martedì 29 giugno 2021

4 gatti per 4 cani, laboratorio e prossimi spettacoli


Non svelo più di tanto della Baracca per il prossimo autunno, e annuncio soltanto:

1.  repliche di Non ci capiamo, Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini, che prevediamo fra settembre e novembre prossimo;

2. lo spettacolo degli allievi di teatro, ossia Killer, la gustosa commedia di Aldo Nicolaj, che andrà in scena il primo fine settimana di ottobre;

3. il prossimo laboratorio teatrale, che sarà finalizzato alla messa in scena di una commedia, 4 gatti per 4 cani, di cui intanto metto la  locandina disegnata da Raffello D'Accolti.

Per il laboratorio teatrale ci si può già iscrivere; le informazioni si chiedono solo via mail, a teatrolabaracca@gmail.com. Si parte a ottobre, virus permettendo. Pochi i posti disponibili.

Il resto, se ci sarà, lo annuncerò solo sul momento o poco prima.


P.s.  Scrivo qui alcune date dei prossimi spettacoli, ma non quelle fuori Prato. L'orario è alle 21,30. Domani sera sono con Gatta al lardo (proverbi) al circolo Arci di Vergaio; l'ingresso è gratuito; il 6 luglio con Gianfelice replichiamo La Cervelliera a Palazzo Buonamici a Prato (ovvio, il giorno in cui probabilmente giocherà l'Italia agli Europei), sempre con ingresso libero. Il 9 luglio sono al Pereto della Baracca con l'ennesima replica de L'amore è un brodo di capperi. Qui si paga, pochino, ma sono rimasti solo 3-4 posti liberi; i capperi garbano.

Malaparte, carteggio d'amore e documenti inediti che il Comune di Prato s'è lasciato sfuggire

Il Comune di Prato s'è lasciato sfuggire un piccolo tesoretto di lettere e altri documenti che Malaparte ha scritto e donato all'amante di origine franco-guatemalteca Loula Dombré; l'ha venduto Finarte e comprato la Biblioteca di Roma per la modica cifra di 16 mila euro.

Il carteggio, e non solo, è inedito.

Prato, direbbero a Roma, "ariconsolate co' l'ajetto.


Dal sito di Arsvalue:

Ci sono figure che ogni tanto sbucano fuori dalla storia, e assurgono in breve al palcoscenico della Storia. A volte per meriti propri, altre volte per essere state l’altra faccia di grandi personalità. Figure che illuminano con la loro presenza sé stesse e i personaggi che le hanno avute al fianco. Ci sono stati intellettuali che avremmo potuto conoscere meglio se avessimo letto cosa scrivevano, nell’intimità, alle persone che hanno davvero accompagnato le loro vite. Non figure subalterne, ma il vero e profondo completamento spirituale di certe complesse personalità.

Tutto questo per sottolineare come in questo carteggio INEDITO si racconti la storia di un uomo e una donna, Loula (Loula Dombré, splendida signora franco-guatemalteca, moglie di un importante albergatore di Capri da cui ero stato ospite Malaparte) e Curzio, sullo sfondo di un’Italia difficile, terribile ma anche tremendamente vera. Una storia che in pochi conoscono perché gelosamente serbata tra le righe di questa copiosa corrispondenza, una storia che però ben conoscevano i loro amici, ma che forse in pochi immaginavano così ricca e profonda. 

Una storia d’amore, certamente, ma è riduttivo etichettarla così: Loula e Curzio sono legati sin dal primo istante in cui si conoscono da una “celeste corrispondenza d’amorosi sensi”, un’unione così intima che ben si comprende come Curzio non volesse metterla a parte di altri. Tra queste righe c’è tutto Malaparte, il suo fervore, la sua rabbia, la sua delusione, i suoi slanci, le sue passioni, tutto il suo universo così complesso e problematico sciolto però nella limpida prosa epistolare, che tende sempre a cogliere l’attimo, a fissare l’emozione del momento in forma di brevi e icastiche asserzioni. Loula è il suo alter-ego, è lo specchio in cui Curzio vuole e anela rispecchiarsi, per capire sé stesso e il mondo che lo circonda. E anche quando passa in rassegna stancamente la vita mondana della sua Capri, Curzio non smette di stupirci e di raccontare di sé nei corpi altrui.

