lunedì 25 gennaio 2021

Dopo Bolano anche il caso Tintori


Questa è l'opera degli allievi del Tintori che sarebbe andata perduta nell'abbattimento del vecchio ospedale di Prato. Si intitola "Il dono della cintola".

Negli anni '90 era stata collocata nella lunetta di Porta Mercatale (si vede nel dipinto), e successivamente trasferita nel vecchio ospedale.

Dopo l'episodio del monumento di Federico II di Bolano, rabberciato in qualche modo dall'amministrazione comunale, ecco che arriva quest'altro disastro, che però sembrerebbe più difficilmente rimediabile.

Il Professor Centauro, leggendo l'articolo che riporto sotto, si chiede se la lunetta non sia per sempre perduta. Invece la Dott.ssa Isabella Lapi Ballerini, già Direttrice Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, dichiara più speranzosa:

“Quando ho appreso la notizia di ciò che era accaduto alla lunetta del Tintori,  la mia riflessione è stata che, vedendo la foto che la ritrae messa a terra, non è detto che essa sia andata distrutta. Anche perché se l’opera doveva essere demolita che senso avrebbe avuto il posizionarla per terra? Sono fiduciosa che la lunetta possa essere da qualche parte e che essa esca fuori magari in qualche modo con le forme e le maniere opportune. È vero che è stato alienato tutto al demolitore e probabilmente lui  ha acquistato quel diritto di demolire tutto ciò che riguarda infissi e finestre. L’opera potrebbe aver seguito le sorti degli infissi ma allora, proprio perché opera muraria, tanto valeva distruggerla dov’era. Penso piuttosto che si tratti di riannodare una vicenda e non pensare che l’opera sia data per persa.  Ci sono stati casi in passato di opere andate perdute e poi ritrovate. Ad esempio ricordo che nel 1993 la maschera funebre di Lorenzo il Magnifico andò smarrita, ma poi venne fuori all’improvviso. E quello fu un precedente illustre perché si trattava di un calco del volto, anche se da morto, dello statista fiorentino”. (1).

Comunque sia, se pure non distrutta, sembrerebbe perduta per la città di Prato. 


Aggiornamento del 27 gennaio. 

Mi auguro che allo stesso modo della lunetta finisca presto questa politica incapace di gestire il patrimonio culturale:

"Tutto nasce, a quanto risulta, da una email  inoltrata al Comune di Prato dall’Asl Toscana Centro, che non  sarebbe mai arrivata.

La Daf Costruzioni, ditta appaltatrice dei lavori per l’abbattimento del Misericordia e Dolce, nell’ottobre scorso inoltrò una email per sapere cosa fare della lunetta che era stata staccata dal muro e messa a terra in sicurezza. L’email venne poi  girata dai tecnici Asl responsabili del cantiere, agli uffici competenti per le relazioni esterne dell’azienda sanitaria. Dopo di che non accadde più nulla; da allora non risulta alcun inoltro al Comune, proprietario della casa-laboratorio Leonetto Tintori a Vainella.

Il 20 gennaio scorso la direttrice di Palazzo Pretorio, Rita Iacopino, scrive all’Asl per avere notizie dell’opera del Tintori  per l’allestimento di una mostra dedicata agli artisti pratesi, scoprendo, però, ben presto che,in assenza di comunicazioni (erano passati tre mesi!), la ditta aveva abbattuto insieme all’ex Rianimazione la lunetta." (2).


Aggiornamento del 28 gennaio. 


                                                                 La Nazione, Cronaca di Prato del 28-1-21

Aggiornamento bis del 28 gennaio. 

Il prof. Centauro, che ha sollevato il caso SCANDALOSO della distruzione della Lunetta Tintori, mi manda del materiale importante, necessario per ricostruire tutta la vicenda. Pubblico quindi gli articoli di domenica scorsa, 24 gennaio, apparsi su La Nazione, Cronaca di Prato, e due foto, in particolare un primo piano della stessa lunetta finita: e più la si guarda e più ci si chiede COME ABBIANO POTUTO DISTRUGGERLA.






Aggiornamento del 29 gennaio.

Pubblico due articoli apparsi oggi su La Nazione. Il primo è una lettere del decoratore Miani di Vernio, direttore dei lavori della lunetta e collaboratore di Tintori; l'altro riguarda un esposto della consigliera Garnier.





Aggiornamento del 30 gennaio.

Certo che è un oltraggio a Leonetto, e direi anche alla città.   La Nazione", Cronaca di Prato, oggi.



E ne scrive anche Il Tirreno.


Aggiornamento del 31 gennaio.

Pubblico oggi una lettera che ho ricevuto dal Prof. Centauro.

