La SIAE denuncia la profonda crisi dello spettacolo, in particolare del cinema.
Non avevamo bisogno della SIAE, ma sia, ce lo conferma con dati alla mano.
La causa non è solo il COVID (scusa usata per esempio dagli assessori alla cultura per non fare nulla o non compromettersi, ma recentemente sostituita dal caro-bolletta).
Prima causa della crisi nera del cinema: la qualità scadente dei film. L'ha detto anche Moretti, pensa tu. Troppi e insignificanti, si dimenticano subito.
I film sono generalmente sostenuti dall'ente pubblico o da case di produzione che si sostengono con i soldi pubblici (per dire, mancano i produttori alla Bini, ma a questo punto andrebbe bene anche Carlo Ponti), e quindi producono pellicole standar, non solo o tanto nelle storie, ma anche, per esempio, nella fattura psicologica dei personaggi coinvolti in situazioni tutte buoniste o similcomiche, faccende improbabili e tutte provinciali, piacione, alla fine insomma noiose.
Seconda causa, per me fondamentale: l'uso del digitale, che appiattisce tutto, e la fotografia eh sì manca di realtà, che è la base fondamentale, ontologica del film. La realtà. Se manca il supporto reale, la pellicola e l'argento per dire, i quattro buchini sopra per ogni fotogramma, se la fotografia si uniforma nei programmi perfetti digitali, ecco che il film diventa falso, paradossalmente teatrale.
La perfezione nuoce a tutta l'arte, anche alla musica, ma nei film è ancor più vero. Esaurisce, non lascia niente all'immaginazione dello spettatore, gravissimo. Funziona insomma come in amore.
Terza causa, non meno importante: il cinema in crisi perché ha non solo la televisione che gli si oppone, ma anche internet. Non è così necessario andare in sala.
L'ex-mUinistro Franceschini ha, certo involontariamente!, fatto il possibile per distruggere il cinema sostenendo a spada tratta la piattaforma ITSART durante la pandemia.
Per fortuna è praticamente fallita, come anche Netflix è in difficoltà, ma tant'è, ancora la gente, anche per risparmiare e pigrizia diserta i cinema... (La vita è troppo affollata piena di impegni e non ci se la fa a volte a uscire!)
Recementemente sono tornata in sala e sì, c'è pochissima gente, in qualche caso meno di dieci persone. E badate si tratta di cinema in centro città!
Il teatro sta meglio, senz'altro. Da tutti i punti di vista. Non che brilli di grandi novità, va molto sul classico con le compagnie di famiglia e della Premiate Compagnie Famiglia e Nipoti e Amanti e Amici di Partito.
Nel nuovo trovi solo i monologhi perché non ci sono i soldi per le grandi rappresentazioni che prevedano più di due personaggi, e poi le filodrammatiche presentano repertori scontati e ridanciani, quelle poche rimaste, e alla fine che noia eccetera, ma nel teatro la ricerca è più libera, è meno industria culturale, e c'è più modo di sperimentare con coraggio. Certo, i suoi numeri sono bassi, i guadagni magri, ma io direi che questo è una sua costante ormai da tanti anni.
Il male del teatro è il suo sistema chiuso, reazionario direi non tanto negli argomenti ma nella struttura gelosa e paranoide, quella stessa che denunciava Pasolini e che gli impedì di entrarci. Fece benissimo a parlarne male, aveva ragione straragione, si legge Pasolini e si capisce tutto di come va il teatro da un punto di vista economico-sociale. Da allora non è cambiato nulla, anzi, naturalmente peggiorato.
Il male del teatro è il suo essere troppo in mano ai partiti e ai direttori o assessori che programmano solo cose di propaganda, vetrina vetrina pura, non ci sono più gli assessori tecnici, svincolati, coraggiosi eccetera, che hanno idee in testa e le mettono in pratica, sono tutti a servizio, o addirittura la delega della cultura ce l'ha il sindaco, come a Firenze, per esempio. E questo la dice tutta della programmazione culturale che può fare per la città. Sviolinate per la Loren.
Nonostante questi mali, e le mafie, e le ritorsioni - come quelle attuate nei miei confronti - il teatro vive.
Perché?
Il teatro può fare a meno della tecnologia, dei grandi produttori. E anche degli enti di partito.
Il cinema va in guerra e ormai perde; il nemico è più potente. Il teatro fa solo guerriglia, non ha un esercito e non fa paura, il nemico non ci perde tempo; ogni tanto vi fa ridere perché trovate poca gente sul campo, lo disprezzate in fondo perché siete raggirati dalla propaganda e non volete sedervi in sala in pochi, ma attenzione, non lo sottovalutate troppo: ogni tanto accade che, come i bombaroli di un tempo, eh sì, faccia saltare qualche ponte.
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