venerdì 29 gennaio 2021

Il cattivo italiano del Ministro Franceschini

Il Ministro Franceschini cinguetta, a proposito del Festival di Sanremo, messo in discussione dalla pandemia:
"Il Teatro Ariston di #Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro @robersperanza il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile".
A parte le considerazioni politiche, e l'ipocrita ugualitarismo contenuto nel messaggio, voglio ora mettere in evidenza il cattivo italiano cinguettato dal Ministro.
La frase conclusiva del cinguettio, "Speriamo il prima possibile", contiene un sintagma non corretto: "prima" non è un avverbio di grado comparativo e non si può usare nella forma superlativa con l'articolo.
Il Ministro avrebbe potuto scrivere: Speriamo il più presto possibile. o semplicemente: Speriamo presto. O: Al più presto, al più presto possibile, più presto possibile, quanto prima, prima possibile...
So bene che ci sono problemi più gravi e urgenti, ma è importante che il Ministro della Cultura dimostri di conoscere la lingua di Dante e si esprima correttamente, così che possa almeno, se non gli artisti e i teatri, salvare l'italiano.

Pretendo troppo? Non pretende lui troppo da noi?

martedì 26 gennaio 2021

La Baracca in inverno, ovvero vivere e morire

Il Teatro Baracca in inverno. Resistiamo, ma è dura. Siamo senza lavoro. Senza prospettive. Senza aiuti. E' come se dovessimo cominciare tutto da capo, di nuovo. Con trenta anni in più, però. Magari saremo davvero bravi, e ce la faremo. Io ce la sto mettendo tutta, per ora sono in salute e testa. Scrivo tanto che mi sembra di vivere come Gérard De Nerval, una vita di parole, di non vivere o morire che di scrittura.

Ma comunque vada, a loro no, io non glielo perdono.


Foto di M.E.

lunedì 25 gennaio 2021

Una lotta senza fine

Ormai è lotta senza fine fra i devoti discendenti del tempo e gli accaniti abitatori degli spazi.

Dopo Bolano anche il caso Tintori


Questa è l'opera degli allievi del Tintori che sarebbe andata perduta nell'abbattimento del vecchio ospedale di Prato. Si intitola "Il dono della cintola".

Negli anni '90 era stata collocata nella lunetta di Porta Mercatale (si vede nel dipinto), e successivamente trasferita nel vecchio ospedale.

Dopo l'episodio del monumento di Federico II di Bolano, rabberciato in qualche modo dall'amministrazione comunale, ecco che arriva quest'altro disastro, che però sembrerebbe più difficilmente rimediabile.

Il Professor Centauro, leggendo l'articolo che riporto sotto, si chiede se la lunetta non sia per sempre perduta. Invece la Dott.ssa Isabella Lapi Ballerini, già Direttrice Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, dichiara più speranzosa:

“Quando ho appreso la notizia di ciò che era accaduto alla lunetta del Tintori,  la mia riflessione è stata che, vedendo la foto che la ritrae messa a terra, non è detto che essa sia andata distrutta. Anche perché se l’opera doveva essere demolita che senso avrebbe avuto il posizionarla per terra? Sono fiduciosa che la lunetta possa essere da qualche parte e che essa esca fuori magari in qualche modo con le forme e le maniere opportune. È vero che è stato alienato tutto al demolitore e probabilmente lui  ha acquistato quel diritto di demolire tutto ciò che riguarda infissi e finestre. L’opera potrebbe aver seguito le sorti degli infissi ma allora, proprio perché opera muraria, tanto valeva distruggerla dov’era. Penso piuttosto che si tratti di riannodare una vicenda e non pensare che l’opera sia data per persa.  Ci sono stati casi in passato di opere andate perdute e poi ritrovate. Ad esempio ricordo che nel 1993 la maschera funebre di Lorenzo il Magnifico andò smarrita, ma poi venne fuori all’improvviso. E quello fu un precedente illustre perché si trattava di un calco del volto, anche se da morto, dello statista fiorentino”. (1).

Comunque sia, se pure non distrutta, sembrerebbe perduta per la città di Prato. 


Aggiornamento del 27 gennaio. 

Mi auguro che allo stesso modo della lunetta finisca presto questa politica incapace di gestire il patrimonio culturale:

"Tutto nasce, a quanto risulta, da una email  inoltrata al Comune di Prato dall’Asl Toscana Centro, che non  sarebbe mai arrivata.

