martedì 3 settembre 2024

Io Malaparto: Karl Laqua e i martiri di Figline


Tu eri un artista tabu, caro Malaparte.

Tu lo eri, ma anche no. Lo eri a certo livello, nel senso che molti ti detestavano, ma avevi anche amici importantissimi, prima durante il Fascismo, e poi subito dopo.

Ma tu eri Malaparte.

Io no, e sono però anch'io un'artista tabu.

Pensa: ho un'opera sull'eccidio di Figline di Prato, che si ricorda in questi giorni, su  Karl Laqua, il boia di Figline che uccise quei giovani e la fece franca, che non è mai stato processato, è scomparso si è dileguato, e non me lo hanno fatto rappresentare se non una volta, ed è stato poi durante la giunta di cosiddetto centro-Destra, mi sembra di ricordare nel 2010.

Quest'opera, tra l'altro, è legata a mio padre e alla sua drammatica esperienza di quei giorni che precedettero la Liberazione: era un ragazzo, quando si nascose, insieme alla famiglia, in un anfratto della montagna a Santa Lucia a Prato, sulla cui cima sei sepolto tu e da te prende il nome, il Malaparte.

Ho una sua registrazione, un ricordo preciso di quello che accadde in quei giorni. Il babbo per anni me l'aveva tenuto nascosto, perché si vergognava, lui socialista, di essere diventato amico del "gelataio di Amburgo", un ragazzo buttato nell'esercito della Wehrmacht che negli anni '20 era venuto a Firenze a imparare l'arte della gelateria. E parlava un po' di italiano. Faceva parte dell'esercito tedesco in ritirata ed erano accampati nello stesso anfratto, ma dalla parte opposta: in quei tragici momenti lui riuscì in qualche modo a parlarci col gelataio, e fu grazie a questa diciamo amicizia che la famiglia dei miei nonni, con tutti i figli, riuscì probabilmente a salvarsi. Perché, raccontava mio padre, in ritirata i tedeschi uccidevano gli uomini così, senza un motivo preciso,  e lui vide ucciderne uno, un vecchio che se ne tornava dai campi, e sì, senza motivo lo uccisero.

Mio padre rimase scioccato, e quella notte fu un inferno perché pensavano che la stessa sorte sarebbe capitata a loro.

Ma lui rimase in qualche modo colpito da questo "gelataio tedesco" che andava a cercare mio padre in quei pochi giorni che rimasero là accampati, e io ho apprezzato il coraggio di questi ragazzi e la capacità di trovare umanità e vita anche quando sembrava non essercene più.

Questa storia è intrecciata alla vicenda principale nel dramma, quella dei poveri ragazzi impiccati a Figline, ed è mostrata come un ricordo del boia che, ormai vecchio, vive solitario e roso dal cancro. Solo una figlia lo accudisce, ma lui è divorato soprattutto dai rimorsi, dai fantasmi. Anzi, il cancro sono i suoi rimorsi che si materializzano e lo uccidono.

E' un'opera contro la guerra e la barbarie.

Ora a causa del tabu sulla mia persona (anche se sono pronti a dire di no, e a dimostrarlo tramite l'opera che ogni anno mi hanno fatto rappresentare - freddamente direi come qualcosa che va fatto - nella Pretestate)  questo dramma sui Martiri di Figline che io considero importantissimo, ed è l'unica opera teatrale sulla vicenda, non è stata minimamente considerata in dieci anni di amministrazione di Centro-Sinistra. 

Perché?

Io sarei pronta a rappresentarla anche subito, se lo volessero; ma non lo vorranno mai, e quindi sarò costretta, come ho già fatto l'ultima volta nel 2015, a ripresentarla alla Baracca appena mi sarà possibile: nonostante il disprezzo che mi hanno sempre dimostrato, caro Malaparte, sono fiera delle mie opere teatrali che in un modo o nell'altro vedono protagonista la nostra città e che sono:


L'infanzia negata dei celestini (la trilogia comprende anche La Mostra Parlante Ti mando ai celestini e il dramma Felino, Fughe e vita di un celestino).

Dramma intorno ai concubini di Prato

Karl Laqua, vita immaginaria e reale del boia di Figline

Prato nel Sacco.

Cafiero Lucchesi (Vita e morte fra Mussolini e Stalin)

Gaetanina Bresci (Mio padre Gaetano, il regicida)

Io e Federico (Dialogo con l'imperatore)

Nel nome di Dio e del Quattrino (su Francesco di Marco Datini)

Controdiva (Appuntamento con Clara Calamai)

Io Malaparto (Lettere a Curzio)

Ti ricordi della vita? (Dialogo impossibile fra Roberto Giovannini e Sibilla Aleramo)




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