venerdì 28 luglio 2023

Friggibuco

Così ho ripreso

per gusto e rabbia mia

l'uso, qualcuno dice vizio, della poesia.

A dire in verso le cose che non vanno,

il ruzzo che rimane, eterno affanno.

Ora che le illusioni son scemate

come a fin d'agosto

la luce dell'estate!

E' perché invecchio alla sfacciata

in barba al tempo che s'appiglia

su me sulla mia ciccia

e mi divora come una miccia

che accesa vaga e starnutiglia.

E così ritrovo il vecchio sugo

per condire l'amaro che traduco

e canto a mo' di friggibuco.

E lo manduco.

mercoledì 26 luglio 2023

Faccio progetti solo per il passato

A Gonfienti sono ripartiti gli scavi. Ma tutto per volontà del prof. Luca Cappuccini dell'Università di Firenze, con l'aiuto di 10-15 studenti, a cui la Soprintendeza ha concesso una porzione di scavo per un certo periodo di tempo.

Lo scavo riguarda due "case" di circa 600 mq, di cui una solo all'inizio.

E' iniziata una nuova era? No, è l'effetto delle prossime elezioni. Non c'è un piano generale di rinascita e valorizzazione, nessun Parco Archeologico è in vista al momento e gli scavi per la messa in luce della città antica si compiono con l'aiuto, gratuito, degli studenti. ( E il professore cerca una sistemazione per il prossimo anno, per lui e per gli studenti, a prezzi non impossibili...).

In realtà, come mi è stato detto, e concordo appieno, "la storia archeologica della città è una crosta per la società pratese, per la parte delle istituzioni di certo, compresa la Fondazione CR e i maggiorenti economici"...


A questo punto mi viene in mente Flaiano e lo parafraso: ho una tale sfiducia nel futuro che ho bisogno solo di fare solo progetti per il passato.

Ma cosa significa questa battuta? 

Significa che il futuro è un dispositivo del potere: anche quando si vuole organizzare come in questi giorni con le catastrofi metereologiche, di cui noi con i nostri comportamenti antiecologici siamo o saremmo responsabili, in sostanza chi ne parla vuole orientare le nostre azioni. E quindi vuole sottometterci e condizionarci. Invece con il passato questo meccanismo non è possibile, perché il passato è immutabile ed è quindi inutile per gli imbonitori.

Per questo per il Potere non vale la pena organizzare un parco archeologico a Gonfienti o altrove, spenderci energia, soldi eccetera, perché non serve per il dominio, e solo in coincidenza con le scadenze elettorali si mostra un interesse, e veramente minimo!, che non c'è.

Qui il movimento è solo strumentale, falso. Come i cartelli che hanno messo, sempre a Prato, che indicano, senza disegnarli  perché non esistono in realtà, i percorsi a piedi, le pedociclabili, dalle Cascine di Tavola alla "Città Etrusca di Gonfienti"!

Eh, sì: provate un po' a percorrere la città a piedi da Ovest a Est seguendo questi cartelli e come minimo finite sotto un Suv che non vi ha visto in via Roma...

No, non siamo pazzi né pittoreschi, né "pasionarie": l'archeologia è vita, respiro, perché ci dà materia e senso e non ci espropria, come fa ormai oggi qualsiasi messere al servizio del capitale, del presente.

Le foto degli scavi sono di Franco Focosi.







giovedì 20 luglio 2023

Io Malaparto: Breve storia del tuo archivio che sta a Milano


In questi giorni arroventati, e puntualmente càpita a ogni giro dell'anniversario della tua morte che cade a luglio, ci si azzuffa un po' sulla vicenda del tuo archivio che il Comune di Prato (con tutti i suoi annessi, incluso Fondazione Cassa di Risparmio e Regione, e quindi industriali) nel 2009 si lasciò sfuggire.  Forse saresti stato anche un po' arrabbiato, oltre che con il Comune di Prato, anche con i tuoi parenti, che lo vendettero per una cifra un po' altina, 700 mila euro, al gran maestro bibliofilo Dell'Utri, proprietario della Biblioteca di Via Senato a Milano. Ora come lo si vorrebbe far tornare a casa! 
Oggi l'Assessore Mangani racconta oggi sui giornali (1) delle manovre in tal senso di questi ultimi tempi, che addirittura per riaverlo avrebbe incontrato  Dell'Utri, in permesso dai suoi obblighi carcerari perché coinvolto nelle inchieste per le stragi del 1993.

