giovedì 22 dicembre 2022

Recensione su L'infanzia negata dei celestini, 2022

 L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI

@Teatro La Baracca: dalla micro alla macro- storia

 scritto da  Leonardo Favilli | 21/12/2022

 (Per la rivista GUFETTO).

Giunta al suo diciottesimo anno (repliche dal 2004 con interruzione nel 2020), L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI è una lezione-spettacolo che Maila  Ermini,  anima  del  Teatro  La Baracca, interpreta con passione e coinvolgimento. Oggetto della rappresentazione è la storia dell’orfanotrofio fondato nel 1934 dal “venerabile” Padre Leonardo sulle colline di Prato e chiuso nel 1966 dopo la denuncia di maltrattamenti e privazioni dei bambini e ragazzi ospitati, identificabili dal loro grembiule celeste. Uno spaccato della storia locale e non solo il caso assurse alle cronache nazionali – raccolto in un libro che ripercorre le tappe della vicenda con testimonianze e materiale che Maila Ermini ha scrupolosamente raccolto nel corso degli anni.

 

L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI: la storia vista da   dentro

In un recente viaggio a Londra, ho notato all’aeroporto di Gatwick la gigantografia di un primo piano dell’ormai defunta Elisabetta II realizzato come un puzzle di tante piccole fotografie che pur contribuendo all’immagine che il nostro occhio è in grado di percepire, si perdono impedendoci di coglierne i dettagli. Seduto pochi giorni fa sulle panche  dell’ormai  storico  Teatro  La  Baracca  a Casale di Prato (per alcuni dettagli sulla sua fondazione vedi qui) ho avuto il privilegio di entrare dentro una di quelle piccole tessere. Ogni grande storia, infatti, è come quella gigantografia,  un mosaico composto da piccole storie che, sia per la loro eco locale, sia  per  l’impossibilità  di registrarne la memoria, rischiano di perdersi nel vortice del tempo, permettendoci di avere solo una visione generale, quella del “volto della monarca”. Se la precarietà e la disumanità  degli orfanotrofi italiani, così come accadeva per manicomi e riformatori, non ci sorprende e continua ad impietosirci, le vicende legate alla struttura di Prato rappresentano uno spaccato di vita vera che allibisce e stordisce allo stesso tempo.

 

L’orfanotrofio: dalla fondazione alla vergogna nazionale



L’orfanotrofio di Maria Vergine Assunta in Cielo fu  fondato  nel  1934  dal  cappuccino  Padre Leonardo, uomo venerabile e considerato intoccabile diverse anche le celebrità che negli anni ’50 e ’60 si recavano presso di lui per riceverne conforto e consiglio sulle colline prospicienti la città di Prato. Da allora centinaia di bambini e ragazzi, orfani o affidati da genitori emigranti, sono stati ospitati tra le mura della storica struttura,  costretti  ad  indossare  un  inconfondibile grembiule celeste da cui il soprannome di Celestini, soprattutto agli occhi dei cittadini che li incontravano per le strade a chiedere offerte o a  popolare  le  processioni  funerarie.  Una  presenza  discreta  ma integrata in un tessuto cittadino spesso rinsaldato da convenzioni, ipocrisie e abitudini incancrenite in una realtà ancora provinciale, dove la posizione riservata nella scala sociale alle istituzioni ecclesiastiche era e spesso ancora è intoccabile. Come quel padre Leonardo fondatore del vergognoso istituto.

 

L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI: la rispettosa semplicità della scenografia

In uno spazio tappezzato di alcune pagine di giornale della cronaca relativa al  processo,  una lavagna a gessi sulla sinistra è l’unico supporto che Maila Ermini, seduta per lo più sullo sgabello al centro, luce centrale fissa, utilizza per aiutarci a ripercorrere le tappe fondamentali che condussero allo scoppio dello scandalo nazionale. Sempre con la sua pubblicazione in mano, Maila attira magneticamente l’attenzione dei presenti ricordando e citando lettere, documenti ufficiali e dichiarazioni, condividendo anche alcune sensazioni e riflessioni personali, sempre con profonda onestà intellettuale. Ne emerge complessivamente un rispetto profondo per tutti, vittime e carnefici, senza scadere nel qualunquismo e nella demagogia neanche quando si giunge all’epilogo della vicenda: tutti assolti tranne un’unica dottoressa che se la caverà con una pena irrisoria.

