martedì 30 giugno 2009

VIA-REGIS, VIA-CRUCIS

Gelido e agghiacciante questo resoconto, come in un mosaico del tardo-impero bizantineggiante, vi si vede la teoria dei potenti che svolgono, mostrandosi in posa frontale, il loro gioco delle parti.
Lungo le ferrovie abita e muore sempre gente povera, semplice, extra-comunitaria.
DA LA REPUBBLICA, 30 giugno 2009
ROMA - Silvio Berlusconi arriva nel pomeriggio a Viareggio, la città colpita dal disastro. Accolto dalla contestazione di un gruppo di persone, con fischi e urla di "buffone". Una protesta che coinvolge alcune centinaia di persone; ci sono anche momenti di tensione coi la gente che invece lo sostiene.

La protesta contro il premier. "Sono stato al telefono finora con Bertolaso - aveva detto Berlusconi in mattinata, da Napoli - abbiamo già provveduto a trasferire i feriti più gravi negli ospedali e poi subito andrò a Viareggio a prendere in mano la situazione". Ma al suo arrivo le cose si fanno difficili. Un gruppo di cittadini presenti nella zona dell'incidente, in largo Risorgimento, non gradisce la sua presenza e gli grida a lunfo "vergogna", "vai a casa" e frasi simili. Dopo momenti di tensione tra contestatori e sostenitori, il presidente del Consiglio riceve anche degli applausi, e si dirige poi al Municipio. La visita dura circa 15 minuti. "Nel prossimo Consiglio dei ministri dichiareremo lo stato d'emergenza", annuncia il capo del governo.

Maroni elogia i soccorsi. Il ministro dell'Interno, anche lui presente sul luogo del disastro, sottolinea l'opera "dei soccorritori, e la collaborazione tra vigili del fuoco e volontari. I lavori continueranno finché non sarà completata la messa in sicurezza: credo che in giornata si comincerà il travaso del gpl". Il capo del Viminale aggiunge che "la zona è completamente in sicurezza, e costantemente controllata per evitare conseguenze". Domani, comunque, il governo riferirà alla Camera.

Il cordoglio di Napolitano. Il presidente della Repubblica in una telefonata al sindaco di Viareggio Luca Lunardini esprime i suoi sentimenti di partecipazione al dolore delle tante famiglie colpite e di vicinanza all'intera cittadinanza.

Il cordoglio del Papa. "Appresa la notizia - recita una nota del Vaticano - il sommo pontefice esprime profonda partecipazione al dolore che colpisce l'intera città e mentre assicura fervide preghiere di suffragio per quanti sono tragicamente morti invoca dal signore la pronta guarigione per i feriti". Il cardinale Angelo Bagnasco, numero uno dei vescovi italiani, interviene sulla vicenda: "La Chiesa è vicina, i vescovi e le comunità cristiane assicurano la preghiera per i morti i feriti e le loro famiglie. Auspico che simili episodi nn si ripetano, ma in questo momento occorre stringersi gli uni gli altri".


L'iniziativa dell'Idv. Dall'opposizione, arriva la richiesta di un approfondimento sulle cause di un incidente così devastante. Il capogruppo dell'Italia dei valori alla Camera, Massimo Donadi, annuncia: "Chiederemo l'immediata convocazione dei vertici delle ferrovie, per un'audizione in commissione Trasporti alla Camera. Su questo disastro dovrà essere fatta piena luce".

Le altre reazioni. Per il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl), "ora bisogna evitare inutili polemiche in attesa di accertare cause e responsabilità. E' necessario fare ogni possibile sforzo per migliorare la sicurezza dei cittadini e l'efficienza del servizio ferroviario sulla strada intrapresa in questi anni". Un altro vicepresidente della Camera, la democratica Rosy Bindi, dichiara che ''è ssolutamente doveroso dare il massimo sostegno alle persone coinvolte nella tragedia. Ma occorre anche individuare con rapidità le cause e accertare le responsabilità dirette e indirette''.

L'Unione europea. Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, esprime "profonda tristezza".

venerdì 26 giugno 2009

Come riempire i vuoti

A Prato il governo del Centro-Sinistra è stato punito, oltre che per la nota questione cinese, anche per alcune sue piccole scelte che testardamente ha difeso: sensi unici imposti e non discussi, uscite stradali mancate, in particolare in alcune periferie, da dove invano i cittadini inviavano firme e petizioni. Piccolezze ma che sono state determinanti. Un Centro-Sinistra non corrispondente alla realtà, duro e protervo l'ha pagata cara.
Per non parlare di politici, amministratori assenti, in alcuni casi arroganti, che mai si sono visti e uditi de visu, se non costretti dalle urgenze e chiamati a confrontarsi a furor di popolo.
Ora il nuovo potere si insedia e promette che cambierà le cose. A un primo sguardo, e certo non approfondito per mancanza di dati, i giochi appaiono quelli di sempre e a un nome si rischia di vederne sostituito un altro o poco più. Dietro il nome 'nuovo' del sindaco, s'affaccendano altri conosciuti e lavoranti invece da gran tempo, insomma affatto 'nuovi'. Vedremo nella sostanza.
I cinesi, intanto, se ne stanno più nascosti, almeno dalle mie parti, a vedere se quanto si minaccia sia burrasca o temporale.
E se, pungolati dalla nostra presunta legalità, 'finalmente' se ne andassero? Come farebbero i proprietari di tanti immobili, cosa saremmo capaci di inventarci, noi, come riempiremmo i vuoti?
Perché la legalità, che ci fa costruire capannoni e Macrolotti e Interporti, ben finanziati, al momento non sembra reggersi se non con 'quella' illegalità.
Allora come fare? Ci abbiamo pensato?
Maila

Domenico Finiguerra: sindaco a crescita zero

Ricevo da Riccardo Bonajuti e pubblico.
Vi proponiamo l’intervista a Domenico Finiguerra, sindaco virtuoso di Cassinetta di Lugagnano (MI), primo e finora unico Comune “a crescita zero” d’Italia. Un comune che non ha previsto un’estensione urbanistica del piano regolatore, e che in un contesto iper-edificato ed iper-cementificato come quello lombardo, ha deciso di anteporre il benessere dei suoi cittadini e del suo territorio ai soldi facili che l’edilizia può procurare. Un simbolo della campagna “Stop al consumo di territorio”.

di Andrea Bertaglio


Il comune di Cassinetta di Lugagnano è primo e finora unico Comune “a crescita zero” d’Italia. Gentile Domenico Finiguerra, innanzitutto grazie per la Sua disponibilità. Che cosa l’ha portata, come sindaco, a decidere di rendere Cassinetta di Lugagnano il primo comune “a crescita zero” in Italia?

