lunedì 29 agosto 2011

Attenzione alla grammatica, in Comune!

Alcuni addetti dell'ufficio stampa del Comune di Prato non usano correttamente la lingua italiana.
Nell'ultimo comunicato che si legge oggi, 'st'  scrive 'stà', terza persona singolare del presente indicativo del verbo 'stare'.
Una volta a scuola si studiava quest'adagio: "su 'fa' e su 'sta' l'accento non ci va".
L'accento su 'sta'  non va scritto perché 'sta' non si deve differenziare da nessun altro monosillabo omografo, come per esempio invece deve fare 'dà' che ha bisogno dell'accento in quanto esiste la preposizione 'da'.
Nemmeno 'fa', terza persona singolare del tempo presente indicativo di 'fare' va accentata, nonostante la nota  musicale 'fa', evidentemente perché sentita come elemento non linguistico, musicale appunto.

  • Consiglio alla redattrice/redattore 'st'  di consultare, se non il dizionario, il sito Internet dell'Accademia della Crusca. 

Pennino


Processi di democrazia partecipata

L'assessore Silli: "Questi processi non fanno altro che trasferire dei saperi comuni in maniera istituzionale per permettere a questa giunta di governare meglio la nostra città
Dopo l’apertura del tavolo di democrazia partecipata riguardo al verde pubblico nel piano strutturale, l’assessorato alla Partecipazione ha ricevuto numerose altre richieste. L’assessore Giorgio Silli stà valutando le richieste una per una per poi convocare una serie di incontri e deliberare ufficialmente l’apertura dei processi come da regolamento.
Il Comune di Prato, uno dei primi in Europa a sperimentare questo processo e ad aver approvato un regolamento ad hoc nei mesi scorsi, potrà solamente trarre vantaggio dall’ascolto e dalla collaborazione dei cittadini e delle associazioni riguardo temi specifici.
"Nessun politico -  spiega l’assessore alla Partecipazione Giorgio Silli - può essere tuttologo, e questi processi non fanno altro che trasferire dei saperi comuni in maniera istituzionale per permettere a questa giunta di governare meglio la nostra città, ringrazio per questo tutti coloro che hanno collaborato al riguardo negli ultimi mesi, primi fra tutti la costituente Prato Partecipa e il dott. Paolo Sanesi’’.
Le nuove proposte pervenute sono di un tavolo tematico sugli " Edifici sostenibili", (sotenibili da un punto di vista energetico ma non solo), con riferimenti ad altri casi nel nostro Paese ed in Europa.  La proposta e’ pervenuta all’assessore dagli ordini di Architetti ed Ingegneri e dai collegi di Geometri e Periti, nelle persone dei loro presidenti.
Inoltre vi sono richieste di partecipazione riguardo al "decoro ed igiene in via Pistoiese", "traffico nella zona di via Tirso", "Palla Grossa e ripristino di altre tradizioni pratesi".
Il Comune convocherà nell’arco della settimana i richiedenti per avviare i processi.
st

Due anni di governo Cenni

Dopo due anni di governo del Centro-Destra credo di poter fare un primo bilancio.
Intanto dire cos’è cambiato rispetto alle precedenti amministrazioni, tutte di un colore, che avevano assicurato una certa qual egemonia culturale e politica per tanto tempo.
Innanzi tutto è cambiata l’immagine che il governo cittadino da di sé.
Anzi, prima di questa, l’amministrazione non ne dava alcuna, se non sporadicamente o nella norma stabilita da una consuetudine inveterata.
Da due anni tutto è cambiato, lo stesso sito internet del Comune lo dimostra, che viene utilizzato sì come strumento informativo, ma molto di più come strumento di propaganda, di affermazione, di numerazione dei successi.

A questo si unisce il leit motiv culturale della pratesità, la riscoperta della tradizione, la valorizzazione degli artisti pratesi, almeno di alcuni, della cucina.
Questa valorizzazione degli artisti è molto perseguita dalla giunta, e sono annotati tutti i premi ricevuti, le benemerenze, dai più giovani ai più vecchi, cosa che prima era sconosciuta, dare tutta questa importanza alla gente di spettacolo, per esempio.

Dunque la giunta cenniana ha messo in moto la propaganda come finora mai era stato fatto.
Tanto che la giunta provinciale ha dovuto mettersi al passo di questa novità, e tutti hanno seguito questa politica, incluso le circoscrizioni. Tutti a fare propaganda di sé in modo nuovo, sfacciato, ‘grosso’.
Pratoincontra ne è l’apoteosi perché unisce la propaganda smerciando una falsa idea di partecipazione della cittadinanza alle decisioni importanti che riguardano la comunità.

In questo modo viene messo a tacere chi accusa di mancata partecipazione e presenza delle autorità e si à l’impressione che si faccia sul serio qualcosa. E invece questo qualcosa è in gran parte un piacevole parlare, che non è interrotto, ma ostentato, che si presenta spettacolarmente, elegante.

Ma di questo ho già scritto su queste pagine.

Anche la questione cinese è stata utilizzata ampiamente in tal senso.
I nuovi strumenti repressivi messi in atto contro l’illegalità, per la verità solo contro quella cinese, che hanno portato a tanti sequestri e  chiusure di capannoni dove si lavorava in condizioni disumane, sono stati amplificati e utilizzati a questo scopo.

