lunedì 30 aprile 2018

Le mie opere teatrali, elenco completo (1988-2018)

Con l'idea di cominciare a pubblicare qualcosa del mio repertorio, ho redatto un elenco delle mie opere teatrali scritte fino a oggi. Credo che sia abbastanza completo ed esatto nelle date. Ho tralasciato i tentativi drammatici (in tutti i sensi) della mia giovinezza. Le commedie per ragazzi sono contrassegnate da una 'R'.
Si tratta in gran parte di opere rappresentate.

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Il teatro di Maila Ermini (periodo 1998-2018):
  
Matilda (1988)
Il turno (1988)
La zona franca (1989)
Il pozzo (1989-2000)
Rosso Fiorentino (1990)
Grotesques (1996)
Dogshit (1990-2000)
Commedia d’amore e d’utopia (1998)
Amore, ma cos’è questo rumore? (1998)
Cabarettete! (2000)
Oppelà comique (2000-2004)
L’alberghino della 66 (2002-2008)
Commedia Arlecchina (2002)
Una strega a colazione (2002)
La commedia barattolosa (R, 2002)
Il paese dei giocattoli perduti (R,2002)
Dialoghi di Damo, Quiritta e Magotto (2002)
Una strega a colazione (2002)
Palla Prigioniera (2002)
Madama Acqua (2003)
Per uno spazio libero di pensieri e canzoni (2003)
Pagliaccia Secca  (R,2003)
Cuori di donna (2003)
Intermezzo etrusco (2003)
Ragionamento di Gherardo Nerucci (2003)
Bicchierina (R,2003)
La Befana Barbagianna  (R,2003)
Laris Pulenas (2004)
Il muro nella testa (2004)
La Puzzocchia (R,2004)
Arlecchino Presidente (2004)
La signora Me (2004)
Novello Belfagor (2005)
L’infanzia negata dei celestini (2004)
Il ponte sullo Stretto (2005)
Nostra signora dei rifiuti (2006)
Le fiabotte ciarlotte (R,2006)
Pagliaccia Secca e l’albero di Natale (R,2006)
Dina la vespina (R,2007)
Dramma intorno ai concubini di Prato (2007)
Pagliaccia Secca Prof (R,2008)
Dialoghi delle bambine  (2008)
L’alberghino della 66 (2008)
Baco Gigi Sciò (R,2009)
Cenerentola è andata via (2009)
La ballata dei giovani dannati (2009)
Gonfienti Storia di una battaglia  (2010)
Karl Laqua, il boia di Figline  (2010)
Prato nel Sacco (2010)
Anito e Garibalda (2010)
Pratopezza (2011)
A scuola con la maga (R,2011)
La Chisciotta e Sancio Panza Operaio (2011)
Centurione (2012)
Antologia del Bisenzio (2012)
Lupissima (R,2012)
Leonardo, diario intimo di un genio (2012)
Cafiero Lucchesi, vita e morte fra Mussolini e Stalin (2012)
Cibo (2013)
Raccontessa (R,2013)
Gaetanina Bresci (Mio padre Gaetano, regicida) (2013)
La fata Perina (2013)
Miriam, moglie di Gesù (2014)
La Beffana (R,2014)
Petuzzo (R,2014)
L’amore è un brodo capperi (2014)
Le tre vite del ragazzo di Tien An Men  (2015)
Gatta al lardo (Ragionamento comico sui proverbi) (2015)
Il bignamino delle donne (2015)
Vi odio, cari studenti (2015)
Lo spettacolo della città (teatro tour di Prato, in due versioni; teatro tour di Pistoia e della Valbisenzio, 2015-2017)
Io passerina, tu pisellino (2016)
Stupida (2016)
Asinerie (2016)
Scaveide (2016)
Pagliaccia SOS (R,2016)
Io passerina, tu pisellino (2016)
Blocco nero (Puzzi come un cane) (2016)
La barzelletta vien dalla campagna (2017)
Io e Federico (2017)
Nel nome di Dio e del Quattrino (2017)
Le maschie (2017)
A che ora inizia la rivoluzione? (2017-2018)
Turista il barbaro (2018)

Lettera di Elvira, pulitrice di cessi, a Berlusconi

Signor Berlusconi,
so che lei ultimamente ha parlato male delle persone che puliscono i cessi. Ha parlato male nel senso, in uno dei suoi avversari considerato inetto, che non gli avrebbe mai fatto affidamento alla pulizia dei cessi in una delle sue aziende.
E 'vero, non è difficile da usare, non è una questione di particolare, ma è davvero una reazione disgustosa, in particolare se si tratta di bagni pubblici o di gente che non si cura di chi poi indossa pulire lo sporco che lascia.
Questo è un dato di fatto, che è difficile trovare un lavoro dopo aver conseguito un diploma o una laurea.
E 'una vita faticosa, come le dicevo: tanto per fare un esempio, bisogna alzarsi molto presto la mattina in modo che gli uffici siano puliti quando arrivano i dirigenti, e questo a lungo andare sfibra il fisico.
In genere, vieni in casa, sono le donne che sono (come io sono sempre più volte), sono in modo inconfessato, detestano le donne nonostante questo? Chissà!
Comunque io sono felice di non aver mai avuto un successo in una società.

Elvira

venerdì 27 aprile 2018

"Laris Pulenas" e gli studenti

Sono stata sorpresa della buona, anzi ottima direi, accoglienza del Laris Pulenas da parte degli studenti del Liceo Livi di Prato.
Attentissimi, a parte qualche normale chiacchiericcio, e spesso per commentare ciò che vedevano. E con applausi calorosi ci hanno salutato.

Hanno anche subito volentieri la nostra intimazione di lasciare i loro amati smartphone, e davvero non li hanno accesi né visti nemmeno un minuto. Roba che nemmeno i grandi, che a teatro li sorprendi a 'spippolare' sulle tastiere a ogni pie' sospinto.