Per me è stato l'amore. Si, l'amore per mio figlio. Ma non è stata una decisione solo mia. Bensì dell'intero gruppo che si è riconosciuto nella lista civica Per Cassinetta. Fermare l'espansione urbanistica e il cemento era ed è tuttora uno dei pilastri della nostra Politica. Il motivo principale sta nell'aver preso coscienza di un fatto: il territorio non è infinito e non è
riproducibile.

Una volta preso atto di questo, abbiamo adottato l'unica decisione che può concretamente contrastare il fenomeno della cementificazione selvaggia che comincia a soffocare non solo l'ambiente, l'agricoltura e il paesaggio, ma anche i cittadini. Nelle nostre discussioni, è sempre presente un interlocutore mai considerato: le generazioni future, i nostri figli.

Il consumo di territorio ha assunto nell’ultimo decennio proporzioni molto preoccupanti. Seguendo un modello di sviluppo funzionale ad una sommatoria di interessi singoli e per nulla orientato al soddisfacimento e alla salvaguardia del bene comune, il nostro Paese ha cavalcato un’urbanizzazione ampia, rapida e violenta. Le aree destinate ad edilizia privata, le zone artigianali, commerciali e industriali con relativi svincoli e rotonde si sono moltiplicate ed hanno fatto da traino a nuove grandi opere infrastrutturali (autostrade, tangenziali, alta velocità).

Dinamiche complesse che però sono il risultato di un dato di fatto molto semplice: la cementificazione, oggi, non è considerata un’emergenza. Nonostante dati allarmanti e fatti concreti, il consumo di territorio non è considerato un problema.

Così, da un minuscolo comune lombardo, abbiamo deciso di lanciare un sasso nello stagno del grande dibattito italiano. Si è deciso di dire stop al consumo di territorio. Ed è stato fatto, appunto, con un’azione concreta. L’adozione di un Piano Regolatore che non prevede nessuna nuova espansione urbanistica, ma che punta tutto sul recupero dell’esistente. Una decisione che ha suscitato grande interesse, forse eccessivo.

"Occorreva ed occorre prendere atto che la terra d’Italia che ci accingiamo a consegnare alle prossime generazioni è malata. Così, noi abbiamo cominciato a curarla. A partire dalla porzione di terra da noi amministrata". E l’adozione di un Piano Regolatore battezzato a “crescita zero”, ha fatto emergere con chiarezza l’incompatibilità e l’avversità della scelta operata rispetto al modello di sviluppo dominante. Soprattutto nella provincia di Milano.

Quali pensa che siano i vantaggi di una tale scelta, considerando il fatto che l’espansione del territorio nei piani regolatori è vista generalmente come fonte di guadagno per le casse comunali?

Il vantaggio sta nell'ipotizzare e praticare un modello alternativo. E il venir meno di ingenti introiti per oneri di urbanizzazione ci ha fatto trovare un’ Altra Politica.

Oggi i comuni versano in condizioni economiche precarie. Entrate in diminuzione e uscite in aumento producono bilanci in forte squilibrio. In assenza di una reale autonomia finanziaria, per un sindaco e la sua giunta, è sempre più difficile far quadrare i conti.

Se poi l’attività amministrativa è ispirata da manie di grandezza (molti amministratori vogliono e promettono oltre misura: palazzetti, piscine, centri civici, bowling, rotonde, eventi e appuntamenti autoreferenziali), diventa ancora più difficile trovare le risorse necessarie.

Così, grazie al combinato disposto di una legge, che consente di applicare alla parte corrente dei bilanci gli oneri di urbanizzazione e della disponibilità di territorio i comuni praticano la monetizzazione del territorio.

Un circolo vizioso che, se non interrotto, porterà al collasso intere zone/regioni urbane. Un meccanismo deleterio, che permette di finanziare i servizi ai cittadini con gli oneri di urbanizzazione, con l’edilizia, la quale produce nuovi residenti e nuove attività e quindi nuove domande di servizi, e così via, con effetti devastanti. Un meccanismo che di fatto droga i bilanci comunali, finanziando spese correnti con entrate una tantum, che prima o poi finiranno, perchè ripeto il territorio non è infinito.

"Bisogna recare beneficio alla terra data la scarsità di risorse con le quali dobbiamo misurarci tutti i giorni". Quindi il primo vantaggio, sta nell'aver interrotto questo circolo vizioso. Risparmiando la terra. Ma questa scelta oltre a recare beneficio alla terra, ha messo in moto, data la scarsità di risorse con le quali ci dobbiamo misurare tutti i giorni, sobrietà e austerità. Virtù amministrative che, dati i tempi, è sempre più
urgente reintrodurre nella pratica politica quotidiana.

Come è riuscito a convincere, se ce ne è stato bisogno, il Consiglio Comunale?

La mia maggioranza è un “monocolore”. Un monocolore per la terra. La nostra politica urbanistica ha passato tre esami. Il primo nel 2002, quando ci siamo presentati per la prima volta ottenendo il 51% dei consensi. Il secondo prima dell'approvazione del piano regolatore nel corso di un lungo processo partecipato. Il terzo nel 2007, quando dopo aver approvato il piano regolatore, gli elettori ci hanno premiato con il 62%.