 

Solo domande e nessuna risposta sulla vicenda dei Celestini

                                Maila Ermini ne L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI

Incontri più e meno fortuiti, ricerche e testimonianze hanno consentito all’artista di definire, non senza difficoltà, un quadro dettagliato con appiglio quasi investigativo, ricco di nomi e date, sullo sfondo di una società i cui contorni sono sfumati dall’incredulità crescente dalla quale siamo inondati. Nonostante le segnalazioni ed i tentativi di fuga, la cieca cattiveria  degli  “educatori”, nascosta dietro una spessa coltre di spiritualità fatta di punizioni corporali, preghiera opprimente e umiliazioni di gruppo, ha continuato a scagliarsi per mero sadismo su bambini e ragazzi in condizioni igieniche e didattiche inumane tali da condurli alla diagnosi di ipoevolutismo cognitivo. Cui prodest? Domanda sospesa senza risposta per un episodio che, da quel momento, si è scoperto tutt’altro che isolato nel panorama nazionale.

 

Le prospettive drammaturgiche de L’INFANZIA NEGATA

In un tempo nel quale si torna a parlare di punizioni con toni più vendicativi che pedagogici e nel quale l’indottrinamento è pratica altrettanto diffusa, L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI è un’operazione di teatro civile che avvicina Maila Ermini a nomi di caratura nazionale come Laura  Curino o Ascanio Celestini. Col tempo confidiamo che ci sarà spazio per un’evoluzione drammaturgica che al momento risulta ancora embrionale nonché prematura. La presenza e partecipazione di alcuni testimoni delle tristi vicende dell’orfanotrofio impedisce di azzardare.

Nonostante sia spontaneo e naturale condannare, esiste infatti una zona grigia nella quale anche fatti incontrovertibili possono assumere mille sfumature, ancora troppo confuse per consentire una lettura univoca. Ci auguriamo pertanto che questa lezione-spettacolo prosegua il suo pluriennale percorso di rinnovamento e di maturazione mantenendo la stessa onestà e lo stesso spirito rispettoso che abbiamo ritrovato sul piccolo ma prezioso palco del Teatro La Baracca.

 

Visto al Teatro La Baracca (Casale di Prato) il 17 dicembre 2022


testo e interpretazione Maila Ermini

regia e scenografie Maila Ermini
foto di copertina Francesca Pagliai

Il testo “L’infanzia negata dei Celestini” è stato pubblicato da Zella (I edizione 2006).

https://gufetto.press/teatro/linfanzia-negata-dei-celestini-teatro-la-baracca-dalla-micro-alla-macro-storia/


---------------------------------__

P.S. Anche la ristampa della seconda edizione è esaurita.

mercoledì 21 dicembre 2022

San Silvestro alla Baracca con "Spugliami"


Per sabato 31 dicembre 2022 è confermato l'appuntamento comico al Teatro La Baracca con  Spugliami, Avventure di un lover barese, scritto e diretto da Maila Ermini con Gianfelice D'Accolti.

L'ingresso sarà alle 21,45, e inizio spettacolo alle 22.

Seguono bere e dolcetti di mezzanotte. Il costo complessivo per la serata è fissato in 20 euro a persona.

Riferimenti: telefono 3332713136; teatrolabaracca@gmail.com.


Per Fulvio

Stamani ho finalmente mandato al Comune di Prato la domanda per intitolare a Fulvio Silvestrini la piazza davanti alla Biblioteca Lazzerini.



mercoledì 14 dicembre 2022

Giuseppe Vannucchi, le dimissioni, e gli scavi di Gonfienti


E' morto a Roma Giuseppe Vannucchi, ex giornalista RAI ed assessore alla cultura del Comune di Prato dal 1999 al 2002. 

