venerdì 30 luglio 2021

E se il vaccino non impedisce il contagio?

E se il vaccino non impedisce il contagio (come ha detto in una intervista Fauci, immunologo statunitense), e secondo altri invece sviluppa varianti (come ha sostenuto Garavelli, primario di Malattie Infettive di Novare e anche altri) e se comunque ancora nulla al riguardo è stato stabilito con certezza;

se le persone che si vaccinano si sentono libere e sono di fatto munite di lasciapassare,

allora ne consegue:

che la vaccinazione di massa porterà a un aumento di contagio, proprio perché le persone si sentono più libere di muoversi eccetera.

Probabilmente, secondo la vulgata dei media, i vaccinati non finiranno in terapia intensiva (ma Fauci ha detto che non è così, stessa carica virale fra vaccinati e non), però potrebbero essere comunque veicolo di trasmissione del virus in modo esponenziale,  anzi di sue nuove varianti.

Dunque a che servirebbe il lasciapassare?

Dunque si potrebbe arrivare lo stesso a subire nuove chiusure e nuovi "colori".

E quindi a nuovi provvedimenti restrittivi.

Oppure a doversi vaccinare e vaccinare ancora.

E così via?



giovedì 29 luglio 2021

Il lasciapassare dà il colpo di grazia alla cultura

Con il lasciapassare la cultura riceve il colpo di grazia.
Tutto il contrario di quello a cui il passi doveva servire, perché poi si aggiunge alla riduzione di posti obbligatoria già in atto per entrare nei cosiddetti luoghi della cultura.
Guardate i teatri: chiusi e ancora i più non hanno annunciato alcuna conferenza stampa. E non si prevede che lo facciano! Ogni anno, a fine luglio tutti i teatri cosiddetti importanti e finanziati dallo Stato avevano già pronto il loro programma.
Un medico che fa servizio di vigilanza in uno di questi teatri mi racconta che non era mai successo che dalla segreteria gli avessero telefonato allarmati dicendo che quest'anno non sanno cosa devono fare.
E dai direttori, come per gli altri enti culturali come musei o università, solo silenzio.
Invece di opporsi a questa distruzione, tacciono e aspettano solo altre direttive liberticide!
Non come i ristoratori che scendono in piazza!, loro no, loro mangiano lo stesso, passi o non passi.
Il disastro è compiuto.
Mi ricorda quello che negli anni '80 vidi a Bucarest, che mi capitò di visitare grazie a conoscenti che vivevano là. La dittatura era palpabile, visibile, concreta! Oltre ad altri aspetti agghiaccianti, teatri e musei erano chiusi perché i direttori, tutti stipendiati, dovevano programmare seguendo le maglie asfissianti della censura, e non sapevano cosa presentare, cosa fare! Meglio non fare nulla, non dire nulla, e tenersi il magro stipendio.
Qui la censura è ufficialmente...censurata (guai a parlare di dittatura!), e proprio nell'anno in cui si levano inni alla sua abolizione, ecco che il blocco si attua attraverso altre forme, che non rimandano nemmeno più a forme ideologiche (anche se solo a livello nominale), ma sanitarie o presunte tali.
Dopo gli anni del disastro culturale di fine secolo, con l'avvento e il dominio della televisione commerciale e altri sistemi di gioco-oppressione che la tecnologia ormai offre a piene mani e che rendono superflue le espressioni artistiche e culturali, prima il confinamento poi il lasciapassare rendono compiuto il misfatto.
Posto poi che i teatri riaprano, e lo faranno per mostrare che non siamo in dittatura o altri motivi strutturali o di propaganda eccetera, alcuni spettatori e visitatori, pur vaccinati, non entreranno nei luoghi della cultura proprio per non farsi chiedere il passi.
Come entrare in catene, insomma, in un luogo che simboleggia la libertà di pensiero ed espressione.
Senza contare la perdita di posti di lavoro, ovviamente.
Insomma, al vuoto si sommerà il vuoto.

martedì 27 luglio 2021

Perché la green card è peggio del lockdown

Con la Carta Verde l'arte sarà tutta compromessa perché lo spirito di libertà che sottende alla manifestazione artistica lo è.

Se vado al museo, a una mostra, obbligo di carta verde; se vado a teatro, al cinema, lo stesso. 

Con l'introduzione dell'obbligo l'aria diventerà completamente pesante per tutti, certo per gli spettatori ma in particolare per l'artista: il lasciapassare di fatto è ideologicamente contrario all'arte, tutta, in toto.

Ogni artista, anche se non lo dichiara apertamente, vi si oppone perché, sia pur il suo utilizzo dovesse davvero essere utile per la guarigione di tutti,  esso allude alla discriminazione, all'oppressione, alla mancanza di libertà e quindi di fatto nega le possibilità che rendono l'arte sensata e necessaria.

Con il lasciapassare la manifestazione artistica viene negata, anche se è permessa. E' derisa.

Con il lasciapassare la manifestazione artistica diventa solo manifestazione di maniera, o di regime. Passatempo, e quindi non più arte.

Per questo, per quanto possa sembrare assurdo o estremistico, la green card è peggio del lockdown.


P.S. Cominciano le disdette. Se a me disdicono uno spettacolo, io disdico un albergo e un ristorante e altro. (Anche se si può tranquillamente stare in albergo senza essere vaccinati e sedere al ristorante dell'albergo, ma non sedere a teatro o al cinema). E così via. Altro che ripresa. E non siamo che all'inizio. Vedrete che caos! E questa volta non riceveremo nemmeno gli spicciolini dei ristori del lockdown. Il green pass è anche un attacco ai lavoratori e alle piccole imprese).

lunedì 26 luglio 2021

Non lo lasceremo passare

Copio un testo scritto da Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, A proposito del green pass, che dà la misura del baratro in cui stiamo per cadere: a breve infatti saremo costretti a vivere con  la Carta Verde, il Lasciapassare, come nelle dittature più classiche del secolo passato.