Recitare Laris Pulenas a scuola (questa è stata la prima volta del Laris in una scuola, ma in ben quattro repliche), è stato un bel modo per celebrare i quasi dieci anni dal debutto, che ricordo fu nel luglio 2008 a Poggio Castiglioni, sulla Calvana, sopra Prato.






martedì 24 aprile 2018

Quale restauro post sisma: una tavola rotonda sulla ricostruzione de L'Aquila

Venerdì 20 maggio scorso ho partecipato alla tavola rotonda Quale restauro post sisma?, organizzato dal Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze.

Mi avevano invitato a leggere alcuni brani che potessero essere da commento all'incontro, focalizzato in particolare sulla ricostruzione dopo il terremoto de L'Aquila di nove anni fa.

L'incontro, che ha visto la partecipazione di studiosi dell'Ateneo fiorentino e di rappresentanti politici ed esperti del territorio abruzzese, mi ha stimolato la ricerca nel campo della filosofia e della storia.

Ho scoperto che fino al terremoto di Lisbona del 1755 nessuno parlava di 'ricostruzione', e che ancora in quella data i Gesuiti tuonavano dai pulpiti che i terremoti erano da attribuirsi ai peccati e alla corruzione degli uomini; in sostanza erano un segno della punizione divina.

Con l'Illuminismo, con gli scritti di Voltaire, che compone un poema, e di Kant, che dedica due piccoli saggi, tutto cambia, e per la prima volta si comincia a cercare una motivazione scientifica, e a porre attenzione alla sofferenza e alla distruzione che il terremoto causa. 

Ma il primo che punta il dito su come gli edifici ammassati e malcostruiti, e molti di legno, della città di Lisbona abbiano peggiorato il disastro, è Jean Jacques Rousseau:

"...se gli abitanti di quella città fossero stati distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di minor imponenza, il disastro sarebbe stato meno violento, o forse, non ci sarebbe stato affatto".

Dopo il terremoto, Lisbona viene ricostruita su nuove basi: gli edifici vengono progettati perché rispondano in modo elastico alle scosse, la maiolica (azulejos), ignifuga, prende il posto delle pavimentazioni di legno, mentre si pongono le basi un'analisi sistematica delle manifestazioni dei terremoti.

Al convegno ho letto anche: una drammatica testimonianza di un aquilano che pochi giorni dopo il sisma aveva inviato una lettera disperata a un direttore di giornale,  e  l'intervento dell'Ing. Luciano Marchetti, che spiega di come nella rifondazione della città terremotata vada ricreato, quanto più possibile fedele al pre-sisma, l'ambiente antico degli abitanti, non solo i monumenti!,  che si vedono privati drammaticamente di ogni punto di riferimento familiare.

Ha organizzato la tavola rotonda il prof. Carlo Alberto Centauro. Sono intervenuti: il prof. Carlo Alberto Garzonio, l'arch. Guido Iannone; il prof. Mario De Stefano, prof. Raffaele Nudo, prof. Ugo Tonietti e l'arch. Gianni Biagi di Cultura Commestibile; gli ospiti del territorio aquilano: l'ing. Mimmo Srour, il Sindaco di Sant'Eusanio Forconese, avv. Giovanni Berardinangelo, e dott. Innocenzo Chiacchio, responsabile amministrativo per la ricostruzione degli aggregati del borgo di Casentino. 
Il Rettore dell'Università di Firenze, Prof. Luigi Dei, ha salutato, prima dell'inizio, tutti gli intervenuti.








http://primaveradiprato.blogspot.it/2018/04/ricostruire-laquila-una-tavola-rotonda.html

lunedì 23 aprile 2018

Ritorno all'analogico

Viaggiando in treno ho visto qualcosa di incredibile: due ragazze leggevano libri di carta; altri ragazzi, in gruppo, chiacchieravano, scherzavano! I restanti, nevroticamente e annoiati, azionando i loro smartphone.

Nel frattempo sperimento su di me certa saturazione da Internet, la valanga di notizie (notizie?), le strumentalizzazioni conseguenti, le telefonate di lavoro e le richieste, le arrabbiature per le macroscopiche ingiustizie e le brutalità, e non vedo l'ora di infilarmi nel mio piccolo teatro, dove il profumo del legno, la sua morbida durezza naturale mi rilassa. Lì cambia tutto. A volte stacco il telefono fisso, metto il cellulare distante da me, e non sempre sento i suoi squilli. Non ci sono collegamenti digitali a La Baracca e non ci saranno nel futuro. 

In questo nuovo (nuovo?) sentire, in questi giorni leggo un articolo tratto del New York Times  Our love affair with digital (tradotto dalla rivista Internazionale con La rivincita dell'analogico), del giornalista canadese David Sax e con gioia sperimento che nel mio piccolo teatro, periferico e marginale, lontano dal centro dove tutto il magico sembra avvenire, si sente come a Toronto:

"Una decina di anni fa ho comprato il mio primo smartphone, un piccolo e goffo BalckBerry 8830 in un'elegante custodia di pelle nera. Lo amavo. Amavo il modo in cui scivolava senza sforzo nella custodia, amavo il suono delicato, simile alle fusa di un gatto, che annunciava l'arrivo di email. amavo il fruscio silensiozo della trackball mentre giocavo a Brick Breaker in metropolitana e la sensazione dei piccoli tasti sotto i miei grandi pollici. Quando ero costretto a spegnerlo mi sentivo in ansia e solo.
Come molte delle relazioni in cui ci tuffiamo con il cuore in tumulto, la nostra infatuazione per la tecnologia digitale prometteva il mondo: più amici, più soldi, più democrazia! Musica gratis, notizie e fazzoletti di carte spediti in tempo reale! Una risata al minuto e una festa perenne a portata di dito.
In molti abbiamo creduto che il digitale potesse rendere tutto migliore. Ci siamo arresi all'idea, e abbiamo scambiato la nostra dipendenza per amore, finché non è stato troppo tardi.
Oggi quando ho il teleono acceso mi sento in ansia e non vedo l'ora che arrivi il momento di spengerlo per rilassarmi veramente. La mia infatuazione per la tecnologia digitale è finita, e so di non essere solo. (...)
Anche se sogniamo di farlo, probabilmente non cancelleremo i nostri account sui social network e non butteremo il telefono nel fiume. Quello che possiamo fare è ristabilire un minimo di equilibrio nel nostro rapporto con la tecnologia digitale, e la cosa migliore da questo punto di vista è tornare all'analogico, lo yin e yang digitale.
Fortunatamente il mondo analogico c'è ancora, e non solo è sopravvissuto, ma è in ottima salute. Negli Stati Uniti le vendite dei libri stampati sono cresciute per il terzo anno di fila, mentre quelle dei libri elettronici sono in calo. Le librerie indipendenti aumentano stabilmente da anni. I dischi in vinile stanno vivendo un boom di popolarità e anche le vendite di fotocamere, taccuini, giochi da tavolo e biglietti per il teatro sono in ripresa.
L'analogico, anche se più scomodo e costoso delle sue alternative digitali, offre una ricchezza di esperienza che è impossibile ricreare attraverso uno schermo. La gente compra libri perché attivano tutti e cinque i sensi: l'odore della carta e della colla, l'immagine della copertina, il peso della carta, il rumore delle pagine che girano, perfino il gusto sottile dell'inchiostro sulle dita. Un libro può essere comprato e venduto, regalato, ricevuto in dono e messo in bella mostra su uno scaffale. Può stimolare una conversazione e alimentare una storia d'amore.
I limiti dell'analogico, in passato considerati uno svantaggio, sono visti sempre di più come il contrappeso alle facili manipolazioni del digitale. Anche se un foglio di carta ha i limiti delle dimensioni fisiche e dell'indelebilità dell'inchiostro, in questa semplicità c'è una grande efficienza. Chi stringe in mano la penna è libro di scrivere, scarabocchiare o buttare giù le proprie idee come vuole all'interno di questi confini, senza le restrizioni e le distrazioni imposte dal software.
In un mondo di interminabili catene di email. chat immagini e documenti rimaneggiati all'infinito, il giardino recintato dell'analogico fa risparmiare tempo e stimola la creatività.
Negli ultimi anni ai disegnatori di Google viene richiesto di usare carta e penna durante le riunioni ("la tempesta dei cervelli"), perché escono fuori idee migliori rispetto a quando si digita su uno schermo.
Al contrario delle comunità virtuali che costruiamo in linea, l'analogico dà un contributo concreto ai luoghi dove vive la gente. Sono diventato amico di Ian Cheung, l'intransigente e (giustamente) supponente proprietario del negozio di dischi June Records, che si trova a pochi passi da casa mia a Toronto. Come vicino di casa usufruisco non solo dei vantaggi delle tasse che June versa come azienda locale (la pavimentazione stradale, la scuola di mia figlia), ma anche del fatto di vivere nel suo stesso quartiere. Come il negozio di ferramenta, l'alimentari italiano e il macellaio di zona, la presenza fisica di June contribuisce al mio senso d'identità e di appartenenza al quartiere (...).
L'analogico è particolarmente efficace nell'incoraggiare l'interazione tra persone, fondamentale per il nostro benessere fisico e mentale. La dinamica di un insegnante in una classe piena di studenti si è dimostrata non solo molto resistente al cambiamento, ma ha battuto ripetutamente tutti gli esperimenti di apprendimento in linea. Il digitale può essere efficiente nel trasferire l'informazione pura, ma l'apprendimento si fonda soprattutto sulla relazione tra studenti e insegnanti.
Non siamo costretti a scegliere tra digitale e analogico. Questa è la falsa logica del codice binario con cui sono programmati i computer, che ignora la complessità della vita nel mondo reale. Il nodo è come trovare il giusto equilibrio fra i due. Se teniamo a mente questo, avremo fatto il primo passo verso una relazione più sana con la tecnologia e, cosa più importante, con i nostri simili.


(Tratto da Internazionale, con qualche mio ritocco nella traduzione. Anche le frasi in neretto sono mie).