"Cara Maila,

Ritorno per una volta ancora sulla lunetta dimenticata. Forse avrei fatto bene a non sollevare il caso, ma alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni ritengo che il fatto in sé, oltre che grave e meritevole della massima attenzione, sia divenuto ancor più emblematico come specchio della vacuità pressoché assoluta che accompagna  lo stucchevole teatrino dello scaricabarile "del fare politica" nei modi che abbiamo letto fin dal primo annuncio della scomparsa della lunetta affrescata, ovvero una reazione mascherata, tipica dell'ipocrita recita del "politically correct" . Frasi di circostanza che suonano come un beffardo corollario a quella dolorosa perdita. Sentir dire "mi spiace", senza assumere il peso della vergogna a nome della città, non può bastare. Per di più quel rammarico formale è divenuto l'occasione per ricordare come  la mano pubblica aiuti con  denari propri (dei cittadini) il laboratorio per affresco  di Vainella prima vittima dell'oltraggio subito. Del resto lo stessa scuola che è di proprietà pubblica non esita a ricordare in primis come la lunetta non sia mai stata di sua proprietà, lasciando l'ipotetico cerino della colpa in mano all'USL Toscana Centro e all'impresa costruttrice che ha preso in carico la demolizione dell'ex nosocomio; soggetti questi ultimi che, di certo avranno  le loro colpe, e quindi le maggiori imputazioni per quella inconcepibile rottamazione, ma che, quantomeno hanno avuto fino a questo momento  il buon gusto di tacere. Per l'assurdità dell'episodio accaduto qualcuno immagina persino che dietro quella alienazione si celi piuttosto una sparizione artatamente concepita o quanto meno un'occasione colta in modo del tutto casuale e "incolpevole". Il tempo, forse, ci dirà come sono andate esattamente le cose. Resta viva la speranza che l'opera possa improvvisamente ritrovarsi, magari abbandonata in un campo vicino all'area recintata del cantiere. Personalmente non posso pensare che il grande patrimonio d'arte e di storia che si conserva all'interno dell'antico "Misericordia e Dolce" e nel Palazzo degli Spedalinghi sia trattato dall'ente lo detiene allo stesso  modo, anzi al contrario ritengo che sia  attentamente custodito, a dimostrazione di come la verità su quanto accaduto sia ancora molto al di là da riemergere. Il grande sfregio, in realtà, lo hanno ricevuto gli artisti e gli allievi che hanno lavorato venticinque anni fa per realizzare l'opera e, soprattutto - lo dico con grandissimo dolore - la memoria di Leonetto che mi pare sia stata duramente calpestata da negligenza, ignoranza e superficialità. E con tutti loro ha subito questo torto l'intera comunità pratese e  il mondo dell'arte tutto che una volta di più è stato chiamato a subire questa ennesima malversazione. Io, pure, sono offeso e frustrato per la mancanza di rispetto e la dannazione della memoria patita per quanto era stato prodotto in quegli anni. Per il sottoscritto,fin dal 1994 quando Leonetto mi chiese di dirigere la scuola e condividere con lui il progetto di aprirsi  con le opere degli allievi alla città per quello, poco o tanto che si sarebbe potuto fare per l'ambiente cittadino, seguendo il suo esempio di generoso donatore, senza nulla chiedere in cambio, senza nulla aspettarsi, animati dal solo desiderio di lasciare attraverso l'arte un autentico messaggio di solidarietà e bellezza alla città, un racconto poetico del quotidiano che solo l'arte che nasce con queste intenzioni può dare. Per questo la perdita che più sento in questo momento  è la distruzione di quel ritratto di Leonetto che, nella sua amata piazza Mercatale si mostrava come vigile custode del "fare arte". "


Aggiornamento del 6 febbraio.

Articolo uscito su Cultura Commestibile che riassume tutta la vicenda. Sotto in versione "word".