Credo che non ci sia più tempo per le incertezze, e sì bisogna subito reagire.


A proposito del decreto sul green pass

La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica. Lo si sta affrontando, con il cosidetto green pass, con inconsapevole leggerezza. Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti. Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia. E varrà la pena ricordare il “passaporto interno” che per ogni spostamento dovevano esibire alle autorità i cittadini dell’Unione Sovietica. Quando poi un esponente politico giunge a rivolgersi a chi non si vaccina usando un gergo fascista come “li purgheremo con il green pass” c’è davvero da temere di essere già oltre ogni garanzia costituzionale. 

Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica. Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di “sperimentazione di massa” e che su molti, fondamentali aspetti del problema il dibattito scientifico è del tutto aperto. La Gazzetta Ufficiale del Parlamento europeo del 15 giugno u.s. lo afferma con chiarezza: «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, anche di quelle che hanno scelto di non essere vaccinate». E come potrebbe essere altrimenti? Il vaccinato non solo può contagiare, ma può ancora ammalarsi: in Inghilterra su 117 nuovi decessi 50 avevano ricevuto la doppia dose. In Israele si calcola che il vaccino copra il 64% di chi l’ha ricevuto. Le stesse case farmaceutiche hanno ufficialmente dichiarato che non è possibile prevedere i danni a lungo periodo del vaccino, non avendo avuto il tempo di effettuare tutti i test di genotossicità  e di cancerogenicità. “Nature” ha calcolato che sarà comunque fisiologico che un 15% della popolazione non assuma il vaccino. Dovremo dunque stare col pass fino a quando? 

Tutti sono minacciati da pratiche discriminatorie. Paradossalmente, quelli “abilitati” dal green pass più ancora dei non vaccinati (che una propaganda di regime vorrebbe far passare per “nemici della scienza” e magari fautori di pratiche magiche), dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi. Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza  democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire.

https://www.iisf.it/index.php/progetti/diario-della-crisi/massimo-cacciari-giorgio-agamben-a-proposito-del-decreto-sul-green-pass.html?fbclid=IwAR32pzE4EIK87J_0l2gWIZTymS8BDt-tM9O8U18fko9XdddE5XO38b8PLTQ

Differenze fra tampone e vaccino

Faccio il tampone: devo pagare, e trovo file e caos. Faccio il vaccino: non pago e va tutto liscio.

Faccio il tampone: scade dopo 48 ore e poi, se ho bisogno di lasciapassare, lo devo rifare.

Faccio il vaccino: scade dopo diversi mesi, anche se non difende dal contagio, come è dimostrato dall'equipaggio dell'Amerigo Vespucci, tutto contagiato nonostante i marinai fossero stati vaccinati.

sabato 24 luglio 2021

Al prossimo Lockdown

Nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri riconosco l'ombra di Frances Kini, il Ministro che non passa giorno senza pensare a come distruggere le briciole rimaste al tavolo da campeggio della Kultura digitaliana.

E' come quel boscaiolo che ogni giorno dà l'asciata al faggio che ha deciso di buttar giù.

Il faggio è già caduto, da tempo, ma lui si dà da fare lo stesso. Non si sa mai.

Scarica l'app!

La Karta Verdastra sarà obbligatoria anche al cesso dell'ultimo teatro, ma non al Supermerdato, dove potremo continuare ad andare in folla mascherata a scegliere la frutta biofinta.

Al compra- compra! Scarica l'app!

Per esempio gli attori non potranno recitare se non sono vaccinati. Ah ah ah!

I professori non potranno insegnare se non sono vaccinati. Oh oh oh!

Al museo, nei musei vuoti, solo con vaccino!   Ih ih ih!

Scarica l'app!

Tutti vaccinati, tutta la Kultura dovrà essere vaccinata per decreto.

Inoffensiva. Asettica. Medicale.

E con i poeti, che facciamo?

Scarica l'app Polpot!

I protagonisti della kultura si sono già vaccinati, da sé.  Lo sa il ministro Frances Kini? Da anni. Professori, studiosi, artisti, tutti da anni col braccino bucato. Li ha visti? Se non li ha visti lui.

Frances Kini e compagnia lo sanno, se non lo sanno loro!, ma così è sancita per sempre la sottomissione assoluta alla volontà del governo digitaliano e della transizione: tu canti se ti faccio cantare, tu balli se ti faccio ballare e così via! >Capito? Vaccino! 

E per i poeti, scarica l'app PolPot!

Con la Spagnola i nostri antenati se la sono cavata con due anni; a noi ci vorrà mooolto di più. Eh. Mooolto di più. Perché più scienziati a disposizione.

Vaccino! Finalmente! La Kultura è muta, serva, non serve più a niente, abbiamo di che vedere e ascoltare e rimirare bip bip bip sul passeggino digitaliano, e dei presuntosi protagonisti del Kulturame già ieri ci siamo dimenticati il nome.

Scarica scarica scarica!

Tutti vaccinati. E Vaffankoolo!

Al prossimo Lockdown.

lunedì 19 luglio 2021

Cittadini di seconda classe per legge barbara

Praticamente lo sono da diversi anni, cittadina di seconda classe. Discriminata ed emarginata. Tutto è iniziato dalla nascita del mio teatro, pur luogo piccolissimo la politica locale l'ha visto sempre di mal occhio, perché non l'ha mai potuto usare strumentalmente. 