Il quale, abile affarista di cultura che usa in senso politico, difficilmente si lascerà sfuggire mai un piatto così ghiotto.

Il dànno subito dal Comune di Prato, e ovviamente da tutti noi, con la mancata acquisizione delle tue carte, delle tue lettere (mai pubblicate) è stato enorme. Incolmabile e inqualificabile.

D'altronde, quando l'archivio se ne andò a Milano, l'assessore dichiarò alla Stampa: "Che problema c’è? Andremo a Milano una volta di più, stabiliremo con la Fondazione di Dell’Utri dei rapporti di collaborazione, di scambio, studieremo Malaparte dal punto di vista de «il Corriere» e la diversità diventerà....cultura.".

Parole che denunciano il pregiudizio ideologico su di te che è stato coltivato a lungo in città e non solo, fino a qualche anno fa eri visto con sospetto e lo sai bene, e quindi ci si è affidati al preconcetto per giustificare coprire sminuire la gravità della perdita e del fallimento politico e culturale.

E meno male che il Sindaco Giovannini il tuo corpo a casa l'ha fatto tornare. Con la politica debole di oggi, nemmeno quello avremmo avuto e tu non potresti sputare sulla testa di tutti noi, razza di imbelli, ipocriti e ignoranti, la cui unica politica è quella di "essere in buoni rapporti con il partito al potere".

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Pubblico un articolo del 2009 di Franco Riccòmini che riassume un po' la vicenda di allora.


