giovedì 4 dicembre 2025

Ancora nel bosco


Poi torno. Vi aspetto alla Baracca sabato 6 dicembre ore 21,15 per Scaramanzia. 

Caro Malaparte (Giornale di uno straniero a Parigi)

Caro Malaparte,

da tempo non ci sentiamo. Da tempo non malaparto.Ti informo che hanno ripubblicato un tuo libro, Giornale di uno straniero a Parigi, e un giornalista de Il foglio (sic!) che ti definisce pratese sassone, lo recensisce.  Ne ho fatto un piccolo collage spero leggibile.  Anche a te dànno del profeta, mica solo a Pasolini.

Presto ci risentiremo, e più approfonditamente. 

P.S. Il giornalista non sa che a Prato siamo un po' tutti così: o pratesi sassoni, o pratesi cinesi, o pratesi meridionali, o pratesi veneti/friulani... Ci sono poi i pratesi fiorentini o peggio ancora i pratesi pistoiesi ecc. Mi fermo qui, basta malapartare.

 

 

martedì 2 dicembre 2025

Torna Scaramànzia

Sabato 6 dicembre ore 21,15 alla Baracca 2025 torna 

SCARAMàNZIA

monologhetto comico di superstizioni quotidiane. 

 


giovedì 27 novembre 2025

Garcia Lorca, immagini ritrovate!

Grazie al regista spagnolo Manuel Menchon sono state ritrovate immagini in movimento di Federico Garcia Lorca, mentre -siamo nel 1932 -  interpreta La Notte de La Vita è Sogno di Calderon de La Barca,  e anche altre immagini della sua compagnia, La Barraca, in viaggio. 

In attesa del documentario che lo stesso regista farà sull'assassinio del Poeta, condivido con piacere e grande emozione questo Lorca vivo, moderno, fantastico e inquietante (e con fondale e costume mozzafiato).


 

Sciascia e Pasolini

"Con Pasolini ero molto d'accordo, anche quando aveva torto".


mercoledì 26 novembre 2025

Approfondimento sugli spettacoli di dicembre 2025

Una nota sugli spettacoli di dicembre 2025 alla Baracca. Il primo e l'ultimo spettacolo del mese sono commedie: SCARAMàNZIA sabato 6 dicembre) nella forma di narrazione comica sulla superstizione, e NOVELLO BELFAGOR (mercoledì 31 diecmbre)  in quella di commedia che rielabora in senso moderno la novella di Machiavelli di Belfagor Arcidiavolo.  

La caratteristica di queste due commedie è la rivisitazione del passato alla luce della cosiddetta contemporaneità: nella prima la superstizione come viene vissuta oggi (oggi tutti dicono di non essere superstiziosi ma...); nella seconda la questione femminile o il rapporto uomo-donna eccetera. (Questione già ben conosciuta e dibattuta o rappresentata, solo dagli uomini certo, nel Rinascimento, si veda anche Montaigne, anche se solo nella forma di cliché o topos).

Il COMPENDIO DELLA VITA DI GESU'  previsto per sabato 13 dicembre è un'opera sconosciuta di Blaise Pascal, che lasciò in forma manoscritta.  Mai portata sulla scens. Ma lo spettacolo non sarà una mera lettura e introduzione a questo poeticissimo "Vangelo dei Vangeli". Fra gli altri vi sarà protagonista anche Fulvio Silvestrini, unico prete che riusciva a confessare i non credenti, con ricordi ben precisi sui Natali alternativi organizzati alla Baracca eccetera, e proprio da Fulvio.

LA NOTTE DEI CELESTINI, prevista per sabato 20 dicembre, sarà divisa in due parti ben definite: nella prima parte, oltre a una breve introduzione alla ormai nota vicenda sullo sfondo de la Mostra Parlante Ti Mando ai Celestini,  commenterò la questione dei bambini che vivono (vivevano) nel bosco di Palmoli,  vita isolata a cui sarebbero stati costretti dai genitori eccetera, e la raffronterò - a livello sociale, educativo ed economico ecc.- con il caso dei celestini. Seguirà, nella seconda parte, il dramma Felino, fughe e vita di celestino, che calza a pennello con l'argomento dibattuto in questi giorni.  