La discriminazione si è accentuata da quando mi sono occupata politicamente della distruzione dell'area archeologica di Gonfienti  per far posto all'Interporto di Prato. 

Teatralmente parlando sono stata discriminata ancora prima della nascita della Baracca: il teatro è infatti un luogo settario ed emarginante, intendo il sistema teatrale, e ci vogliono determinati ingredienti per farne parte. Pensate, non fecero "entrare" nemmeno Pasolini, ed è anche per questo che giustamente lui del teatro italiano ne parlò sempre male.

Non mi sento vittima,  ho tutt'altra intenzione per il mio futuro, ma spero  che quello che scrivo serva di esperienza a qualcuno, e come ennesima testimonianza.

Ma ora, non vaccinata,  sarò emarginata al quadrato.  Sarò per legge barbara cittadina di serie B. Infatti non avrò la carta verde.

Al riguardo, sulla barbarie politica in atto, copio un articolo del filosofo Giorgio Agamben, che condivido in toto.

Cittadini di seconda classe

Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è, come è avvenuto per gli ebrei sotto il fascismo, la discriminazione di una categoria di uomini, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe. A questo mira la creazione del cosiddetto green pass. Che si tratti di una discriminazione secondo le convinzioni personali e non di una certezza scientifica oggettiva è provato dal fatto che in ambito scientifico il dibattito è tuttora in corso sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini, che, secondo il parere di medici e scienziati che non c’è ragione di ignorare, sono stati prodotti in fretta e senza un’adeguata sperimentazione.
Malgrado questo, coloro che si attengono alla propria libera e fondata convinzione e rifiutano di vaccinarsi verranno esclusi dalla vita sociale. Che il vaccino si trasformi così in una sorta di simbolo politico-religioso volto a creare una discriminazione fra i cittadini è evidente nella dichiarazione irresponsabile di un uomo politico, che, riferendosi a coloro che non si vaccinano, ha detto, senza accorgersi di usare un gergo fascista: “li purgheremo con il green pass”. La “tessera verde” costituisce coloro che ne sono privi in portatori di una stella gialla virtuale.
Si tratta di un fatto la cui gravità politica non potrebbe essere sopravvalutata. Che cosa diventa un paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe? Il bisogno di discriminare è antico quanto la società e certamente forme di discriminazione erano presenti anche nelle nostre società cosiddette democratiche; ma che queste discriminazione fattuali siano sanzionate dalla legge è una barbarie che non possiamo accettare.

giovedì 15 luglio 2021

Silenzio sui reperti di Gonfienti


Mi scrivono buone fonti informazioni, che mi sembra giusto riportare:

"Silenzio sui reperti che, per certo, si stanno allestendo alla Rocca di Campi. Da Google Earth è documentata la situazione degli scavi al febbraio 2020 ( vedi foto) che corrisponde più o meno allo stato attuale. Si noti la strada erbosa che unisce l'area di scavo della domus all'area scavata nel 2001 che sta oltre il fosso". 

Il virus del cemento

Tra un vaccino e l'altro, rendetevi conto che esiste anche un altro virus, quello del cemento, ossia una specie del genere inquinamento,  pericolosissimo, i cui effetti si vedono per esempio quando piove come in questi giorni estivi: temporali tempeste grandine e tutto si allaga e ci sono morti, come in Germania, proprio a causa dell'espansione di questo virus, per cui vaccino non ce n'è, che non fa meno danni e morti del Corona. 

In merito copio l'articolo di oggi de Il Manifesto, da cui ho tratto il titolo di questo mio. La logistica sembra essere l'imputata con più prove a carico, come si vede anche nella Piana fra Pistoia Prato e Firenze, dove Aeroporto, Interporto Parchi e Gigli del Cemento, oltre i piccoli e grandi macrolotti e aree industriali, hanno soffocato, sacrificato aree archeologiche, ecologiche, i parchi veri, tutto sacrificato, la vita rovinata per sempre.

E nessuno pagherà per questo.

Il «virus» del cemento, consumati 2 metri quadrati di suolo al secondo 

- Luca Martinelli, 15.07.2021 

Rapporto Ispra. Anche nel 2020 costruzioni senza freni. «Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento, erano 160 negli anni ’50» 

Nonostante l'emergenza, anche nel 2020 la velocità di copertura artificiale del suolo è rimasta pari a 2 metri quadrati al secondo. Lo certifica l'Ispra, che ieri a Roma ha presentato l'edizione 2021 del rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici». 

Il rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, diretto da Alessandro Bratti, si concentra sull'incremento della cementificazione avvenuto nell'ultimo anno nonostante il blocco delle attività produttive dovuto alla pandemia: «A livello nazionale le colate di cemento non rallentano nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, e ricoprono quasi 60 chilometri quadrati, impermeabilizzando ormai il 7,11% del territorio nazionale. Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di «cemento», erano 160 negli Anni 50». 

L'Ispra chiarisce che per consumo di suolo «si intende l’incremento della copertura artificiale del suolo», mentre «con suolo consumato si intende la quantità complessiva di suolo con copertura artificiale esistente nell’anno considerato». Che si guardi al primo o al secondo dato, abbiamo un problema: «Dal 2012 a oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155mila quintali di prodotti agricoli, l'infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana e lo stoccaggio di quasi 3 milioni di tonnellate di carbonio, l'equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di chilometri» riassume un rapporto. 

