martedì 13 marzo 2018

Nel fango del dio pallone

Detesto il gioco del calcio, ma non tanto in sé (e l'ho anche studiato, strutturalmente!), quanto nella sua vorace e aggressiva, affaristica e falsa epifania moderna.
Come il presidente del Salonicco ha dimostrato, entrando in campo con una pistola alla cintola, per contestare una rete annullata.
Bene ha fatto il governo greco a fermarne il campionato.

Evviva. 

Nonostante la mia idiosincrasia per quel gioco e il business che lo muove, ho tuttavia apprezzato un calciatore, Carlo Petrini, dopo aver letto il suo Nel fango del dio pallone, dove racconta di come il calcio abbia maciullato la sua vita. Una vita fatta anche di debiti, imprese assurde, crudeltà.
Nel suo libro Carlo (che era senese, di Monticiano) svela come i calciatori, negli anni '80, venissero drogati; di come le partite fossero truccate. 
Corruzione e doping. Lui, fino al 2012 quando morì, nelle interviste disse che anche dopo non era cambiato nulla, l'andazzo era più o meno lo stesso.
Molti calciatori, testimoniò, sono morti giovani a causa delle droghe, delle iniezioni che venivano fatte loro prima di entrare in campo.
Lui confessò tutto, non solo perché era stato processato (per lo scandalo scommesse), ma credo anche per riscattare il suo comportamento verso la morte di suo figlio Diego, anche lui calciatore e morto a diciannove anni per un tumore al cervello. 

Carlo Petrini è stato colui che per primo ha parlato dell'uccisione del calciatore Bergamini (Il calciatore suicidato), ed è stato grazie al suo libro che il caso è stato riaperto. 

Ci sono molte interviste rilasciate da Carlo, basta digitare il suo nome. Qui parla di Berlusconi presidente del Milan e di Bergamini appunto.



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