La Daf Costruzioni, ditta appaltatrice dei lavori per l’abbattimento del Misericordia e Dolce, nell’ottobre scorso inoltrò una email per sapere cosa fare della lunetta che era stata staccata dal muro e messa a terra in sicurezza. L’email venne poi  girata dai tecnici Asl responsabili del cantiere, agli uffici competenti per le relazioni esterne dell’azienda sanitaria. Dopo di che non accadde più nulla; da allora non risulta alcun inoltro al Comune, proprietario della casa-laboratorio Leonetto Tintori a Vainella.

Il 20 gennaio scorso la direttrice di Palazzo Pretorio, Rita Iacopino, scrive all’Asl per avere notizie dell’opera del Tintori  per l’allestimento di una mostra dedicata agli artisti pratesi, scoprendo, però, ben presto che,in assenza di comunicazioni (erano passati tre mesi!), la ditta aveva abbattuto insieme all’ex Rianimazione la lunetta." (2).


Aggiornamento del 28 gennaio. 


                                                                 La Nazione, Cronaca di Prato del 28-1-21

Aggiornamento bis del 28 gennaio. 

Il prof. Centauro, che ha sollevato il caso SCANDALOSO della distruzione della Lunetta Tintori, mi manda del materiale importante, necessario per ricostruire tutta la vicenda. Pubblico quindi gli articoli di domenica scorsa, 24 gennaio, apparsi su La Nazione, Cronaca di Prato, e due foto, in particolare un primo piano della stessa lunetta finita: e più la si guarda e più ci si chiede COME ABBIANO POTUTO DISTRUGGERLA.






Aggiornamento del 29 gennaio.

Pubblico due articoli apparsi oggi su La Nazione. Il primo è una lettere del decoratore Miani di Vernio, direttore dei lavori della lunetta e collaboratore di Tintori; l'altro riguarda un esposto della consigliera Garnier.





Aggiornamento del 30 gennaio.

Certo che è un oltraggio a Leonetto, e direi anche alla città.   La Nazione", Cronaca di Prato, oggi.



E ne scrive anche Il Tirreno.


Aggiornamento del 31 gennaio.

Pubblico oggi una lettera che ho ricevuto dal Prof. Centauro.

"Cara Maila,

Ritorno per una volta ancora sulla lunetta dimenticata. Forse avrei fatto bene a non sollevare il caso, ma alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni ritengo che il fatto in sé, oltre che grave e meritevole della massima attenzione, sia divenuto ancor più emblematico come specchio della vacuità pressoché assoluta che accompagna  lo stucchevole teatrino dello scaricabarile "del fare politica" nei modi che abbiamo letto fin dal primo annuncio della scomparsa della lunetta affrescata, ovvero una reazione mascherata, tipica dell'ipocrita recita del "politically correct" . Frasi di circostanza che suonano come un beffardo corollario a quella dolorosa perdita. Sentir dire "mi spiace", senza assumere il peso della vergogna a nome della città, non può bastare. Per di più quel rammarico formale è divenuto l'occasione per ricordare come  la mano pubblica aiuti con  denari propri (dei cittadini) il laboratorio per affresco  di Vainella prima vittima dell'oltraggio subito. Del resto lo stessa scuola che è di proprietà pubblica non esita a ricordare in primis come la lunetta non sia mai stata di sua proprietà, lasciando l'ipotetico cerino della colpa in mano all'USL Toscana Centro e all'impresa costruttrice che ha preso in carico la demolizione dell'ex nosocomio; soggetti questi ultimi che, di certo avranno  le loro colpe, e quindi le maggiori imputazioni per quella inconcepibile rottamazione, ma che, quantomeno hanno avuto fino a questo momento  il buon gusto di tacere. Per l'assurdità dell'episodio accaduto qualcuno immagina persino che dietro quella alienazione si celi piuttosto una sparizione artatamente concepita o quanto meno un'occasione colta in modo del tutto casuale e "incolpevole". Il tempo, forse, ci dirà come sono andate esattamente le cose. Resta viva la speranza che l'opera possa improvvisamente ritrovarsi, magari abbandonata in un campo vicino all'area recintata del cantiere. Personalmente non posso pensare che il grande patrimonio d'arte e di storia che si conserva all'interno dell'antico "Misericordia e Dolce" e nel Palazzo degli Spedalinghi sia trattato dall'ente lo detiene allo stesso  modo, anzi al contrario ritengo che sia  attentamente custodito, a dimostrazione di come la verità su quanto accaduto sia ancora molto al di là da riemergere. Il grande sfregio, in realtà, lo hanno ricevuto gli artisti e gli allievi che hanno lavorato venticinque anni fa per realizzare l'opera e, soprattutto - lo dico con grandissimo dolore - la memoria di Leonetto che mi pare sia stata duramente calpestata da negligenza, ignoranza e superficialità. E con tutti loro ha subito questo torto l'intera comunità pratese e  il mondo dell'arte tutto che una volta di più è stato chiamato a subire questa ennesima malversazione. Io, pure, sono offeso e frustrato per la mancanza di rispetto e la dannazione della memoria patita per quanto era stato prodotto in quegli anni. Per il sottoscritto,fin dal 1994 quando Leonetto mi chiese di dirigere la scuola e condividere con lui il progetto di aprirsi  con le opere degli allievi alla città per quello, poco o tanto che si sarebbe potuto fare per l'ambiente cittadino, seguendo il suo esempio di generoso donatore, senza nulla chiedere in cambio, senza nulla aspettarsi, animati dal solo desiderio di lasciare attraverso l'arte un autentico messaggio di solidarietà e bellezza alla città, un racconto poetico del quotidiano che solo l'arte che nasce con queste intenzioni può dare. Per questo la perdita che più sento in questo momento  è la distruzione di quel ritratto di Leonetto che, nella sua amata piazza Mercatale si mostrava come vigile custode del "fare arte". "