Questi servizi ecosistemici persi, hanno anche un costo. Secondo i calcoli dell'Ispra, se non riusciremo a mettere un freno al consumo di suolo l'Italia dovrà sostenere fino al 2030 un costo complessivo compreso tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, «in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza». 

I numeri. Nel 2020, la Lombardia è la regione che ha registrato il più alto consumo di suolo con 750 ettari in più rispetto al 2019, seguita da Veneto (+ 682 ettari), Puglia (+ 493), Piemonte (+ 439) e Lazio (+ 431). La situazione non è migliore nelle aree a rischio idraulico e sismico, che dovrebbero essere risparmiate dalle colate di cemento. Secondo il rapporto Ispra, «il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all'interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata (P4) e 62 a pericolosità elevata. Le percentuali si confermano alte anche nei territori a rischio sismico alto dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato». 

La cementificazione dei centri urbani e l'occupazione di suolo, come sottolinea l'indagine, influenzano anche l'incremento delle temperature presente nelle nostre città, il fenomeno delle isola di calore: «A livello nazionale superano i 2.300 gli ettari consumati all'interno delle città e nelle aree produttive (il 

46% del totale) negli ultimi 12 mesi. Per questo le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2 gradi, che possono arrivare anche a 6 gradi in più rispetto alle aree limitrofe non urbanizzate». 

Un elemento chiave da tenere sotto la lente, secondo l'Ispra, è legato allo sviluppo della logistica:

invece di rigenerare e riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700 ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita. In Veneto le maggiori trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni) dovute alla logistica, seguito da Lombardia (131 ettari) ed Emilia-Romagna (119). 

La legge che manca. Quel che serve, e lo ha sottolineato Stefano Ciafani, è una legge contro il consumo di suolo, «una riforma non rinviabile» ha detto il presidente di Legambiente. Se ne parla almeno dal 2012, quasi dieci anni fa. «Occorre impedire che la ripresa post pandemica inneschi dinamiche speculative ai danni dei suoli liberi, cosa che stiamo già osservando nelle nostre campagne con la proliferazione di capannoni per la logistica e l’e-commerce. 

Il suolo è centrale per la transizione ecologica: occorre introdurre una speciale tutela per i suoli intatti, siano essi di foresta, di pascolo o zone umide, perché oggi sappiamo che questi sono i più preziosi giacimenti di carbonio organico e biodiversità del nostro Paese» ha specificato Ciafani. 

Purtroppo, «il Disegno di legge sul consumo di suolo si è arenato in Senato per l'ennesima volta. La legge c'è, manca però la volontà politica. Questa tendenza ci impedisce di definire in maniera omogenea una regolamentazione che possa aiutare gli enti locali a contenere il consumo di una risorsa poco rinnovabile e che per tale motivo va preservata» come ha sottolineato Paola Nugnes, senatrice di Liberi e Uguali e relatrice del Ddl. 

© 2021 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE


Qui potete leggere la proposta di legge al Senato contro il consumo di suolo, che sta ferma, immobile nel fondale; di più, ormai s' è infilata nella melma, come un ghiozzo.

2383 1..24 (senato.it)

mercoledì 14 luglio 2021

La rinocerontite


Contro il diffondersi dell'epidemia di rinocerontite è assolutamente necessario leggere il dramma Il rinoceronte di Ionesco.

Si capisce il livello culturale di certe autorità, e il perché propongano e in alcuni casi impongano certe "cose", patenti vaccine o altro, ché non hanno letto né leggono. 

E a teatro, evidente, anche prima, ci andavano solo con il pass.

La patente vaccina

 


Scrive il Sindaco di Prato, ultimo quest'anno nel gradimento fra i sindaci in Toscana e al 90o posto in quella nazionale secondo la statistica del Sole 24h:

Vaccinarsi è un atto di responsabilità verso se stessi e verso l'intera comunità. Credo che anche in Italia, come stanno facendo in Francia, occorra fare una riflessione sull'autorizzare spostamenti e accessi in luoghi pubblici solo per chi effettua la vaccinazione anti-Covid.
Per chi, pur potendo, rifiuta il vaccino, niente cinema, ristoranti, bar, aerei, discoteche.
Perché non ci può essere libertà di alcuni a discapito della salute di tutti, soprattutto di bambini e fragili che non possono essere vaccinati e perché la vaccinazione è l'arma più potente che abbiamo.

Il sindaco di Prato non è nuovo alla sparate, tanto che voleva addirittura sparare il vaccino dalle finestre come un cecchino (tanto che qualcuno lo chiamò Cecchino-Sparavaccino...), ma questa imposizione continua del pensiero dominante, diffusa non solo tramite la televisione, ma anche tramite social, sta diventando pericolosa e assomiglia a una violenza di Stato. Come quella che si sta facendo in Francia, a cui il Sindaco di Prato si richiama.!

Sì, in fondo si tratta di violenza, perché invece delle cure contro il Covid - ci sono e sembrano davvero efficaci, per esempio le cure domiciliari e soprattutto se si interviene in tempo, ma di queste il Sindaco non parla - mi impone un solo strumento per combatterlo, e me lo spaccia da espertone, come unico efficace ("l'unico strumento che abbiamo!"), il vaccino appunto.

Il sindaco Biffoni, mal imitando la grandeur francese, vorrebbe  costringerci, in modo barbaro illegale incivile, a entrare con la patente vaccina nei teatri nei cinema nei ristoranti!

Personalmente nel ristorante non metterò piede se dovrò mostrare la patente! Tanto meno al cinema.