E’ difficile, direi impossibile, sintetizzare le 82 lettere manoscritte e dattiloscritte che compongono questo epistolario, un totale di circa 120 pagine che si snodano tra gli inizi del 1943 sino all’aprile del 1957: quindici anni vissuti davvero intensamente, sia per Curzio che per Loula, e direi per l’Italia intera, che qui affiora nitida e vivida.

Alcuni stralci come rapide vedute a volo d’uccello. 

C’è una lettera strappata, dattiloscritta su carta blu, di cui resta appena una pagina e mezzo, ma dove si legge: “Un giorno si saprà quel che abbiamo fatto, e vorrò vedere il muso di quei vigliacchi di Capri! La prego, anzi, le impongo, di bruciar subito questa lettera. La guerra è virtualmente finita, ma non è finita. Mi obbedisca cara Loula. Ho fatto forse male a scriverle ciò. Mi obbedisca, almeno, se vuol darmi una prova di affetto. Sappia, insomma, che gli americani sono andati su tutte le furie, quando hanno saputo che mi avevano arrestato [seguono parti cancellate]. Ciò non significa che io in avvenire non avrò noie: tenteranno di darmi noia ancora. Ma mi potrò difendere, e poi, fra un anno al massimo tutto questo sistema di arresti, di processi, etc. finirà e allora…” Di sei pagine ne restano appena tre scarse, Loula non obbedì (per nostra fortuna) all’ordine di bruciarla e così ci rimane traccia di questo delicato momento nella vita di Malaparte. Siamo senz’altro nel 1943 a ridosso dell’arresto romano, e sono anni davvero difficili. In un’altra lettera del 23 giugno (presumibilmente del 1946), consegna a Loula per il tramite di una comune amica “un pacchetto con dentro una volpe argentata e una volpe platinata. (….) Non so come andranno a finire le mie cose. Debbo aspettarmi tutte le violenze e tutte le ingiustizie possibili, specie dopo gli ultimi cambiamenti. E penso sia meglio provvedere, prendere le necessarie precauzioni. Se mi capitasse una disgrazia, dovrei pensare all’avvocato per la mia difesa. E ci vuole un grande avvocato. Ma un grande avvocato, oggi, non accetta se non ha un grosso anticipo. Cento o centocinquanta mila lire. Puoi tentare di vendere le mie volpi? Il prezzo è alto ma di tutte e due mi accontenterei di 150.000 lire. (…).

Ma poi la guerra finisce, e il segno della ritrovata “normalità” è la voglia di ballare. Lunedì 9 agosto 1948: “Cara Loula e caro Willy…Edda balla tutte le sere, in mezzo a una piccola corte di principi romani collaboratori, che ballano in camicia di seta nera, cinturone d’oro, e calzoni bianchi, come ai tempi passati. Il fascismo diventato snobismo. Chi lo avrebbe mai immaginato!” L’Edda menzionata è ovviamente Edda Ciano, di casa a Capri. La Capri che descrive è uno scrigno di contraddizioni, tra ex fascisti, collaborazionisti, irriducibili, viveur italiani e stranieri etc. E la normalità ritrovata è anche un vecchio Camus così descritto: (23 febbraio 1950), “Camus è sempre più vecchietto, ripete le cose ogni cinque minuti, ripete le stesse domande cento volte, e annoia tutti, perché non sa star zitto, e allora parla a vanvera, con quel cretino spirito mondano che a me dà sui nervi maledettamente. E’ una specie di Ivancich in calzoni. Non se ne vuole andare, e me lo terrò fino a Natale! Ma in fondo è un brav’uomo, e mi vuol bene. Ho capito che cos’è: è un pique-assiette. Sta qui perché così risparmia. E in fondo non ha che la pensione, per vivere. (…)” Camus definito un simpatico e onesto “scroccone” è davvero il massimo!

Oltre alla corrispondenza, il lotto è arricchito da diversi telegrammi, cartoline, tre belle fotografie con dedica, articoli e ritagli vari di giornale ma soprattutto tre dattiloscritti, due quali inediti. A tutto questo si aggiungono ben 12 volumi di Malaparte, quasi sempre prime edizioni, 7 dei quali recanti sentite dediche.