Purtroppo gli ultimi fatti, l’aumentare della criminalità ci dicono che queste misure non bastano, non posso bastare per arginare la barbarie in atto, e che non riguarda solo la questione cinese, bensì tutti.
Nemmeno durante l’imperversare dell’invasione cinese, nella sua massima libera esplosione, quella che ha portato poi Cenni a governare la città, avevamo mai assistito a tanti fatti criminali.

Questo è un peggioramento, dettato anche dalla crisi, ma non può essere ridotto solo a questo, perché gli episodi criminali non riguardano solo la comunità cinese.

Un altro elemento che contraddistingue questa giunta è la sua forte concezione centralistica, che sostanzialmente si oppone al decentramento.
Va detto che coloro che sono chiamati ad attuarlo non sono all’altezza, e, come ho detto, scimmiottano le scelte egemoniche.

Tuttavia questa politica centralistica, che aveva l’intenzione di rivitalizzare il Centro, ha avuto come risultato la percezione della città ‘lontana’, oltre che dell’abbandono delle periferie.

Insomma abbiamo assistito alla creazione della città di serie A e di una di serie B, e forse c’è anche la C.

Questo non ha significato che la città di serie A sia stata per il momento veramente rivalutata; non particolarmente nella sua struttura architettonica antica, né valorizzata dal punto di vista turistico.

E poi le promesse mancate, a tutt’oggi.
Prima su tutte, la Città Etrusca di Gonfienti e la questione dell’Interporto.
Ma delle promesse mancate, finora,  di questa giunta parlerò nel prossimo articolo.

Maila Ermini

Articolo uscito su Metropoli venerdì 5 agosto 2011

martedì 23 agosto 2011

Per Wen Aiquin, uccisa a Prato

Wen, sono Wen.
Venitemi a prendere, mi hanno sgozzata.

Wen, sono Wen.
Portatemi via
Non sta bene che io rimanga
Inzaccherata del mio sangue
Su questo pavimento.

Wen, sono Wen Aiquin
Cercate mio figlio
È da qualche parte
Cercate mio marito
È da qualche parte.

Amore mio dove sei?
Sono Wen
Almeno tu portami via
Da questa città

Dove abbiamo sbagliato?
Quale strada è stata fatale?

E’ colpa mia lo so tu dirai
Io che ho sognato un altro mondo
Non ce l’ho fatta
Ma non è colpa mia

Wen, sono Wen
Portatemi via
Lavatemi pulitemi

Il mio assassino è là
Il coltello lo ha buttato
Ma le sue mani tremano ancora

Come si chiama questa città
Che ora è

Chi siete voi che ballate sul mio corpo?
Non sta bene, sono pur sempre una donna

Wen, sono Wen.

(m.e.)

sabato 20 agosto 2011

Presentazione stagione teatrale de La Baracca

Sabato 10 settembre a La Baracca (via Virginia Frosini 8 Prato) , alle ore 11,  presentazione della stagione teatrale 2011-2012.
L'ingresso è libero per tutti.

Il lezzo dei cassonetti

Ricevo e volentieri pubblico:

Cara Primavera,
è arrivata l'estate, il Ferragosto è passato, e la sera, dai cassonetti, sale verso l'alto un'afa irrespirabile, un lezzo pestifero, sicché io non posso aprire la finestra di camera.
Sono i cinque cassonetti vicino a casa mia.
L'azienda municipalizzata competente, in questo caso l'ASM, non li lava mai.
Ho provato a telefonare, ma d'agosto si sa come non funziona.
Scrivi qualcosa sul tuo blog, volevamo il porta a porta ma qua non si sa se siamo a Prato o in un altra città del mondo lontano e dimenticato e ci hanno lasciato solo questa schifezza per topi.

Da Tobbiana di Prato, G.L.

mercoledì 17 agosto 2011

Ella Armstrong non esiste?

In merito alla disputa fra me e la Presidente della Circoscrizione Sud  di Prato, Luisa Peris, - per la quale sono stata accusata di eccessiva vis polemica -  sulla presenza di Ella Armstrong nell'ambito degli eventi estivi della Circoscrizione stessa,  per cui è stata fatta anche una conferenza stampa in Comune nel mese di luglio scorso, riporto la nota, a dir poco sensazionale, dell'archivista del Louis Armstrong House Museum di Corona, New York.

Dato che sono stata attaccata ingiustamente sulla stampa e sul sito internet del Comune di Prato, chiedo alla Presidente della Circoscrizione Sud Luisa Peris di fare chiarezza in merito.

Maila Ermini



"Hi... this is Ricky Riccardi, Archivist for the Louis Armstrong House Museum. We received your question about Ella Armstrong being the daughter of Louis Armstrong.  As far as we know, Louis Armstrong didn't have any children. He was married four times and never had any children with his wives so anybody who is claiming to be his son or daughter is probably lying.  I have never heard of an Ella Armstrong, I can tell you that and neither have any Armstrong scholars here in America. Of course, I can't say this with 100% confidence because I have never met Ella but I don't think she is related to Louis and is probably just using his name for publicity.  Let me know if you have any other questions. Thanks!