Aggiornamento del 6 febbraio.

Articolo uscito su Cultura Commestibile che riassume tutta la vicenda. Sotto in versione "word".

La lunetta indigesta

Giuseppe Alberto Centauro

Un piatto servito caldo per i palati sensibili dei  lettori di “CuCo”, purtroppo avvezzi anche ad assaggiare bocconi alquanto amari e indigesti come quello di cui trattiamo. Si tratta della vicenda, da poco ‘consumata’, giunta all’epilogo che non avremmo mai voluto toccare con mano, della lunetta affrescata della scuola di Tintori che, nell’indifferenza  generale, è andata demolita insieme al vecchio nosocomio di Prato. E’ una storia questa assurda, di quelle che lasciano cicatrici indelebili ben oltre i confini della città.  Ma, visto che ben presto la notizia uscirà dalla cronaca e che non è conosciuta dai più,  andiamo con ordine a conoscere più da vicino quanto è accaduto  in occasione dell’abbattimento, in pieno centro storico, delle mega strutture in cemento armato risalenti agli anni ’70 che stavano giustapposte all’antico ospedale “Misericordia e Dolce”. Insieme a quelle è andato ‘polverizzato’ anche l’affresco staccato della lunetta di Porta Mercatale che da venti anni si custodiva al suo interno. Nella fattispecie si tratta di un’opera pittorica realizzata negli anni ’90 del secolo scorso, legata indissolubilmente al nome di  Leonetto Tintori, figura di spicco dell’arte e del restauro del Novecento, e ai sui laboratori d’arte. Una perdita che appare oggi ancora più  grave per l’alto valore autografico del progetto che l’ha ispirata e testimoniale per quello che questa ha rappresentato in città.   Nel dettaglio, il casus belli riguarda una lunetta che era stata pensata come dono alla città di Prato per riempire il vuoto che si era generato dopo la perdita di antiche pitture dedicate alla Madonna e alla Sacra Cintola, poste nella lunetta della trecentesca Porta Mercatale. Si deve premettere che il Mercatale per i pratesi rappresenta l’essenza stessa della città, della sua più radicata vocazione e, in particolare, la sua porta turrita , a capo del ponte sul Bisenzio, è il simbolo del centro antico. Non a caso Agnolo Gaddi la rappresentò nel poetico racconto pittorico che ha accompagnato la decorazione della Cappella del Sacro Cingolo di Maria nel Duomo, ponendo la Porta  come icona della città nel segno di quella sacra reliquia. Appunto lo stretto rapporto della cintola mariana con Prato fu scelto come tema per la rappresentazione della scena che gli allievi del “Laboratorio per Affresco” di Tintori, sotto la guida del maestro Tintori e le mani esperte del pittore e docente della scuola Franco Milani, avevano proposto nell’ambito di un concorso pubblico  destinato a selezionare il prescelto tra 15 bozzetti, pubblicati in un catalogo edito per quell’evento. Un comitato scientifico costituito ad hoc e, soprattutto, la gente di Prato scelse tra quelli il soggetto proposto da Luca Paoli che lo realizzò a buon fresco, utilizzando come supporto un robusto incannicciato “a la piana” nella più nobile tradizione di quell’arte antica. La reinterpretazione moderna, in uso nel restauro, consisteva nell’assicurare la massima durabilità all’opera attraverso la modularità di assemblaggio assicurata alla struttura di grandi dimensioni e dalla cura in fase di montaggio utilizzando un telaio  metallico di cornice, così da movimentare in sicurezza l’intera composizione.  L’opera intitolata “Fuori Porta”, che fu installata nel marzo 1995, richiese un lavoro assai complesso ed impegnativo. La narrazione istoriata pittoricamente rivisitava quello che nell’immaginario collettivo era divenuto il connubio tra la Porta Mercatale e la preziosa reliquia,  che in realtà era approdata in città due secoli prima che si edificassero le mura della terza cerchia e la Porta sul Mercatale. Fu il mercante Michele Dagomari di ritorno dalle crociate a consegnarla alla città. Tuttavia alla gente piacque quella trasposizione spazio temporale e la semplicità del racconto sintetizzato nel gesto caritatevole del dono della reliquia da parte del mercante, che la pose nel cestello tenuto in mano dal prelato questuante durante il mercato. Per rendere omaggio a colui che aveva ispirato  questo progetto, l’artista volle ritrarre  il volto dello stesso Leonetto fra i personaggi che animavano la scena. La lunetta affrescata, che aveva ottenuto un nulla osta temporaneo per la sua collocazione sul monumento, quattro anni più tardi fu rimossa dalla parete dove stava ancorata e presa in carico dal nosocomio pratese nel reparto di rianimazione in omaggio all’allora novantenne Tintori che, a quel tempo, fu più di una volta ricoverato in cardiologia. Alla sua morte, il 2 luglio 2000, i pannelli affrescati sono rimasti in quella sede fino all’ottobre scorso, quando si cominciò l’abbattimento completo della struttura che li ospitava. Alienati  ai demolitori i tre grandi pannelli sono stati ‘rottamati’, oggi si dice per un difetto di comunicazione tra Azienda Usl Toscana centro e il Comune di Prato. Fatto sta che la perdita per la città, che niente sapeva di questo trambusto, è stata enorme, non solo per il valore in sé dell’affresco quanto per quello che rappresentava.

