sabato 14 aprile 2012

Dittature: cosa è cambiato

Oggi lo Stato non ha più bisogno di uccidere così tante persone per continuare a opprimere i sudditi. Non ha più bisogno delle stragi (proprio oggi si sa che per la strage di Piazza della Loggia di Brescia sono stati tutti assolti); non ha più bisogno di ammazzare come in Argentina non molti anni fa e come si legge nell'articolo che ho copiato sotto); non ha più bisogno delle terribilità di un tempo (come nel carcere di Ascoli Piceno, che ho scoperto attivo fino al 1981 nel forte Malatestiano, un supercarcere da brivido e torture e di cui lo Stato non fa sapere nulla); non ha più bisogno delle dittature alla Pol-Pot, dove il piano era quello di sterminare tutti gli intellettuali e le persone di cultura; oggi lo Stato, tramite i suoi servi, tramite le sue servesse accreditate nelle pari-opportunità-di-ruberie-e-oppressione, i suoi enti e le sue entità uccide ogni giorno, a livello locale e a livello nazionale. Gli imprenditori si stanno ammazzando piano piano, è cronaca di questi giorni, e tanti altri silenziosi stanno precipitando nella povertà, schiacciati, oppressi, impossibilitati a reagire, a fare qualcosa.  La politica balletta e balbetta sul baratro e tiene in mano la patata bollente del suo ladrocinio, delle sue connivenze con la finanza più oscura e con i poteri occulti. Con il sistema marcio che hanno creato e in cui sguazzano. Sono smascherati, ma tentano, con i loro giochi, di tenersi ancora in piedi, e nel far questo diventano ancora più terribili, più spietati e la parola democrazia si sta vestendo di colore rosso sangue. Stanno uccidendo idealmente tutti coloro che sono 'ostili'.  Tutti coloro che tentano di vivere, di pensare. Di trovare un'altra via che non sia la loro. La loro dittatura economica e partitica.
Sembra impossibile che si possa decidere a tavolino di sopprimere la gente. Sembra fanta-politica. Ma lo fanno, a tavolino si fanno ancora tante cose.


"Argentina, Videla ammette di aver ucciso  7.000-8.000 persone durante la dittatura

L'ex dittatore rivela per la prima volta che i corpi delle vittime che i loro corpi erano stati fatti scomparire per evitare proteste nel paese e da parte della comunità internazionale

BUENOS AIRES - Jorge Rafael Videla  ammette per la prima volta che durante la dittatura in Argentina dal 1976 al 1983, lui fu a capo della giunta fino al 1981, sono stati uccise "sette-ottomila persone" e rivela che i loro corpi erano stati fatti scomparire per evitare proteste nel paese e da parte della comunità internazionale.
"Non c'era altra soluzione", ha dichiarato Videla, che ha 86 anni, è in un carcere militare, dove sconta una condanna all'ergastolo, in una lunga intervista (20 ore in tutto) al giornalista Ceferino Reato, che ne ha scritto il libro Disposicion Final. La confesiòn de Videla sobre los desaparecidos, che uscirà oggi nelle librerie del paese. La prima lista di persone da eliminare era stata stilata tre mesi dopo il golpe che portò Videla al potere, rivela inoltre l'ex militare.
"Noi della giunta militare avevano concordato che questo era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro la sovversione e che tale decisione doveva rimanere nascosta perchè la società non doveva accorgersene. Dovevamo eliminare un grande gruppo di persone che non potevano nè essere portate in tribunale nè uccise apertamente", ha affermato, secondo una anticipazione pubblicata dal quotidianoLa Nacion.
Nel 2010 l'ex dittatore argentino è stato condannato all'ergastolo perché riconosciuto colpevole di aver fatto sequestrare, 
torturare e fucilare 31 detenuti politici che erano in balia regime in un carcere di Cordoba tra l'aprile e l'ottobre del 1976, cioè poco dopo il golpe da lui guidato il 24 marzo dello stesso anno.
Videla ha ammesso per la prima volta la responsabilità della morte di 7-8.000 persone, ma in Argentina oltre 30mila uomini e donne, durante la dittatura militare (1976-1983), furono arrestati e fatti letteralmente sparire nel nulla. Desaparecidos. Si trattava per lo più di giovani e giovanissimi spinti dalla volontà di ribellarsi al regime instaurato dopo la caduta di Peron: studenti che si riunivano per contestare i provvedimenti sempre più restrittivi messi in atto dalla giunta militare guidata dal generale Videla. (14 aprile 2012, La Repubblica).

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