Riguardo al teatro, visto che ne ho uno piccolissimo, dove al massimo ora faccio entrare quindici persone che indossano la maschera durante la rappresentazione, be', è davvero ridicolo.

Anzi, è persecutorio!

Già nei teatri e nei cinema ci vanno in pochi, se ci mettiamo anche l'ingresso con la patente, chi ci andrà? Con la scusa di aiutare la salute dei cittadini, al solito affossate la cultura, oltre che l'economia!

E' stancante questo uso indiscriminato del pensiero- dominio sparso sui social.

A questo servono, ormai, a intimorirci, a obbligarci!  Non basta la televisione.

Ma noi non ci intimoriamo affatto, Sindaco, Presidenti che siete.

Le autorità devono rispettare la Costituzione. Qui non siamo in Francia, anche se come là la tentazione alla dittatura è sempre presente sottotraccia.

Chi non si fa il vaccino - e scrive una che non è affatto no-vax! - non mette affatto a repentaglio la salute dei bambini che non se lo possono fare...E basta con questo uso strumental-pietistico ricattatorio dei bambini che non hanno avuto praticamente conseguenze negative dal virus! 

Mette piuttosto a repentaglio la salute chi ostacola le cure!

martedì 13 luglio 2021

Digitalizzare significa inquinare, e dominare


La transazione ecologica di cui tanto si parla - addirittura hanno inventato il Ministero ad hoc - significa in sostanza digitalizzazione spinta.

Falsi in concreto tutti gli altri presupposti di cui si canta, i cinque punti per la sua realizzazione, ossia rinnovabili, agroecologia, economia circolare, mobilità a zero emissioni, stop alle trivelle, biodiversità, che in realtà celano solo biechi interessi. 

In sostanza si vuole praticare ecologia digitalizzando il mondo, attraverso insomma la tecnologia! E' una  storia che parte da ormai lontano, e uno dei primi a raccontarcela è stato Bill Gates [1], che ha costruito il suo mostruoso dominio tecnologico proprio con il beneplacito degli ambientalisti di sistema.

Ora sappiamo che digitalizzare significa inquinare, non il contrario. Oltre a dominare, e dominare con l'accordo dei dominati.

Pensate solo all'aumentato consumo di energia. Ai cavi che passano da un continente all'altro. Agli elettrodotti, ai ripetitori che si moltiplicano e si potenziano, eh, c'è bisogno di vedere Netflix, c'è bisogno di 5G! Agli apparecchi, ai computer e gli smarphone, che finiscono nei rifiuti.

E per fabbricarli, non abbiamo bisogno di combustibili fossili,  che la transizione ecologica vorrebbe eliminare?

E questa materia, il silicio, per esempio, per i microprocessori, dove e come l'andiamo a prendere?

Senza contare lo sfruttamento, l'abbrutimento umano che tutto questo comporta. Ci avevano raccontato che col computer avremmo lavorato di meno. E' l'esatto contrario, come ha dimostrato il fenomeno dello smartworking, il lavoro da remoto, durante la pandemia. 

Ha solo tolto posti di lavoro, ma non lo sfruttamento. In più col computer ognuno si sfrutta anche da sé e lavora gratis per l'industria digitale.

Ci avevano detto che avremmo salvato gli alberi, e quindi risparmiato carta, insomma, la rivoluzione informatica avrebbe condotto a un mondo pulito.

Non è così, e gli alberi sono ancor più tagliati e le polveri sottili sono ancora fra noi, e non vengono solo dai tubi di scappamento.  E poi le macchine elettriche, non inquineranno, pur diversamente?

Intanto le automobili sono aumentate; ve ne siete accorti? Invadono tutto, e sono ancora più aggressive e violente, anche perché si sono digitalizzate.

Il pedone è in pericolo, il ciclista è tollerato se è un diportista.  

Uscire dal sistema della violenta e mostruosa rivoluzione informatica è praticamente impossibile o quasi. 

Ma sarebbe l'unica rivoluzione ad avere un senso.


[1]   (Copio una foto del 1994, dove Bill Gates mostra un dischetto Cd-Rom, utilizzando il quale si risparmia tutta quella carta bianca affustata su cui sta appeso...) https://startupitalia.eu/52520-20160306-bill-gates-foto-cd-tecnologia

venerdì 9 luglio 2021

L'amore è un brodo di capperi: ultimo spettacolo della stagione 2020-2021 alla Baracca


Stasera, è il 9 luglio 2021, alle ore 21,30 al Pereto del Teatro La Baracca, do L'amore è un brodo di capperi, ormai un classico dell'estate, che presento ogni anno dal 2016 (ma che è appena stato dato a Torino e sarà presto in Emilia), nella speranza un giorno di poterci fare un film. 

Infatti non è propriamente un testo teatrale, ma una contaminazione fra scrittura teatrale e cinematografica.

Così termina una stagione difficilissima, faticosa, assurda, quella del 2020-2021, che era cominciata con Il Mondo senza donne di Virgilio Martini e con La Cervelliera, che abbiamo appena replicato a Prato e che, insieme ad altre opere, porteremo in giro a breve.

Poi speriamo di riprendere con continuità gli spettacoli alla Baracca in autunno prossimo, anche se credo, come ho già annunciato e visto il caos-delirio virale, che navigheremo a vista, e quindi programmeremo a corto raggio.

Viva i capperi.

mercoledì 7 luglio 2021

Ho vinto la scommessa

Non guardo le partite, né mi occupo di calcio, se non nel suo significato politico e sociale, culturale di massa.