Da la Nazione del 15/03/09
«Le istituzioni locali non avevano interesse» Il nipote di Curzio che cura i ‘tesori’ di famiglia critica l’atteggiamento del Comune sull’archivio di FRANCO RICCOMINI
LA QUERELLE sull’acquisizione dell’Archivio Malaparte dalla Biblioteca di via Senato di Milano presieduta dal senatore Marcello Dell’Utri, è sempre più calda e si arrichisce di prese di posizioni dei protagonisti e commenti all’indomani dell’anticipazione di «Toscana oggi».
Gli interventi, le spiegazioni, le levate di scudi non bastano a giustificare il fatto che Prato si sia lasciata sfuggire questo super archivio di un concittadino, simbolo di Prato nel mondo, che, insieme al Datini, è il personaggio più importante che abbia offerto la città, mandando all’aria anche progetti che nel tempo erano stati avanzati e che sono caduti nel nulla.
L’avvocato Nicolò Rositani, nipote di Malaparte e rappresentante degli eredi e della Fondazione esordisce con una frase che non lascia adito a dubbi, pur sottolineando che si tratta di una sua impressione: «Ho avuto la sensazione in questi ultimi tempi che a Prato non interessasse fino in fondo avere questo archivio visto che da un lungo periodo nessuno si era più fatto vivo per dare risposte concrete alle proposte che dovevano comunque essere discusse». E aggiunge: «Forse la attuale vendita ha tolto un pensiero all’amministrazione comunale»?.
E spiega: «Da oltre un anno abbiano cercato di trasferire l’archivio a Prato ma la risposta precisa non è mai arrivata e questo a mio avviso è abbastanza grave vista l’importanza del personaggio».
Rositani torna indietro anche alle ulitime manifestazioni che la città ha dedicato al grande Malaparte: «Mi aspettavo più entusiasmo nel passato, e non soltanto entusiasmo. Per il cinquantenario della morte di Malaparte è stato fatto un programma di manifestazioni che sono risultate più slogan politici che non eventi di qualità. Ora la scelta di affidare l’archivio ad una prestigiosa biblioteca qual’ è quella milanese non deve far gridare allo scandalo anche perché in parte motivata da queste considerazioni».
Ed afferma che sul «tavolo» della trattativa c’è anche il fatto che la fondazione milanese si impegna ogni anno ad allestire una iniziativa sulla figura di Malaparte: «E’ stato questo un elemento dirompente – dice Rositani – oltre al fatto che la mamma di Malaparte era milanese e che io opero a Milano con uno studio che si occupa dei diritti d’autore».
Una città, Milano che è al centro di un movimento editoriale che farà grande Malaparte: la casa editrice Adelphi di Colasso, infatti, ripubblicherà i testi malapartiani per la rivalutazione del personaggio ( e intanto in Francia Malaparte risulta l’autore più importante del Novecento).
E per quanto riguarda il valore dell’archivio e le perizie c’è da considerare che nel 2007 il professor Franco Contorbia dell’Università di Genova che aveva avuto l’incarico di valutare l’eredità malapartiana, l’aveva attestata sui 400/500mila euro, mentre Philipe D’Averio, incaricato dalla famiglia, parlava di 700mila euro. Come è noto c’era stata anche una base di accordo con un imprenditore pratese (rimasto anonimo) ma la trattativa era naufragata, probabilmente per l’alta cifra in palio.
Certo va tenuta presente la soggettività del valore economico di un così vasto ed eterogeneo materiale. In ultima analisi, secondo Rositani, non ci sono state da parte del Comune di Prato proposte concrete. E Prato ha perso per sempre un archivio che, oltre tutto, avrebbe richiamato studiosi e studenti da tutto il mondo.
E fra le tante considerazioni su questo «infelice» evento per la città, anche la voce di Umberto Mannucci, presidente dei Bibliofili e storico cittadino che si rammarica del trasferimento dell’archivio a Milano che taglia le gambe al Centro studi malapartiano già progettato e non del tutto abbandonato: «Il fatto sebbene spiacevole - sottolinea - non deve scoraggiare le istituzioni culturali cittadine circa la possibilità di valorizzare in loco la figura e le opere del grande scrittore pratese».
E ora vediamo in dettaglio che cosa ha perso Prato in numeri: dattiloscritti e corrispondenza dai primi del Novecento alla morte dello scrittore, riproduzioni fotografiche, sette volumi raccolti dalla sorella Edda con 500 pagine di lavoro, cartelle , lettere materiali originali. Oltre all’orgoglio di rimanere depositaria (e sarebbe stato più che giusto) dell’eredità dello scrittore. Per ricambiare quello stesso orgoglio che Malaparte aveva di essere pratese.


(1) Per l'articolo su La Nazione uscito oggi:


martedì 18 luglio 2023

Io Malaparto: Zibaldone di pensieracci

 


Caro Malaparte,

scrivo una manciata di pensieracci, che ti dedico, a un giorno dall'anniversario della tua morte, sei morto il 19 luglio del 1957.

Primo pensieraccio.

Non verrò a visitarti nel giorno delle celebrazioni; primo perché non ci sono, secondo perché la salita alla tua tomba va fatta in solitaria o comunque non in situazioni ufficiali. Che te ne fai delle  benedizioni? Servono solo a chi le fa. Tra poco si va alle elezioni (riborda!), e nessuno può dimenticare che a te, proprio un anno prima della morte, non ti vollero in consiglio comunale. Da lassù dove giaci, la montagna dello Spazzavento, si osserva poi alla fine solo la gran colata di cemento sulla Piana fra Pistoia Prato e Firenze, e monta parecchia rabbia per lo scempio ecologico e culturale compiuto. irreversibile per almeno per qualche secolo.  Poi per fortuna la Storia ricomincerà.

Secondo. 

Da quando il mio babbo è morto, da nessuno ho sentito dire: to ma', to pa', tuo madre tuo padre. Mia nonna esclamava, quando era arrabbiata: "Accidenti a to pa' ". E io le chiedevo: -Perché? E lei: -Perché sì.