Un insieme che emoziona, non solo per chi ha passione per lo scrittore Malaparte ma direi per la capacità che ha di illuminare - con una forza espressiva unica – alcuni degli anni chiave della nostra Italia passata.
Laprade Dombré, Loula - Malaparte, Curzio - Corrispondenza, dattiloscritti, cartoline, foto, telegrammi | Finarte | ArsValue.comù


https://isoladicapriportal.com/curzio-malaparte-e-loula-dombre-la-storia-e-lamore/

venerdì 18 giugno 2021

Scavo Pasolini-Lonzi



Ha debuttato "Non ci capiamo", Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini.
Un dialogo impossibile - i due non si sono mai conosciuti - e diverso. Anche se si tratta di un'opera teatrale vera e propria.

Diverso perché, in ambito estivo, quando le programmazioni sono tutte per la leggerezza e il divertimento o il finto-engagé (ma ormai anche quelle invernali perché si deve far numero, per cassa e  consenso), questo sposta completamente l'asse verso un teatro di significato, che non vuole di-vertire, ma stare nelle cose, nel presente e in questo passato, così vicino - gli anni '70 in questo caso -  ma lontanissimo ormai. 

Scrivendo il testo, - ho studiato come per le mie tesi di laurea e soprattutto Lonzi, perché lui,  Pasolini lo studio dagli anni dell'università senza soluzione di continuità,-  ho praticato ancora una volta la mia solita passione-necessità per l'archeologia: ogni materia per me è tale, e so di farvi ridere dicendo che faccio teatro archeologico, e anche quello comico lo è, come L'amore è un brodo di capperi o La cervelliera,  ma è archeologia anche in questi casi, psicologica.  

Ormai pratico solo scavi.  Ma i reperti sono vivi! 

Paziente, Gianfelice, a mandare a memoria un testo difficile, oltreché bravissimo a interpretare Pasolini, così diverso da lui fisicamente.

Pasolini non può essere imitato, nemmeno da uno che fosse il suo sosia, può essere solo interpretato o alluso. Per questo ogni attore che lo ha fatto al cinema ha fallito, anche se gli somigliava.  In teatro, se l'attore è bravo, invece può farcela. Il cinema ci inchioda sempre alla realtà, e un personaggio come lui così ben documentato, così presente, non è possibile imitarlo. E' così forte la parola il gesto, tutto di Pasolini, che schiaccia ogni tentativo di mimesi.

Sono contenta di questo scavo. Ha consegnato reperti - vivi!- importanti, che metto nel mio museo, mio sì ma poi di tutti.

E nulla, non le folle alla Dario Fo (cito Pasolini che lo detestava), o i teatri paludati con i giochi di luce (che Pasolini e Lonzi detestavano) mi renderebbero più ricca o felice.

mercoledì 16 giugno 2021

Non ci capiamo, il debutto




Giovedì 17 giugno ore 21, debutto di "Non ci capiamo", Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini, al Teatro La Baracca.

Nasce la Fondazione Bolano

Nasce la Fondazione Italo Bolano. Un “ponte d’Arte” tra l’atelier-casa museo di Prato e l’Open Air Museum (San Martino – Portoferraio).