Nel 2002 avremmo dovuto incontrarci, per parlare proprio della messa in scena di Laris Pulenas e di Gonfienti, ma le sue dimissioni fecero saltare tutto.

Io ho sempre pensato che la sua uscita di scena sia stata causata, oltre agli attriti con il sindaco di allora Mattei per le cariche agli enti culturali, - in sostanza si prendevano decisioni senza consultarlo -, dalla scoperta della cosiddetta città etrusca di Gonfienti, che aveva salutato con entusiasmo e sulla cui valorizzazione si era mostrato determinato, anche a scapito della costruzione dell'interporto.

Le sue dimissioni segnano un cambio fondamentale nella gestione della politica culturale, perché dalla data delle sue dimissioni l'organizzazione della cultura non è più stata espressione e volontà di un assessore indipendente- come fu Nicolini a Roma, tanto per citare un esempio illustre -, ma, se si esclude forse qualche rara eccezione, solo veicolo e gestione, e quindi propaganda, di partito o di parte.

Riporto un interessante articolo de Il Tirreno di allora e una dichiarazione del Prof. Giuseppe Centauro, a cui ho chiesto di scrivere un commento.


13/02/2002,  Il Tirreno

 

IL RETROSCENA «Basta, so le cose dai giornali» Ma il malessere covava da mesi

PRATO. «Ora basta Non è accettabile che venga a sapere dal giornale le nomine al Metastasio». Giuseppe Vannucchi ha deciso di dimettersi domenica mattina. La lettura dei quotidiani gli aveva riservato l'ennesima sorpresa: il sindaco aveva deciso di confermare i tre membri uscenti del consiglio d'amministrazione nominati dal Comune e lui ne era all'oscuro. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza. Così lunedì pomeriggio, dopo aver passato la mattinata a preparare con la giunta gli Stati Generali della cultura, ha confidato agli amici più intimi il proposito di dimettersi in quel modo così insolito. «Non posso più sopportare quello che sta succedendo da mesi -confidava - Vengo a conoscere le cose dai giornali. Si decide di dare a Massimo Luconi la direzione del museo del tessuto e non mi si dice nulla. Vengo regolarmente scavalcato. Cosa ci sto a fare?». Un tarlo lo rodeva da tempo, la sensazione di essere stato messo in disparte, svuotato di poteri, insidiato nell'autonomia delle proprie scelte. Una sensazione che Vannucchi avvertiva drammaticamente e che confidava solo ai fidati. Non al sindaco, con cui non ha mai avuto un vero rapporto e dal quale ultimamente si sentiva maltrattato(l'ultima volta durante una discussione in giunta sulla concessione del Cassero per una mostra antiabortista, osteggiata da Vannucchi). L'ingresso dell'ex giornalista Rai in giunta era stato salutato con la fanfara che viene riservata agli eccellenti. Lui, uomo di cultura e prestigio, avrebbe dovuto controbilanciare l'accresciuta presenza di politici puri per dimostrare che i partiti non si erano ripresi tutti gli spazi. Fin dagli inizi si è capito che Giuseppe Vannucchi non era Massimo Luconi, che aveva lasciato un bel ricordo perlomeno nella testa del sindaco. Tanto discreto il primo quanto sfavillante il secondo, come fare una schitarrata heavymetal con un contrabbasso. Terminato il primo anno di lunadi miele, un crescente mal di pancia si è impossessato degli intestini dell'assessore. Crisi ricorrenti (a partire da quella sugli scavi etruschi di Gonfienti) inframezzate da periodi di serenità. Vannucchi avvertiva con crescente fastidio il moltiplicarsi di soggetti in campo culturale, quasi come non ci si fidasse delle sue capacità operative: prima le deleghe sulle politiche giovanili  affidate a Manuela Bruscia, poi il refrain martellante sul rientro di Massimo Luconi -in ruoli via via diversi, assessore, direttore del museo del tessuto, consulente per la cultura- che lo avrebbe inevitabilmente messo in ombra, infine il montante protagonismo del sindaco nella cultura cittadina: Mattei che si prende l'interim del Museo Pecci, Mattei  che decide in prima persona il rinnovo del cda del Metastasio. Così Vannucchi ha tolto il disturbo, prima che fosse qualcun altro a indicargli la porta. (cri.me.).