Faccio progetti solo per il passato. 





 

 



lunedì 24 novembre 2025

Prato, altro ripetitore per telefonia in arrivo (e accanto a un altro)!

 

In via Ciliegia, a Prato (zona cimitero di Casale), ce n'è già una stazione radio base per telefonia mobile ecc.

E a pochi passi ne mettono un altro? 

Qualcuno vuol fare qualche verifica per favore? 

 

Pasolini conservatore


Il Presidente. del Senato La Russa organizza un convegno su Pasolini. Peccato non poter essere presente!

Certo, tutti possono organizzare convegni su Pasolini o altri, ma filologicamente si dovrebbe ricordare che sì fu espulso dal Partito Comunista, ma anche - lo dice lui stesso nei suoi scritti basta leggerli -  fu letteralmente perseguitato e picchiato dai cosiddetti neofascisti. 

Tanto per fare un esempio.

Alla prima di Mamma Roma nel 1962  un giovane gli urla:

«Pasolini, in nome della gioventù nazionale, ti dico che fai schifo».

Pasolini, come si vede dall'immagine che copio da una vecchia rivista, Lo Specchio, reagisce.

E poi, su Vie Nuove, commentando quella reazione, Pasolini scriverà:

«Dovrei vergognarmi di quella mia reazione improvvisa, degna della giungla: sono “partito per primo”, come dicono i tanto disapprovanti ragazzacci del suburbio, e gli ho dato un “sacco di botte”. Dovrei vergognarmi, e invece devo constatare che […] provo una vera e propria soddisfazione: finalmente il nemico ha mostrato la sua faccia, e gliel’ho riempita di schiaffi, com’era mio sacrosanto diritto».

Chiudo con una battuta del mio testo Intervista a Pasolini:

- Negli anni '60 i neofascisti mi picchiavano e ora mi arruolano?

 

P.S.Al convegno organizzato da Alleanza Nazionale non ci sarà dialettica, men che meno dibattito, almeno stando agli invitati a parlare: sono tutti, professori e letterati inclusi, di area conservatrice. 

CONVEGNO "Pasolini Conservatore" - MARTEDI' 25 NOVEMBRE ORE 17.30 - ROMA - SENATO DELLA REPUBBLICA

Al Convegno “Pasolini Conservatore” che si terrà martedì 25 novembre p.v. alle ore 17.30 a Roma presso il Senato della Repubblica - Sala degli Atti Parlamentari - Piazza della Minerva 38 parteciperanno:

All’incontro parteciperanno Federico Mollicone, Francesco Giubilei, Antonio Giordano, Alessandro Amorese, Paolo Armellini, Gabriella Buontempo, Andrea Di Consoli, Alessandro Gnocchi, Camillo Langone, Annalisa Terranova, concluderà il convegno il Presidente del Senato, Ignazio La Russa.

L’accesso alla sala - con abbigliamento consono e, per gli uomini in giacca e cravatta - è consentito fino al raggiungimento della capienza massima; è obbligatoria la prenotazione scrivendo a: segreteria@fondazionean.it - tel.06.688171.

https://fondazionean.it/convegno-pasolini-conservatore-martedi-25-novembre-ore-1730-roma-senato-della-repubblica 


venerdì 21 novembre 2025

Dicembre 2025 al Teatro La Baracca


Abbiamo un programma credo davvero singolare per dicembre 2025 alla Baracca. 

Apre e chiude il mese la commedia: Scaramànzia e Novello Belfagor (quest'ultima una commedia deliziosa). In mezzo, propongo in controtendenza, una serata dedicata al sacro, con un'opera mai portata in scena di Blaise Pascal, e un ritorno per alcuni particolari nuovo, con i celestini.

Ricordo che domani, sabato 22 novembre ore 21,15, ci sarà l'ultima replica di Intervista a Pasolini.

Noi ce la mettiamo tutta, e vi aspettiamo.

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Sabato 6 dicembre, ore 21,15

SCARAMàNZIA 

Di e con Maila Ermini 

Dopo le prime due repliche, torniamo con lo spettacolo comico sulla superstizione moderna. 

