lunedì 8 maggio 2017

Altre considerazioni sulla 'Capitale della Cultura'

Ho modo di osservare un po' da vicino la capitale della cultura di quest'anno, Pistoia. Ne ho già parlato, altre volte.
Da questa incoronazione, che cosa ne viene fuori, quali vantaggi, cambiamenti per la città?
Che in giro ci sono una manciatina di turisti in più.
Che la cultura italiana non riesce a esprimere altro che questo ormai, le eccellenze gastronomiche. 
Che a prendere i soldi sono sempre gli stessi enti culturali, solo giocattoli della politica.
Che non ci sono 'eventi' di particolare rilievo, ma gli stessi:  "Leggere la città", "I dialoghi sull'uomo' eccetera.
Che Pistoia, non avendo voluto essere la 'città degli orti', non è diventata nemmeno la 'città delle piante', ché i vivai hanno devastato, con la loro massiccia espansione, tutto il territorio, inquinandolo con i pesticidi.
Invece, cosa si osserva di diverso?
Che sulla Sala, al posto della vecchia libreria, c'è il presidio del PD per le prossime elezioni dell'11 giugno, che, partorirà nuovamente il sempre-vecchio.

Perché, via, lo scettro della città della cultura quest'anno è caduto proprio a fagiolo.

Come ha detto un giovane pistoiese: "Dal '45 qui non è cambiato nulla". Nell'immobilismo, tradizionalismo beghino della Toscana, politicamente romano-centrica e allineata, nessuna cultura sembra più immobile e stantia di quella pistoiese.

Almeno Prato ha i cinesi.

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