martedì 10 aprile 2018

Scrivere a mano è bello, è utile

Chi è stato mio allievo, o a scuola o a teatro, lo sa: invito tutti a scrivere a mano. Sì, anche a lezione di teatro, prendendo appunti, e disegnando anche.
Soprattutto in questi 'tempi allo smartphone', lo reputo obbligatorio.

Scrivere a mano costruisce la memoria e la concentrazione.
E' un esercizio fondamentale i cui vantaggi ho scoperto nel tempo.
Da ragazza, mancina, ero costretta ad apprendere a scrivere con la destra, e mi esercitavo; allora era proibito scrivere con la sinistra. Quanta fatica e sofferenza (risultato? sono ambidestra, ma solo nella scrittura, e col tempo la sinistra torna a riprendersi il suo posto ; insomma, sono rimasta mancina nonostante la coercizione...).
In Germania, da adolescente, dove mio padre mi mandò nell'illusione che potessi utilizzare il tedesco per i commerci del tessuto pratese, trascrissi una storia della Germania tutta in tedesco (un libro che trovai nella casa dove alloggiavo a Coblenza), col duplice intento di migliorare la lingua e una calligrafia ancora incerta. Con stupore mi resi conto che l'esercizio mi serviva soprattutto per la lingua parlata. Insomma, trascrivere il testo mi aiutava nella conversazione e nel ricordare il lessico! Fu una scoperta assoluta.
Poi fu l'incontro con l'austera e saggia professoressa di Filosofia Antica, Margherita Isnardi Parente, che obbligava gli studenti a consegnarle tesine scritte a mano, se non in bella calligrafia almeno leggibili, a chiarirmi le idee.
Allora (il personal computer era agli albori, ma le macchine per scrivere elettriche erano ovunque), all'Istituto di Filosofia a Roma di Villa Mirafiori in via Nomentana, era malvista da tutti, e la deridevano anche i colleghi. Lei non se ne curava. A me spiegò razionalmente quello che avevo intuito anni prima. La scrittura a mano aiuta a ragionare attentamente, aiuta la concentrazione, che è quello che ci vuole in filosofia. Non bisogna aver fretta nel buttare giù i propri pensieri, e nemmeno nel trascriverli, come invece induce a fare la tastiera. E' anche per questo che scrivere a mano aiuta la critica e la memoria. E' un esercizio, un investimento di tempo che frutta molto.

Un articolo pubblicato oggi su La Repubblica informa che il valore cognitivo della scrittura è argomento di un simposio all'Università di Pavia e diventa progetto concreto in altri centri culturali. Finalmente. 
Ora, mia cara maestra Margherita, nessuno ti deride più.



La bellezza e l’utilità dello scrivere a mano.

di Giuliano Aluffi
Scienziati d’accordo: rispetto alla tastiera la scrittura manuale fa apprendere meglio concentrare di più e ricordare a lungo