Ricky Riccardi
Archivist
Louis Armstrong House Museum"

Per la disputa si legga anche


martedì 16 agosto 2011

La casa museo di Giuseppe Giusti

Non abbiamo fatto parte ieri della macchina del successo della Festa del Cocomero pratese.
Piuttosto, in vista della probabile unificazione delle due province di Prato e Pistoia, abbiamo fatto una capatina nel pistoiese visitando la casa museo di Giuseppe Giusti a Monsummano Terme.
Il poeta satirico, il poeta politico nostrano, che tante volte ho avuto modo di leggere ai ragazzi e in pubblico. Che naturalmente è il solito poeta dimenticato (sarà forse perché era anticlericale o 'troppo moderno'?).
Ieri la casa museo era aperta, l'ingresso è gratuito.
La cittadina termale era pressoché deserta, ma abbiamo trovato una accoglienza meravigliosa, oltre al fatto di scoprire un piccolo gioiello a venti minuti di macchina.
Che sorpresa sapere che fu l'onorevole Spadolini, quello della prima repubblica tanto vituperata, a salvare la casa del poeta da un sicuro abbattimento, sulle cui macerie avrebbero voluto costruire un supermercato! A paragone dei politici di oggi, Giovanni Spadolini assume le proporzioni di un gigante. ("Giovanni Spadolini. Un italiano" è scritto sulla sua tomba!).
Il cocomero l'abbiamo mangiato lo stesso, amabilmente offerto ai visitatori dal direttore del museo.

sabato 13 agosto 2011

La Finanziaria dell'ottimismo

Non crediamo una parola di quanto detto da Tremonti e Berlusconi relativamente alla manovra finanziaria.

Berlusconi guadagna 40.897.004 euro.

Soprattutto non crediamo al fatto che si risparmi togliendo province e comuni in questo modo.
Comuni dove gli amministratori prendono gettoni inconsistenti, in alcuni casi di 300 euro al mese.

Non crediamo al recupero del NERO, dell'evasione.

Non crediamo a tutto il resto, ai suoi pianti di coccodrillo.

Crediamo invece che Tremonti sia uno sfacciato incompetente.

Siamo tuttavia contenti del fatto che questa finanziaria disastrosa, se attuata anche di poco, porterà alla fine dell'epoca Berlusconi, una volta per sempre e, con sé, molti governi locali di quella disgraziata famiglia.

E, chissà, una famiglia tirerà con sé l'altra...

venerdì 12 agosto 2011

Una polemica sul Met

Una volta tanto non sono io, m.e, a iniziare una polemica sul teatro.
Riporto lo scambio epistolario seguito a una lettera scritta dal signor Francalanci di Prato in merito ai compensi del presidente e consiglieri del CdA del Teatro Metastasio.
Non è dato sapere se la sospensione di 500 Euri ai consiglieri del CdA del Met a cui si accenna sia una autosospensione o piuttosto dovuta a costrizione esterna data la crisi.
 Lettera di Luciano Francalanci pubblicata il 3 agosto 2011 su Il Tirreno:
"Mi sono tornati alla memoria i nomi di tre pratesi, ormai scomparsi, tutti degni di essere citati: Otello Galardini, Goffredo Zanaschi e Adalberto Pacini. C’è difatti una cosa che accomuna questi personaggi: sono stati nell’immediato dopoguerra dirigenti del Metastasio, guardo caso, senza percepire nemmeno un soldo bucato per la loro attività che coincide con il ricordo di grandi stagioni teatrali di prosa e lirica. Viceversa l’attuale presidente si vede rifilare mensilmente ben 2600 euro.
 Ora io non dico che si debba imitare i pratesi succitati, perchè è indubbio che non esistono più la passione per il teatro di un tempo, il senso civico del “servire” gratuitamente la città, e essere paghi e onorati di avere un incarico prestigioso, però in tempi di crisi come i nostri, certe “prebende” dovrebbero essere ridotte, e questo si capisce vale anche per i componenti la comissione che per il solo fatto di essere stati politicamente designati a scaldare la poltrona, ricevono 500 euro mensili."

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Risposta di Zaccariello dell'IdV di Prato pubblicato sul Blog dell'Italia dei Valori il 3 agosto 2011:
" Nel Cda del Metastasio a titolo gratuito e con tanta passione