E tuttavia avevo scommesso, scherzosamente ma convinta, che l'Italia sarebbe andata in finale nella disputa calcistica europea 2021... Draghi regnante.

Non posso dire di più.

Mi spetta una pizza dal mio pizzaiolo preferito.

Sul risultato finale ho invece solo scommesso con me stessa.

Conto di vincere una intera settimana di riposo in Maremma.

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi





Nonostante la partita, maligna coincidenza direi, lo scherzo da prete, se c'è stato, non è riuscito e ieri sera abbiamo rappresentato "La cervelliera" al Giardino Buonamici di Prato con pubblico e agevolmente, pur con qualche lontana eco di esultanza.
Spettacolo apprezzatissimo dal pubblico; e pubblico apprezzato da noi, che è venuto a vederci...
A margine noto che fra le donne, la maggioranza erano spettatrici, ancora c'è uno zoccolo duro che non si conforma del tutto alla cultura di massa maschile e non la segue, e non solo fra le nostre vecchie mamme: in Piazza San Francesco a Prato ho assistito a un litigio fra un gruppo di ragazzi, che seguivano la partita sul maxischermo, e alcune ragazze, che stufe di far le belle statuine, li hanno lasciati soli...
E la fortuna ci ha assistito fino in fondo: quando siamo tornati a casa la partita ancora non era finita, e non abbiamo trovato alcun tipo di inciampo. Anzi!
Insomma, a volte il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.


lunedì 5 luglio 2021

Recensione di NON CI CAPIAMO, Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini



Ringrazio Leonardo Favilli e la redazione di Gufetto per la recensione, ben scritta oltre che preziosa per noi, di NON CI CAPIAMO, Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini.
Ogni tanto, un po' di bene.


PREMESSA
Maila Ermini immagina che da quel lontano 1975 Carla Lonzi, l'irriducibile femminista fiorentina, riesca ad incontrare il regista Pier Paolo Pasolini. Ed ecco che è nato NON CI CAPIAMO, in prima assoluta al Teatro La Baracca, interpretato insieme a Gianfelice D'Accolti.
Leonardo Favilli della redazione fiorentina l'ha seguito per noi.
"In una realtà come quella odierna dove il confronto è fatto soprattutto di opinioni mal supportate da idee, spesso comunque confuse e inconsistenti, il miglior pregio del dialogo a cui abbiamo assistito è di averci riportato ad uno scambio basato sulla capacità personale di elaborare un proprio pensiero, senza partigianerie."

Prima assoluta alla Baracca di Casale di Prato (previste repliche ad ottobre 2021) per NON CI CAPIAMO, il nuovo testo scritto diretto ed interpretato da Maila Ermini (sul palco insieme a Gianfelice D’Accolti). Dopo le esperienze con Gaetanina Bresci e "Io e Federico" (programmato anche l'incontro Gino Bartali-Fiorenzo Magni bloccato dalla pandemia), torna un altro dei Dialoghi Immaginari che vede in scena Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini. Teorica del femminismo e critica d’arte la prima, controverso intellettuale e regista il secondo, entrambi scandalosamente fuori dal coro negli anni di piombo. A seguito di una lettera indirizzata dalla Lonzi a Pasolini tramite il Corriere nel 1975 e mai recapitata, Maila immagina come sarebbe stato il confronto tra due che nella loro incomprensione reciproca non possono fare a meno di amarsi nella comune battaglia per la difesa del pensiero.

In questo articolo:

Non ci capiamo: un processo a tavola

Dialogo tra coscienze

La femminista Carla Lonzi

Il confronto col dissidente Pier Paolo Pasolini

Maila Ermini: interpretazione e libertà di pensiero

Informazioni sullo spettacolo: NON CI CAPIAMO 

Non ci capiamo: un processo a tavola

Casolare nella campagna toscana all’ora di pranzo. La vendemmia alle porte. Pasolini giunge con la sua spider fiammante dalla città in questo recondito angolo d’Italia dove il tempo sembra essersi fermato e dove la protagonista vive, a casa del compagno scultore. Così come l’incontro tra Carla Lonzi e Pasolini è immaginato, la scenografia è totalmente evocata e si svela limpida agli occhi dello spettatore dolcemente, senza didascalie. Come nella migliore tradizione nazionalpopolare, i due intellettuali si confrontano a tavola, davanti ad un piatto di pasta, altrettanto evocato come il desco stesso, e in un continuo scambio si delinea un dialogo fatto di battute e controbattute in cui ognuno è investito del doppio ruolo di accusatore e di difensore. Non ci capiamo si evolve pertanto in un processo che non vede né assolti né condannati chiudendosi con una sentenza di amore, anche se solo in potenza.

Dialogo tra coscienze

Seduti a bordo palco, sguardo fisso davanti a loro, i due intellettuali, da sempre recalcitranti nei confronti delle definizioni, accademiche e riduttive, sembrano comunicare a distanza, affidando al pubblico le loro dichiarazioni, le loro domande e risposte, il loro pensiero, come se il confronto riprendesse da quelle pagine di giornale dove la Lonzi ha tentato il primo approccio. Battute che viaggiano su binari paralleli come gli sguardi dei protagonisti che non accennano ad avvicinarsi, ognuno con le proprie insicurezze, siano esse quelle meglio celate della Lonzi o quelle più umanamente espresse di Pasolini. A partire dalla semplicità di un piatto di pasta e del grembiule da cucina della padrona di casa, si delinea con precisione lo sfondo culturale della vicenda, unico elemento reale fatto di riflessioni, di approfondimento, di una coscienza critica frutto del mondo analogico degli anni Settanta. Un pensiero che nella sua analiticità andava a braccetto con i ritmi della mezzadria che si affaccia, rievocata, in scena quando i preparativi per la vendemmia interrompono il dialogo, compenetrandosi con esso. A momenti Maila Ermini, nei panni della femminista fiorentina, si rivolge ad un presunto contadino là fuori cui sembra riservare la sua intimità dolce, opposta alla coriacea logica con cui risponde e domanda a D’Accolti-Pasolini, timido e quasi intimorito.