Uno fra i pochi che lo registri sei proprio tu. 

Io ancora dico, ogni tanto quando mi scappa come la pipì, "Me ma' ", "Me pa' ", ma io non faccio testo, ché come tu sai, appartengo alla riserva  indiana.

Terzo.

Per non perdere vigore, ho una proposta, che tu non puoi capire, o forse sì benissimo, anche se, quando costruirono la prima autostrada, in Italia, tu eri bell'e morto, ma che certamente è nel tuo stile: boicottare, per quanto ci è possibile, l'autostrada.

Io sono certa che come non avevi il telefono, come avevi in odio tutta la tecnologia, ecco che avresti odiato viaggiare in autostrada.

Sono strade a scorrimento veloce, a più corsie, per correre, per arrivare, non per viaggiare. 

Negli ultimi anni poi, sono affollatissime di camion e automobili, sai qui il mondo si è riempito di macchine, e non si viaggia più a piedi. In bicicletta soprattutto per sport. Siamo circondati da macchine grosse, aggressive, pazze, macchine panzer, e per di più corredate di mille tecnologie e telefono al seguito. Chi guida è disattento, è altrove.

Ci sono molteplici assassinii stradali ogni giorno, e tanti proprio avvengono su queste autostrade.

Ogni tanto poi cascano i ponti, sì, delle autostrade - perché non sono manutenuti, ovvio - e muoiono stritolate sotto il cemento mucchi di persone. Ma come se non fosse successo niente, noi continuiamo ad andarci correndo. In realtà l'unica cosa che corriamo è di volare nel vuoto. Un popolo civile protesterebbe, metterebbe in campo appunto qualche genere di boicottaggio. Ma l'Italia, dove è nato il diritto, è la patria a volte dell'inciviltà e del menefreghismo.  L'hai detto tu.

Un impiegato al casello mi ha poi consigliato, giuro: -Dovete evitare le autostrade, anche perché poi metteranno tutte macchinette per prendervi i soldi, come in Francia, non si saranno più persone, e se si guasta qualcosa, rimarrete bloccati...Per arrivare prima, dovete percorrere le altre strade. Tutti i casellanti evitano l'autostrada, tutti.".

Quarto.

Quando scrissi e rappresentai "Turista il barbaro" fui molto criticata, perché come dire, mi accusavano di propugnare una concezione elitaria, di destra!, nella mia denuncia contro la massificazione turistica.

Pensa tu, una ortolana come me!

Ora devi sapere che nella Val di Siusi, in Trentino Alto Adige, le mucche hanno messo in atto una protesta veramente antituristica, e arrabbiate per lo scorrazzare di troppi cani e maleducate persone, ecco che ne hanno aggredita una e l'hanno mandata all'ospedale. E' solo la prima avvisaglia. Seguiranno altri attacchi e ben più difficili da contenere. Omo avvisato, mezzo salvato.

Quinto.

Una chicca. Ho scoperto un'altra analogia fra te e Pasolini nell'espressione, così dibattuta, de "il fascismo dell'antifascisti". Qualcuno l'aveva notata?

Pasolini intitolerà un articolo, che al solito desterà scandalo, "Il fascismo degli antifascisti"  nel 1974 (fa parte degli Scritti Corsari). E anche in altri articoli, variamente, pur non usando questa  questa espressione, la spiegherà meglio, mettendo in guardia da una nuova forma di fascismo antifascista, insidiosa e subdola, quella del sistema della civiltà dei consumi responsabile dell'omologazione culturale: senza camicia nera o fez, ma capace di formare vite e coscienze...

Ma tu, vent'anni prima, avevi già scritto, preveggente?...: "Per molto tempo almeno, vedremo continuarsi nell'antifascismo, adattandosi alle circostanze nuove, molti dei metodi e della mentalità fascista. Si farà dell'antifascismo di natura fascista. (Da Malaparte: 1950-1951, a cura di Edda Ronchi Suckert, Ponte alla Grazie, Milano, 1994, p. 422).