Al signor Luciano Francalanci che ha inviato al quotidiano Il Tirreno una lettera in cui lamenta lo scarso senso di civicità da parte dei consiglieri del Cda del Metastasio accusati di ricevere 500 euro al mese “per scaldare la poltrona solo per il fatto di essere stati politicamente designati” , e riportando gli esempi di Otello Galardini, Goffredo Zanaschi e Adalberto Pacini che nell’immediato dopoguerra sono stati dirigenti del Metastasio “guarda caso, senza percepire nemmeno un soldo bucato per la loro attività”,
come membro del Cda del Metastasio nominato dalla Provincia di Prato vorrei rispondere al signor Francalanci e, a questo punto a tutta la città, che noi consigliere del Cda del Metastasio dallo scorso gennaio non percepiano più alcuna indennità mensile, ma stiamo mettendo sempre lo stesso impegno e la stessa passione per il nostro teatro. Il senso civico del servire gratuitamente la città e essere paghi e onorati di avere un incarico prestigioso, lo abbiamo anche noi e al signor Francalanci dico di documentarsi meglio prima di scrivere certe lettere, anche se d’altra parte lo ringrazio perché così mi permette di parlare alla città del mio impegno fatto di passione e a titolo gratuito per il nostro Teatro Metastasio.
Maurizio Zaccariello, Vicesegretario provinciale Italia dei Valori Prato- Membro del Consiglio di amministrazione del Teatro Metastasio".
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Risposta di Roberta Betti, Presidente del Politeama Pratese e Vicepresidente del Teatro Metastasio pubblicata il 12 agosto 2011 su Il Tirreno:
"Generosità e senso civico esistono ancora
In assenza del presidente e come vicepresidente del consiglio del Teatro Metastasio, nonché come Presidente del Politeama Pratese, vorrei precisare al signor Luciano Francalanci che, anche nell’afa agostana che ci rende più pigri e distratti, bisogna sempre informarsi bene prima di scrivere su una pagina pubblica, che non è come scrivere alla zia Rosina per dirle che a Viareggio non ci sono più i bomboloni di una volta, ma è soprattutto rispettare il lettore che ha dei precisi diritti. Il consigliere Maurizio Zaccariello le ha già replicato sul fatto che i consiglieri del Cda del Metastasio dallo scorso gennaio non percepiscono più alcuna indennità mensile, e che, nonostante ciò, sono sempre presenti e disponibili ad accollarsi ogni tipo di responsabilità per consentire ai cittadini di fruire di un cartellone al passo con i grandi teatri europei. Personalmente ci terrei a farle presente un’altra cosa che mi riguarda da vicino e cioè che a Prato ha sede l’unica public company culturale d’Italia (La Politeama Pratese s.p.a.) che è legata al Teatro Metastasio in un continuo bilanciamento e arricchimento dell’offerta culturale della città, in un’imperterrita collaborazione e che il tutto richiede una mole di lavoro gratuito che difficilmente si può spiegare a chi non conosce gli sforzi organizzativi e gli esborsi quotidiani che un teatro richiede.
 Se ha voglia di documentarsi sui miracoli che si fanno per tenere in vita il teatro qui a Prato, vada alla Biblioteca Comunale dove si farà consigliare un bellissimo volume edito dalla Regione Toscana nel 2006 che racconta la perseveranza, l’audacia imprenditoriale e la generosità e il senso civico dei dirigenti di oggi quando si parla di cultura e di teatro.
Lei scrive di non avere dubbi sul fatto che la passione per il teatro non è più quella di un tempo, ma è una cosa che vale solo per lei. Non le sfugga mai, signor Francalanci, che, oltre che per il tempo passato, anche per il tempo presente Prato è un modello."

giovedì 11 agosto 2011

In merito al cavalcavia del Soccorso a Prato

Non avendo molto di meglio da offrire, cercando risultati da presentare ai propri elettori, la giunta pratese decide di convocare gli ingegneri e in fretta e furia dare in pasto alla popolazione il progetto del cavalcavia del Soccorso.

Sbalorditivo che una giunta che si definisce civica e ambientalista, che tra l’altro si è opposta alla Sinistra cementificatrice e multi-salica, decida di risolvere l’imbuto del traffico sulla Declassata con  il progetto più impattante, che si andrebbe a rovinosamente a sposare con la costruzione della nuova Esselunga a Pratilia.

L’impatto ambientale, se tale scellerato progetto venisse realizzato, sarebbe enorme, con inquinamento acustico raddoppiato, senza considerare l’aspetto estetico orribile di ogni cavalcavia che si rispetti.
Lo spazio sotto o nei pressi del viadotto potrebbe costituire il nuovo covo per degrado e trafficanti, buttati fuori da Pratilia, così come si osserva nelle metropoli. O, se va bene, un non luogo, uno dei tanti che si vanno a sommare agli innumerevoli, dove il cemento si impregna del colore grigio scuro dei gas di scarico e dove nessuno pulisce dalle cartacce, plastiche, rifiuti e melme.

Mentre noi ciclisti aspettiamo invano una qualche decisione sensata sulle ciclabili da parte di questo governo locale, si osanna con la clac un progetto già vecchio e rovinante.

Con piacere sappiamo che i cittadini del Soccorso si sono organizzati in comitato per difendere una qualità di vita che scenderà ancor più di livello rispetto a quello già basso di oggi.

Non si può giustificare la scelta di tale progetto con la scusa del minor costo per un’opera che rimarrà come un macigno sulla città.

mercoledì 10 agosto 2011

La città etrusca di Gonfienti, la kylix di Douris e l’offerente di Pizzidimonte

di Michelangelo Zecchini*
                                                                                
La frequentazione etrusca  di Prato era un fatto acclarato già nel XVIII secolo, allorché gli eruditi locali - soprattutto Casotti, Gori e Buonamici - descrissero  e disegnarono con attenzione bronzetti a figura umana e manufatti vari rinvenuti casualmente e a più riprese nell’area cittadina e nel suo hinterland. In particolare Gori illustrò un kouros e una kore, alti circa 10 cm  («ritrovati sotto un metro di terra a circa quattrocento metri fuori dall’attuale piazza S. Marco a Prato, sulla vecchia via Fiorentina, in una zona oggi completamente coperta da palazzi moderni»[1]), riferibili a una produzione locale o regionale del 500 circa a. C., e una moneta[2]. Gli uni e l’altra dimostrano che il sottosuolo di Prato conserva importanti testimonianze di epoca tardoarcaica ed ellenistica.