 

"Giuseppe Vannucchi in un articolo su La Nazione dell'8 ottobre 2000, dal titolo "Parco archeologico e interporto. Una scommessa tra passato e futuro",  ebbe a dichiarare: "E' un ritrovamento straordinario che mi ha riempito di emozione. Come assessore alla cultura ho il dovere di impegnarmi al massimo per valorizzarlo nel migliore dei modi. Capisco che ci sono altre esigenze e mi auguro soprattutto una cosa: che sul futuro di Gonfienti si sviluppi un dibattito serio  e di alto profilo, senza scadere in polemiche di strapaese."

Sono trascorsi ventidueanni e del parco archeologico non abbiamo ancora traccia e gli asfittici scavi  rimasti sostanzialmente quelli di quegli anni sono interclusi nell'interporto e "cosa" per pochi eletti "istituzionali", tanto che la città,  in mancanza di una qualsiasi segnaletica, non sa neppure dove stanno questi ritrovamenti, tanto più ora che dal 15 luglio scorso il Museo archeologico di Gonfienti ha aperto i battenti  a Campi Bisenzio assai lontano dal sito. Dove è finito il convinto impegno dell'assessore Vannucchi? Amen." (Giuseppe Centauro).



L'infanzia negata dei celestini 2022, precisazione

Oggi è uscito un articolo su L'infanzia negata dei celestini che annuncia, dopo lo spettacolo, il video che mostrammo l'anno passato. Probabilmente c'è stata confusione con il precedente comunicato.

Nell'edizione del 2021 lo spettacolo fu raccontato in modo più succinto proprio per far posto alla testimonianza video; quest'anno invece L'infanzia ritorna nella sua versione originale, ma con l'aggiunta di altri particolari, e incluso il contenuto del video stesso.

Approfitto per ricordare che della seconda edizione del libro sono rimaste l'ultime cinque copie; chi vorrà potrà acquistarle come sempre in teatro.

La Nazione, Prato

P.S. Si può ancora firmare titolare la piazza a Fulvio Silvestrini!

lunedì 12 dicembre 2022

L'infanzia negata dei celestini 2022


Sabato 17 dicembre 2022, ore 20,45 al Teatro La Baracca 

L'INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI

Il racconto del tristemente famoso orfanotrofio di Prato, fondato nel 1934 e chiuso nel 1966, il cui processo costituì il primo scandalo nazionale sulla triste condizione di molti orfanotrofi italiani.

ATTENZIONE: LO SPETTACOLO AVRA' INIZIO ALLE ORE 20,45.

La seconda edizione del libro è quasi esaurita, chi vuole può acquistare le ultime copie al teatro.

giovedì 8 dicembre 2022

I giornali la sera

Mi càpita di leggere i giornali la sera, come oggi che vedo tardi questo articolo, bello direi, sullo spettacolo di domani alla Baracca, venerdì 9 dicembre, per la quarta replica di Cimiteri

Fulvio Silvestrini, che lo sapeva, mi chiamava a volte al mattino per avvisarmi che c'era da leggere e questo e quello: "Per la lettura della sera!". E rideva. Mi avvisava naturalmente anche degli articoli che mi riguardavano.

Mi teneva inchiodata una mezz'ora almeno in lettura e commenti. Alla telefonata poteva seguire una visita alle 11,30 alla Baracca. L'ora era quella, e quante prove mattutine e studi di copione ho sospeso!