Adesso che l’opera non esiste più è doveroso anche ricordare che essa aveva un proprio valore intrinseco perché Leonetto, memore della stagione fiorentina degli stacchi degli affreschi nei chiostri di chiese e conventi, suggerì in maniera più che lungimirante che l’affresco potesse divenire anche un‘occasione di studio per valutare l’adozione di adeguati provvedimenti tecnici per la conservazione dei murali dislocati in ambiente esterno, fin dalla preparazione delle malte e la stesura dei colori. In sintesi il tristissimo epilogo  della storia è purtroppo emblematico anche per questo beffardo risvolto e suona come un monito.  Il Sindaco Matteo Biffoni si è detto dispiaciuto e ignaro dell’episodio perché nessuno gli aveva detto che tra le cose inventariate ci fosse anche questa lunetta che, altrimenti, si sarebbe potuta salvare.  [Da  “La Nazione” di Prato del 3 febbraio: “Si è trattato di una distrazione collettiva, intitoleremo a Tintori un vialetto” (sic!).]



(1) Prato: il giallo della scomparsa della lunetta affrescata | StampToscana

(2) https://www.stamptoscana.it/prato-e-stata-distrutta-la-lunetta-tintori-scomparsa/


Il fallimento della cultura in digitale


Vi darò una buona notizia, nonostante i disastri e le distruzioni quotidiane. 

A Prato abbattendo il vecchio (?) ospedale, in tempi di Covid! è andata distrutta o perduta un'opera di Leonetto Tintori e dei suoi allievi, così, senza pensarci! Veri Barbari Patentati!

Ma la notizia buona è questa: la cultura in digitale, così tanto strombazzata e finanziata, è fallita. Non la vuole nessuno. NON LA VEDE NESSUNO.

In teatro il fallimento è completo, inutilmente i teatri pubblici fanno pubblicità alle loro misere rappresentazioni con i nostri soldi, che nessuno guarda!; si salva per ovvi motivi solo un po' la produzione cinematografica. Ma tutto va molto stancamente anche da quelle parti!

