reperire le informazioni sullo stato di lotta contro il ponte sullo Stretto di Messina. Recentemente c'è stata una assemblea dei cittadini, anche per denunciare che i soldi che Società Stretto di Messina utilizza per finanziarsi varie attività andrebbero piuttosto indirizzati alla messa in sicurezza del territorio devastato dai nubifragi.
http://www.noponte.it/
Copio anche questo importante comunicato:

INIZIERANNO AD APRILE 2012, SECONDO I PIANI DELLA STRETTO DI MESSINA, I LAVORI DELLE ‘OPERE A TERRA’. EUROLINK, IL CONTRAENTE GENERALE, HA PREVISTO QUATTRO MESI PER I TEMPI DI CANTIERIZZAZIONE: SERVIRANNO PER MONTARE ‘IN LOCO’ I MACCHINARI NECESSARI ALLA COSTRUZIONE DELLE GALLERIE DELLA TANGENZIALE CHE COLLEGA LO SVINCOLO DI GIOSTRA CON QUELLO PREVISTO A FARO.

Recensione di Anito e Garibalda

A cura degli studenti di Radiospin, la webradio degli studenti del polo universitario di Prato (http://www.radiospin.poloprato.unifi.it/)

ANITO E  GARIBALDA con Maila Ermini e Gianfelice D’Accolti.
Scritto e diretto da Maila Ermini.

I mille volti dell’Italia unita, questo il titolo della rassegna di spettacoli teatrali ospitati al Teatro Magnolfi Nuovo, per celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, a partire dall’11 marzo 2011 e fino al 10 aprile.  Il secondo appuntamento è stato con Anito e Garibalda di Maila Ermini, attrice, sceneggiatrice e regista attiva a Prato con il suo Teatro La Baracca già dal 1993, andato in scena il 13 marzo.
“La banalizzazione della storia ad opera della TV” è il concetto-chiave semplice ed attuale sul quale si basa lo spettacolo. La rievocazione dello storico viaggio fatto da Garibaldi e dalla sua compagna Anita e il loro ruolo all’interno della storia italiana è qui affidato al gioco perverso dello stravolgimento televisivo del REALITY, in cui gli stessi protagonisti vengono assoldati per la guerra dell’audience. Perciò lo spettatore, destinatario del prodotto infiocchettato persino da slogan pupù-pupù-pupùbblicitari, non si stupirà di vedere un Anito un pò “transgender” (solo per esigenze di copione) ma pronto a concupire aspiranti starlette per averne i favori in cambio di fantasmatiche parti da protagonista nel programma, ed una Garibalda un pò burbera ed impacciata nel difendere il suo ruolo storico, ma pur ligia nel suo lavoro tanto da bacchettare il compagno distratto dalle conquiste, ribadendo il  suo primato, beninteso, solo per amor di pubblico! Ne esce così una parodia sarcastica e brillante in cui si susseguono incidenti di percorso, incontri imprevisti, stacchetti musicali, gaffe che rimandano a luoghi comuni dal sapore provinciale che ben dipingono un’Unità non ancora raggiunta, e un’Italia tutta da ripensare.
Silvia Antichi

domenica 20 marzo 2011

Un grazie alla Feltrinelli di Prato

Ho appena terminato la presentazione del mio libro su Gonfienti e mi preme ringraziare la Feltrinelli di Prato per la disponibilità, la professionalità dimostrata nell'accoglierci, ma soprattutto grazie perché ho potuto parlare in piena libertà.
(E per il sistema di diffusione della voce in tutta la libreria che permetteva di ascoltare la presentazione senza  farsi notare, dovrebbe dire grazie anche qualcun altro).

Maila Ermini

sabato 19 marzo 2011

GONFIENTI, STORIA DI UNA BATTAGLIA

Domenica 20 marzo, alle ore 17,1 presso la libreria Feltrinelli di Prato presentazione del libro Gonfienti, storia di una battaglia di Maila Ermini.

LA GUERRA A CASA NOSTRA

E dunque, almeno che non cambino le cose, abbiamo la guerra sotto casa. L'Italia pronta a lanciare missili, a mettere in campo portaerei. Il giorno dopo della festa dei 150 anni.
E questo anche grazie a una classe dirigente incapace, che traffica massimamente con i propri affari, che tratta dei propri affari, che sostiene ed è sostenuta dai propri clan, che dà potere e ne riceve dalla proprie puttane (e quando parlo di puttane intendo donne e uomini indistintamente), una classe dirigente incapace di tenere una linea politica estera dignitosa e non meramente affaristica. Una classe dirigente ignorante e volgare.
L'Italia vuole esserci in questa guerra contro il dittatore Gheddafi, un signore farneticante di sé, come tanti ne abbiamo visti nascere in questi anni, che ha soggiogato il popolo mettendolo nella disperazione, dittatore che in questi anni è stato trattato con i guanti bianchi dal governo italiano, che è stato fatto accampare con i suoi soldacci e le sue follie, a cui sono state aperte le banche, i consigli di amministrazione, casse di partito affinché le riempisse, insomma è stato fatto di tutto e di più. Vere e proprie porcherie con il suo sostegno, il nostro sostegno.
E ora la guerra contro di lui, in pieno Mediterraneo.