La città etrusca tardoarcaica di Gonfienti

Le prime strutture e i primi reperti mobiliari di quella che oggi viene universalmente riconosciuta come la grande città etrusca sul Bisenzio affiorarono fortuitamente mentre cominciavano i lavori di costruzione dell’Interporto della Toscana centrale. La scoperta venne inizialmente sottovalutata, il che è assolutamente normale nella fase di impostazione delle ricerche. Meno accettabili appaiono, a scavo inoltrato, singolari proiezioni scientifiche secondo le quali Gonfienti costituirebbe un’emanazione coloniale di Artimino.
Le pur ampie campagne stratigrafiche, iniziate nel 1999 e condotte con lodevole impostazione multidisciplinare[3], non possono che essere considerate preliminari. Le indagini hanno circoscritto un’area di pregio archeologico di almeno 17 ettari, ma l’estensione è senza dubbio di gran lunga maggiore, con ogni probabilità superiore a quella di Marzabotto, il cui impianto urbanistico, tipologicamente affine a quello di Gonfienti, com’è noto occupa una superficie di circa 25 ettari.
L’abitato etrusco, che si trova presso il borgo di Gonfienti e ha di fronte, verso nord, le propaggini meridionali dei Monti della Calvana con l’altura di Pizzidimonte[4], essendo stato costruito su un lieve rialzo della conoide formata dal fiume Bisenzio e dal torrente Marinella,  si connota come un insediamento inter amnes.
Finora sono venute in luce una serie di strutture abitative a pianta rettangolare, costruite a secco con pietre e ciottoli, corredate da strade e canalizzazioni perimetrali che si intrecciano ortogonalmente secondo ritmi modulari che portano alla mente l’organizzazione urbanistica di Marzabotto. Allo stato attuale delle ricerche l’edificio più importante della città etrusca di Gonfienti, di cui non si conoscono i limiti, appare quello scavato nel lotto 14. Si tratta di un’ampia dimora di circa 1440 mq suddivisa in ambienti interni che cingono un cortile aperto, con ogni probabilità porticato. Fortuna ha voluto che a sigillare parzialmente le forme di vita della domus abbia contribuito il crollo del tetto, rimasto sostanzialmente intatto con la sua grande quantità di ceramiche d’impasto grossolano o depurato, a scisti microclastici o a inclusi calcitici (coppe, piattelli, alzate, olle, etc.), di buccheri di tradizione locale o regionale (coppe su alto piede, kyathoi, kylikes, calici, etc), collocabili tra gli ultimi decenni del VI e un momento avanzato del V secolo a. C.. Del crollo facevano parte elementi costitutivi del tetto quali numerose tegole, coppi e, soprattutto, quattro antefisse configurate a testa femminile, con orecchini a disco, racchiusa entro nimbo baccellato. Tali decorazioni architettoniche, pregiate e rare, costituiscono un indice attendibile del rango sociale dei proprietari. Status di primo piano che, se ce ne fosse bisogno, è avvalorato dal recupero di ceramiche attiche di prestigio fra cui spicca la kylix di Douris.
Secondo i protagonisti dello scavo il settore del cosiddetto scalo merci, dove fra l’altro sono stati rinvenuti due  pozzi solidamente strutturati a secco con filari sovrapposti di pietre e ciottoli, datati alla prima metà del V secolo a C. per la presenza di un’oinochoe a motivi fitomorfi, «doveva costituire il territorio ad uso agricolo circostante il centro urbano»[5]. Non è un’ipotesi da scartare, ma allo stato attuale essa non ha elementi per prevalere sulla tesi opposta, cioè che i pozzi, siti in ambito urbano, siano pertinenti ad abitazioni destrutturate nel corso degli sbancamenti, dei livellamenti e, in genere, dei complessi interventi edilizi  di epoca romana.



Fig. 1 - Distribuzione dei principali ritrovamenti; sulla carta è stato riportato anche un tratto della ‘macchia’ rettilinea intersecata ortogonalmente dal «fosso del ciliegio» (g. c. prof. Centauro).


L’analisi di una serie di fotografie aeree anteriori ai lavori dell’interporto mostra a sud di villa Niccolini (Comune di Campi Bisenzio) una macchia piuttosto uniforme, rettilinea e lunga oltre 500 metri, il cui limite occidentale è prossimo a un’ansa del Bisenzio. Tale banda, tagliata ortogonalmente dalla Gora del Ciliegio, che dunque parrebbe la sopravvivenza di un impianto
tardoarcaico (cardo o canale o fossato), è parallela al tratto di probabile decumano, scavato e poi reinterrato (area scalo merci), orientato di 122° SE in direzione di Sesto Fiorentino-Firenze e di 302° NW in direzione del fiume Bisenzio e di Prato. Se, come sembra, non si tratta di un’illusione ottica, ma delle tracce di un’arteria stradale o  del decumanus maximus o di un grande canale urbano, i limiti della città si dilaterebbero ben oltre i 50 ettari (per difetto, e non imprevedibilmente) e la domus gentilizia verrebbe a trovarsi presso il vertice NE del quadrante sudorientale. Comunque stiano le cose, è un fatto che i cardini della città hanno un orientamento NNE/SSW, con una declinazione di circa 30° est rispetto al nord. Stesso orientamento ha la maggior parte dei fossi e dei campi tutt’intorno, il che sta a significare che la suddivisione agraria attuale replica quella di 2500 anni fa e pare estendersi per chilometri verso tutti i punti cardinali.
Se fosse corretto basarsi sulla superficie delle singole case, il confronto dimensionale d’insieme si risolverebbe a favore della città sul Bisenzio sia rispetto alla coeva città di Marzabotto sia in rapporto alla Roma tardoarcaica con la sua domus regia del Palatino, attribuita ai Tarquini, con la quale la domus gentilizia bisentina condivide grosso modo pianta e articolazione interna. Infatti la prima può contare su 1400 mq circa della sua dimora patrizia contro  800 mq della seconda e 690 mq della terza.
Alla luce dei dati attuali, la città etrusca di Gonfienti si qualifica, dunque, come centro internodale primario di smistamento transappenninico di prodotti vari, catalizzatore di merci e traffici dai centri costieri e dell’interno verso i porti dell’Adriatico (minerali in primis) e del Tirreno. L’orientamento est-ovest degli assi viari urbani, che presentano una declinazione di circa 30° nord rispetto all’ovest, è sostanzialmente il medesimo riscontrato nella coeva strada glareata etrusca del Frizzone (Capannori, Lucca), il che indirizza gli studi verso una programmazione infrastrutturale ed urbanistica ad ampio raggio finora impensabile.