C'è di che stare  un po' allegri, anche se abbiamo il peggiore Ministro della Cultura del Mondo: Franceschini.

Egli è ministro del suo Ego-Netflix e basta. Che fallirà, vivaddio! Anzi, è già fallito.

Quando la cultura riaprirà, Franceschini cadrà al suolo sfracellandosi politicamente come una pera troppo matura. Per questo non vuole che si riapra!

Non vediamo l'ora, tutti gli artisti, tutti tutti, diteglielo, anche quelli del suo partito chiamato piddì, non vedono l'ora di sbarazzarsi di questo pesante dannosissimo fardello.

Dobbiamo solo avere pazienza, e non soccombere a questi assassini della cultura, che ci hanno affamato, avvelenato e ridotto ai minimi termini, - incapaci di gestire una epidemia se non sfruttandola in modo economico e politico a proprio vantaggio- , con tutti i mezzi che abbiamo. E che usiamo e useremo, anche quelli più piccoli e insignificanti.

RESISTENZA!

Ci vediamo a teatro.



martedì 19 gennaio 2021

Se le navi sono in porto, che serve essere corsari?


Vedo tutti invecchiati. Un mondo di vecchi, anche giovani.

Stiamo invecchiando  rapidamente, è chiaro che stiamo diventando inabili, oltreché poveri.

Ci danno in pasto intrattenimenti vari, anche nei parlamenti si mettono in scena pseudo drammi e pseudo commedie diretti da servizi di stato o entità finanziarie.

La tastiera è la platea da cui agiamo felici per la schiavitù, perché ci dà l'illusione della regia. Ma è proprio da lì che siamo diretti.

Le aziende, di qualsiasi tipo, si stanno organizzando per farci passare più rapidamente possibile all'inabilità, e non come qualcuno potrebbe pensare, ad ammazzarci subito.

Ci devono prendere prima di tutto tutto senza incontrare ostacoli. Per questo ci hanno fornito di tastiera. Ci devono prendere, oltre ai soldi e ai beni materiali, pensiero immaginario e realtà.

A questo serve il vaccino, a immunizzarci per la malattia dell'alterità.

Per questo hanno chiuso cinema e teatri, per spengere l'immaginazione, per non creare altri spazi. Per non creare il buio. Serve la luce. 

Per questo ci impongono il coprifuoco. Basta sognare. Basta andare altrove con le nostre navi in mare aperto.

La nave deve restare in porto, e sopra ci vanno i finanzieri, a ispezionarla.

Dunque non serve la morte. La morte serve quando è strumento per la paralisi, nei suoi conteggi. Serve il bisogno l'assistenza la debolezza, l'impotenza. La mancanza di prospettive e di creatività. La vita al termine. La depressione. Anche a trent'anni, meglio.

Serve la puntura, come nella droga, che è atto di penetrazione, come atti sessuali brutali di dominio e sudditanza.

Chi nasce ora trova un mondo statico, putrefatto, inquinato e schiavo. Vaccinato e ottuso. Con le navi nel porto, in sequestro permanente.

Di notte mi sorge il dubbio che la fantascienza non sia stata un viatico per il viaggio verso questo presente-futuro, un po' come i gialli potrebbero essere stati resi popolari solo per  rendere il crimine passabile, anzi, eccitante ed egotico come la matematica e la soluzione di rebus.

C'è una letteratura insospettabile, e di conseguenza anche certa arte figurativa oltre all'immancabile cinema e alle sue succursali musicali, che potrebbe essere stata involontariamente complice del delitto ed aver contribuito alla nascita dello stato attuale del mondo.

Se le navi non vanno in mare aperto, a che serve essere corsari?


sabato 16 gennaio 2021

Gli attori uccidono il cinema

Copio un articolo di "Libero" sulla morte del cinema praticata dagli stessi protagonisti, che conferma quanto dico da tempo su questo diario; cinema che si vedeva nelle sale, pur negli ultimi scampoli,  fino a un anno fa prima della pandemia.  

La gente di spettacolo, gli attori di cinema sono i primi ma tutti gli altri seguono a ruota, corre verso la cassa digitale, senza pensarci troppo su e firma la propria fine. Inevitabile?

Intanto il nostro ministro alla distruzione della cultura, Franceschini, si è già mosso concretamente per creare il suo Netflix della Cultura - o quante belle figlie madama Doré! -, e presto ci sarà un grande calderone europeo, una "piattafornone" per tutti, dove artisti musei e quanto altro cuocerà ben bene con tanti ricchi premi e cotillons per chi vi parteciperà.