domenica 22 aprile 2018

Gonfienti, Camars e le due Chiusi

 Gonfienti, Camars e le due Chiusi
di Giuseppe Alberto Centauro

Aver identificato nel castelliere proto etrusco di Camars la naturale saldatura e una stretta continuità insediativa con l’acropoli di Gonfienti [“CuCo” 257, p. 12] all’apice di Poggio Castiglioni (estrema propaggine meridionale dei Monti della Calvana),  ha aperto più di un quesito storico sulla città bisentina che, fin dal VII-VI sec a.C.  andava espandendosi sull’intera area mediana della piana alluvionale dell’Arno. Si tratta come è stato detto di un’area vasta, di quasi 400 ha, confinata tra i torrenti Camerella/ Marinella/ Marina e il fiume Bisenzio, interessando porzioni di territorio oggi spalmate su tre comuni: Prato, Calenzano e Campi Bisenzio [“CuCo” 255, p. 13]. A noi in questo momento interessa tracciare , o meglio verificare  l’appartenenza del toponimo Camars all’ambito territoriale bisentino, per meglio indagare sulla formazione dell’insediamento etrusco di Gonfienti. Infatti, come recitava il motto dell’Associazione Camars - Paesaggi umani, insediamenti e popoli: “Camars, oltre il mito, evoca il nome del primo insediamento italico dove, al centro di una vasta regione compresa nelle valli dell’Arno, si era accresciuta fin dall’Epoca Arcaica Etrusca una metropoli che ha accomunato in dieci secoli di storia, fino alla definitiva Romanizzazione, le culture e i destini delle primigenie popolazioni italiche”. Partiamo dalle reminiscenze storiche: Tito Livio, per primo, nel ricordare le epiche battaglie della terza guerra sannitica che furono combattute anche in Etruria (295 a.C.) tra le legioni romane e gli eserciti della confederazione italica, formati da Etruschi, Galli Senoni ed Umbri, così menzionava il “campo marzio” romano, ricordando che il castrum era stato situato nei pressi della città di Chiusi: Vere inde primo relicta secunda legione ad Clusium quod Camars olim appellabant, .. (All’inizio della primavera, poi, lasciata la seconda legione presso Chiusi che un tempo chiamavano Camars, … ). Non passi dunque inosservata la precisazione che il grande storico romano ritiene di dovere fare rispetto ad altre citazioni della Chiusi etrusca, che mai prima di allora aveva avuto necessità di essere specificata  in questo modo, suscitando l’idea che potessero contemporaneamente esistere due Chiusi, oltre l’insediamento in Valdichiana, ben più noto alla gente di  Roma. Una questione, quella delle due Chiusi, che ha alimentato fin dalle prime accademie etrusche del ‘700 grandi dibattiti sul fatto che potessero esservi, come spesso si è registrato nella tradizione toponomastica antica, più luoghi aventi lo stesso nome. D’altronde la stessa Camars era stata identificata con la marchigiana Camerino che certamente non è Chiusi.  Quale Chiusi dunque corrispondeva a Camars? Restando a tutt’oggi aperto, sia pure in modo meno manifesto, il quesito, rammentiamo che Clusium come l’accadico Kalum (= argine, riparo) avrebbe generato il toponimo Calenzano (= chiusura, sbarramento) nella contrapposizione con Pizzidimonte che delineava nell’eloquente significato di forbice, una sorta di naturale tenaglia aperta a valle dal corso della Marina. Nel mito, Clusio è anche il nome del primo Re dei Tirreni, famoso artefice di grande opere idrauliche:  dighe, terrapieni e deviazioni fluviali. Di più, ricordiamo come gli storici fiorentini del Medioevo - come ben annotò, nel 1833,  il geografo Emanuele Repetti- non vollero mai far coincidere Camars con la città di Chiusi in Valdichiana. Sia il Villani che il Malespini si affannarono non poco a rintracciare Camars ed Aharna nella Piana fiorentina, tuttavia senza successo alcuno, non trovando alcun resto significativo che avvalorasse tale loro intuizione, quanto meno là dove stavano cercando. “Dissero chiaramente - ancora dal Repetti – che c’erano nel piano di Firenze (innanzi che sorgesse la città) due ‘villate’, una delle quali si chiamava Arnina, l’altra Camarte, ed aggiunsero che si faceva mercato, ove concorrevano i Fiesolani e le terre e ville vicine”. Allo stesso modo anche i cronisti pratesi (come il Miniati) cercarono nella piana, senza trovarla, la città delle origini (Gonfienti), quella fantomatica Bisenzia (o Bizzenzia), ovvero Bisanzio in Toscana che, agli albori del I sec. a.C., il dittatore Lucio Cornelio Silla “da barbaro spietato” non esitò a radere al suolo.  Ergo ad Clusium sive Bisentium quod Camars olim appellabant. Non restano dunque che le poderose muraglie della Calvana e del Monte Morello a ricordare questi luoghi, ora rimossi dalla leggenda con gli scavi archeologici di Gonfienti. (fig. 1 e 2)

Fig. 1 e 2 – Vestigia  in opus quadratum  in loc. Il Chiuso di Calenzano (foto di G.A. Centauro, 2004).


giovedì 19 aprile 2018

Il teatro guitto di Firenze

Proprio non ce la fa a non essere guitto.
A non essere un po'...? tanto grossolano. Bravo certamente, ma guitto. E con la tendenza a vestirsi da Medici, sempre, o da Lorenzo il Magnifico, con tanto piacere sguaiato o granguignolesco.
Con temi che piacciono tanto al pubblico, a cui non osano certamente opporre la loro eventuale visione della vita. Per carità, giammai. Se osano, strapazzano i classici...
E' il teatro fiorentino. Con un sapore per La Travestita piuttosto che per La Traviata, con un gusto dal sapore bottegaio, con quelle locandine espressioniste, forzate, violente che tanto piacciono agli spettatori.

La versione migliore di questo teatro? Paolo Poli, il più raffinato di tutti, l'unico capace di recitare in vernacolo in maniera simpatica e non forzata. Di ironizzare e di recitare en travesti come si deve.
Pasolini lo detestava proprio per il gusto dichiaratamente finto della scena, l'essere operetta a teatro, l'omosessualità gonnesca.

Dall'altra parte sta Marisa Fabbri.

mercoledì 18 aprile 2018

La moda a Prato

La moda è creatività.
Per sviluppare la moda bisogna incentivare la creatività. A questo, per esempio, dovrebbe servire il Museo del Tessuto. O una diversa politica culturale e imprenditoriale.
Invece, a Prato cosa si fa? Si costruisce, si butta cemento, e si mettono le basi per altri capannoni che avranno il nome di Cittadella della Moda.
Come se la città non fosse abbastanza guasta!
Piuttosto c'è bisogno di riqualificare il territorio, non di cittadelle finte!

La moda a Prato è solo realtà nominalistica, è uno slogan che nasconde la brama di far soldi  e guastare ancor più il territorio. E sempre a Sud della città. Oltre a tutto quello che già c'è o vi si prevede di fare: ampliamenti di autostrade, i liquami di Baciacavallo, il depuratore del Calice,  le fabbriche inquinanti, le tangenziali, i sotto e sovrappassi, il traffico veicolare...