Giuseppe Alberto Centauro

Chi ha amato ed apprezzato l’arte pittorica e ceramica di Italo Bolano, la sua inarrivabile tavolozza fatta di blu, di colori scuri a contrasto con strisciate di luci di lontane marine, di bagliori di tempeste come di rasserenanti e quieti  azzurri che odorano di mare prima ancora di abbacinare gli occhi di risplendenti policromie, non dovrà più solo ripensare a tutta questa bellezza come un bel ricordo del passato, morto con la scomparsa dell’uomo. Chi ha nel cuore quel racconto poetico e struggente del mare che l’artista nella sua vita non ha mai smesso di farci conoscere e di dipingere in tutte le forme possibili avrà modo di sentire ancor vivo e presente questo mondo partecipando alla rigenerazione del primo “visionario” progetto che Italo stesso ha lasciato in eredità a tutti noi nel suo “giardino segreto” elbano, un luogo magico di studio e meditazione che prendeva il nome di dell’International Art Center. La “Fondazione Italo Bolano ETS”, nata pochi giorni fa, grazie al profondissimo e devoto amore di Alessandra Ribaldone, sua compagna in vita e musa ispiratrice di tanta parte del suo inesauribile lavoro, si è posta come ambizioso obiettivo  quello di  garantire in modo permanente la sopravvivenza e la valorizzazione delle opere che l’artista elbano ci ha trasmesso ovunque abbia lavorato e di quello speciale enclave di sculture all’aperto. Del resto, Italo Bolano si è impegnato con tutte le sue forze a restituire bellezza e coraggio nel perseguire l’idea di un mondo che con la poesia e l’arte potesse trovare una perfetta sintonia con la natura idealizzando la sua amata isola d’Elba.  In particolare, Bolano ha gettato attraverso il messaggio della sua Arte, un “ponte” tra Prato, eletta come sede pulsante del suo pensiero critico di didatta e di uomo di cultura, e l’Elba, quale fonte inesauribile d’ispirazione. Adesso la Fondazione che si è costituita darà l’occasione per tutti coloro che hanno condiviso con lui i valori etici e la profonda spiritualità del suo messaggio di concorrere concretamente a valorizzare la sua opera, custodirla e diffonderla agli altri. Se Bolano – mutuando quello che ci ha testimoniato il suo caro amico Mario Luzi – “non ha mai cessato di parlare della sua isola, dell’Elba, dalla quale, per quanto il lavoro artistico e l’insegnamento lo tenessero a lungo lontano  non è riuscito a staccarsi neppure fisicamente, anzi neppure logicamente, dal suo laboratorio elbano” (quell’”Open Air Museum” dal quale tutto nasce), in tal modo potremo noi altri farlo nel ricordarlo in futuro così da riapprendere dalla sua Arte  il senso vero della vita, dai suoi concetti “senza fare a meno di quella risorsa generosa per il senso, per il respiro, per la lucentezza accesa delle impressioni, per lo spazio dove si profilano e si dispiegano i piani.” Toccherà per questo alla nascitura Fondazione e ai suoi futuri amici, magari ripartendo proprio da Prato, sua città d’adozione, e dall’Elba insieme sostenere questo progetto. In particolare, potremo (dall’art. 3 dello Statuto) “gestire, tutelare e incrementare le opere realizzate dall’artista sull’Isola d’Elba e fuori di essa, nonché diffondere la conoscenza dell’artista stesso, diffondere la conoscenza dell’Arte in particolar modo tra i giovani e gli ospiti dell’Isola anche creando una collaborazione tra le varie forze culturali, economiche e imprenditoriali presenti sul territorio”. Tra gli scopi della fondazione vi è anche l'apertura dell'atelier pratese di Bolano in Via Frà Bartolomeo, per realizzare un luogo di incontro destinato agli artisti pratesi e in particolare ai giovani emergenti. Non appena concluso l'iter regionale per la convalida, daremo informazioni su come partecipare. La Fondazione Bolano è infatti aperta a tutti.

Italo Bolano a San Martino, Portoferraio

Monumento a Mario Luzi a San Martino

martedì 15 giugno 2021

Il pedone che prende il potere

Torno a casa, sono andata in città con la bici, e sono miracolata. Mi sento così.

Macchine ovunque. Anche sulle ciclabili - quei tratti che ci sono e già fatiscenti - buone per il  parcheggio.

Se fossi andata a piedi non sarebbe andata meglio. Forse avrei ingerito più smog.

Senza contare che come ogni volta ho rischiato, non solo la pelle, ma che mi rubassero la bici.

Propongo una rivoluzione, che si può fare in qualsiasi momento: l'uomo a piedi o in bici sferra un attacco all'automobile e riprende il potere.

E però, pur così vilia, questa rivoluzione non la vuole quasi nessuno.

Senza contare poi che non sarebbe affatto incruenta; anzi, potrebbe essere la rivoluzione più feroce della Storia.

La memoria è un ostacolo

Dato che faccio teatro, uno degli aspetti dell'archeologico-culturale in quanto travolto dalla modernità elettronica , normale che mi occupi di archeologia. Di passato. 