Che roba, eh?


P.S. Sesto.

Prato è sempre e ancora la città di Ser Ciappelletto! Fa santo il diavolo e porta il ciuco sul palco e lo osanna come se fosse un  genio. 

venerdì 14 luglio 2023

La Tacca

Fra gli altri luoghi in Toscana e altrove, l'Ortolana sarà anche a Reggello, domenica 23 luglio. Da quelle parti viene la famiglia del babbo Loris, e io là riannodo volentieri i fili del mio io bambina, quando il babbo, tra le altre cose, ci portava a mangiare la finocchiona dalla contadina "Tacca" del Montanino. Una fetta, non di più, a bambino. La finocchiona, gustosissima, la faceva lei dai suoi maiali, e la teneva avvolta in uno straccio dal colore indefinito, unto, ma che una volta aperto, sprigionava un profumo verde, dolce e piccante.

E poi tagliava una fetta del suo pane, sempre fatto in casa. E con fatica.

Tutta la bontà proveniva da uno stanzino inviolabile e misterioso e buio. Nemmeno il marito vi poteva entrare. E non c'entrava. Le donne toscane hanno sempre avuto uno spazio o un confine in qualche luogo dove non è mai entrato nessun uomo.



mercoledì 5 luglio 2023

A Gonfienti in scena Le Spettrali Notti dell'Archeologia




Ecco che in questi giorni di luglio la Soprintendenza organizza, solito copione, le visite al sito di Gonfienti, con tanto di musica consolatrice. 
 
Sono le Spettrali Notti dell'Archeologia di un mondo che invece vuol far piazza pulita del passato, nonostante appunto mostri di fare il contrario.

In queste visite tutto ciò che è interessante e vero è tabu, innominabile e intangibile: infatti non si parla di museo, non si parla di parco archeologico, non si rammentano nemmeno i famosi "cartelli" di cui or sono pochi giorni fa si è voracemente discusso nel Consiglio Comunale di Prato.

Com'è noto il Museo di Gonfienti l'hanno messo a Campi Bisenzio, nella marca fiorentina, dove non va nessuno, certamente non quelli che visitano l'area archeologica, perché a piedi è distante 40 minuti. Non sono bastate 1631 firme per portare il museo a Prato, il progetto iniziale per il museo era quello di Villa Niccolini, acquistata da un privato che ha seppellito la strada etrusca che passava sotto la stessa villa, il famoso decumano di 10 m di larghezza. Ora cercano di mettere una toppa, portando i visitatori al centro restauro, lì all'Interporto. (Anche perché al museo di Campi Bisenzio organizzano visite a parte per le Notti dell'Archeologia, eh sì, si tratta di un'altra provincia, è come ho detto Firenze, non di Prato!).

Tra l'altro il sito archeologico è stato troppo insabbiato, reso neutro, anestetizzato come in una sala operatoria, non si percepisce lo scavo, la vita se non riparata e modificata.  

Il Parco Archeologico è una chimera, come anche quello del Parco Piana, e quello che si vede sono tralicci, macchine, cemento, centro commerciali, e queste visite sono penose, il segno di una sconfitta totale. Segni di una politica ormai inservibile, e soprattutto colpevole. 

E noi, sappiamo bene di essere ridicoli e inutili nel chiedere un cartello un segnale qualcosa, altrettanto ridicolo e penoso, che indichi l'area, ma vorremmo che i cittadini pratesi, ma poi tutti quanti,  sapessero, avessero una lontana vaga idea che quello che è stato sottratto apparteneva loro. Che sì, sarebbe potuto essere, ma non è stato voluto; addirittura è stato caparbiamente portato altrove. 

Di questo durante le visite, no, nessuno parlerà.

Recuperare il danno, non so se sarà nemmeno minimamente possibile.


https://www.tvprato.it/2023/07/area-archeologica-di-gonfienti-al-via-eventi-speciali-e-un-ciclo-di-visite-guidate-2/

sabato 1 luglio 2023

Ancora sulle Lettere a Curzio



Metto ancora due commenti su IO MALAPARTO di due giorni fa a Palazzo Datini.