Intanto i poveracci affrontano le traversate di morte per scappare da mondi impossibili, stati illiberali e sfruttatori, schiavisti, e la comunità internazionale finora non è stata capace di fare alcunché, non si è posta veramente la domanda, non ha risposto a tanta  disperazione.

E anche è assurdo che una piccola isola come Lampedusa debba sopportare la violenza di tutto, l'incapacità dei nostri politici.

Il ministro Maroni, hanno ragione i lampedusani, dovrebbe dimettersi. E insieme a lui anche Frattini, che non può evidentemente pensare con la sua testa, è felice ora che a Bruxelles gli hanno dato ragione per il crocifisso (ribaltando completamente la sentenza precedente!), e tanto gli basta a lui per essere il ministro degli esteri, evidentemente anche della Santa Sede, che esulta per il risultato, ma tace insieme a Berlusconi sulla guerra.

Tutto questo dà, dopo gli eventi giapponesi, l'esatta consistenza del nostro cosiddetto essere 'liberi cittadini' in paesi cosiddetti democratici.


venerdì 18 marzo 2011

Sabato 19 marzo, ore 21
Al Teatro La Baracca di Prato 
Gianfelice D'Accolti in "Fabbrica!"
 FABBRICA!


   di e con Gianfelice D’Accolti
  
 
Lo spettacolo mostra l’uomo lasciato da solo nell'Universo freddo della Fabbrica, un meccanismo stritolante e kafkiano, orchestrato con lucidità efficientista dall' ’Amministratore Delegato’, vero deus ex machina di un mondo votato all'economia cieca, allo svuotamento dei valori che fondano la Memoria Comune, primo tra essi la Poesia.
La Fabbrica è il paradigma di un mondo in cui l'organizzazione del lavoro assurge a regola di vita : regola in cui i ritmi sono scanditi dal tocco della campana del lavoro, che sostituisce il battito naturale della vita della persona.
Il meccanismo sarà interrotto?
 
(Quest’anno Fabbrica! compie diciott’anni).
Teatro La Baracca, via Virginia Frosini 8, Casale di Prato. Telefono 0574-812363 - labaracca@tin.it; www.teatrolabaracca.com
 

giovedì 17 marzo 2011

150 anni: come va interpretata la festa (riuscita)

Anito e Garibalda
Fino a qualche giorno fa nessuno l'avrebbe scommesso.
Il mio macellaio, che è una specie di filosofo, però aveva già deciso: il 17 marzo si chiude. Altri apparivano titubanti.
Poi s'è visto quello che s'è visto, e oggi Prato è sonnacchiosa e convinta festaiola. So lo stesso altrove, anche nel Nord che vogliono leghista. Tutti hanno fatto festa.
Insomma gli italiani hanno risposto a Berlusconi con una voglia, una smania di decenza e di riscatto dal baratro in cui sono caduti (certo non solo per colpa di Silvio).  E ai leghisti miglior antifona non poteva esser data.
Questo è il significato di una festa che, vi piaccia o meno, è riuscita da Nord a Sud. Voglia di rinascita.
Chi l'avrebbe detto.
Anch'io ho fatto festa, e me la son goduta  e me la godo a vedere che molti  italiani si son rotti i lapislazzuli.
Un saluto a Cialente e agli aquilani.

m.e.

Matteo Renzi, il sindaco di Feisbucche

Matteo Renzi è il sindaco di Feisbucche, con cui parla al popolo fiorentino, in barba a tutti gli stereotipi, in barba ai giornali, ai consigli comunali, il guascone fiorentino, retorico e simpaticamente bugiardo!
E in tanti lo seguono, lo acclamano, popolo asinino! Ah, com'è facile, com'è diretto, com'è democratico il regno di Feisbucche! Posso parlare e decidere col mio sindaco, insieme a lui; addirittura gliene posso dire quattro, in quattro e quattr'otto (oh, che nuovo Quarantotto!).
Intanto il sindaco di Feisbucche è sicuro di essere il migliore e certo che se non cambiano le cose lui rimarrà in groppa all'Asino ancora per un bel po' :  i-ò, i-ò!
Ieri, direttamente con il computer a tracolla collegato feisbuccamente, da  Piazza Signoria, il sindaco di Feisbucche ragliava come un somarino dalla gioia alla vista di cotanto popolaccio alla festa dell'Italia, e tutti col computerino gli rispondevano: i-ò i-ò.