Non mi rammarico di nemmeno mezza interruzione. Col tempo aveva imparato ad essere...sintetico!, e dopo massimo quaranta minuti scompariva con la Panda bianca. La sera leggevo anche le fotocopie degli articoli che mi lasciava. 

Ho perso un pezzo di mondo.


mercoledì 7 dicembre 2022

Fenomenologia del sacro

Accompagnando mia madre in chiesa per una messa ai suoi e miei defunti, in uno di questi piovosi pomeriggi, ecco che ho avuto conferma di quanto so da sempre: teatri, chiese, cimiteri, e pochissimi altri luoghi sono ormai quelli rimasti dove si sperimenta l'inversione del ritmo imposto dall'esterno a tutti noi, dove si vive e si opera un cambio di respiro, di sguardo, insomma, di comportamento, dove, finalmente,  compie forse l'unico viaggio ormai possibile.

Dove si ascolta, così dicevano i vecchi, il silenzio.

Anche da studente, a Firenze e a Roma, nelle chiese mi sedevo non per pregare, non sono credente, ma per ripararmi dal tumulto, e così mi riparo ancora là a volte, e passeggio nei cimiteri, non certo per necrofilia!

Fenomenologia del sacro che si manifesta ormai rarefatta e violata.

Nei teatri purtroppo l'allontanamento e stravolgimento del quotidiano,  dove avviene il miracolo del sacro,  lo spazio come tempo, il mito come verità, la notte come luce, il silenzio come voce, il medicamento senza medicina, è sempre più difficile, ostacolato se non impedito, perché i teatri sono diventati quasi tutti luoghi solo mondani e commerciali,  hanno perso il rito, incluso quello rimasto esteriore del vestito, e quindi la sacralità.

Lo spettatore non sperimenta più alcun miracolo, non vive la trasformazione, perché è visto come lo vedono ovunque, cliente,  merce numero, prenda il biglietto, e le programmazioni degli spettacoli, tutte uguali perché vi circolano le stesse compagnie con i medesimi spettacoli "divertenti" e ruffiani, sono o-scene.

Infatti i programmanti messi alla gestione dal potere dei partiti e dal sistema economico imperante scelgono solo spettacoli o quante dir si voglia espressioni artistiche che lo rafforzino con il la i personaggi famosi della televisione o altro mediatico, e fanno di tutto perché lo spettatore non possa essere altro che consumatore. Alla fine, con il selfie insieme al divo all'uscita del teatro, fa addirittura la riverenza. 

Questo accade da tempo, ma oggi con fare più scientifico e netto grazie alla tecnologia, e programmato e numerato. 

E tutto deve essere dimenticato e cancellato presto per far posto al prossimo evento da dimenticare.

lunedì 5 dicembre 2022

L'agenda di Giorgia

Notiziona di questi giorni: il presidente del Consiglio Giorgia Meloni commenterà sui Social gli appunti della sua leziosa agendina scritta a penna.

Sembra una favola moderna, dove però ancora si trova sempre la fata buona, qui chiamata Giorgia, che fa miracoli con la bacchetta, anzi, con la penna, e questo sa davvero d'antico e d'aRternativo.

Sembra: in realtà è la solita mossa-mercato della politica molliccia (aiuto!) già vista diverse volte, destra e sinistra uguale, e che notoriamente dà risultati solo a chi la mette in campo, non al popolo che si illude di trasparenza e vicinanza e sostegno del potere.

Falsa glasnost, che probabilmente la signora ha mutuato anche dalla "folasofia" dei guru internautici, la semper in eterno diretta internet, il nuovo Social-ismo demoterroristico dell'immagine istantanea della realtà inviata seduta stante, e molto più vera ed efficace per la menzogna di quest'ultima!

Sì, al meglio l'agendina online è una favola, un'azione mitologica moderna dove il Presidente Giorgia si trasforma in fata buona e protettrice, come da tradizione. Il riferimento è alla Fata Turchina di Pinocchio, ma l'effetto finale e voluto è solo la Fata Morgana.