Ma che stupisce tutto questo, se anche alle Cascine di Tavola, quelle di Lorenzo il Magnifico, con la Fattoria, ci vogliono speculare?

La cittadella della Moda si costruirà infatti a Iolo, al Macrolotto (qualche aiolese lo chiama il Macrozozzo): e qui già il degrado è profondo, anche per l'invasione massiccia dei pronto-moda cinesi, dove si lavora notte e giorno in barba a ogni comunismo e rispetto verso l'essere umano, fra capannoni immondi e tralicci giganteschi (e alcuni forse nemmeno a norma); insomma, nello squallore mortale.


http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2018/04/18/news/con-la-cittadella-si-rifa-un-pezzo-di-iolo-1.16725030?ref=hftiprea-1

martedì 17 aprile 2018

Non paragonate Malaparte a Pasolini

In un articolo dell'ultimo numero di Prato Storia e Arte, (Febbraio 2018, n.122) lo scrittore Veronesi azzarda un paragone fra Malaparte e Pasolini (nato il 5 marzo 1922, non nel 1925 come erroneamente riporta):

"Be', la mia idea è che questi due scrittori, uno di ventisette anni più vecchio dell'altro, hanno attraversato l'Europa da soli nel suo momento peggiore, uno come padre, e dunque già formato, l'altro come figlio...e hanno dovuto difendersi, blindarsi, corazzarsi per conto loro...Perché il Cristo Proibito è bellissimo...fa il paio con la crocifissione di Stracci nella Ricotta...".

E così Veronesi trova un paragone anche fra la poesia di Pasolini "Io sono una forza del passato", che Wells declama appunto ne La ricotta, e il romanzo di Malaparte, Mamma Marcia...

Continuano le forzature su Malaparte (anche se Veronesi scrive che la sua è una 'suggestione'), questo volerlo piegare a interpretazioni accettabili per il piacere della politica dominante, qui mostrandolo scrittore non conforme alla stregua di Pasolini.

Ora Pasolini, come dice giustamente Veronesi, nei suoi numerosi saggi critici, non ha mai nominato Malaparte.

Malaparte, certamente originale, antipatico (e lo fu molto a Montanelli che lo considerava falso, spia, avventuriero, che aveva inventato di essere toscano... «Nel '44 tu scrivevi "Kaput" ben comodo nella tua bella villa a Capri sorseggiando in un calice di cristallo un buon bianco d'Ischia»,), misogino, fu espressione di quell'Italia che Pasolini non amava e non condivideva: Malaparte fu prima fascista, indi massone, poi comunista...

Forse, se si vuol proprio vedere un paragone, è nell'essere 'eretici' di entrambi, nel coraggio di andare controcorrente, diciamo; ma in modo del tutto diverso, però : l'ereticità di Pasolini è granitica, inattaccabile, morale, appunto; Pasolini fu poi un antivitalista, almeno nel suo senso fascista. Tutti testimoniano che era un uomo mite, gentile. Lontano dal potere e dal suo sistema oppressivo e appunto fascista. Era un uomo contro la violenza.

Malaparte, se pure mostra di essere anticonvenzionale, è fascista della prima ora, un fascista stra-paesano e squadrista... (Così importante lo squadrismo toscano nell'appoggio alla nascita del Fascismo!).  Mondano e vitalista, ha, nonostante il confino a cui è condannato per non essere in linea con il Fascismo, amici importanti: Galeazzo Ciano (che lo aiutò a pubblicare la rivista Prospettive); vive una importante relazione con la madre di Gianni Agnelli, Virginia; dopo il Fascismo Togliatti diventa sua amico, e lo va trovare a Capri...

La sua morte è circondata dai rappresentanti della politica del tempo; viene sepolto a Spazzavento, sopra Prato, secondo la sua volontà.

Pasolini fa ben altra morte, probabilmente ucciso da certo potere, e il suo funerale è affollato di gente comune, i suoi amici, artisti, intellettuali.

Malaparte è l'essenza di un epoca, è dentro il suo tempo, il Novecento e, al meglio, ne incarna le contraddizioni. E' un uomo pieno di chiaroscuri; il suo camaleontismo è uno dei motivi per cui non è amato. Pasolini, se non con la sua arte, con le sue riflessioni, la sua critica va oltre il suo tempo. Pasolini incarna la figura dell'intellettuale post gramsciano; Malaparte è uno scrittore, un ottimo giornalista, ma rimane invischiato proprio nel suo tempo e nella sua vanità.

Se paragonato a Pasolini, Malaparte si guasta e 'perde'.

Malaparte è lui, e basta, non ha bisogno di Pasolini né di operazioni interpretative forzate o suggestive per essere apprezzato come scrittore o figura. O detestato.


lunedì 16 aprile 2018

La politica delle donne

E' evidente che le donne sono lontane dalla politica che conta, e qualcuna se ne lamenta.
In Italia basta osservare lo scontro in atto fra Centro Destra e M5S, la parte maschile la fa da padrone.
I capi dei partiti e movimenti che contano, maschi. I guru, maschi. I maestri, maschi. Gli artisti e gli intellettuali che contano, maschi...

D'altronde, quando hanno potuto e possono essere vicine un po' al comando e alle decisioni, le donne scimmiottano i maschi e non producono una alternativa politica vera.  Producono solo politica mimetica, speculare, asservita.
Osserva, è sempre lei, Colombina, la servetta.
Da tempi dei partigiani, staffette. Ed è già dire molto. Ausiliarie. Assistenti. Infermiere. Volontarie.

Cornice. Solo a questa condizione alle donne è concesso di fare politica e di entrare nei giri che contano. Altrimenti, fuori.
Tutta la politica berlusconiana 'valorizza' le donne solo da questo punto di vista: elementi da vetrina, manichini viventi. Così si sono trasformate le rivendicazioni del femminismo.
Ma anche nella Sinistra abbiamo visto e ascoltato diversi manichini parlare. Emanazioni del capo di turno. Altrimenti non parli. Certamente non parli in televisione. E non tieni nemmeno la tua 'rubrica' il tuo salotto, niente.