La kylix attica di Douris

Fig. 2 - A sinistra, particolare della kylix di Gonfienti, lato A; a destra, particolare della kylix di Douris, con Eracle e Lino, conservata al Museo di Monaco. Disegno: Silvia Zecchini.





A mio avviso la kylix attica a figure rosse venuta in luce a Gonfienti è stata riferita correttamente a Douris[6] - o comunque alla sua bottega – e, in modo altrettanto appropriato, è stata datata intorno al 475-470 a. C..  Attribuzione e cronologia mi paiono confortate dai confronti stilistici con altre opere firmate dal Maestro. Si veda, per esempio, la kylix 2646 a figure rosse  da Vulci[7], in cui il personaggio principale, Eracle, è assai vicino sia nella posizione sia nella resa anatomica d’insieme - pur considerando l’anteriorità dell’esemplare vulcente - all’armato con postura obliqua ‘da azione’ che nella kylix di Gonfienti protende una lancia verso Eros.







 La coppa bisentina è senza dubbio un lavoro pertinente alla fase finale dell’attività pittorica di Douris e, di conseguenza, il segno elegante e sicuro che ne connota i tempi della maturità artistica appare un po’ appannato; ma questo non sembra sufficiente ad escluderne la paternità in favore di un allievo o di un imitatore, sia pure di talento, come il Pittore di Triptolemos che, com’è noto, si firmava Douris per avvicinarsi il più possibile al Maestro e che, tuttavia, «non riusciva a comunicare neppure un’eco di quella inconfondibile poesia e tenerezza che permane anche nelle più povere e disintegrate tra le tarde opere di Douris»[8].
L’interpretazione più verosimile delle raffigurazioni presenti sulla kylix di Gonfienti mi sembra quella di A. Cottignoli della ArtWach Internacional, Inc. di New York[9] che, in sintesi, propone la seguente lettura:
-       medaglione centrale: Eros e Maestro;
-       lato A: Eros su carro trainato da cigni con personaggi armati che lo inseguono;
-       lato B: Hypnos e Thanatos, alati e armati, si prendono cura di un corpo sdraiato a terra.



Fig. 3 - Kylix attica a figure rosse di Douris (circa 470 a. C.):  medaglione interno e decorazione esterna. Disegno curato da G.A. Centauro e C. N. Grandin, 2008 (g.c.).



Per le implicazioni esegetiche che comporta, ritengo opportune alcune osservazioni sul lato B. Allo stato attuale delle conoscenze, le due figure affrontate, armate e provviste di ali portano  alla mente d’istinto, come giustamente ha sottolineato Cottignoli, il celebre cratere a calice a figure rosse, firmato da Euphronios  nel 515 circa a. C., già al Metropolitan Musem of Art di New York.  Sulla  faccia principale sono raffigurati «Sleep and Death Carrying off the body of Sarpedon »[10], figlio di Zeus e re dei Lidi, ucciso da Patroclo  con un colpo di  lancia che «da’ suoi ripari il cor gli aperse il
petto»[11]. In tale cratere, che relativamente alla pittura vascolare per questo mito rappresenta un prototipo, il Sonno e la Morte si presentano per l’appunto alati ed elmati,  così come elmati e armati sono i due guerrieri laterali affrontati, mentre dietro, rivolto a sinistra, sta Hermes con petaso e caduceo.





Fig. 4 - Hypnos e Thanatos trasportano il corpo di Sarpedon, ucciso da Patroclo. Cratere a calice, a figure rosse, firmato da Euphronios, circa   515 a. C.. Disegno: Silvia Zecchini.


Una raffigurazione simile connota anche la faccia principale del cratere a calice a figure rosse del Museo di Agrigento (490 a. C. circa), riferibile se non al pittore di Kleophrades certo a un artista a lui molto vicino[12]. Hypnos e Thanatos, elmati ma apteri, trasportano un corpo  esanime, il cui spirito (eidolon) si libra minuscolo ancora del tutto armato. Ai lati compaiono due personaggi elmati, mentre al centro c’è un guerriero parzialmente coperto dal suo scudo.
Si può aggiungere che nella pittura vascolare attica, anche della seconda metà del V secolo a. C., non mancano altre coppie di personaggi alati, sia pure non elmati, con posizione e atteggiamento consimili, nei quali sono stati ravvisati Hypnos e Thanatos: si vedano, fra i possibili esempi, le lekythoi a fondo bianco del Pittore di Thanatos[13] e del ‘Quadrate Painter’[14].