Però che peccato, la politica delle donne assomiglia totalmente a quella degli uomini, non c'è davvero differenza. Col Femminismo noi donne c'eravamo illuse di portare un senso e una direzione diversa, uno specimen, non solo a casa nel lavaggio dei piatti e cura delle cose e delle persone (azione fallita, tocca sempre a noi), ma anche nel solco del potere (altra azione fallita, non tocca mai a noi, anche se sembra il contrario con il Giorgia).  Ahinoi l'alveo del potere è uno, e serrato e stretto e basso, entri chi vuole, deve piegare la testa. A tutti i livelli. Ed esserne complice, assolutamente.

Forse per questo la signora non ama farsi chiamare, e sarebbe in regola con la grammatica italiana perché il nome finisce in "e", la Presidente del Consiglio? 

venerdì 2 dicembre 2022

CIMITERI...quattro

Sono un po' assente qua perché impegnata con le mie scritture, i progetti, con un bellissimo laboratorio che sto facendo alla Baracca, e  con i miei vecchi genitori... Presto partirà la domanda per intitolare una piazza a Fulvio Silvestrini. Ma ci vediamo presto, no?



giovedì 24 novembre 2022

Vent'anni di Cuori di donna

In partenza per una breve tournée celebro quest'anno i vent'anni di Cuori di donna, Testimonianze di donne italiane, uno spettacolo significativo che ha sancito un cambio nella mia drammaturgia (e infatti dopo sarebbero venuti il racconto de L'infanzia negata dei celestini e il Dramma intorno ai concubini di Prato) e che ancora mi accompagna. In realtà il progetto del documentario è del 2000, solo che impegnai un po' di tempo per realizzarlo e definirlo in spettacolo.  E ogni anno si aggiunge una storia e un modo diverso di scriverla e raccontarla.



                                                                  (Foto di Francesca Pagliai)

mercoledì 23 novembre 2022

Primittina

 

Capirà questo mio breve scritto soltanto chi ha visto Cimiteri, La veglia delle paure.

Primittina l'hanno spostata, proprio in questi giorni, e senza foto. Chissà come prenderà questa nuova sistemazione. Si attendono sviluppi.

martedì 22 novembre 2022

Programma di dicembre '22 al Teatro La Baracca



Pubblico il programma di dicembre 2022.

Repliche: CimiteriLa veglia delle paure, che è molto piaciuto e anche a me farlo, e poi come ogni anno L'infanzia negata dei celestini.

Novità: per l'ultimo dell'anno debuttiamo con la commedia Spugliami, Avventure di un lover barese. Dopo lo spettacolo faremo il consueto brindisi. 

E' previsto poi un ritorno del teatro ragazzi con un nostro classico d'occasione, La Beffana.

La misandra, prevista per questo novembre e che non mi è stato possibile preparare per altri impegni, sarà inserita nel programma di marzo 2023.


Venerdì 9 dicembre ore 21,15

CIMITERI, La veglia delle paure

Teatro di narrazione

 

Sabato 17 dicembre, ore 21,15

L’INFANZIA NEGATA DEI CELESTINI

Teatro di narrazione

 

31 dicembre, ore 22

SPUGLIAMI  (Giacinto)

Confessioni di un lover barese

DEBUTTO NAZIONALE

Commedia.


Venerdì 6 gennaio 2023  ore 16,30

LA BEFFANA

Teatro ragazzi.

lunedì 21 novembre 2022

Raccolta firme per intitolare a Fulvio Silvestrini la piazza davanti alla Lazzerini a Prato

Al Teatro La Baracca si può firmare per intitolare a Fulvio Silvestrini la piazza davanti alla Biblioteca Lazzerini di Prato, che, come ci ha suggerito il Prof. Giuseppe Centauro che fa parte della commissione toponomastica, non ha ancora nome.

Per i luoghi che non recano numeri civici non è necessario aspettare dieci anni dalla morte, e quindi muoviamoci subito per ricordarlo!