Diceva il babbo: Chi si loda s'imbroda; ma chi tace e sta zitto fa la fine...del pesce fritto.

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Volevo farle i miei complimenti. Io Malaparte l’ho letto quasi tutto. Non ho visto ancora spettacolo più efficace per invitarci a leggere e a riflettere su Curzio, e su certa contemporaneità guasta e corrotta che queste lettere che ci ha proposto. Sono certa che qualcuno si sarà scandalizzato per il suo tono diretto e critico, ma meno male, si vedono certe smielate senza senso! E poi Malaparte non necessitava che questo. E complimenti anche al Comune che le ha permesso questa libertà e a noi di poterla godere. Bella la canzone per Prato e Malaparte, e la sua voce, chiara e potente come il suo dire.

Loretta, pratese vecchia e “maledetta”.


Ho ascoltato ier sera nel gremito - per quanto potesse concedere - cortile atrio di Palazzo Datini il bello spettacolo di Maila. Il pubblico si é divertito molto, ha partecipato, applaudito (tranne due figure, entrambe sedute, liberamente scandalizzate dalla proposta scenica totalmente non allineata al pensiero Prato-politico-dominante: non hanno "clappato" con gli altri, schifiltosamente intellettualoidi) con vigore e convinta persistenza; Maila era fluida, penetrante, robusta, ironica e sarcastica e i temi scottanti li ha toccati tutti: cinesi, malacovidsanità, Gonfienti, abusivismo edilizio, letterati proni e lecchini e molto altro. L'equilibrio tra recitato dal vivo (letto e a memoria!), ascoltato dalle fonti radiofoniche con le illustri voci di Malaparte e Moravia e giornalisti che non ho riconosciuto (salaci quelle interviste: quanto diverse dal giornalismo di oggi twitteriano e faisbucchioso; ma i giornalisti non leggono più?), il tutto coronato dalla sontuosa collana d'ananas e ciliegie canditi della canzone, anche questa dal vivo e alla chitarra, cantata da Maila, inno per una cittá che sembra proprio non meritarla - e non dico i pratesi, tutti per lei, ieri sera, ma i poveri suoi rappresentanti politici, l'ottusa intellighenzia dei musei del tessuto e dei circoli nobili (che gran peccato; un tempo altre risorse umane camminavano per le città) e mi domando: se questa donna fosse nata a Milano, città grata, non l'avrebbero subito valorizzata, sostenuta, difesa, anche usata se si vuole a proprio tornaconto, ma non ignorata, sminuita, circoscritta? É vero che l'assessore Mangani era ancora assente ier sera, ma é pur vero che le ha comunque concesso la visibilità che Maila merita nella Pratestate 2023, rassegna da cui difficilmente noi de La Baracca siamo rimasti in disparte: a volte maltrattati, non cosí evidenziati, ma comunque ammessi, certo! Pensare ad un esito contrario avrebbe fatto gridare all'ingiustizia. E ad onor del vero il succitato uscente assessore seppur non s'informi piú se ci sia pubblico ai nostri spettacoli (accaduto malignamente ancora nello stesso Palazzo Datini: fonte sicura, ascoltato con le mie orecchie) gli va dato il merito di aver acquistato ben due o forse tre repliche (ora non ricordo) del mitico "Spettacolo della città" a cui partecipò personalmente anche lui (bravo!), cosa poi mai più successa. Ma torniamo a Maila e al suo ben congegnato dialogo immaginario con Malaparte: operazione intelligente, schietta, godibile e ben ingegnerizzata scenicamente con pochi semplici efficaci gesti teatrali nello stile di un teatro povero e sincero. Che chiama la gente ad essere e sentirsi partecipante, importante, viva.

Gianfelice D'Accolti




Primavera attaccata

Per diverse ore questo blog è stato disattivato, anzi attaccato, e non so da chi. Ho potuto ripubblicarlo con difficoltà. Ho rischiato di pe...