L’offerente bronzeo di Pizzidimonte

A  Pizzidimonte, distante appena due km circa da Gonfienti, fu scoperto il celebre offerente togato di bronzo, alto 17 cm,  oggi conservato presso il British Museum di Londra. La statuetta fu rinvenuta, come ha scritto il Gori, «Hoc ipso anno 1735 prope Pratum Etruriae civitatem, in loco, qui vulgo dicitur Pizzirimonte…»[15], e poi fu custodita dall’erudito pratese Giuseppe Bianchini.
Il personaggio maschile, stante ma con lieve accenno dinamico nel piede sinistro che sopravanza il destro, è fasciato da una lunga toga che sul davanti forma morbide increspature trasversali e sul retro si distende a sinistra in plastiche pieghe ondulate contrastanti con la verticalità mediana dell’orlo. Il mantello mostra un’accurata sintassi decorativa a incisioni geometrizzanti: all’altezza del torace è presente una fascia costituita da onde irregolari stondate o acuminate con punti centrali, marginate in basso da una teoria ininterrotta di cerchielli; sia di fronte che dietro, sul lato sinistro


Fig. 5 – A sinistra l’offerente bronzeo di Pizzidimonte nel disegno di A. F. Gori 1737; rielaborazione da C. Pofferi  2005 (g. c.). A destra schema della sintassi decorativa incisa sulla toga, all’altezza del torace (in alto) e sotto le ginocchia  (in basso). Disegno: Silvia Zecchini.


del corpo, la banda - bordata in alto da una successione di triangoli puntati (quasi sempre al centro, occasionalmente  al vertice) e in basso da una sequenza di lineette più o meno parallele - è caratterizzata da una sequenza di rombi (con due punti interni) inframezzata da triangoli (con un solo punto centrale). La toga lascia scoperta la spalla sinistra e le braccia consentendo di apprezzare particolari anatomici (clavicola, braccio, pettorali, muscolatura) che denotano prestanza fisica.  I piedi sono fasciati dai tipici calzari a punta, allacciati e provvisti di decori incisi. I caratteri stilistici permettono di proporre una cronologia intorno al 470 a. C.. Posizione e concezione figurativa sembrano trovare un corrispondente molto stretto nel Fufluns di Modena (stesse dimensioni, medesimo piede sinistro incedente, affinità nella disposizione del mantello, similitudine nella fascia con incisioni a denti di lupo a dividere il torace in diagonale) e un prototipo nell’offerente populoniese trovato all’isola d’Elba e datato al 500 circa a. C.[16].
E’ stato osservato come il piccolo capolavoro della Calvana, riferito a una bottega etrusco-settentrionale, sia affine nel volto alla testa Lorenzini di Volterra e porti con sé le impronte stilistiche della toreutica populoniese[17]; c’è da chiedersi se, stanti i ritrovamenti antichi e recenti di bronzi di buon livello qualitativo nel comprensorio, l’offerente togato di Pizzidimonte, con il suo sorriso appena accennato ed enigmatico, non sia uscito piuttosto da un’officina locale, magari diretta da un maestro migrato da Populonia insieme con minerali e tecniche metallurgiche.

Acmé e crisi

Fra metà VI e metà del V secolo a. C. nella fascia dell’Etruria settentrionale a nord dell’Arno si verifica una vera e propria esplosione degli insediamenti e si assiste a una generale rivitalizzazione del territorio, certamente connessa con i rinvigoriti traffici marittimi lungo le coste tirreniche e lungo strade maestre solidamente strutturate (via del Frizzone) e itinerari appenninici, da Pisa a Spina attraverso Marzabotto/Bologna. La maggiore apertura commerciale è sottolineata dalla diffusione di vasi attici a figure rosse talora dipinti da pittori di primo piano come Douris.. A questo momento di floridezza, che permane fin poco dopo il 450 a. C. e che traspare in modo generalizzato dai manufatti restituiti da abitati e sepolcreti, non è certamente estraneo il commercio del ferro dell’isola d'Elba (e forse dei minerali tratti dalle Apuane e dal Monte Ferrato[18]) che i villaggi etruschi della piana lucchese/pistoiese/pratese, fungendo da centri secondari di smistamento, afferiscono al centro primario e nodale della città di Gonfienti, che lo redistribuisce alla valle Padana[19]. Tracce consistenti di minerale e scorie sono state trovate a Fossa Nera e al Romito di Pozzuolo  presso Lucca[20] in quantità modeste ma significative perché in associazione stratigrafica con ceramiche e anfore che consentono una loro datazione tra la fine del VI e i primi decenni del V secolo a. C.. Il periodo di acmé si diluisce poi, dalla metà del V secolo al terzo quarto del  IV secolo a. C., dapprima in modo poco percettibile poi in maniera sempre più  marcata, in una crisi dovuta a un’avversa combinazione di eventi politici e climatici
Si deve rilevare, innanzi tutto, che gli Etruschi già nel 474 a.C.[21] subiscono da parte dei Siracusani una non lieve disfatta navale nelle acque di Cuma,  i cui effetti cominciano a farsi sentire sui traffici marittimi internazionali dai quali, in maniera non episodica né marginale, dipende - mediata dal centro propulsore di Pisa - l’economia degli abitati dell’Etruria settentrionale. Ma è  intorno alla metà del  secolo che gli Etruschi  vedono pesantemente attaccato il cuore dei loro interessi economici:  infatti nel 454-452 a.C.[22]  le flotte siracusane si dirigono, sotto il comando di Faillo e di Apelle, contro  l’isola d’ Elba e, prima di occuparla, mettono a ferro e a fuoco i centri marittimi dell'Etruria minando la loro sopravvivenza e, di riflesso, quella dei centri  dell’entroterra. E’ possibile comprendere compiutamente quale stato di aleatorietà e quali difficoltà  caratterizzino quei momenti per gli Etruschi di tutta l’Etruria settentrionale a nord dell’Arno,  se si pensa anche  alle pressioni esercitate via terra dalle invasioni celtiche. Per di più, a completare il quadro, non si può non fare riferimento  alle disastrose inondazioni fluviali (Auser, Ombrone, Bisenzio) i cui  sedimenti sigillano non pochi degli insediamenti etruschi di V secolo finora scavati. Esemplare, a tale proposito, è lo spaccato stratigrafico dell’abitato etrusco di Fossa Nera A presso Porcari, in cui sono documentati due eventi alluvionali intercalati con altrettanti livelli di vita.  Che lo sciame esondativo della metà circa del V secolo a. C. abbia avuto un effetto devastante e progressivo, scardinando il sistema abitativo d’epoca etrusca tardoarcaica, lo dimostra il fatto che intorno a quella data, o poco dopo, cessa il ciclo vitale dei siti finora indagati.





