lunedì 4 novembre 2013

Ti Fo censura

Una volta tanto mi trovo d'accordo - un po' - con Aldo Grasso riguardo a Dario Fo e alla censura che avrebbe praticato nei suoi confronti il Vaticano, di cui oltre pubblico l'articolo.

La censura: oggi è diversa, questa censura, almeno come la vivo e l'ho vissuta io. E' l'eliminazione, è il non esserci che stabilisce il potere nei tuoi confronti. Questa è la censura oggi.
E' negarti di far parte delle residenze teatrali, il toglierti tutti i soldi, lasciarti solo, non farti lavorare.
E' l'assenza della critica nei tuoi confronti, perché non sei un teatrante potente e famoso che va in televisione.
Ma per andare in televisione devi essere in possesso di certi crismi: essere un teatrante che fa ridere, che è particolare ma non 'pericoloso', non devi toccare certi temi, eccetera. Ma sono anche permessi certi temi, come per esempio fa la Littizzetto e altri, che fanno solo finta di essere 'contro'.

E' quell'essere 'contro' che piace tanto al cliente RAI o LA7.

La censura è mettere a capo di un teatro una persona che è politicamente consenziente, per esempio, che magari fa di mestiere un'altra cosa, e poi te la ritrovi a decidere su te e sulla tua vita in qualche ufficio cultura.

La censura è quella che ci fanno i grandi teatri quando ci ignorano il lavoro, quello che personalmente ho vissuto  con il Dramma intorno ai concubini di Prato, con il Laris Pulenas - dramma 'dannato' per la mia battaglia su Gonfienti - il Cafiero Lucchesi e altre opere che non sono state 'considerate', perché fastidiose o non alla moda, e che conseguentemente i giovani 'giornalisti' o 'maestri del gusto' hanno snobbato dal loro carnet, perché è più conveniente essere lecchini proprio nei confronti dei signori dei teatri censuratori...(che però guai a dir loro che lo sono!).

La censura va a braccetto spesso con l'invidia. L'invidia aiuta e favorisce la censura, e all'incontrario. Anche per questo ci sono in giro opere mediocri, artisti mediocri. (Guai a mostrare la bravura: in Italia non è facile trovare una artista brava come Paulina Garcia in un film importante, non potrebbe esistere, la fermerebbero prima...Nei teatri italiani, e anche alla televisione, recitano attori mediocricissimi e sempre gli stessi...).

Questa è la censura, la strategia del silenzio. Quella che vissero Fo e Franca Rame alla Rai era la vecchia censura, che poteva appunto portare fortuna.
Il potere ha imparato:con la censura sopraffina di oggi nessuno fa più fortuna, anzi sei schernito e puoi fare la fame.

Infine mi preme dire che anche i colleghi di Grasso praticano censura: infatti nessun articolista del Corriere della Sera presenta o recensisce un lavoro teatrale che non sia baciato dal potere dei circuiti alti o famosi o alla moda, esattamente come fanno Il Fatto Quotidiano  o La Repubblica eccetera.  Loro stessi sono quindi i primi censuratori.


"Fo e il teatro vaticano negato - L’eterno gioco della censura


I veti sono stati la sua fortuna da quando fu epurato dalla Rai
Dario Fo: «La Chiesa mi censura». È tornata la Santa Inquisizione? È pronto un rogo per bruciare i libri dell’illustre teatrante? Il problema pare più circoscritto. Secondo Fo, il Vaticano gli avrebbe negato l’Auditorium Conciliazione di Roma dove si sarebbe dovuto tenere un suo spettacolo tratto da un libro di Franca Rame: «Ora - ha dichiarato Fo - tanti teatri a Roma vorranno lo spettacolo. Com’è successo anche quando ci hanno cacciati dalla Rai. Siamo diventati una delle compagnie che faceva i maggiori incassi in Italia». 
Il portavoce della Santa Sede, padre Lombardi, ha chiarito: «Nessuna autorità vaticana sapeva nulla: né la proprietà dell’Auditorium, né la Segreteria di Stato, né i pontifici consigli della cultura e delle comunicazioni sociali». 
A Fo piace giocare al censurato perché sa bene che la censura, questo demone insolente e capriccioso, è stata la sua fortuna. Fin dai tempi di Canzonissima 1962, quando se ne andò dalla Rai perché una sua gag sulla sicurezza nei cantieri edili era stata censurata. Se Fo e Rame avessero continuato, forse li avremmo confusi con Alberto Lionello e Lauretta Masiero, Corrado e Raffaella Carrà. Quella censura, invece, è stata la loro fortuna. Lontano dal video, Fo ha iniziato la sua battaglia contro il «potere», praticando quel teatro politico che gli è valso persino il premio Nobel. Del resto, come ammonisce Karl Kraus, «le satire che il censore capisce vengono giustamente proibite». 
Ma Fo, ora che i media fanno a gara per ospitarlo, non si rassegna: «Ciò significa buttare un’ombra lunga e grigia sullo splendore e la gioia che papa Francesco ci sta regalando». Papa Bergoglio, poer nano. Nella democratica società dello spettacolo, la censura trasforma il consumo culturale in sfida, in creatività. La censura crea la vittima, e quindi l’eroe. Gli anni d’oro del cinema hollywoodiano coincidono con quelli in cui vigeva il «codice Hays». I libri si amano quando la lettura è negata, non quando li suggeriscono le Concite in tv. 
La censura, dalle nostre parti, basta un’ombra d’ironia per sconfiggerla. E poi a Roma, caro Fo, c’è sempre a disposizione la Fondazione Teatro Valle Bene Comune, dove si può persino aggirare la Siae, sacra dispensatrice di diritti d’autore. 

(Aldo Grasso)

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