Gli elettori li abbiamo convinti parlando. Illustrando e spiegando che questo modello di sviluppo non va. E che è necessario invertire la rotta. Perchè il futuro non può stare in un centro commerciale dove riversarsi nei fine settimana. Non può stare su una tangenziale. Non può stare in periferie anonime, dove le relazioni sociali sono ai
minimi termini e i rapporti umani sono come gelati: una leccata e via.

Presso Cassinetta di Lugagnano è stata presentata a livello nazionale la campagna “Stop al consumo di territorio”. Pensa che possa davvero avere successo una tale iniziativa in un Paese come l’Italia, così soggetto a cementificazione, speculazione edilizia ed abusivismo?

Me lo auguro e i segnali che ci arrivano vanno in quella direzione. Sono ormai più di diecimila gli aderenti ed oltre 200 le associazioni che promuovono iniziative sul territorio. La campagna si propone di affermare il diritto al territorio non cementificato.

“L'Italia è un paese meraviglioso” recita il manifesto nazionale. Viviamo seduti su una miniera d'oro. Ma la stiamo usando come latrina. La campagna vuole essere quel tale che arriva e dice: “Scusi, può evitare. Mi da fastidio...

Cosa pensa del “Piano casa” ideato dall’attuale governo?

Rischia di diventare l'ennesimo condono mascherato.
"Il nostro Piano Regolatore, non ha fermato l'edilizia. L'ha indirizzata verso il recupero e verso il restauro."
Quali alternative suggerirebbe, Lei, per rilanciare in modo più “sensato” il settore edilizio?

I nostri immobili sono colabrodo. Consumano 20mc di metano al mq all'anno. Se si ipotizzasse una Grande Opera Pubblica, consistente nel recupero di tutto il patrimonio edilizio esistente rendendolo più efficiente dal punto di vista energetico e nel recupero dei molti angoli deturpati del territorio italiano da ecomostri, si rilancerebbe, eccome, l'edilizia. E sarebbe un investimento per il futuro. Per il turismo, per la cultura.

Il nostro Piano Regolatore, non ha fermato l'edilizia. L'ha indirizzata verso il recupero e verso il restauro. Corti, cortili, ville, cascine, ruderi. Certo non lavorano le grandi imprese immobiliari. Ma i piccoli artigiani. Specialisti del restauro e non quelli della speculazione.

Lei ha partecipato anche al libro L’anticasta: l'Italia che funziona, con altri autori quali Maurizio Pallante e Marco Boschini. Un libro che può risollevare gli animi degli italiani…

In Italia ci sono centinaia di persone che nell'ombra sperimentano quotidianamente un nuovo modo di fare politica. Difficilmente salgono alla ribalta dei talk show televisivi. Se fossero invitati a Ballarò o a Porta a Porta, renderebbero visibile un'altra Italia. Quella che non fa della politica un esercizio tattico. Ma che utilizza il potere per cercare nuove vie e rendendole praticabili anche per gli altri. Interpretando il significato dato alla politica da Aristotele. Lavorare per il bene comune. Il libro di Marco Boschini e Michele Dotti, raccoglie queste nostre storie e le mette a disposizione. Spero davvero molti Italiani sappiano prendere spunto per appassionarsi e per trovare tempo e spazio da dedicare alla rinascita di questo paese. A proposito di Pallante e Boschini, pensa che Associazioni come quella della Decrescita felice o dei Comuni Virtuosi, con le loro proposte che vanno oltre alla mera critica di ciò che non va, possano aiutare gli enti locali nella gestione della cosa pubblica?

Le esperienza virtuose sono a disposizione. Basta cercarle, copiarle e adattarle. E non ascoltare mai i “mestieranti” della politica. Quelli che ai cittadini che vorrebbero occuparsi del loro paese, del loro quartiere o della loro città, dicono: “Eh...la politica è difficile. Enormi responsabilità. Leggi, regolamenti, normativa. Ci pensiamo noi.
Non ti preoccupare. Tu continua a guardare la TV".

