venerdì 13 aprile 2012

Finito il tempo dell'arte

Ieri ho parlato con un maestro di musica.
Mi ha raccontato le sue grandi difficoltà economiche.

Diceva che in questo paese è impossibile fare arte, lavorare come artista, e che se non fosse stato per i suoi figli, se ne sarebbe andato.

Che sconsiglia assolutamente ai suoi figli di fare l'artista.

La musica, quella per cui studi tutti i giorni, quella per cui fatichi, non è valutata, nemmeno come lavoro 'serio'.

Mi ha chiesto: - Ma tu, come fai?, perché non te ne vai dove ti possono apprezzare di più? -

Io sono stata tanto tempo all'estero, sono tornata qui dopo dieci anni di vagabondaggio per l'Europa e l'Italia, e so come si vive 'fuori', da artista.

Sì, per certi aspetti la situazione è migliore, quantomeno le regole sono più chiare, c'è più correttezza in generale, più rispetto. Ci sono più possibilità. Ma si vive in un costante sradicamento, estraniamento, ed è durissima.

Ora so che, rispetto agli anni in cui c'ero io - praticamente i miei trent'anni li ho passati fuori - molte cose sono cambiate, e non in meglio.

Al momento, dopo aver costruito un teatro, dopo aver speso i miei soldi in quest'avventura, non riparto. Magari poi si vedrà.

Il maestro è smarrito a casa sua. Vorrebbe guadagnare per quanto vale, e non vedere i raccomandati che vanno avanti, i ruffiani che vanno avanti, i lecchini che vanno avanti, e si fanno i loro posticini.

Vorrebbe la sua dignità.

Ma in questo paese è davvero impossibile.

L'arte è impossibile. Se lo è, la paghi. Ti danno i soldi, ma poi sei un carcerato.

Andate a vedere il film di Giordana sulla strage di Piazza Fontana, Romanzo di una strage (ha 'rubato' il titolo a Pasolini). Gli hanno dato i nostri soldi per farlo, ma si vede che non c'è libertà, che è un 'film di stato'.

La stessa figura del commissario Calabresi - lui solo buon poliziotto fra tutti cattivi -; la stessa figura di Pinelli e di altri, troppo scontata e schematica. A tema.

I produttori americani a volte lasciano più libertà ai cineasti.

In Italia è finito il tempo dell'arte. Il tempo in cui, per esempio, Alfredo Bini,  produttore livornese morto da poco tempo, dimenticato, permetteva proprio a Pasolini di essere l'artista che era.


1 commento:

Simone ha detto...

La musica in Italia viene considerata dai politici in primis, e poi da moltissime persone una sorta di passatempo, di piacevole e disimpegnato hobby.
Per carità, è lecito che si faccia musica anche in quest'ottica, anzi è sacrosanto.Il punto è che esiste un modo PROFESSIONALE di fare musica, che è un aspetto quasi ignorato dalla gran parte della popolazione italiana.Si suona ANCHE professionalmente uno strumento, facendosi il proverbiale mazzo per anni e anni di studio e di perfezionamento, aggiornandosi giornalmente e studiando OGNI GIORNO diverse ore ( Domeniche, Festività e Estati incluse ); è evidente che chi lo fa lo fa soprattutto per passione, quindi il precedente elenco non è pensato per lagnarsi. Piuttosto è pensato per provare a far capire quanto merita rispetto e considerazione chi studia e poi fa musica professionalmente. In Germania, in Francia ( per dire due nazioni vicinissime a noi ) un musicista viene guardato con rispetto quasi sacro, non viene osservato come fenomeno da baraccone, e non gli viene rivolta la becera domanda"Si ma di lavoro vero cosa fai?".
Quando questo modo di gestire la musica cambierà sarà uno dei giorni più luminosi della Repubblica.

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