Anzi, posso dire ai quattro venti che io mi occupo solo di passato. Per questo sono fuori, essenza aliena.

E per questo ho notato: nessuna gitarella agli scavi è stata organizzata per la prossima caldissima estate, tutto messo sotto silenzio. Del museo poi, non ne parliamo. Che barba, che noia. Che soprintendenza. E soprattutto che fastidio, visto che deve essere spostato altrove, 'sto museo. Cancelliamo cancelliamo. Ce ne abbiamo così tanti di musei, chi li andrà a vedere tutti visto che tutti sono occupati a guardare le proprie tavolette? 

Su, basta con le materie archeologiche, tutto si declini al contemporaneo!

Il passato scompare proprio come concetto, come abitudine. Non è un caso che ci fanno ammalare di Alzheimer. Perché, voi pensavate che venisse così, la malattia?

La memoria stessa viene triturata dal continuo andare e venire delle notizie, degli eventi, del mercato.

La memoria è un ostacolo ai flussi del mondo e in qualche modo va cancellata.

Io per tempo sono stata travolta. Annientata. Per il fatto stesso che mi impiccio di passato, e che non vado al passo coi tempi.

E voi siete pronti a essere travolti?

martedì 8 giugno 2021

Non ci capiamo

Lo spettacolo Non ci capiamo, dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pasolini, è il prossimo alla Baracca. Dal 17 al 20 giugno, ore 21 festivo ore 18.

La prenotazione è obbligatoria.

Ingresso 13 euro.

domenica 6 giugno 2021

Sono il Partito. E sono qui.

Sono il Partito. E sono qui.

Il Partito sa e può.

La mia occupazione s'è fatta più precisa e scientifica a causa delle cosiddetta Malattia. Gestisco la Malattia. Nessun altro la può gestire.

Chi non frequenta i miei centri per la Malattia è sospetto. Di più, chi è sano è sospetto, non è amico.

Il potere del Partito è ancora più forte e certo.  Anche gli orti sociali sono gestiti dal Partito. E al partito vengono dati in concessione pezzi di verde pubblico.

I centri culturali sono tutti miei. Nessun altro li può gestire. Ogni spazio non gestito è alieno, nemico. O ridicolo.

Tutto quello che è fonte di reddito certo è gestito da me, il Partito.

Tutto quello che è culturale è gestito da me, dal Partito.

Qualcuno dice che è una dittatura, ma se non va bene a tutti, certamente va bene a molti. Anche all'Opposizione.

venerdì 4 giugno 2021

Calvana: le antenne al posto del Monumento al Vento di Karavan



E' morto lo scultore Dani Karavan. A Prato si sarebbe dovuta costruire, sulla Calvana, il suo Monumento al Vento. L'idea era degli anni '90, ma se ne parlò molto durante l'era del Sindaco Cenni, or sono dieci anni fa. 

Certo, a vederla da distante,  si può dire che sarebbe stato preferibile un Monumento al Vento che il groviglio di antenne che ancora stanno là come mostri inavvicinabili in località Poggio Castiglioni, e con la nostra complicità, perché tutti ce ne serviamo per gli  apparecchi elettronici! 

L'antenna unica che dovrebbe sostituire la selva ferraglia sembra un miraggio...

Ma sarebbero poi scomparse le antenne per far posto al Monumento?  I comitati non lo volevano perché temevano la speculazione edilizia, qualcuno ricorda, ma è evidente che, morti i comitati,  siamo rimasti imbrigliati in ben altra speculazione, lassù.

E poi oggi, davanti a questa eventità-propaganda della cultura, - cultura fuggevole vuota divertevole vacua narcisistica e strumentale,  - non sarebbe stato male avere sotto gli occhi e per le orecchie (il monumento doveva risuonare al vento) qualcosa di concreto e temibile, di cui non essere complici.

Pubblico di seguito un articolo sull'argomento del Prof. Centauro. Anche la foto del progetto del monumento è sua.