giovedì 25 giugno 2009

LA GUERRA DELLE DONNE COL BURQA O I JEANS

di Ketty Areddia


MILANO - Burqa. È diventato il simbolo universale di ogni negazione dei diritti della donna, il simbolo di un popolo, l'Afhanistan, "stuprato e brutalizzato", come ha detto Margherita Boniver, sottosegretario agli Affari Esteri nel suo intervento al convegno Burqa o blue jeans: la guerra delle donne non finisce mai, tenutosi al Circolo della stampa di Milano. Proprio i blue jeans, considerati invece l'emblema dell'emancipazione occidentale, dopo una sentenza della Cassazione recentemente annullata, hanno rappresentato per le donne italiane un ennesimo affronto alla loro libertà e dignità.
"Non è concepibile in un paese che si dice democratico - ha ricordato il sottosegretario - che una donna che va a denunciare una violenza si veda derisa e non tutelata perché i blue jeans 'sono di per sé stessi una corazza'. Sono esempi di idiozia e violenza". Al convegno sui diritti delle donne del mondo partecipano quasi esclusivamente donne. E anche gli interventi sono tutti femminili, quelli di signore che hanno vissuto gli anni Settanta e le lotte del femminismo, ancora impegnate nella vita politica e sociale, come l'assessore alle Politiche sociali di Milano, Tiziana Maiolo, Daniela Brancati della Fondazione Bellisario e le giornaliste Anselma dell'Olio, moglie di Giuliano Ferrara, Vera Montanari, direttore di "Gioia" e Marina Terragni, di "IO donna".
Tutte concordano nel denunciare che le donne anche in Italia hanno poco potere. Solo il 9 per cento di Parlamento e Governo è colorato di rosa e non siede mai in posti di prestigio. "Non mi sento distante dalle donne islamiche - ha affermato la 'battagliera' Anselma dell'Olio, come l'ha definita Margherita Boniver -. Dobbiamo respingere la persecuzione della donna islamica, ma anche quella perpetrata nei nostri confronti". Dell'Olio, però attribuisce delle responsabilità alle stesse donne: "Non abbiamo il potere che meritiamo, perché non facciamo branco. Nemmeno il movimento femminista ha sfiorato il problema: spesso noi donne ci mettiamo le une contro le altre".
Non è del tutto d'accordo Daniela Brancati, che sottolinea:: "Non siamo sempre allo stesso punto. Abbiamo conquistato molto per le nostre figlie". E aggiunge: "Dobbiamo però stare attente a non cedere di un passo agli atteggiamenti o alle affermazioni maschiliste, come 'Eh, grande civiltà quella del burqa', detto con un risolino ironico".
Emma Bonino, impegnata nel Satyagraha mondiale di digiuno e non violenza, ha inviato un messaggio alle colleghe: "Dopo l'11 settembre bisogna ammettere che la globalizzazione dei diritti e della libertà e della democrazia sono l'unica condizione di stabilità e di sicurezza per tutta la comunità internazionale. Noi chiediamo una rappresentanza femminile nel provvisorio governo afgano, non come riconoscimento simbolico delle offese subite dalle donne in Afghanistan, ma come condizione necessaria per la riforma, la modernizzazione e la civilizzazione del sistema politico di quel paese".
Il digiuno "di signore troppo pasciute e satolle, che si esercitano nelle varie diete per dimagrire", è duramente criticato dalla sociologa Ida Magli: "È un affronto per i popoli che digiunano perché hanno troppo poco da mangiare". Il pensiero corre ai popoli della Somalia, della Libia, dell'Iran, dove la lapidazione delle donne adultere è sancita dalla legge. A parlarne è l'unico esponente del sesso maschile, un giornalista di Mediaset, che ottiene la parola "anche se è uomo", come precisa Tiziana Maiolo. Racconta di una donna nigeriana condannata a morte e agli arresti domiciliari, per adulterio. "Verrà lapidata - dice, ma stiamo cercando di mandare appelli da tutto il mondo al presidente della Nigeria, per salvarla".

mercoledì 24 giugno 2009

Prego, andare in bicicletta!


Aspettiamo, a Prato, dalla nuova amministrazione, nuove piste ciclabili per la mobilità quotidiana. Per raggiungere il centro dalla periferia e viceversa. Non vogliamo più sentirci assediati dai camion e dalle macchine!

Sogno: un percorso ciclabile, da Pistoia a Firenze, passante per Prato.


Qui sopra Maila durante un felice giro etrusco-maremmano in bici .

venerdì 19 giugno 2009

La Primavera riparte

Dopo la parentesi elettorale, Primavera di Prato ripartirà nel suo viaggio di elaborazione politica, di lavoro e confronto sui temi che sono alla base del nostro programma.

mercoledì 17 giugno 2009

TRA GLI SCAVI I BRIGANTI


E a Gonfienti?

Certo, se emblemi nazionali come Pompei e Brera si trovano in queste condizioni, quale futuro ci può essere per Gonfienti (ma anche per le Cascine di Tavola e per altri tesori locali!), la cui 'scoperta', per noi cittadini, è tutta da iniziare?

Quale folle cecità, ignoranza, che scarsa avvedutezza (per essere ottimisti e non dire il peggio!), ha chi ci amministra!

Il panorama culturale italiano è sconfortante, misero, tragico. E' contro questo declino del nostro tempo, contro la corruzione mentale e materiale che Primavera di Prato si batte.

La battaglia per la Gonfienti antica è una battaglia per la civiltà e il benessere, anche materiale, della Prato di oggi.