Il Giappone aveva scelta?

di Tonguessy

Non voglio qui addentrarmi nelle statistiche ed analisi su ciò che sta accadendo alle centrali nucleari giapponesi. Voglio invece tentare di comprendere se il Giappone poteva permettersi di non costruirle. Se cioè l'essere ammessi tra  gli stati più potenti del mondo non abbia dei costi che la gente comune debba sopportare comunque, mentre il grosso dei benefici va alle solite elites.
Ma prima di affrontare questi argomenti occorre fare una precisazione: il Giappone aveva già conosciuto in prima persona i problemi nucleari. Esattamente il 6 Agosto del 1945 conobbe Little Boy e tre giorni dopo Fat Man, portavoci della nuova frontiera energetica. Avevano quindi avuto modo di testare dettagliatamente il senso e la portata di questo tipo di problematiche.
Si dirà che non tutto il nucleare è uguale: l'uso civile di questa energia non può essere minimamente paragonato all'uso bellico. Potrei essere d'accordo, ma fino ad un certo punto. Gli effetti devastanti di una difficoltosa gestione del nucleare civile non sono meno imponenti di quelli bellici. Ricordiamoci Chenobyl, e l'immissione nella vita di noi europei di inquinanti che hanno fatto salire alle stelle le disfunzioni della tiroide, ad esempio.
"La contaminazione di Chernobyl corrisponde a circa 100 volte l'effetto contaminante combinato delle bombe di Hiroshima e Nagasaki."[1]
Davanti ad una frase del genere la distinzione tra nucleare civile e bellico diventa ridicola. Certo, le bombe furono sganciate apposta e le fughe radioattive invece no. E con questo?
Il Giappone importa la maggior parte delle risorse necessarie al proprio fabbisogno energetico. E' la terza potenza economica mondiale dopo USA e Cina ed il terzo maggiore consumatore di petrolio. Attualmente le centrali idroelettriche coprono l'11% del fabbisogno nazionale, mentre le centrali nucleari ne forniscono il 30%. E' chiaro che senza quel 30% di nucleare il deficit energetico sarebbe imponente per questo paese che ha pochissime risorse nel proprio territorio. La coesistenza con queste mine vaganti rappresenta quindi la strada maestra per restare nella competizione internazionale.
Non si tratta quindi di sapere solo quanto sia difficile da gestire una centrale nucleare, quanto sia pericolosa l'eventuale fuoriuscita di materiale radiattivo, ma anche di calcolare quanto in primo piano possa andare la produzione del terziario che garantisce al Giappone una discreta superiorità internazionale.
Nello scontro tra danni collaterali e calcoli di crescita vincono sempre questi ultimi, tanto in ambito industriale che finanziario. Questa è la cosa grave.
Questa è la cifra del Progresso, queste sono le regole del Mercato.La scelta di ridurre la produzione energetica per premunirsi contro quei disastri nucleari che si stanno manifestando in questi giorni, avrebbe comportato una minore penetrazione dei colossi nipponici dell'elettronica e della meccanica nei mercati internazionali. Il gioco (chiamiamolo così) non sta nella moderazione, ma nell'avanzamento di posizioni rispetto alle dinamiche economiche mondiali.

Certo, si sarebbe potuto giocare la pedina delle energie alternative. Ma l'apparato industriale (così come spiegato in un mio precedente articolo [2]) non cura questi interessi, e si muove su profili molto diversi. Il gioco consiste nel far funzionare al meglio le parti che sono messe a disposizione dei giocatori. Non è ammessa l'introduzione di pezzi che non siano adeguatamente sponsorizzati da lobbies.
E così, dopo avere toccato con mano il significato dell'inquinamento nucleare da una parte, e della crescita industriale dall'altra, i vertici della piramide sociale del Sol Levante decisero che sì, il gioco valeva la candela.
Da bravi ingranaggi che muovono ingranaggi ancora più grandi, anche loro diedero il loro apporto per la crescita mondiale.Hiroshima e Nagasaki erano ormai episodi lontani, ed il dramma nucleare in un paese costantemente flagellato da terremoti un'evenienza statisticamente irrilevante. 
E comunque molto meno importante del PIL.

Niente nulla zero

Se c'era una cosa che babbo Loris non sopportava era la Festa del Papà. Non voleva che gli si augurasse nulla, non voleva regalini, rico...