Ci vediamo a teatro!

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GI ATTORI UCCIDONO IL CINEMA

Da Leonardo DiCaprio in giù, i grandi interpreti si inchinano a internet. E i Festival sono sempre più in crisi

Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence in una delle prime immagini di «Don’t Look Up» di Adam McKay

■ La rivoluzione era già iniziata da tempo, ma la pandemia ha accellerato tutto. La migrazione degli attori e dei registi di Hollywood dal grande schermo a quello piccolo - pay tv, piattaforme streaming, ecc - era già abbondantemente in atto, pensiamo a miti come Martin Scorsese o Sophia Loren su Netflix o Paolo Sorrentino e Luca Guadagnino dietro la cinepresa per Sky. Oggi si può dire che a causa dei continui slittamenti della lavorazione dei film, delle uscite, le sale chiuse, i contagi, i divi abbiano fatto due conti. Con un pizzico di nostalgia, o magari no, abbandonano il cinema decretandone di fatto la morte, e si buttano in tv.

CHI RESISTE E CHI NO

Woody Allen ha già detto che la cosa lo fa inorridire, il Festival di Venezia resiste e lotta insieme a noi (ieri l’annuncio del regista di Parasite Bong Joon-ho nel ruolo di presidente di giuria), Cannes si sposta e forse si «gemella» con il Lido, Carlo Verdone promette che il suo nuovo lavoro si vedrà solo in sala, ma intanto i giochi sono fatti. Gente come Leonardo DiCaprio, Amy Adams, Benedict Cumberbatch, Meryl Streep, Kirsten Dunst approdano con i loro film su Netflix che per il 2021 annuncia un cartellone di ben 70 nuove opere, più di una la settimana. Tutti inedite, produzioni originali e nuovi acquisti, musical e film di azione, commedie romantiche e cartoni animati. Certo, il fascino della sala buia e dello schermo gigantesco sono impagabili per lo spettatore, che ormai sente la mancanza dei cinema tanto quanto quella dei ristoranti. Ma il mondo è cambiato.

Dunque ci sono Gal Gadot, Ryan Reynolds e Dwayne Johnson nel kolossal da 160 milioni di dollari Red Notice, che sarebbe dovuto uscire lo scorso giugno con Universal. Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio sono le star di Don’t Look Up di Adam McKay assieme ad Ariana Grande, Timothee Chalamet, Kid Cudi e Meryl Streep. Nel trailer diffuso in questi giorni, Leo e la Lawrence scendono da una portaerei: «Un messaggio neanche troppo sottile del prestigio conquistato da una piattaforma che fino a pochi anni fa veniva considerata marginale a Hollywood», ha commentato il New York Times. Dopo Ron Howard che ha diretto Elegia Americana, arriva un altro premio Oscar: debutta sulla piattaforma Jane Campion con The Power of the Dog (nel cast Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst). Lin-Manuel Miranda dirigerà il suo primo film, l'adattamento del musical tick, tick… Boom mentre Jay-Z collaborerà con Netflix per la prima volta producendo The Harder They Fall, un western con Idris Elba, Regina King e Zazie Beetz.

Alcuni film non hanno ancora una data di programmazione, ma a gennaio sono già disponibili alcuni titoli come The White Tiger e Malcolm & Marie con Zendaya e John David Washington.

NEMICI O SALVATORI

Se guardiamo la metamorforsi della Settima Arte da una prospettiva diversa, notiamo che se inizialmente le piattaforme tv erano viste come la minaccia più temuta alla sopravvivenza dell’industria del cinema, ora possono essere considerate salvifiche, alla luce della chiusura delle sale per il Covid. Pensiamo, ad esempio, all’acquisto di film finiti di altri studi che non avrebbero trovato sbocco nelle sale come Woman in the Window con Amy Adams e la regia di Joe Wright di Atonemen.

Sembra preistoria lo scossone che Martin Scorsese aveva creato scegliendo Netflix per The Irishman, film sui vecchi mafiosi. Oggi una decisione del genere è pura normalità.

venerdì 15 gennaio 2021

La repressione gentile della Dittatura Pandemica, ovvero #IOAPRO1501 versus #IOCHIUDO2122


Sopra un esempio di "repressione gentile" ai tempi della Dittatura Pandemica Piddìstelle. 