 

Sabato 13 dicembre, ore 21,15

COMPENDIO DELLA VITA DI GESU’ CRISTO

di Blaise Pascal

adattamento a cura del Teatro La Baracca

prima nazionale assoluta

(Per Fulvio Silvestrini).

 

Sabato 20 dicembre, ore 20,45

LA NOTTE DEI CELESTINI

Una nuova serata speciale dedicata ai celestini: a un adattamento de La Mostra Parlante: Ti mando ai celestini – con alcune novità – seguirà  Felino, fuga e vita di celestino, radiodramma a vista basato su una storia vera vissuta da un celestino. Di e con Maila Ermini, e con Gianfelice D'Accolti.

 

Mercoledì 31 dicembre, ore 21

NOVELLO BELFAGOR

Liberamente tratto da Belfagor Arcidiavolo di Machiavelli

Commedia di e con Maila Ermini

Con Gianfelice D’Accolti

Seguirà il solito buffet "rustico", secondo il consueto stile della Baracca. 

La prenotazione è obbligatoria, possibilmente, per meglio organizzare il tutto visto che facciamo da soli, entro Natale.


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BIGLIETTI:
Ingresso 15 euro.

Due persone, con prenotazione, 25 euro. 

Lo spettacolo di San Silvestro, comprensivo di buffet rustico servito dopo lo spettacolo in attesa della mezzanotte, costa 30 euro a persona.

 

TEATRO LA BARACCA

Via Virginia Frosini 8 - 59100 Prato

telefono 3487046645  oppure

3333713136 

teatrolabaracca@gmail.com 


giovedì 20 novembre 2025

Che tipo di intervista fa? (Pasolini e le Kessler)


Mi hanno chiesto, letteralmente: "Scusi, Lei che si permette di intervistare Pasolini post mortem, mi dica, che tipo di intervista fa?"

Non certo il tipo di intervista che muovono certi intervistatori (ah, la cacofonia!), che magari davanti a Dacia Maraini  badano bene a non farle la domanda che invece io le rivolgerei senz'altro: - Come prese la stroncatura che l'amico Pasolini fece del suo libro Donne mie? Se ne lamentò con lui eccetera..?

I domandoni tipo corrierone sono troppo buoni.

Io, che mi permetto la post mortem, non vado domandando blandamente. E' sciocco farsi sfuggire l'occasione.

Ora, per concludere (quasi) questa lunga serie di articoli sul poeta, pubblico, visto che si parla molto delle gemelle Kessler, quello che lui ne scrisse qualche annetto fa, quando le tedesche erano agli inizi della carriera televisiva.

Un giornalista del Fatto Quotidiano afferma che Pasolini in quell'articolo sbagliava, che quella era "TV di autore", e che quelle delle Kessler non erano "mossucce", come leggerete che ne scrive il contestato.

Sbagliava? Anche se giudica dopo aver visto la trasmissione per  cinque minuti, e magari saranno stati anche di più, di danza se ne intendeva, il poeta era un ottimo ballerino (oltre che calciatore), e comunque: oggi le Kessler sono viste come protofemministe, libere, decise e puntuali all'appuntamento con la morte, ma nel suo articolo Pasolini giudica ben diversamente ( si lamenta che attraverso di loro la donna sia vista come una scema, derisa, "agghindata come al mercatino delle schiave" ecc.). Cosa è cambiato?

Canzonissima (con rossore)

"È incredibile quello che hanno visto ieri sera i miei occhi, per non più di cinque minuti, fin troppo esaurienti, alla televisione. In quei cinque minuti stavo cenando in fretta, e i miei occhi non potevano non cadere sul «video» acceso, proprio davanti alla tavola (mia madre e mia zia sono tra i dannati che vedono la televisione tutte le sere).

Il mio sguardo era acre, s’intende. Infatti, per tutta la mezz’ora precedente la cena, avevo corretto delle bozze, e la voce sciocca e futile, piena di insopportabile ottimismo, della televisione, mi aveva tormentato.