Io, proprio su questo blog, avevo pensato di titolargli l'emeroteca di quella biblioteca, ma questa mi sembra un'idea ancor migliore (e vicina all'originaria) per un intellettuale che con la sua presenza le sue idee la sua forza le sue battaglie si è speso completamente per una vita culturale sociale politica più giusta e umana. Più viva e critica, meno conforme.

Il suo continuo andare per la città, di gente in gente, di associazione in associazione per illuminarci, stimolare la poesia e il pensiero nel quotidiano, contro l'ignoranza e l'asservimento, non possono trovare un posto più rappresentativo per lui della biblioteca della sua città.

Gli avevano promesso un container (era il progetto Riversibility) per la sua emeroteca intelligente, gli spetta uno spazio cittadino di diritto!

Dopo che avrò raccolto un po' di firme, presenterò al Comune, e spero a breve, la domanda ufficiale.

Aiutateci in questo progetto,  sostenete i sogni di Fulvio!

giovedì 17 novembre 2022

La crisi nera del cinema

La SIAE denuncia la profonda crisi dello spettacolo, in particolare del cinema.

Non avevamo bisogno della SIAE, ma sia, ce lo conferma con dati alla mano.

La causa non è solo il COVID (scusa usata per esempio dagli assessori alla cultura per non fare nulla o non compromettersi, ma recentemente sostituita dal caro-bolletta).

Prima causa della crisi nera del cinema: la qualità scadente dei film. L'ha detto anche Moretti, pensa tu. Troppi e insignificanti, si dimenticano subito.

I film sono generalmente sostenuti dall'ente pubblico o da case di produzione che si sostengono con i soldi pubblici (per dire, mancano i produttori alla Bini, ma a questo punto andrebbe bene anche  Carlo Ponti), e quindi producono pellicole standar, non solo o tanto nelle storie, ma anche, per esempio, nella fattura psicologica dei personaggi coinvolti in situazioni tutte buoniste o similcomiche, faccende improbabili e tutte provinciali, piacione, alla fine insomma noiose. 

Seconda causa, per me fondamentale: l'uso del digitale, che appiattisce tutto, e la fotografia eh sì manca di realtà, che è la base fondamentale, ontologica del film. La realtà. Se manca il supporto reale, la pellicola e l'argento per dire, i quattro buchini sopra per ogni fotogramma, se la fotografia si uniforma nei programmi perfetti digitali, ecco che il film diventa falso, paradossalmente teatrale.

La perfezione nuoce a tutta l'arte, anche alla musica, ma nei film è ancor più vero. Esaurisce, non lascia niente all'immaginazione dello spettatore, gravissimo. Funziona insomma come in amore.

Terza causa, non meno importante:  il cinema in crisi perché ha non solo la televisione che gli si oppone, ma anche internet. Non è così necessario andare in sala.

L'ex-mUinistro Franceschini ha, certo involontariamente!, fatto il possibile per distruggere il cinema sostenendo a spada tratta la piattaforma ITSART durante la pandemia.

Per fortuna è praticamente fallita, come anche Netflix è in difficoltà, ma tant'è, ancora la gente, anche per risparmiare e pigrizia diserta i cinema... (La vita è troppo affollata piena di impegni e non ci se la fa a volte a uscire!)

Recementemente sono tornata in sala e sì, c'è pochissima gente, in qualche caso meno di dieci persone. E badate si tratta di cinema in centro città!

Il teatro sta meglio, senz'altro. Da tutti i punti di vista. Non che brilli di grandi novità, va molto sul classico con le compagnie di famiglia e della Premiate Compagnie Famiglia e Nipoti e Amanti e Amici di Partito. 

Nel nuovo trovi solo i monologhi perché non ci sono i soldi per le grandi rappresentazioni che prevedano più di due personaggi, e poi le filodrammatiche presentano repertori scontati e ridanciani, quelle poche rimaste, e alla fine che noia eccetera, ma nel teatro la ricerca è più libera, è meno industria culturale, e c'è più modo di sperimentare con coraggio. Certo, i suoi numeri sono bassi, i guadagni magri, ma io direi che questo è una sua costante ormai da tanti anni.