Naturalmente questa repressione, questo avviso di fare la lista dei "ristoratori irresponsabili", se non falso comunque molto credibile, di quelli del #IOAPRO1501, non può farsi per la cultura, dove non esistono i "culturanti irresponsabili", perché la repressione del sistema culturale, tutto, è stata già attuata rendendolo fintamente pubblico, quindi lottizzato e imbavagliato, e  l'operatore culturale, il funzionario nominato dal partito, l'artista l'intellettuale il professore o quanto altro, è già stato represso e messo a tacere. Chiuso. Sempre gentilmente, s'intende.  La tecnologia avanzata, svuotando sale cinematografiche e teatri, sta facendo e farà il resto.

L'hastag per la cultura è #IOCHIUDO2122.

Ci vediamo a teatro!


giovedì 14 gennaio 2021

Dove

 Ci vediamo a teatro!

Non piangiamo se cade il governo!

E dovremo piangere perché il Governo Conte è in crisi?

No davvero! E' quasi un anno che viviamo in pessime condizioni, senza poter lavorare, senza poter vivere decentemente la nostra vita, senza poterci muovere liberamente, ricevendo pochi spiccioli, ma da 6 mesi più nulla, quando invece abbiamo visto i soldi pubblici, per esempio delle sfondazioni culturali dati agli amici, sempre quelli! Roba da vomito!

Quando vediamo la cosa pubblica gestita da gente astuta, che utilizza la crisi sanitaria in funzione di mantenimento dello status quo e del potenziamento del potere in senso verticistico e asfissiante, che di democratico ha solo il guscio polveroso e stantio, dove si pensa solo a salvarsi il sedere!

Quando si utilizzano i morti e la loro conta strumentalmente!

Ben vengano le crisi e la caduta di un governo che di stelle non ne ha più, composto da un movimento che ha tradito come nessuno i propri elettori, che di sinistro ha solo la gestione macabra, che non ha saputo affrontare l'emergenza sanitaria se non con i divieti,  dopo aver distrutto il sistema sanitario (vedi gli ospedali buttati giù con le ruspe e la fretta con cui si è tentato di ricostruire spazi sanitari per accogliere i malati di covid eccetera), dopo aver creato un clima di sfascio sociale, economico, culturale, umano, e che tradisce ogni giorno la costituzione!

mercoledì 13 gennaio 2021

In Italia le proteste si fanno al ristorante

Dall'annuncio del Ministro Speranza si viene a sapere che i musei riaprono in "zona gialla". Cinema e teatri no. Continua l'assurdo quotidiano. E soprattutto la passività degli intellettuali, degli universitari, dei direttori dei santa santorum, degli "agenti della cultura", tutti zitti, passivi, acquiescenti. Oppure borbottanti sotto-traccia, e con gli occhiali scuri indosso.

Sembrano molto più avanti i ristoratori, molti dei quali, a dispetto dei "Divieti di Speranza", riapriranno, in sicurezza, a partire dal 15 gennaio.

In Italia le proteste non si fanno più all'università, ma al ristorante.


martedì 12 gennaio 2021

Vi presento Cesira

Vi presento Cesira, la picciona che abbiamo addomesticato. Anzi, che ci ha addomesticato.

Una picciona solitaria in cerca di compagnia, oltre che di cibo naturalmente, che non si accoppia; che tenta, come si nota nella foto, in tutti i modi di entrare in casa.

Non glielo permettiamo, ma ogni tanto, basta lasciare la porta aperta del terrazzo, lei entra furtiva.

Capisce alcune parole o frasi, del tipo: - Forza, Cesira, esci di casa!". Lei obbedisce.  Per farsi notare, a volte, svolazza più volte davanti alle finestre chiuse.

Qualcuno dei vicini sostiene che è un'anima. Boh. 

E' sicuramente una picciona simpatica e attenta. Se mi vede sul terrazzo, mi vola incontro, quasi addosso.

Credo di aver preso da mia madre, una specialista in materia, la capacità che ho di comunicare con gli animali. Anche lei si intrattiene con Cesira; anzi me l'ha presentata lei.



domenica 10 gennaio 2021

Aggiornamento sulle firme per il Museo Etrusco a Prato

 


Naturalmente sono consapevole che le piattaforme come Change o altro sono quello che sono, magari non così efficaci (ma cos'è adesso, "efficace"?), oltre a raccogliere e usare i nostri dati: e tuttavia le firme per il Museo Etrusco a Prato sono 1383, non sono poche e sono cresciute dall'ultima Camminata per Gonfienti, quella del 18 ottobre scorso (riuscitissima, a dispetto delle premesse e qualche freno), e nonostante gli argomenti culturali siano andati tutti in cantina, sovrastati dall'Argomento Unico Quotidiano (AUQ!), ormai è quasi un anno, che ne siamo totalmente infestati e resi ottusi.