Acri, erano dunque i miei occhi, ma tutto sommato abbastanza distratti e lontani. Ho realizzato solo dopo un po’ quello che stavo vedendo: due donne molto simili una all’altra, stavano facendo delle evoluzioni, d’una assoluta facilità, come due automi caricati a molle, che sanno fare solo quei due o tre gesti, capaci di dare una inalterabile e iterativa soddisfazione al bambino che li osserva. Due o tre mossucce idiote, incastonate in un ritmo, che voleva essere gioioso e invece era soltanto facile. A cosa alludevano quelle mossucce, quei colpetti di reni e quelle tiratine di collo? Non si capiva bene, ma certo a qualcosa di estremamente convenzionale comunque: a un’allegria collegiale e orgiastica, in cui la donna appariva come una scema, con dei pennacchi umilianti addosso, un vestituccio indecente che nascondeva e insieme metteva in risalto le rotondità del corpo, così come se le immagina, se le sogna, le vuole un vecchio commendatore sporcaccione e bigotto. Tutto ciò, che si presentava come leggero, era invece pesantemente volgare. La «disparità dei sessi» era sbandierata spudoratamente come una legge fatale e prepotente di un «sentimento comune». (Si lotta per il divorzio, e poi si continua a volere e vedere la donna come una buffona, vestita e agghindata come per un mercatino delle schiave?)

Finito il balletto (in cui era impegnato un altro mezzo centinaio di persone, ragazzi e ragazze intenti a movimenti che facevano arrossire per loro), ecco che si presentano su una ribalta luccicante e biancastra, come di plastica, due tipici uomini di mezza età italiani: uno piuttosto alto e stempiato, l’altro un bassetto tutto pepe. La prima cosa che essi, attraverso il loro «linguaggio fisico», hanno messo in mostra è stata la loro solo parziale presenza lì. Essi si mostravano impegnati cioè a esserci e non esserci: non si sa mai, parevano dire, forse è bene trovarci qui, ma forse è meglio far capire che non vorremmo trovarci. Hanno cominciato a parlare e a muoversi. I vecchi clowns veneti del circo Banana o del circo Cragna certamente facevano meglio: comunque la tecnica era la stessa: il bassetto era il comico, e l’altro la spalla. Le sottolineature della situazione - il comico doveva risultare ingenuo e beffato, l’altro doveva risultare un dritto che beffa, in nome delle leggi normali della logica e del buonsenso - erano di una rozzezza da mettere a disagio. L’idea di essere costretti a obbedire alle regole di un gioco imposto da due persone così modeste e volgari (uscite dritte dalla «media», come in un laboratorio) dava un senso di soffocamento e di ribellione. A questo punto è finita la mia cena, e me ne sono andato.

Il lettore che (ahimè) se ne intende, avrà capito che si tratta dell’esordio di Canzonissima (arrossisco, letteralmente, a scrivere questa parola). Non voglio addentrarmi nelle polemiche che so infuriare intorno a questo programma della Tv. Lo so perché leggo in fretta, e subito rimuovendoli, i titoli di queste polemiche. Immagino che si polemizzi perché la trasmissione è brutta. Ma non si tratta di bruttezza. Il livello culturale di ciò che ho visto ieri sera, in quei cinque minuti, è tipico. Nel novantacinque per cento dei casi non si vede alla televisione niente di più bello o di più brutto di così. Se si polemizza su... allora bisogna polemizzare su tutta la televisione, con lo stesso calore (vedo strabiliato che sul «Giorno» si dedica oggi un’intera pagina su questo bel problema, sia pure sfavorevolmente!). Non è questione di bruttezza o di bellezza. È questione di volgarità. E la volgarità della televisione deriva dalla sua sottocultura. Non è neanche vero che la televisione modestamente sostituisca la «tombola» delle serate in famiglia. In ciò c'è solo una parte (del resto molto deprimente) di verità. Infatti la «tombola» delle vecchie sere, durate fino ad alcune decine di anni fa, aveva ancora una sua ragione culturale di essere. Era un infimo atto di cultura di una civiltà contadina, coi suoi forzati coprifuochi, la sua stasi, la sua povertà. La televisione non è questo: essa ha nella sua funzione culturale tutta la prepotenza del potere; del potere industriale; che vuole, e determina e condiziona una serata familiare che non ha nulla a che vedere con le serate familiari del mondo antico. In queste ultime infatti si celebrava una quotidiana cerimonia concreta, che aveva le sue radici particolaristiche in un piccolo mondo concluso: un fiumicello, una catena di colli, delle mura di cinta. Oggi il riferimento di quelle belle serate in famiglia davanti al video non è locale, concreto - modesto ma profondo - alla realtà di una piccola patria, ma alla realtà produttiva di una intera nazione, che altera il significato della famiglia, e ne fa non più un nucleo di innocenti conservatori, ma un nucleo di ansiosi consumatori.