La femminista Carla Lonzi

Il mondo della terra, privo delle sovrastrutture culturali create dagli uomini, o meglio dai maschi, rappresenterebbe il teatro naturale per quel processo di autocoscienza che nella visione della Lonzi è ricerca di una propria originalità, lontana non solo dalla forma ma anche da una sostanza che è costruita su una matrice maschilista. Non si parla pertanto del mero rifiuto di un sistema, a tratti non ben identificato, ma di un capovolgimento delle prospettive, di una ridefinizione di quell’alfabeto con cui si costruisce il pensiero, frutto di secoli di predominanza maschile. Ne esce il ritratto di una donna che, giocoforza, per la sua capacità di astrazione che diventa talvolta estraniamento dal mondo, è emarginata dallo stesso movimento femminista, incentrato principalmente a combattere una battaglia di civiltà le cui conquiste non dovrebbero essere viste come le vittorie che la stampa descrive: si tratta pur sempre, per la Lonzi, di spazi strappati al maschile e non di quella rivolta femminile che ha dato il nome al suo movimento.

Il confronto con il dissidente Pasolini

Dissidente che sta nel sistema”: così invece viene visto Pier Paolo Pasolini che non nasconde le proprie contraddizioni e lentamente ci aiuta ad intravederne anche in quella irriducibile che comunque vive col proprio compagno e, forse, alle spalle di lui, il quale a sua volta trae dall’arte quel profitto che lei invece aborra, oggetto peraltro della sua tesi di laurea col prof. Longhi. Una femminista che per Pasolini resta in grembiule e cucina della pasta, che nasconde al partner per telefono cosa sta facendo. Non appena i due si scambiano al centro del palco inscenando il loro processo, è evidente che con le loro differenze rappresentano le due facce di una stessa medaglia. E come quest’ultime, non possono distaccarsi pur rivolgendosi in direzioni opposte, due visioni che non possono mai neanche sfiorarsi. “Noi scandalosi rispettiamo la forma per scandalizzare”: basterebbe questa frase del regista romano per chiudere la questione ma il rispetto reciproco va oltre e la dialettica assume pertanto nel corso della rappresentazione un tono più conciliante, unica vera conquista al pronunciamento dell’udienza.

Maila Ermini: interpretazione e libertà di pensiero

Ancora una volta Maila Ermini ci aiuta a recuperare tasselli della storia del nostro Paese (ricordiamo, tra gli altri, la Gaetanina, figlia dell’anarchico Bresci) e del pensiero di cui la maggioranza degli spettatori, incluso il sottoscritto, ignorava l’esistenza perché frutto di una sorta di ostracismo mediatico, iniziato già nei giorni in cui il dialogo è stato ambientato. In più, per chi ha modo di seguire Maila sui social, la figura di Carla Lonzi sembra calzarle a pennello perché entrambe combattono, seppur in tempi diversi, per la difesa della libertà di pensiero e soprattutto per lo sviluppo di una capacità autocritica spesso deviata ed ostacolata da quella informazione e controinformazione degenerate in disinformazione. Una libertà che in Pasolini va oltre e diventa sessuale, di autodeterminazione dell’essere umano nella sua originalità, la stessa perpetrata del resto dalla Lonzi. 

Di buon livello le prestazioni di Maila Ermini e Gianfelice D’Accolti nei ruoli dei due protagonisti, capaci entrambi di condire apprezzabilmente con propri tratti personali le due figure, avvantaggiati magari dal fatto che l’incontro non è mai avvenuto. Abbiamo gradito anche la scelta di farci intravedere l’intimità di questi due intellettuali, talvolta schivi e apparentemente fatti solo di testa e di passione ma con una psiche talvolta irrisolta, alter ego discreto insieme agli attori sul palco.

In una realtà come quella odierna dove il confronto è fatto soprattutto di opinioni mal supportate da idee, spesso comunque confuse e inconsistenti, il miglior pregio del dialogo a cui abbiamo assistito è di averci riportato ad uno scambio basato sulla capacità personale di elaborare un proprio pensiero, senza partigianerie. Proprio l’abile rappresentazione di una donna che non si sente più irriducibile e di un uomo che ha comunque fatto delle concessioni al sistema, ci aiuta a non sentirci spettatori stupidi, oramai incapaci di certa filosofia, ma destinatari di un messaggio di incoraggiamento per recuperare il ben dell’intelletto.

Info:

NON CI CAPIAMO 
Dialogo impossibile fra Carla Lonzi e Pier Paolo Pasolini
scritto e interpretato da Maila Ermini
con Gianfelice D'Accolti

Teatro La Baracca 
venerdì 18 giugno 2021 


http://www.gufetto.press/visualizza_articolo-2897-NON_CI_CAPIAMO__Teatro_La_Baracca_il_dialogo_mai_avvenuto_tra_Lonzi_e_Pasolini.htm

domenica 4 luglio 2021

Noi che diciamo no

Noi che diciamo no

siam tenuti

sotto terra

come bachi

ogni tanto oscilla

fuori come in guerra

questa nostra

piccola testa

siamo opachi

sporchi

se ci vedono

urlano, gli orchi

ci buttano giù

giù nei solchi

ci nascondono

o ci mostrano

sulla gogna,

come cani 

con la rogna.