Il male del teatro è il suo sistema chiuso, reazionario direi non tanto negli argomenti ma nella struttura gelosa e paranoide, quella stessa che denunciava Pasolini e che gli impedì di entrarci. Fece benissimo a parlarne male, aveva ragione straragione, si legge Pasolini e si capisce tutto di come va il teatro da un punto di vista economico-sociale. Da allora non è cambiato nulla, anzi, naturalmente peggiorato.

Il male del teatro è il suo essere troppo in mano ai partiti e ai direttori o assessori che programmano solo cose di propaganda, vetrina vetrina pura, non ci sono più gli assessori tecnici, svincolati, coraggiosi eccetera, che hanno idee in testa e le mettono in pratica, sono tutti a servizio, o addirittura la delega della cultura ce l'ha il sindaco, come a Firenze, per esempio. E questo la dice tutta della programmazione culturale che può fare per la città. Sviolinate per la Loren.

Nonostante questi mali, e le mafie, e le ritorsioni - come quelle attuate nei miei confronti - il teatro vive.

Perché?

Il teatro può fare a meno della tecnologia, dei grandi produttori.  E anche degli enti di partito. 

Il cinema va in guerra e ormai perde; il nemico è più potente. Il teatro fa solo guerriglia,  non ha un esercito e non fa paura, il nemico non ci perde tempo; ogni tanto vi fa ridere perché trovate poca gente sul campo, lo disprezzate in fondo perché siete raggirati dalla propaganda e non volete sedervi in sala in pochi, ma attenzione, non lo sottovalutate troppo: ogni tanto accade che, come i bombaroli di un tempo, eh sì, faccia saltare qualche ponte.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/cinema/2022/11/17/sullo-spettacolo-lallarme-siae-il-covid-pesa-ancora_8e830d2c-4168-4f5f-b9b6-eec2e5091772.html


mercoledì 16 novembre 2022

Una emeroteca dedicata a Fulvio Silvestrini

Aggiunta allo scritto di ieri sulla toponomastica, in cui notavo la mancanza di una via dedicata ai "concubini di Prato", Mauro Bellandi e Loriana Nunziati. Che comunque la si pensi, hanno fatto la  storia della città e non solo!

Dunque ora chiedo: perché non dedicare una via una piazza o l'emeroteca della Lazzerini di Prato a Fulvio Silvestrini?

Chi l'ha conosciuto sa quanto abbia girato per le stanza degli assessori e non solo per avere uno spazio adatto alla sua Emeroteca Intelligente.

Snobbata da tutti, deriso da tutti!

Anche se non sarà Intelligente come l'immaginava lui, sarà comunque Emeroteca Fulvio Silvestrini. Diamogliela finalmente questa gioia, almeno da morto!


martedì 15 novembre 2022

Prato, la bigotta

Leggo notizia che intitoleranno una strada al balio e alla balia di Malaparte (e son contenta), ed altri emeriti personaggi, meno conosciuti o più, come Tina Anselmi.

Ma nessuna strada a Prato recherà il nome di Mauro Bellandi o di Loriana Nunziati, i concubini di Prato. E invece sì una strada gliel'hanno data al don Aiazzi, che nel 1956 li definì, nella Chiesa del Soccorso e per essersi sposati solo in Comune, "pubblici concubini".

Prato, nei giorni pari o quando fa comodo a lei, è particolarmente bigotta e ipocrita.


http://www.notiziediprato.it/news/nuova-toponomastica-una-strada-intitolata-al-balio-e-alla-balia-di-malaparte-e-una-al-partigiano-moardei

Io Malaparto: Gli assassini dell'amore

Caro Malaparte, è un po' di tempo che non ti scrivo. Che non ti scrivo qui, perché tu sai che io ti scrivo spesso segretamente. Come con...