La soluzione non c'è.

O meglio, ci sarebbe; ma significa abbandonare la politica che conta e stare lontani dal potere che manda i missili in Siria, così, con la stessa facilità con cui ci si gira un cappello.

Significa stare all'opposizione vera, significa scioperare da questa politica. Non avere incarichi, non essere le damigelle di nessuno che vuole che tu sia una damigella.

Contare, per esempio, significherebbe organizzare uno sciopero per la pace, magari di cinque minuti, in tutto il mondo, di tutte le donne. Non solo come quello d'occasione e 'concesso' che si organizza per l'8 marzo.

Li vogliamo fare, donne dei partiti e che vi chiedete però perché non contate, che ne so, cinque minuti di sciopero...contro la guerra? Un esempio. Fermarsi per cinque minuti. Sospendere il mondo. Denudarsi e tornare carne, respiro, pensiero, vita. Alle 12 di un giorno. A casa, smettere di cucinare. Smettere di pulire. Smettere di fare l'insegnante-balia-badante. Smettere di essere la deputata, l'assessore, la consigliera, la scrittrice, la giornalista, la regista, lo strumento quotidiano del potere. 
Quello che manda i missili in Siria, e che è lo stesso che ti fa diventare la direttrice o la presidentessa di qualcosa. Lo sai?


domenica 15 aprile 2018

Ma Turista il barbaro è comico! (Com'è andata la replica)


Che serata vivace per la replica di  Turista il barbaro!
Il pubblico rideva, ha iniziato a ridere, e quando nel secondo atto, quando non ci si aspetterebbe: ho forse sviluppato la comicità e l'ironia del testo nelle prove? Ma sì, perché mi sento come sono divertita di più, passando dal comico al tragico e poi di nuovo al comico, in modo rapido, improvviso.
Insomma, stasera ho scoperto che "Turista il barbaro" è (anche, e molto) comico!
E anche il dibattito è stato vivace, e non richiesto, non sollecitato.
Evviva.
Piccolo grande pubblico, grazie.

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Aggiungo:

"Turista il barbaro", totalmente escluso dalla visibilità della comunicazione per uno stupido pregiudizio - proprio pre-giudizio di chi non è cosa, forse dovrebbe temere solo la propria stupidità - non è solo un'opera che tocca in modo ironico, comico un argomento, il turismo - ed è un tema praticamente non affrontato in teatro - (Azzurra Gallo che vive una serie di contrattempi per la sua mancata prenotazione), anche questi sono altri: per esempio della relazione genitori-figli, quando questi sono ormai "grandi"; del conflitto rapporto con la disabilità, in cui il caso non è così tanto, ma se non è semplicemente l'altro ' ...

Anche per questo è anche un giallo, per quel senso di mistero che la storia non svela, ma fa solo intuire ...
Peccato che continuino a trattarci così, con sufficienti o pregiudizi, questi direttori di varie entità teatrali, giornalisti che chiudono il tutto in un trafiletto senza chiedere altro, quando invece alle varie festicciole della primavera piovosa dedicano tanto risalto.

Ma è così, e nessun cambiamento in vista. L'unica vera rivoluzione, almeno un teatro e forse non solo, la fanno gli spettatori che, come originali turisti, non ascoltano le varie sirene, si spingono imperturbati il ​​loro viaggio. 

venerdì 13 aprile 2018

E' la censura, bellezza!

Sono infastidita della continua censura riguardo al mio Turista il barbaro.
Inutile mandare comunicati, non li pubblicano, o li pubblicano male. Anche al debutto è stato così.
Men che meno parlarne a qualche direttore di teatro.
Ci sono argomenti che non vanno 'toccati', e uno di questi è il turismo. 
E' la censura, bellezza, non lo sapevi?
Sì, lo immaginavo, ma a questo punto! 
No, non se ne può parlare, nemmeno come scherzo!

Ben altro trattamento per i teatri impoltronati, o degli amici, anche se presentano spettacoli scipiti, noiosi, anticonformisti conformisti, confezionati!

Ma ostacolando il lavoro dei piccoli e indipendenti, mettendo a tacere o in sordina il loro lavoro di ricerca, alla fine annullate anche il lavoro degli impoltronati eccetera. E il turismo stesso!

La censura, a vari livelli, fa morire tutto.
Ma vallo a dire ai direttori, ai responsabili, agli assessori eccetera!
Molti di loro non intendono se non il loro bieco interesse, sono miopi.

Comunque, sabato 14 aprile, ore 21 a La Baracca c'è Turista il barbaro.




Berlusconi: Pierino o Pantalone?

Ieri, a casa del Presidente della Repubblica, il Quirinale, nel vedere le immagine di Berlusconi accanto a Salvini, che letteralmente smaniava facendo da fastidioso contrappunto con le sue dita al discorso di quest'ultimo; che tornava sui suoi passi e regalava il suo pistolotto sulla democrazia ai giornalisti e al mondo, ecco non sapevo se in quello spettacolo ben organizzato il magnate intendesse interpretare una specie di vecchio ma sempreverde Pierino, impertinente e scostumato, irriverente e irrefrenabile nella smania di scompigliare le carte e ribadire il suo potere, o piuttosto il Pantalone della Commedia dell'Arte, mercante avaro (nel senso di accumulatore) e lussurioso, che insidia le servette e allontana i fidanzati per conquistarle con i suoi soldi e prestigio...

https://video.corriere.it/consultazioni-parla-salvini-berlusconi-porta-conto-punti-concordati/3bd49830-3e6d-11e8-aea7-b22f62e05f02?vclk=video3CHP%7Cconsultazioni-parla-salvini-berlusconi-porta-conto-punti-concordati

giovedì 12 aprile 2018

"Nel nome di Dio e del Quattrino": la 'commedia impossibile' è possibile

Bene, finalmente.
Per la Pratoestate 2018 si faranno due repliche di Nel nome di Dio e del Quattrino, la 'commedia impossibile' sul mercante Francesco di Marco Datini. 