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Poggio Castiglioni e la torre al vento di Dani Karavan. “Omaggio alla Tramontana” per la pace nel mondo

Giuseppe A. Centauro

Narra la leggenda che solo dall’alto di 150 piedi, apotema di un basamento geometrico posto in un recondito santuario della natura, il tintinnio di campane bronzee mosse dal vento fosse in grado di diffondere a grande distanza un’armonia così ammaliante da chiamare a raccolta le genti. Idealizzata dal primo mitico monumento al vento che la storia ricordi, questa fu l’invenzione che nei secoli segnò la via nell’innalzare i campanili a fianco delle basiliche, i minareti delle moschee. Quello che durante il solstizio d’estate – come ricorda Erodoto - riecheggiava nella piana di Dodona con il soffio della tramontana era l’oracolo di Zeus e della Dea Madre, custodi supremi dei luoghi e dei destini dei popoli. Le “fabulae Etruscae”, raccontante da Plinio il Vecchio, ci dicono anche che la piramide che reggeva quelle campane era così alta che folle era parsa la pazzia del suo costruttore per procurarsi gloria con un tale dispendio di risorse. Nessuna utilità, infatti, avrebbero portato quei suoni alla comunità se non la fama al suo artefice pervicacemente convinto che i suoni del vento così amplificati avrebbero risvegliato negli uomini il coraggio di una pace perduta, affievolito da carestie e da guerre fratricide.  L’ideatore della torre sonora era dunque un mago che aveva percepito prima degli altri il verbo di una riconciliazione tra gli uomini che l’oracolo sommessamente gli andava sussurrando nel fruscio della brezza tra le spighe e le ginestre dei campi sopra il poggio. Non è un caso che il luogo prescelto dall’artista che negli Anni 90 immaginò un nuovo monumento al vento fosse proprio quel Poggio Castiglioni che, nell’ampia spianata cacuminale protesa come un’unghia sulla piana, segnava il santuario ricercato. Quel genio militante dell’arte era Dani Karavan, il più grande degli artisti contemporanei d’Israele. Un uomo che si è speso per la pace nel mondo, che ha atteso a lungo, oltre trent’anni fino alla morte, di vedere realizzato quell’audace suo sogno per lanciare da Prato il suo speciale messaggio in un luogo da sempre battuto dai venti che ora lo spazzano ora l’acquietano, che, soprattutto nei giorni di tramontana, parla ai pratesi così come l’atavico oracolo sonoro faceva. Di quel progetto, mai realizzato, rimane oggi il significato profondo di un’intuizione folgorante che ha saputo cogliere l’energia promanata da quell’ambiente trasferendola in una scultura altamente simbolica, modellata con una rigorosa costruzione geometrica sulla scorta di precise annotazioni astronomiche che l’alta torre, quasi fosse lo gnomone di una meridiana, andava a disegnare a terra in un tracciato solare nei mesi tra i due solstizi, d’inverno e d’estate, esprimendo il senso della vita che continua e si rigenera nel tempo oltre la morte. Quel “Monumento al vento” non è stato innalzato, tuttavia resta inalterata la pregnanza di un luogo di grande valore storico, archeo-antropologico e scientifico per quei primordiali fenomeni carsici che lo contraddistinguono, per la presenza di antichissimi terrazzamenti, muraglie, canalizzazioni e tracciati viari pensili che ne esaltano le speciali peculiarità geomorfologiche e naturalistiche. Il luogo, oggi mortificato dalla presenza di una selva di antenne, conserva però la bellezza arcaica propria dei Monti della Calvana. Ancora oggi il sedime di oltre un ettaro, di proprietà del Comune di Prato, dove doveva sorgere la torre, è un sito unico, esso stesso monumento, per attrezzarvi una terrazza panoramica sulla piana, la più bella della collina, al vertice di percorsi di grande interesse escursionistico, che s’inerpicano dritti alle pendici del monte. Il recupero di una tale risorsa ambientale potrebbe essere anche il modo migliore per onorare la memoria di Dani Karavan e salvare così il significato profondo del suo progetto quale “Omaggio alla Tramontana”.

Io Malaparto: Gli assassini dell'amore

Caro Malaparte, è un po' di tempo che non ti scrivo. Che non ti scrivo qui, perché tu sai che io ti scrivo spesso segretamente. Come con...