Maila


Da Il Corriere, 17 giugno 2009


L'allarme di Mario Resca e Andrea Carandini: decennidi trascuratezza, visitatori in calo. Tra gli scavi i briganti
Brera: graffiti sulle statue nella chiesa sconsacrata di Santa Maria. Corroso da decenni d’indif­ferenza politica, avvinghia­to dall’edera della burocra­zia, come una venerabile ruina il ministero dei Beni culturali «muore un po’ ogni giorno». L’ar­cheologo è mestiere che ha a che fa­re con le civiltà scomparse, e dun­que l’allarme lanciato ieri dal presi­dente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Andrea Carandini, è di quelli da tenere in conto: «Dagli anni Ottanta calano i finanziamenti al ministero, gli introiti sono la me­tà delle necessità. Senza nuove as­sunzioni tra sette anni gli uffici sa­ranno chiusi. In compenso ci sono un miliardo e 200 milioni di euro non spesi». Attenzione: «Il ministe­ro dei Beni culturali rischia di esse­re come la milza: un organo del qua­le qualcuno un giorno potrebbe ve­nirci a dire che se ne può fare an­che a meno».
Il manager, invece, è un mestiere che ha a che fare con i conti. E Ma­rio Resca, appena nominato diretto­re generale per la valorizzazione dei Beni culturali (ma bisogna dargli ri­sorse e sostegno) fa due conti: «Nel 2008 il numero di visitatori dei no­stri musei è sceso del 3,8% e il pri­mo semestre di quest’anno è ancor più in calo. Gli stranieri vengono di meno. Gli Uffizi sono precipitati al 23˚posto dei musei più visitati del mondo. Abbiamo 4 mila musei, 2.500 siti archeologici e una sola possibilità per salvarli: valorizzarli per tutelarli. Perché ho timore, anzi­tutto, per l’attuale tutela. Ma prima della mia nomina sono state raccol­te 7 mila firme contro di me». La coppia dei due maggiori re­sponsabili dei Beni culturali, ieri a Milano su invito degli Amici di Bre­ra per celebrare il secolo dalla pri­ma grande legge sulla tutela in Ita­lia (legge Rosadi del giugno 1909, ne hanno parlato anche Aldo Basset­ti, Giulio Volpe e Fabrizio Lemme al­la Biblioteca nazionale Braidense di Milano), sono pronti a combattere «anche contro i tombaroli»; ma so­no partiti con esemplare onestà dal rilievo di un «foro» in rovina: quel­lo dei Beni culturali del Belpaese.
«Viaggio in incognito nei nostri musei - racconta Resca -: i custo­di sono avanti negli anni e non valo­rizzati, non ci sono sistemi tecnolo­gici di tutela, il Colosseo chiude alle 16, il ricavato dei biglietti e delle caf­fetterie va all’erario e non al museo, non c’è la defiscalizzazione per chi investe, gli allestimenti sono puniti­vi, non c’è nemmeno il posto per se­dersi ». E poi, come nelle cronache locali del Settecento, «a Pompei ci sono ancora forme direi di 'brigan­taggio': c’è chi vende e rivende l’ac­compagnamento di gruppi di visita­tori». Pompei è uno dei due malati fuo­ri controllo (l’altro è Brera)... Eppu­re, «si imparerebbe meglio la storia romana con poche gite a Pompei re­staurata - scriveva Chateaubriand nel suo Viaggio in Italia - che con la lettura di tutte le opere antiche». Invece «ogni giorno 10 centimetri di Pompei vanno in polvere - ag­giunge Carandini -; fra trent’anni sarà scomparsa. Bisognerebbe al­meno documentarla. Ma in Italia nessuno si è mai preoccupato di re­alizzare né musei paesistici né mu­sei di città: non c’è un museo di Mi­lano, Firenze o Roma. Non c’è tute­la del paesaggio; alcuni castelli sem­brano un Tiziano in un parcheggio. Spero che il codice dei Beni cultura­li per il paesaggio possa essere vara­to per dicembre (la presidente del Fai, Giulia Maria Crespi, lo attende­va dal ministro per giugno, ndr), ma il problema è raccordarsi con le Regioni. Anche il problema di Bre­ra entro dicembre va risolto: si deve partire con il risanamento».
«A Brera - gli fa eco Resca - l’allestimento è inadeguato, non è narrativo, emozionale: il 'Cristo morto' di Mantegna è messo tra al­tre opere; bisogna aumentare i visi­tatori e si può fare dando vita a una fondazione pubblica e privata che gestisca il complesso senza esauto­rare la sovrintendenza». Del resto la stessa sovrintendente di Brera, Sandrina Bandera, ha scritto una let­tera di denuncia e disponibilità su questo: «Bisogna propendere per l’ampliamento della Pinacoteca di Brera, l’attuale allestimento non è convincente specie per la pittura ve­neta e per il ’900. Erano state pro­messe delle collezioni private a Bre­ra ma non arriveranno finché la pi­nacoteca non sarà adeguata negli spazi». Carandini-Resca, comunque, co­me una coppia di settecenteschi an­tiquari, stanno scavando nelle canti­ne per tirar fuori le antichità dome­stiche e stanno facendosi strada nel labirinto delle burocrazie e delle inefficienze di una pubblica ammi­nistrazione forse non ancora scossa dal metodo Brunetta. «È bastata una nuova comunicazione per au­mentare le presenze nella settima­na dei Beni culturali del 70%; abbia­mo portato una sola opera, per giunta poco nota, come il trittico di Beffi alla National Gallery di Washington, per sensibilizzare sul terremoto in Abruzzo, e l’hanno col­locata dove negli anni Sessanta fu posta la 'Gioconda'», racconta Re­sca.
Le restituzioni delle nostre ope­re? «Le nostre opere all’estero fan­no promozione per il nostro Pae­se ».«Al Consiglio ci siamo dati uno statuto e siamo riusciti a far reintegrare nel Piano Casa la possi­bilità per i soprintendenti di porre il vincolo sui beni che si vogliono tutelare», aggiunge Carandini. «Io sono favorevole alla direzione del­la valorizzazione. Dobbiamo supe­rare il concetto di una tutela bor­ghese e arrivare a una tutela di si­stema: l’articolo 9 della Costituzio­ne non incarica lo Stato della tute­la, ma la Repubblica, quindi tutti insieme». Si deve combattere in prima persona, in ogni deposito, centro storico, museo, anche se i nostri sovrintendenti sono tra i meno pa­gati del mondo. L’Italia è, nel mon­do globale, il territorio della me­moria: da noi le prime leggi di tu­tela risalgono al Codice di Giusti­niano del 554, che alla conserva­zione dei «pubblici edifici» riser­vava la terza parte dei pubblici pro­venti.



Pierluigi Panza, 17 giugno 2009

martedì 16 giugno 2009

Acqua


Durante la campagna elettorale come candidato sindaco ho puntato molto sull'acqua di qualità dal rubinetto.

Chi ha assistito al mio comizio in piazza Duomo di giovedì 4 giugno lo può testimoniare, ci fu anche una piccola discussione con un signore del pubblico, che sosteneva che a Prato l'acqua si può bere . Sì, si può bere, ma io intendevo che è organoletticamente cattiva.

Se l'acqua fosse buona di qualità, non ci sarebbero tutti questi cassonetti pieni di bottiglie di plastica che la gente va a comprare ai supermercati; i cassonetti blu in questi giorni di caldo si riempiono nel giro di pochi giorni e, come si vede nella foto, vanno ad ammassarsi altrove.

Così semplice, così banale.

Su questo punto voglio insistere e sollecitare l'attenzione di coloro che presto saranno chiamati a governare la città.

E' un piccolo grande passo verso un ambiente più pulito e umano.

Maila Ermini

lunedì 15 giugno 2009

COMUNICATO SU GONFIENTI

In merito all'articolo di oggi su IL TIRRENO : Interporto sulla pista di decollo.