E' stata accolta la nostra proposta di replicarla (il felice debutto a ottobre passato alla Baracca), e con pochi soldi in più sostanzialmente, dato che a Casa Datini, dove si svolgerà lo spettacolo a giugno prossimo, possono starci solo 45-50 persone.
Valeva la pena fare uno spettacolo solo una volta per così poca gente??

Ogni tanto riusciamo a comunicare. E quando avviene questo, è così raro che questo accada, ci appare davvero un giorno speciale!

La 'commedia impossibile' sul Datini (la seconda impossibile dopo quella su Federico II) a casa sua, ecco, nella Casa Museo, - lui chissà come se ne sarebbe vantato, quell'avaraccio egoista e furbo e vanesio, a giorni alterni anche un po' gretto, e tutti i giorni pignolo e 'stucco',  ipocondriaco e beghino almeno di facciata, prepotente e pieno di vizi, e come contenta la consorte Margherita, una donna intelligente che chissà come lo sopportava, e senza la quale tutta quella ricchezza, almeno di casa sua, non so se il mercante pratese l'avrebbe mantenuta -, ci riempie di gioia, perché a scriverla e a metterla su abbiamo faticato così tanto.

Dunque, possibilmente, alla Casa Museo Datini a Prato, il 20 e 21 giugno prossimo!




La promessa del pero

Amici!

Sabato 14 aprile ore 21, con la replica di Turista il barbaro, si conclude in anticipo la stagione del Teatro La Baracca.

Per la verità a maggio-giugno ci saranno altri appuntamenti, ma la stagione, così come l'avevamo prevista, non si potrà svolgere. 
La programmazione si era già interrotta per la mia tournée di marzo, ma altri impegni adesso in aprile e nei prossimi mesi, costringono a un cambio di rotta.
Uno o due degli spettacoli previsti saranno ripresi nella prossima stagione.

A La Baracca continuiamo comunque col nostro lavoro creativo (oh, quante belle figlie Madama Dorè!) e come vedrete, anche con quello di altri,  ma fino sicuramente al prossimo autunno, senza scadenze a medio termine. Navigheremo un po' a vista.
Ci saranno sorprese? E' probabile.
Il pereto, oltre alla bella fioritura e alle tante e succose pere, sembra davvero promettere altro...

Venite a trovarci.
Ciao.




mercoledì 11 aprile 2018

L'Aquila: una tavola rotonda a 9 anni dal terremoto




Una tavola rotonda a 9 anni dal terremoto aquilano del 6 aprile 2009 “QUALE RESTAURO POST SISMA?. Letture Testimonianze Riflessioni”

Tre numeri “9.6.9” per indicare i tempi trascorsi dal sisma del 6 aprile 2009 e dare oggi il via in sede universitaria ad un doveroso confronto sui temi della ricostruzione e del restauro post sismico, anche per non dimenticare e tenere alta l’attenzione su quanto accaduto. Si tratterà di un dibattito da farsi con gli ospiti aquilani e il contributo evocativo di alcune letture, nonché la proiezione del docu-film realizzato nel 2010. Quale restauro post sisma? Abbiamo imparato dai terremoti che restaurare è possibile, anche se arduo è il confronto con la realtà, anche economica, dettata dall’emergenza della ricostruzione. L’esperienza allora condotta non solo attraverso l’esame dei danneggiamenti e dei crolli quanto nell’osservazione de visu delle drammatiche dinamiche sociali documentate nei lunghi mesi di frequentazione dei centri colpiti e nel perdurare del lungo sciame sismico che seguì alla prima scossa, ci permette oggi di comprendere e meglio comunicare quali siano i rapporti di causa /effetto instaurati dai cinematismi di collasso locale sia negli edifici in muratura che in c.a., nonché di valutare le opportunità e i modi con i quali intervenire sugli elementi finiti delle architetture tradizionali per concorrere con razionalità alla salvaguardia dell’identità dei centri storici. Infatti, sopra ogni altra cosa, apparve subito evidente l’importanza di salvaguardare l’identità ambientale e culturale dei luoghi, ovvero di non disperdere i valori intrinsechi del territorio, della tradizione e della storia millenaria intorno ai quali rigenerare il territorio ferito, ponendo il restauro al centro dell’operare!
Quella fu un’esperienza intensa, protratta per oltre un triennio, fortemente partecipata con gli abitanti, avviata all’indomani del sisma, prima ancora della messa in sicurezza degli edifici, quando le macerie erano per così dire “ancora fumanti” a terra intorno al vuoto e alla desolazione delle case abbandonate. Seminari di studio e corsi didattici svolti direttamente sul territorio permisero allora di sviluppare una capillare fase conoscitiva e di rilievo che, con l’impegno profuso e l’apporto volontaristico dei docenti, dei ricercatori e degli studenti dell’Università di Firenze, fornirono l’assistenza e il necessario contribuito non solo per arrivare alla stesura del Piano di Ricostruzione, quanto di indirizzo metodologico e di ordine pratico per condurre al meglio l’azione di recupero. I risultati di questa esperienza sono confluiti in una monografia collettanea di studi, una sorta di “codice di pratica” contenente le linee guida d’intervento per il restauro post sismico, la conservazione e valorizzazione dei connotati identitari del costruito storico e del territorio. Un’opera che riteniamo possa costituire ancora oggi un punto di riflessione importante in chiave di conservazione e valorizzazione del patrimonio.

