mercoledì 6 gennaio 2016

Il cinema non è più arte

Il fenomeno dei film di grande cassetta costringe qualcuno a farsi qualche domanda, ed era l'ora.
Il cinema è diventato inguardabile proprio grazie a questi 'assassini', produttori e distributori pronti a mettere sul mercato solo film da grande incasso.
Per questo ogni successo non è mai così casuale e non dipende certo dal film in sé se non in piccola parte;  c'è davvero una strategia a tavolino, dove ogni fase del processo filmico è studiato. 
Per capirlo basterebbe un po' conoscere come funziona la macchina del cinema, ormai diventato solo un prodotto commerciale, e che quindi si smercia come capita per la vendita di qualsiasi altro prodotto. E il prodotto deve essere in primis banale.
Per questo non può più essere definito 'arte'.
Anni fa era ancora possibile vedere, oltre a Quel gran pezzo dell' Ubalda.., anche altri film che davano ancora il senso del cinema, con attori e registi significativi, produttori disposti a rischiare nel prodotto artistico i propri soldi. Si pensi al grande produttore Alfredo Bini.
Insomma, esisteva ancora il cosiddetto 'film d'autore'.
Oggi non esistono più persone del calibro di Bini, che addirittura non si curava delle intimazioni dei ministri a non produrre certi film, e la produzione  cosiddetta 'alternativa' non giunge nelle sale, e gli uffici cultura non si occupano più di organizzare rassegne dove si possa vedere qualche film 'diverso'.
L'Italia non è solo un paese a basso livello culturale, ma è tenuta in un sistema culturale para-terroristico, dove il terrore è camuffato da conformismo assoluto.
Lo spettatore è, se non catturato, smarrito, perché non riesce a trovare altro, non si confronta con altro da quello che viene propinato.
E l'artista che vuole proporsi, ancor più smarrito, perché se non arriva a certi livelli, è decretato fallito.
Senza contare che il 'sistema' politico è del tutto intonso, e tutto il processo politico non viene assolutamente toccato né messo in discussione, e per questo i ministri si congratulano dei successi della banalità, che li fanno restare in sella e prosperare.



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