Rimango allibita di come, nell'intervista del Dott. Napolitano, la città etrusca sia messa sul banco degli imputati per il mancato sviluppo dell'area interportuale.
La Gonfienti antica si vede, ancora una volta, 'offesa' dal copioso strato-miraggio di euro-promesse.
Addirittura è confermato che la città antica sarà -insieme all'Interporto in cui ormai è confusa e inghiottita- blindata da misure anti-terroristiche. Ma l'area non doveva essere blindata per dissuadere dal commercio sessuale?
E non si dice nulla della recinzione attorno alla zona degli scavi. E' stata autorizzata?Chi controlla tutto quello che la società Interporto sta costruendo e sui modi?
Come ex-candidata sindaco della Lista Civica Nazionale Per il Bene Comune e come fondatrice del gruppo politico Primavera di Prato, sollecito tutti i cittadini a tenere alta l'attenzione su quanto sta drammaticamente avvenendo attorno a questo nostro bene comune, la città etrusca sul Bisenzio, diventato ormai -nonostante l'ordine del silenzio- scandalo nazionale.
Maila Ermini

Marasma a Gonfienti



A proposito di Interporto, leggendo nella cronaca de “Il Tirreno” di oggi (15/06/2009) l’ennesimo proclama di sviluppo della piattaforma intermodale, viene da chiedersi come mai queste enfatiche precisazioni avvengano sempre il giorno dopo che da parte di una crescente moltitudine di cittadini – così com’è avvenuto venerdì sera nel corso della manifestazione “Gonfienti in festa” - si reclamano i diritti primari dell’ambiente, ovvero la tutela del paesaggio e dei beni archeologici - qui riconosciuti di particolare importanza e pregio - , diritti continuamente calpestati proprio a causa dell’interporto che ormai da anni sembra muoversi per la loro totale dissoluzione.
La prevaricazione e l’arroganza autoreferenziale della Società Interporto, ribadita nell’assolutistico ed unilaterale annuncio odierno, si sottrae così agli adempimenti costituzionali nei confronti dei diritti all’ambiente e persino, ai dispositivi normativi stabiliti dagli strumenti urbanistici vigenti.
Sul piano normativo, infatti, la salvezza delle testimonianze archeologiche di Gonfienti passa anche attraverso il rispetto di quanto fu deliberato nel 2003 dall’Amministrazione Comunale di Prato che, predisponendo una Variante allo Strumento urbanistico allora vigente, mise nero su bianco, in vista della costituzione di un futuro parco archeologico, sul rispetto paesaggistico assoluto da garantirsi in quei luoghi su di una superficie di quasi 17 ha, confinando l’invasività territoriale dell’interporto entro ben precisi limiti. Oggi questi limiti sono stati arbitrariamente superati, alterando non solo il profilo paesaggistico dell’intorno e del territorio che si sarebbe dovuto salvaguardare, ma anche invadendo direttamente terreni posti, fin dal 2006, in regime di tutela per avviso di Decreto emanato dal Direttore Regionale dei Beni Culturali, ai sensi del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
La popolazione di Gonfienti e non solo quella, non urlando, ma di certo sostenendo a viva voce questi diritti, ha inteso sottolineare l’esigenza primaria di garantire, anche in mancanza di controllori in grado di farlo adeguatamente, dignità di sopravvivenza per quel territorio, per la tutela della qualità di quell’ambiente e per tutte le straordinarie testimonianze archeologiche di Gonfienti. Nel corso di un pubblico dibattito, ripreso nella cronaca del quotidiano “Il Tirreno” di ieri , i residenti hanno sottolineato l’irrinunciabilità al rispetto e alla salvaguardia di questi beni culturali ed ambientali che appartengono a tutta la comunità e non già all’Interporto. Per tutta risposta oggi si ribadisce che Interporto continuerà la sua legittima azione in vista dell’allaccio intermodale, senza però dire che l’apertura dello scalo merci, non ha niente a che vedere con la mutilazione che quella stessa società sta procurando alle zone di pregio paesaggistico ed archeologico. L’aberrante mistificazione in atto rende davvero acre il sapore di una convivenza che si dice di volere solo a parole ma che, nella realtà dei fatti, si nega sempre più, ogni giorno che passa. Anche per queste ragioni, Interporto non può, in nessun modo, appropriarsi di terreni non inclusi nel Piano di Utilizzo, varato nel dicembre 2006, costruendovi sopra torri metalliche, sbranando i suoli con scassi per creare nuove servitù e cablaggi di controllo ad uso proprio, recintando in modo del tutto avulso dal contesto paesaggistico, su di un confine che dal 2003 è stato cancellato dalla sua giurisdizione, semmai sovrapponendo plinti e pali cementati sopra suoli delicatissimi, già inseriti in aree archeologiche conclamate e vincolate dalla legge. Dove sono i progetti di tutto questo? Quale iter burocratico hanno seguito questi interventi? Con quale diritto si è agito per realizzare queste opere?
Un principio deve essere chiaro al cittadino: la legge è uguale per tutti ed il diritto dei beni culturali ed ambientali non può essere piegato arbitrariamente ad azioni utilitaristiche di parte, stabilite cioè fuori dalle procedure e dai protocolli, così come avvenuto per quelle sopra descritte, dannose ed irresponsabili. Se poi, guardiamo lo stato di degrado e di abbandono nel quale giacciono da due anni a questa parte le strutture archeologiche da tutelare e mettere in valore per la fruibilità futura dei cittadini, al danno procurato si aggiunge la beffa di veder assottigliare l’area del futuro parco, e non già per metterlo in sicurezza gli scavi (considerate le miserevoli condizioni in cui è stato lasciato il sito), bensì per sottrarlo alla vista, forse a possibili contestazioni e alla denuncia di inadempienze che scaturiscono da un sacrosanto diritto del cittadino e dalla gestione democratica del territorio.
Prof. Giuseppe Alberto Centauro