* Archeologo, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti.
Ringrazio il prof. Giuseppe Centauro, profondo conoscitore del territorio e della sua storia, per  i preziosi  consigli.

[1] Si veda da ultimo C. Pofferi, Dai principi alla città etrusca sul Bisenzio: l’orientalizzante e l’arcaico etrusco nella piana fiorentina-pratese-pistoiese, Firenze  2005,  p. 31.
[2] Si tratta di una didramma populoniese, contrassegnata sul recto (il verso è liscio) con doppia XX (= 20), databile nella seconda metà del IV secolo a. C..
[3] G. Poggesi, Prato- Gonfienti. Lo scavo del’edificio del lotto 14 e la prosecuzione delle indagini geofisiche fra Prato e Campi Bisenzio, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana », Firenze 2005, p. 80. 
[4] Per le restituzioni e i problemi archeologici della Calvana si veda G. A. Centauro, Presenze etrusche in Calvana. Siti e necropoli, Firenze 2008.
[5] Cfr. G. Poggesi, P. Pallecchi,E. Bocci, G. Millemaci, L. Pagnini, Prato- Gonfienti. Interporto della Toscana Centrale: gli interventi nell’area dell’insediamento etrusco, «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana », Firenze 2006, p. 72.
[6] Cfr., supra, G. Poggesi, Prato- Gonfienti., op. cit. in nota 3, p. 82.   
[7] John Boardman, Rotfigurige Vasen aus Athen, Die archaische Zeit, Mainz 1981, fig. 296.
[8] E. Paribeni, Douris,  «Enciclopedia Arte Antica Classica Orientale», Roma 1960, III, p. 181.
[9] A. Cottignoli, Il Douris di Gonfienti, 15 gennaio 2011.
[10]  R. S. Folsom, Attic Red-Figured Pottery, Park Ridge 1976, tav. 10.
[11] Iliade, XVI, v. 684.
[12] P. E. Arias, Morte di un eroe, «Arch. Class.», XXI, 2, 1969, pp. 190-203, tavv. LIII-LV.
[13] J. D. Beazley, Attic Red-Figure, 1963, p. 807 sgg.
[14] J. Boardman, Athenian Red Figure Vases. The Classical Period, 1989, fig, 125.
[15] Cfr., supra, C. Pofferi, Dai principi, op. cit. in nota 1, p. 33.
[16] Giglioli G. Q., Un bronzo etrusco arcaico dell’Elba ora al Museo Nazionale di Napoli, «Studi Etruschi», II, 1928, pp. 49-51; M. Zecchini, Isola d’Elba: le origini, Lucca 2001, pp. 93-94.
[17] Cfr, M. Cristofani, I bronzi degli Etruschi, Novara 1985, pp. 267-268.
[18] L'archeologia, di fatto, non ha ancora affrontato seriamente il problema del ruolo  svolto in epoca etrusca dai bacini minerari, per esempio a ovest quello apuano (distretto di Seravezza/Valdicastello dove sono presenti ematite, limonite, malachite, calcopirite, azzurrite, cuprite, allume, cinabro, manganese, ocra) e a est quello del Monte Ferrato con i suoi tre colli (Poggio Ferrato, Monte Mezzano e Monte Piccioli), che non difettano di rame nativo, magnetite, pirite, antigorite, cromite, quarzo.   
[19] Prime ipotesi in M. Zecchini, , Gli Etruschi all’Isola d’Elba, Lucca 1978, fig. 53.
[20] Cfr. M. Zecchini,  Lucca etrusca: abitati, necropoli, luoghi di culto, Lucca 1999.
[21] Diodoro Siculo, XI, 51.
[22] Diodoro Siculo, XI, 88.

Tante belle cose

Lievemente modificato rispetto al previsto, ma solo nelle date. Ospitiamo Massimo Smuraglia, si replica Carla Lonzi sono io! e finiamo april...