Buoni solo quelli

che dicono sì sì

che stanno al sole

così e così

che raccolgono

grano

miele

fanno

case

cose

chiese.


Sottoterra

abbiamo scavato

mille strade

rubiamo l'aria

con le prese.


Noi che diciamo no

sol di notte

opachi sporchi

misere frotte

grigi

andiamo dritti

come spighi.

(M.E. Da Poemetti Carbonari)

sabato 3 luglio 2021

Scherzo da prete


Non potete sbagliare la data: La cervelliera torna proprio il giorno delle Semifinali, il 6 luglio alle ore 21, presso il Giardino Buonamici.

Scherzo da prete - come ha detto un amico, ossia come una beffa di malsano gusto, un brutto tiro ecc. - è dire poco, perché all'inizio, la data che ci era stata proposta dal Comune di Prato era in agosto, quando in città non c'è nessuno. Poi invece ce l'hanno cambiata, e a noi andava bene, anzi meglio!: potevamo scegliere, questa era la proposta, fra il 6 e il 7 luglio due date si erano liberate... ma noi, tutto si è svolto al telefono e non siamo calciofili!, abbiamo accettato la prima, che ci sembrava ottima, senza sapere che quelle erano le due date stabilite da molto tempo per le semifinali.

Un brutto tiro che offende il nostro lavoro e la nostra professionalità.

           

I pratesi esultano per la vittoria dell'Italia sul Belgio sulla statua di Henry Moore in piazza San Marco. Per gentile concessione di un amico.


giovedì 1 luglio 2021

Prato Urban Jungle, esempio di falso ecologismo


Il progetto Prato Urban Jungle, che vuole mettere la mantellina verde su un cemento sempre più invadente in città, è un chiaro esempio di falso ecologismo: per la cattiva qualità dell'aria, per i rischi di alluvione, per gli ambienti degradati e tutto quello che viene citato nel progetto il  rinverdimento proposto è strumentale, propagandistico, oltreché ridicolo, la cui efficacia è tutta da dimostrare.

C'è bisogno di buttare meno macchine e cemento sul territorio, di pianificare cultura, ambiente, mobilità, vita alternativa a quella  che ormai da troppi anni viene imposta come unica possibile.

Basta con le favole maligne proposte da una classe politica incapace di progettare futuro, ignorante o in malafede.

Da Il progetto (pratourbanjungle.it)

 "Il progetto Prato Urban Jungle del Comune di Prato rinnoverà i distretti di Prato con maggiore criticità sociale, produttiva e ambientale, in modo sostenibile e inclusivo sviluppando aree ad alta densità di verde - le cosiddette giungle urbane - che verranno innestate nel paesaggio urbano moltiplicando la capacità naturale delle piante di abbattere le sostanze inquinanti e restituendo il territorio all'uso delle persone, trasformando le aree di marginalità in veri e propri punti di benessere verde all'interno della città. Le giungle urbane saranno co-progettate con l’aiuto dei cittadini, attraverso una pianificazione urbana condivisa facilitata dall'uso di piattaforme digitali, che aprirà la gestione alla comunità, aumentando l'inclusione e favorendo un diffuso sviluppo sostenibile dell'ambiente urbano"...

Le città e le comunità urbane devono far fronte alle sfide legate alla scarsa qualità dell'aria, agli effetti delle isole di calore, ai rischi di alluvione, all'esclusione sociale e agli ambienti urbani degradati, che portano a una miriade di impatti sulla salute, qualità della vita, benessere e sicurezza dei cittadini delle città europee, in particolare tra le classi meno privilegiate. All'inizio del 2018 il Comune di Prato ha adottato una nuova strategia per la foresta urbana, volta a limitare il consumo di suolo incoraggiando strategie per il recupero e il riutilizzo di aree ed edifici esistenti.

Nell'ambito di questa strategia, il progetto Prato Urban Jungle (PUJ) mira a rinaturare i quartieri di Prato in modo sostenibile e socialmente inclusivo sviluppando giungle urbane, cioè aree riprogettate ad alta densità di verde, immerse nella struttura urbana, che moltiplicano la capacità naturale delle piante di abbattere le sostanze inquinanti, ripristinare la fruizione del suolo e dello spazio nella comunità e trasformare le aree marginali e in decadenza in hub attivi verdi vivificanti all'interno della città.

Le giungle urbane vanno oltre i comuni approcci forestali urbani proponendo la creazione di zone ad alta densità di verde attraverso un innovativo percorso di co-design che migliora la resilienza della città e crea paesaggi urbani sostenibili. Il progetto fornirà un nuovo approccio strategico alla pianificazione urbana che, coinvolgendo le parti interessate attraverso una piattaforma digitale e un modello di governance innovativi, potrà supportare uno sviluppo del verde urbano più inclusivo nelle città.

Elenco delle cose distrutte in nome dell'utilità dominante

Non in ordine di importanza, tutto ha la stessa importanza:

1. La fantasia.

2. Il pensiero; in particolare quello critico.

3. L'arte. Tutta.

4. La libera ricerca. 

5. Le discipline umanistiche.

6. Le lingue classiche.

7. L'istruzione.

8. L'ambiente.

9. I rapporti umani...



Io Malaparto: Gli assassini dell'amore

Caro Malaparte, è un po' di tempo che non ti scrivo. Che non ti scrivo qui, perché tu sai che io ti scrivo spesso segretamente. Come con...