Povera città etrusca

DA IL TIRRENO del 15/06/2009

Interporto sulla pista di decollo - Ora si cerca l’area per le operazioni doganali dei container “livornesi”

Pronta la piattaforma e binari già in funzione. Misure antiterrorismo in tutta la zona

PRATO. Antonio Napolitano, presidente di Interporto, non ci sta. Non ci sta a “tenersi” l’accusa di inefficienza sul fronte della logistica pratese. «Credo non si possa “sparare” su Interporto solo perchè siamo in campagna elettorale». Il riferimento di Antonio Napolitano, ovviamente, è ai giudizi espressi recentemente dal centrodestra. Presidente, la piattaforma serve o non serve, è partita o langue? «Facciamo chiarezza. Il nodo logistico intermodale pratese è il più grande e il più funzionale del centro-nord, dal Brennero a scendere ed è pronto a partire». In che direzione? «L’obiettivo primario è di svolgere un ruolo strategico all’interno della piattaforma logistica Tirreno-Adriatico-Centro. Mi spiego meglio all’interno del disegno della logistica nazionale, il ruolo predominante, nell’area centrale, lo avrà l’interporto di Prato». Come? «L’anno scorso, il 14 luglio, abbiamo firmato assieme alle dogane dell’Italia centrale e all’autorità portuale di Livorno, un accordo, che è il primo in Europa, che ha come punto fondamentale il rilancio del sistema portuale nazionale. L’accordo prevede che le merci in arrivo al porto di Livorno, non vengano stoccate sul posto, ma che raggiungano la piattaforma pratese per poi partire per il mondo». Per quale motivo? Livorno non ha lo spazio sufficiente per creare un’area di sosta per camion e container? «Esattamente. Il porto di Livono non è come quello di Barcellona, per esempio, che dispone di ettari e ettari di terreno nell’area portuale. Sarà Prato a diventare il “retroporto” di Livorno. Anche per le procedure doganali. In pratica la merce passerà i controlli doganali nel nodo di Gonfienti». Che, evidentemente, si sta attrezzando? «Certo. La piattaforma è finita, i sette binari sono in funzione, quindi stiamo individuando un’area da destinare alle operazioni doganali. Verrà chiusa e attrezzata con gli scanner perchè in base alla nuova normatica antiterrorismo, camion e container devono essere passati ai raggi X». Chi avrà la gestione del servizio? «L’Interporto Service la società di gestione costituita da qualche mese e nella quale è entrata anche la Camera di Commercio con un pacchetto di quote. Se ci sarà necessità di reperire fondi, anche grazie a loro, saremo in grado di trovarli». I tempi? «Il servizio partirà entro il 31 dicembre». Presidente accusano Interporto di troppi ritardi. Lei cosa risponde? «Sì ci sono stati, è indiscutibile. Ma non si può dimenticare che Interporto ha convissuto e continua a convivere con una delle aree archeologiche più importanti del territorio. Per fare ogni e qualsisi tipo di intervento noi abbiamo bisogno del nullaosta della Soprintendenza. E queste pratiche portano via anni». (C.Orsini)

sabato 13 giugno 2009

Comunicato stampa

Comunicato dell'ex-candidato sindaco Maila Ermini - Lista Civica Per il Bene Comune


In questi giorni siamo sollecitati a schierarci per l’una o l’altra coalizione.

Personalmente, e anche molto prima di essere chiamata a rappresentare come candidata sindaco la lista civica nazionale Per il Bene Comune, ho combattuto molto per la città etrusca di Gonfienti, contro la costruzione del termovalorizzatore a Casale, per l’acqua di qualità dal rubinetto, per una mobilità alternativa nella nostra città, per la cura della città; insomma, per una qualità di vita ‘alta’.

Mi chiedono di schierarmi, e con me la lista, e tuttavia ancora nessuno fa proposte concrete, in particolare sulla città di Gonfienti, che, unita in un abbraccio troppo stretto all’Interporto, sembra essere un nodo soffocante che nessun schieramento riesce a sciogliere.
Far vivere la città antica significa porre le prime timide, ma solide basi per la città futura.
Non ci possiamo accontentare di promesse generiche e superficiali. Qui si tratta di una questione di grande rilevanza, e non solo locale.
Abbiamo bisogno di confrontarci seriamente, su Gonfienti in primo luogo, e su quei punti che ci sembrano imprescindibili per la vita della nostra città.
In queste condizioni, in questa assenza di risposte sostanziali, che indicazioni possiamo dare ai nostri elettori?
Come Maila Ermini posso solo dire di non aver mai praticato l'astensionismo. Lo stesso primo punto del programma, 'la cura' della città, è tutto fuorché un invito all'astensionismo o al qualunquismo.
Noi vogliamo esserci, io voglio ‘essere per’, concretamente, ma da un punto di vista completamente diverso.
Rifondare la politica. Restituirle ciò che anni di malgoverno, locale e nazionale, le hanno tolto. Anche umanamente.
Il mio essermi messa in gioco è stato in primo luogo un voler costruire, un dare sulla base di idealità che sempre mi hanno caratterizzato.
Non si possono risolvere problemi concreti sulla base di programmi ormai tutti pericolosamente indistinti, ma bisogna puntare alto.