PROGRAMMA 

La Tavola Rotonda si svolgerà il 20 aprile, dalle ore 10,00 alle ore 13,30 presso il plesso didattico di Santa Teresa in via della Mattonaia, 8 (Piano terra), in seno alla rassegna “ReCoRD. Restauro e Conservazione. Ricerca e Didattica”, per dar corso ad una valutazione congiunta docenti /studenti sul tema del restauro post sima, con i testimoni e diretti protagonisti del territorio aquilano colpito dal sisma del 2009, nonchè per fare il punto su quanto è stato fin qui fatto per la ricostruzione dei centri storici, dal capoluogo agli antichi borghi della Media Valle dell’Aterno, con particolare riferimento a Sant’Eusanio Forconese e la frazione Casentino, già oggetto con accordi istituzionali, di studi e ricerche da parte del Dipartimento di Costruzioni e Restauro (DICR), oggi Dipartimento di Architettura (DIDA), dell’Università di Firenze. L’assise, introdotta da chi scrive, si articolerà, alternando letture a cura di Maila Ermini (Teatro La Baracca), in due sedute: la prima dedicata alle testimonianze. Interverranno il prof. Carlo Alberto Garzonio (chairman), arch. Guido Iannone e gli ospiti del territorio aquilano: l’ing. Mimmo Srour, il Sindaco di Sant’Eusanio Forconese, avv. Giovanni Berardinangelo, il responsabile amministrativo per la ricostruzione degli aggregati del borgo di Casentino, dott. Innocenzo Chiacchio; la seconda seduta dedicata alle riflessioni sarà svolta dai docenti del DIDA: prof. Mario De Stefano (chairman), prof. Raffaele Nudo e prof. Ugo Tonietti. Seguirà il dibattito coordinato dall’arch. Gianni Biagi (“Cultura Commestibile”) con la partecipazione aperta di docenti e studenti. 

Prof. Giuseppe Alberto Centauro



Gratuità e riduzioni: per il Comune di Prato La Baracca non esiste

Come si osserva nella pagina del sito internet del Comune di Prato, il Teatro La Baracca non esiste e, come tale, non può fare sconti, né facilitazioni per gli spettatori per le previste riduzioni e gratuità.

Non siamo un teatro aderente.
Non solo non riceviamo più nulla, ma fanno anche finta che non esistiamo.

Grazie, Comune di Prato, sempre attento alla periferia e agli ultimi!


http://www2.comune.prato.it/comefareper/sport/archivio7_76_162_59_8.html

11.04.2018 - CinemaDays 2018 prevede, tra aprile ed ottobre, ben 15 giorni con ingresso in tutte le sale aderenti al prezzo speciale di 3 euro, in tre diversi periodi: dal 9 al 12 aprile, dal 9 al 15 luglio e dal 1° al 4 ottobre.

Lo spettatore vuol esser censurato


Oggi sempre di più si sperimenta la censura economica, che è anche censura di opportunità politica.

Solo quello che è profittevole viene messo in circolazione.

Io lo osservo facilmente nel mio lavoro, il teatro, diventato, come tutta l'arte, volgare merce. L'ho detto tante volte, nei circuiti teatrali si immettono personaggi televisivi o figli d'arte, che fanno cassa, o al limite danno prestigio per il processo di mitizzazione mediatica. 
Ma nessuno sembra scandalizzarsene. Anzi.

Personalmente sperimento la censura ormai da quasi vent'anni.
Ci sono testi che ho scritto che hanno subito una censura religiosa e politica.
In particolare il Dramma intorno ai concubini di Prato, più che L'infanzia negata dei celestini che la pietas verso i bambini maltrattati riesce far superare; o Gaetanina Bresci, Mio padre Gaetano il regicida: a Monza mi hanno detto, e pochi giorni fa!, che è irrappresentabile. La città ha fatto il possibile per esorcizzare l'uccisione del re a Villa Reale da parte di Gaetano Bresci, e non vuole essere disturbata  nel processo di 'smemorizzazione'.

La censura economica sul teatro, che come ho detto è anche politica, la osservo per esempio su Turista il barbaro
Nonostante il dramma abbia una sua storia, che potrebbe a rigore anche prescindere dalla 'questione del turismo', e anche elementi di comicità, il contesto 'turistico' che si riflette nel titolo costituisce un vero tabu economico e schiaccia tutto il resto.

Nessun teatro, nessuno assessorato alla cultura vuole toccare criticamente l'argomento turismo in senso critico, ché riguarda così tanto il PIL nazionale, e l'immagine della città, la sua economia. Sono tollerati articoli, libri specializzati, che poi però coinvolgano solo una ristretta cerchia di persone, non un pubblico.

Nei confronti di un'opera esiste però anche la censura psicologica da parte dello spettatore, aiutata e sostenuta dai meccanismi del potere mediatico-economico.

"Essere moderni significa anche essere turisti", dice Azzurra al padre nel mio dramma.

E tutti noi vogliamo essere turisti e moderni e non vogliamo essere disturbati in questo procedere verso la presunta leggerezza, il 'divertimento'.

E tuttavia, un teatro che è censurato, o che si autocensura, un teatro che non riflette è un teatro destinato a morire, quanto meno per la sua insignificanza. Paradossalmente, annoia. Come annoia praticare certo turismo.

Uguale accade nel cinema, di cui ci scordiamo i titoli dei film appena usciti dalla sala cinematografica.

Ma qual è il problema?  Del teatro o del cinema 'impegnato' nessuno sente la mancanza. 

In questi tempi un attore come Volonté, (che tutti banalizzano col sintagma 'grande attore'), senza i 'padrini della cultura' dell'apparato, farebbe la fame.


Tante belle cose

Lievemente modificato rispetto al previsto, ma solo nelle date. Ospitiamo Massimo Smuraglia, si replica Carla Lonzi sono io! e finiamo april...