La lunetta indigesta

Giuseppe Alberto Centauro

Un piatto servito caldo per i palati sensibili dei  lettori di “CuCo”, purtroppo avvezzi anche ad assaggiare bocconi alquanto amari e indigesti come quello di cui trattiamo. Si tratta della vicenda, da poco ‘consumata’, giunta all’epilogo che non avremmo mai voluto toccare con mano, della lunetta affrescata della scuola di Tintori che, nell’indifferenza  generale, è andata demolita insieme al vecchio nosocomio di Prato. E’ una storia questa assurda, di quelle che lasciano cicatrici indelebili ben oltre i confini della città.  Ma, visto che ben presto la notizia uscirà dalla cronaca e che non è conosciuta dai più,  andiamo con ordine a conoscere più da vicino quanto è accaduto  in occasione dell’abbattimento, in pieno centro storico, delle mega strutture in cemento armato risalenti agli anni ’70 che stavano giustapposte all’antico ospedale “Misericordia e Dolce”. Insieme a quelle è andato ‘polverizzato’ anche l’affresco staccato della lunetta di Porta Mercatale che da venti anni si custodiva al suo interno. Nella fattispecie si tratta di un’opera pittorica realizzata negli anni ’90 del secolo scorso, legata indissolubilmente al nome di  Leonetto Tintori, figura di spicco dell’arte e del restauro del Novecento, e ai sui laboratori d’arte. Una perdita che appare oggi ancora più  grave per l’alto valore autografico del progetto che l’ha ispirata e testimoniale per quello che questa ha rappresentato in città.   Nel dettaglio, il casus belli riguarda una lunetta che era stata pensata come dono alla città di Prato per riempire il vuoto che si era generato dopo la perdita di antiche pitture dedicate alla Madonna e alla Sacra Cintola, poste nella lunetta della trecentesca Porta Mercatale. Si deve premettere che il Mercatale per i pratesi rappresenta l’essenza stessa della città, della sua più radicata vocazione e, in particolare, la sua porta turrita , a capo del ponte sul Bisenzio, è il simbolo del centro antico. Non a caso Agnolo Gaddi la rappresentò nel poetico racconto pittorico che ha accompagnato la decorazione della Cappella del Sacro Cingolo di Maria nel Duomo, ponendo la Porta  come icona della città nel segno di quella sacra reliquia. Appunto lo stretto rapporto della cintola mariana con Prato fu scelto come tema per la rappresentazione della scena che gli allievi del “Laboratorio per Affresco” di Tintori, sotto la guida del maestro Tintori e le mani esperte del pittore e docente della scuola Franco Milani, avevano proposto nell’ambito di un concorso pubblico  destinato a selezionare il prescelto tra 15 bozzetti, pubblicati in un catalogo edito per quell’evento. Un comitato scientifico costituito ad hoc e, soprattutto, la gente di Prato scelse tra quelli il soggetto proposto da Luca Paoli che lo realizzò a buon fresco, utilizzando come supporto un robusto incannicciato “a la piana” nella più nobile tradizione di quell’arte antica. La reinterpretazione moderna, in uso nel restauro, consisteva nell’assicurare la massima durabilità all’opera attraverso la modularità di assemblaggio assicurata alla struttura di grandi dimensioni e dalla cura in fase di montaggio utilizzando un telaio  metallico di cornice, così da movimentare in sicurezza l’intera composizione.  L’opera intitolata “Fuori Porta”, che fu installata nel marzo 1995, richiese un lavoro assai complesso ed impegnativo. La narrazione istoriata pittoricamente rivisitava quello che nell’immaginario collettivo era divenuto il connubio tra la Porta Mercatale e la preziosa reliquia,  che in realtà era approdata in città due secoli prima che si edificassero le mura della terza cerchia e la Porta sul Mercatale. Fu il mercante Michele Dagomari di ritorno dalle crociate a consegnarla alla città. Tuttavia alla gente piacque quella trasposizione spazio temporale e la semplicità del racconto sintetizzato nel gesto caritatevole del dono della reliquia da parte del mercante, che la pose nel cestello tenuto in mano dal prelato questuante durante il mercato. Per rendere omaggio a colui che aveva ispirato  questo progetto, l’artista volle ritrarre  il volto dello stesso Leonetto fra i personaggi che animavano la scena. La lunetta affrescata, che aveva ottenuto un nulla osta temporaneo per la sua collocazione sul monumento, quattro anni più tardi fu rimossa dalla parete dove stava ancorata e presa in carico dal nosocomio pratese nel reparto di rianimazione in omaggio all’allora novantenne Tintori che, a quel tempo, fu più di una volta ricoverato in cardiologia. Alla sua morte, il 2 luglio 2000, i pannelli affrescati sono rimasti in quella sede fino all’ottobre scorso, quando si cominciò l’abbattimento completo della struttura che li ospitava. Alienati  ai demolitori i tre grandi pannelli sono stati ‘rottamati’, oggi si dice per un difetto di comunicazione tra Azienda Usl Toscana centro e il Comune di Prato. Fatto sta che la perdita per la città, che niente sapeva di questo trambusto, è stata enorme, non solo per il valore in sé dell’affresco quanto per quello che rappresentava.

Adesso che l’opera non esiste più è doveroso anche ricordare che essa aveva un proprio valore intrinseco perché Leonetto, memore della stagione fiorentina degli stacchi degli affreschi nei chiostri di chiese e conventi, suggerì in maniera più che lungimirante che l’affresco potesse divenire anche un‘occasione di studio per valutare l’adozione di adeguati provvedimenti tecnici per la conservazione dei murali dislocati in ambiente esterno, fin dalla preparazione delle malte e la stesura dei colori. In sintesi il tristissimo epilogo  della storia è purtroppo emblematico anche per questo beffardo risvolto e suona come un monito.  Il Sindaco Matteo Biffoni si è detto dispiaciuto e ignaro dell’episodio perché nessuno gli aveva detto che tra le cose inventariate ci fosse anche questa lunetta che, altrimenti, si sarebbe potuta salvare.  [Da  “La Nazione” di Prato del 3 febbraio: “Si è trattato di una distrazione collettiva, intitoleremo a Tintori un vialetto” (sic!).]



(1) Prato: il giallo della scomparsa della lunetta affrescata | StampToscana

(2) https://www.stamptoscana.it/prato-e-stata-distrutta-la-lunetta-tintori-scomparsa/


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bisogna chiedere a B., lui ne sa qualcosa.

Anonimo ha detto...

Invece, il caso altrettanto scandaloso del Bolano Federiciano, era stato sollevato dalla d.ssa Maila Ermini, ma se ne persero le tracce...

Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.