Che i nostri elettori votino secondo coscienza, sono liberi di scegliere, questo è anche ciò che mi viene come indicazione da coloro che fanno parte della lista, seguendo quelli che sono i punti cardine del nostro programma, per la realizzazione dei quali, personalmente, continuerò a lavorare e a battermi.Questo non è stato un voto perso.

venerdì 12 giugno 2009

Le nouveau fasciste

Qualcuno sostiene, giustamente, che in Italia i fascisti non hanno mai cessato di esistere; tuttavia oggi si presentano modificati, e in schieramenti più vari. Camuffatissimi.
Analizzo il fascistello moderno; negli ultimi tempi ne ho studiati alcuni.
Innanzitutto si dichiara ecologista. Apparentemente. La natura è bella! Secondo una degna tradizione. Pulito, preciso.
E' per le energie rinnovabili. Le mobilità alternative. Ma ama spetazzare in jeep.
E' contro la corruzione. Apparentemente. Pulizia pulizia!
Contro l'illegalità. Dice di esserlo.
Dice la cosa, e poi la smentisce. Anzi dice che tu ti sei sbagliato nel dire quello che lui ha detto, e ti offende.
E' aggressivo (secondo la tradizione). Utilizza la parola come un manganello. Non vuole perdere tempo. Gli fai perdere tempo!
E' ignorante. Ma non dice di esserlo.
E' invidioso. Ma non dice di esserlo.
Spiazza. E' pronto a tutto e al contrario di tutto.
Vuole superare gli schieramenti. Anche se è schieratissimo.
Reclama democrazia, trasparenza, e poi coltiva in sottobosco amanite.
La sua specialità è la maldicenza. Contro di te, of course. Per questa azione utilizza, senza pagarlo, un procuratore-calunniatore. Che diventa subito, se necessario, procuratore-difensore.
E' camaleontico. E' pronto a giurare sull'altare che è in buona fede. E te lo dimostrerà.
Dal basso vuole salire in alto. E tu sei il suo gradino.
Non sa che farsene della cultura; la può utilizzare solo in periodo elettorale.
"Ogni volta che sento la parola cultura mi prudono le mani".

mercoledì 10 giugno 2009

Avanti senza paura

Mi dichiaro soddisfatta dei risultati ottenuti.

La lista civica Per il Bene Comune: una piccolissima forza, appena nata a Prato, e vivacissima. Piena di ideali, scesa in campo per dare il segno di una politica diversa, e non a parole. E lo abbiamo dimostrato in campagna elettorale. Eravamo pochi, ma a quei 60 giorni abbiamo dedicato tutte le nostre energie, il nostro tempo. Tutti i giorni siamo stati presenti 'su piazza'; abbiamo organizzato sit-in, mi sono imbavagliata (per protestare del silenzio stampa, della censura), fatto un comizio per me indimenticabile in piazza Duomo.

Noi non siamo scesi in campo per entrare in palazzo comunale, ma per fare politica, per tornare al 'significato', lontani dai giochi di potere, dagli interessi economici. Ormai la maggioranza della gente, anche dei giovani, pratica la politica solo in questo senso; nel migliore dei casi come affermazione personale.

Partiamo da questo risultato, senza arrivare a inutili compromessi. Pensiamo invece di portare avanti il programma, di essere un pungolo costante alla vita politica cittadina. Il nostro programma è 'alto', perché senza ideali non si possono risolvere questioni concrete.

Mi hanno associato alla città etrusca di Gonfienti. Come se il programma contenesse solo quel punto! Certo però che Gonfienti è simbolo di come è stata trattata la nostra città e non cederemo di un punto riguardo alla città antica. Avanti dunque, e senza paura!


Maila

martedì 9 giugno 2009

I giovani sono tornati alla politica? Forse che no

Qualche osservatore sostiene che i giovani siano tornati alla politica.

Infatti, anche a livello locale e senza somodare 'veline', si sono visti addirittura proporsi candidati giovanissimi, con liste che sfioravano la minore età. E con programmi che promettevano eden giovanilistici.
Tutti contenti e molto aggressivi.
Però, a osservarli bene, queste schiere giovanili non mi sono piaciute affatto. Perché a mio avviso i giovani sono entrati in politica seguendo i modelli televisivi e vivendo la 'politica' come vetrina, uno dei tanti modi per l'affermazione personale, come 'scalata' sociale ed economica.
Insomma, andare partecipare a programmi televisivi o 'fare politica', la stessa cosa. Un affare.
Qualcuno dirà che questo uso della politica è sempre stato; tuttavia vi si nota involgarimento di modi, sfacciataggine, insulsaggine ideologica, vuotezza, barbarica parola, ignoranza senza pari.

Maila

mercoledì 3 giugno 2009

COMIZIO

Giovedì 4 giugno, ore 21,30

Comizio in piazza Duomo della candidata sindaco per la Lista Civica Nazionale PER IL BENE COMUNE

MAILA ERMINI

Saranno proiettati stralci di alcuni video della stessa Maila Ermini sulla città di Prato.

martedì 2 giugno 2009

STATI GENERALI e CAHIERS DE DOLEANCES

Carlesi avrebbe in animo, nel caso diventasse sindaco, di convocare gli stati generali della cultura.
Nessuno ha da proporgli qualche nota del proprio 'cahiers de doléances'?
Tra le molti dolenti note che trovo nel mio quaderno, ne cito due:
il candidato del PD vuol far diventare Prato attraente per il turismo: ma si dimentica di Gonfienti, della città etrusca, a tal punto che non dice nulla della recinzione nella zona degli scavi. Dove porteremo i turisti, agli scavi sprofondati ricoperti da terra, sabbia e sterpaglia e recintati dall’Interporto?E se il Carlesi tace, la Soprintendenza non ha nulla da dire a proposito di questo recinto attorno alla zona demaniale? Nessuno dice nulla dell'ecomostro che stanno costruendo sopra il decumano etrusco a ridosso della 'domus' d'epoca romana? Chi controlla cosa stanno facendo da quelle parti?
A Carlesi infine voglio ricordare uno strano episodio in ambito culturale e amministrativo: la presidente della Commissione Cultura della Regione Toscana, Ambra Giorgi, punta di diamante, se non erro, dello staff elettorale carlesiano, è diventata anche presidente dell’AMAT (Associazione Musei Archeologici della Toscana). Eroga e riceve soldi, fa tutto lei.
Si chiama conflitto d’interessi.
Maila

Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.