Quando ero ragazza, e capitava che andassi qua e là dai parenti sparsi un po' per la Toscana, ecco che puntualmente risuonava la fatidica domanda: "Icché si dice a Prato?".
C'era sempre un che di dileggio, di curiosità, di poca considerazione per una città che secondo la vulgata aveva poco da dire ed era "brutta": invece è stata ed è una città importantissima, e non solo per la Toscana, piena di eventi strabilianti, di lotte incredibili, fra cui, tanto per citare un fatto, insieme alle grandi città del Nord culla di tutte le immigrazioni, di conflitti sociali e culturali, covo di battaglie fra seguaci di culti mariani e cintole, e figli del più feroce Illuminismo, assassini di re.
E' stato facile, diciamo naturale per me scrivere tutte quei testi teatrali su Prato. C'era materia.
Come si può leggere in questi giorni sui giornali, di cui copio un articolo de Il fatto quotidiano, a Prato si continua a dire molto. Moltissimo.




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