venerdì 3 novembre 2017

Una ciclabile per Magni

La questione di intitolare una via ciclabile a Fiorenzo Magni, ciclista famoso per aver vinto il Giro delle Fiandre, morto nel 2013 e che fu un repubblichino, ripropone vecchi stilemi di scontro.
La proposta viene da Bernardi, il presidente della Casa dei Ceppi dei Poveri di Francesco di Marco, che, chi era presente al debutto del mio spettacolo sul Datini, ha potuto conoscere e sentir parlare.
L'Anpi è contraria alla sua proposta, e ne è venuta fuori la solita querelle: non si può intitolare una ciclabile a un repubblichino.

Però, scusate, repubblichino fu anche Dario Fo, e fu Pasolini a smascherarlo. Da qui la loro inimicizia.  Eppure molti comunisti e non solo andavano a vedere gli spettacoli del primo, sicuri che ormai si era situato dalla parte giusta, che quello di Salò era stato un momento 'sbagliato'. Oppure non conoscendo il suo passato.

Oltre al marcio in Danimarca, c'è molto conformismo, come ricordava anche Pasolini, a Sinistra.

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Bernardi:
“Non capisco tutta questa polemica che si è scatenata intorno alla mia proposta – risponde a ilfatto.it Bernardi, che sta scrivendo il libro Fiorenzo Magni, la maglia rosa sulla camicia nera – Qui a Prato ci sono strade intitolate a fior fior di repubblichini, come quella ad Arrigo Bartoli proprio a Vaiano (paese natale del ciclista, ndr). Io quando ho lanciato la mia idea pensavo al Magni ciclista, allo sportivo, ma qui a Prato parlare di lui è diventato un tabù. Io ho la tessera dell’Anpi e sono un uomo di sinistra ma qui in Toscana siamo guelfi e ghibellini, da sempre ci piace litigare tra noi, soprattutto tra gli appartenenti a questa parte politica”. Da Il Fatto quotidiano, per l'articolo completo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11/03/magni-maglia-rosa-e-camicia-nera-a-prato-proposta-per-intitolargli-una-strada-ma-lanpi-dice-no-fu-tra-i-repubblichini/3947882/


Pasolini su Fo, e altri:  
" L'Italia è un paese che diventa sempre più stupido e ignorante. Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili. Non c'è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra: soprattutto naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra. Il teatro italiano, in questo contesto (in cui l'ufficialità è la protesta), si trova certo culturalmente al limite più basso. Il vecchio teatro tradizionale è sempre più ributtante. Il teatro nuovo - che in altro non consiste che nel lungo marcire del modello del « Living Theatre » (escludendo Carmelo Bene, autonomo e originale) - è riuscito a divenire altrettanto ributtante che il teatro tradizionale. È la feccia della neoavanguardia e del '68. Sì, siamo ancora lì: con in più il rigurgito della restaurazione strisciante. Il conformismo di sinistra. Quanto all'ex repubblichino Dario Fo, non si può immaginare niente di più brutto dei suoi testi scritti. Della sua audiovisività e dei suoi mille spettatori (sia pure in carne e ossa) non può evidentemente importarmene nulla. Tutto il resto, Strehler, Ronconi, Visconti, è pura gestualità, materia da rotocalco. È naturale che in un simile quadro il mio teatro non venga neanche percepito. Cosa che (lo confesso) mi riempie di una impotente indignazione, visto che i Pilati (i critici letterari) mi rimandano agli Erodi (i critici teatrali) in una Gerusalemme di cui mi auguro che non rimanga presto pietra su pietra.

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