La scrittura manuale va salvata, per quanto superata possa apparire nell’era multimediale di WhatsApp, Instagram e YouTube, non solo per motivi storici o estetici, ma soprattutto perché aiuta a pensare e a ricordare, e quindi può renderci persone più attive e più capaci rispetto ai tastiera-dipendenti. A sottolinearlo è il simposio “Ri-Trascrizioni, la scrittura manuale tra storia, arte e neuroscienze”, in programma oggi all’Università di Pavia: nuova tappa di un progetto di esaltazione del valore cognitivo della scrittura già attivo in più città. «Ri-Trascrizioni - idea di Antonello Fresu, psichiatra e artista visivo – consiste nell’esporre in pubblico capolavori letterari perché tutti possano trascriverne a mano una parte» spiega Gabriella Bottini, docente di neuropsicologia all’Università di Pavia. «In questo momento in Sardegna, al museo della tonnara di Stintino, si sta ultimando la copia di Lo sa il tonno di Bacchelli. Alla casa della psicologia di Milano è in corso la copia di Uno, nessuno e centomila di Pirandello.
All’Università di Pavia lanciamo oggi la copia degli Esercizi di stile di Queneau». Difendere la scrittura manuale in tempi sempre più digitali non è una sterile concessione alla nostalgia, ma un vero e proprio favore che facciamo a noi stessi: «Scrivere a mano può essere vantaggioso per l’attenzione, la cognizione e la memoria» spiega Gabriella Bottini. «E lascia una traccia che ci aiuta a migliorarci: mentre l’editing al computer e il correttore automatico, fanno svanire nel nulla i nostri errori, come se non fossero mai esistiti.
Esponendoci al rischio di ripeterli». Carta e penna aiutano a ricordare. «Quando prendiamo appunti a mano durante una lezione, la lentezza dell’atto ci obbliga a selezionare molto» spiega Daniel Oppenheimer, docente di psicologia alla University of California e autore di diversi studi sul tema. «E questo è cruciale per fare propria la lezione, perché dobbiamo pensare a ciò che ascoltiamo, quanto basta per poterlo trascrivere con parole nostre».
Il computer ci rende più veloci ma anche più scervellati: «Diventa difficile resistere alla tentazione di trascrivere bovinamente tutto quello che dice il docente. Io stesso, se prendo note al computer, non posso fare a meno di trascrivere in maniera pressoché letterale» confessa Oppenheimer.
«Apprendere è faticoso, e il nostro cervello cerca scorciatoie ogni volta che può. Scrivere a mano ci toglie la scorciatoia della trascrizione senza pensieri».
«Vale anche per la trascrizione al computer di lezioni registrate in classe: la registrazione facilita il compito dello studente, ma nello sbobinare c’è una passività che stimola meno il cervello» spiega Gabriella Bottini. «Invece prendere appunti a mano è qualcosa di più attivo e coinvolgente, assomiglia di più a ciò che si chiama chuchotage, la traduzione in tempo reale che gli interpreti fanno bisbigliando all’orecchio di chi deve intendersi in lingue diverse.
Attività che costringe a una valutazione, seppure sommaria, di ciò che si vuole riportare». E poi c’è un altro aspetto importante ai fini della memoria: «Nello scrivere a mano, lo sguardo è puntato sulla mano che guida la penna sul foglio. La punta della penna è il luogo dove convergono sia l’atto motorio che quello visivo. Se scriviamo al computer, invece, la mano corre sulla tastiera ma lo sguardo è rivolto altrove, al monitor» sottolinea Bottini.
«Questa divergenza tra occhio e mano può penalizzare la memoria, perché diminuisce quella che nel gergo dei neurologi chiamiamo integrazione multisensoriale: se riusciamo a mettere insieme in una sola esperienza più stimoli di diverso tipo – visivi, uditivi, motori, tattili, olfattivi – allora i tempi di richiamo dei ricordi, e la loro qualità, possono essere migliori». Perché il ricordo avrà più “maniglie” per essere ripescato. Magari insieme a un bel voto.

1 commento:

Gianfelice D' Accolti gianfelicedaccolti@gmail.com ha detto...

Bellissimo articolo, grazie, e che condivido in toto; anche il mio personale processo mnemonico delle parti e di cio' che studio passa per la scrittura a mano, esercizio molto faticoso ma estremamente proficuo; intere parti, e anche monologhi di piu' di un'ora, rivissuti sulla carta tramite la penna, nera per il testo, rossa per le correzioni e verifiche. Un mondo affascinante, la memoria, una delle poche cose che ci aiutano a essere umani e civili. Toni Comello mi diceva che ricopiava interi canti di Dante e altro e che questa basilare banale imitazione non solo migliorava la comprensione di quei testi che copiava ma sorprendentemente gettava semi di idee nuove e di ri-pensamenti delle cose, e non solo della letteratura, ma anche delle proprie azioni. Grazie ancora, Maila.

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