L'obbiettivo è raggiungere 1500 firme, e poi vedremo che farne. Certamente spedirle alle autorità, ma loro già ne sono informate, perché ne seguono l'evoluzione con assiduità e, se non con interesse, qualcuna di loro senz'altro con fastidio.

http://chng.it/46CJky9B

martedì 5 gennaio 2021

Parchi Nucleari, il nuovo "green".

Presto in tutta Italia la novità del Parchi Nucleari, il nuovo "Green" ufficiale del Governo PD-5Stelle, chiamati  Deposito Nazionale, dove verranno stoccati i rifiuti nucleari. Del trattamento si occuperà la società Sogin.

I rifiuti saranno dislocati in varie regioni: la Basilicata (vaste aree fra Bari e Matera, nella zona delle Murge) è la più colpita, insieme al Piemonte, la Sardegna; la Maremma di Toscana e Lazio tutta infestata. (Compresa Pienza, sito Unesco).

Si può visitare il sito della società Sogin, che scrive:

"Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove saranno messi in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall'esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.

Il Deposito Nazionale sarà costituito dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e da quelle per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi ad alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico di profondità, idoneo alla loro sistemazione definitiva".

Il sito della Sogin è farraginoso nella consultazione:

Deposito Nazionale: Scriviamo insieme un futuro più sicuro per Italia

Più facilmente si possono trovare informazioni altrove:

Svelata la mappa dei luoghi candidati a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari, c'è anche la Toscana - Il Tirreno (gelocal.it)

Rifiuti radioattivi in Italia, individuate le 67 aree idonee allo stoccaggio in sette Regioni LA MAPPA (msn.com).


domenica 3 gennaio 2021

Domande intorno alle misure di confinamento

La quarantena, il distanziamento sociale, l’obbligo di mascherina all’aperto, la chiusura dei confini nazionali, il divieto di passeggiata, il coprifuoco notturno… sono misure sanitarie? Lo sono tutte allo stesso modo?  O riguardano campi differenti? 

Quali concezioni del mondo e quali letture della realtà muovono queste “pratiche mediche”?

Dobbiamo accettare incondizionatamente l’autorità degli esperti?

Lavorare sempre da casa sfrutta meglio la forza-lavoro?

L'occasione delle misure di confinamento sono usate per estendere le tecnologie di sorveglianza? 

Ci troviamo immersi in una nuova forma di colonizzazione?

Sono aumentati gli abusi sessuali e lo sfruttamento occulto della donna nelle azioni di cura quotidiana?

Con la scusa della protezione i vecchi vengono segregati? Con ciò si pratica il "rinnovamento" della società?

Con la tendenza a eliminare la memoria passata dei singoli per buttarla nel calderone di Internet, si sta scrivendo un'altra Storia o si cancella, ancora e sempre, la vita dei singoli?

Con la tendenza a usare la tecnologia per orientarci nel mondo e osservarlo, è meno nostro e meno praticabile? La Geografia è una "materia passata" e risibile?

Per camminare, semplicemente camminare in "sicurezza", avremo bisogno di guide elettroniche?

E' fine assoluta o temporanea dell'arte?: ci è stata tolta la possibilità di rappresentare e osservare il mondo liberamente, senza mediazione, e quindi di poterlo rifondare e porlo in discussione autonomamente?  La musica è in "mute"?

La bellezza è  consegnata alla materia scarnificata dell'immagine digitale?

Il sapere sarà solo quello elettronico?


sabato 2 gennaio 2021

Per non dimenticare: Gonfienti, metti una sera un viaggiatore...

Era la primavera del 2019. Eravamo alla ricerca del nostro termopolio...
Qui nella Prato Etrusca non è stato trovato, come invece a Pompei (etrusca anch'essa, com'è ormai noto...). 

Qui si scava solo per mettere plinti di calcestruzzo.


La necessità dell'arte

 La necessità dell'arte sta nella sua non-necessità.

Quarta replica de "Ti mando ai celestini"

  La Nazione, oggi. Una delle poche volte in cui pubblica la locandina dello spettacolo. Anzi, nel mio caso, è la prima volta in assoluto. P...