PIER PAOLO PASOLINI (IL TEMPO, 1 NOVEMBRE 1969)

martedì 18 novembre 2025

La morte delle Gemelle Kessler è una questione di bio-politica

La morte delle Gemelle Kessler pone alcune riflessioni, e anche non lontane dallo spettacolo su Pasolini che presento in questo mese alla Baracca.

Premetto che nutro rispetto per la scelta della morte di ognuno; a suo tempo consideravo le Kessler simpatiche, adorabili, intelligenti oltreché bellissime. 

Quanto scrivo non è esattamente una critica a loro, ma una considerazione che va al di là del loro gesto, che rispetto assolutamente. Tuttavia ciò non mi impedisce di riflettere e di porre alcune questioni che quello stesso gesto, per me inquietante, ha generato:

1. Come esce di scena, come muore una persona diventata mito nel mondo dello spettacolo televisivo, cinematografico ecc.? Ossia, come può morire un personaggio, perdonatemi l'espressione, un prodotto costruito organizzato?  Esce dalla vita e quindi di scena in modo innaturale, chimico, costruito con una regia, e quindi spettacolare (le due gemelle entravano in scena sempre insieme, devono uscire insieme per non generare distruzione del mito, oltre che per sentimento personale della dualità gemellare o per depressione ecc).

2. Dunque l'uomo-donna diventato mito mondiale nel mondo spettacolo ha questo problema, che la sua morte non resta più intima, ma deve passare per la spettacolarità (sebbene in modo diverso da Pasolini, con le Kessler il politico non c'entra, o se c'entra non è organizzato dal morente ma subito dall'essente spettacolare della società). E allora come organizzare una morte "mitologica"?

3. Il suicidio diventa anch'esso controllato gestito, assimilato; è offerta (al momento solo ai ricchi) la possibilità della "dolce morte", del sonno eterno senza traumi né dolore.

Quindi, il suicidio che da sempre è stato atto di protesta, accusa e rifiuto a vari livelli (intimi sentimentali e politici), ecco che ora, diventato, passatemi il termine, allettante, è proposto come scambio, la dolce morte è concessa in cambio dell'acquiescenza: questo suicidio assistito ci sottrae la possibilità di conoscere la terribile soglia, il passaggio di vita morte.  Di mostrare il coraggio. Di dare significato alla protesta. O semplicemente di farla finita senza scomodare nessuno e niente (come fece il regista Monicelli, tanto per citare un mostro sacro dello spettacolo, che mandò affanculo la vita da vero personaggio di Amici miei).  La valenza politica del suicidio è così annientata. Il suicidio diventa accettabile anche a chi assiste allo"spettacolo".

4. Senza contare la possibilità, il pericolo concreto che da suicidio assistito si possa passare, in un batter di poteri, a suicidio obbligato, alla cicuta morbida offerta dal progresso cosmo-chimico.

Insomma anche l'uscita di scena ci è preclusa, è controllata, è una questione di bio-politica.

lunedì 17 novembre 2025

Ultima replica di Intervista a Pasolini


Il prossimo sabato, 22 novembre, ore 21,15 torna, per l'ultima volta alla Baracca, INTERVISTA A PASOLINI.

Chi lo ha già visto, può tornare senza ripagare il biglietto; se fossero due persone a tornare, paga solo una persona. Si deve però prenotare.

Per la nostra piccola cronaca: sabato lo spettacolo è andato bene, con pubblico anche fiorentino.   

I commenti arrivano oggi:

...Noi siamo rimasti sorpresi dallo spettacolo, e dal dibattito, cose che non si vivono nei teatri "borghesi" (come direbbe Pasolini). Bello, intenso, spiazzante, molto pasoliniano (Vanessa).

...il suo spettacolo ci è piaciuto molto, e si vede il lavoro serissimo che c'è dietro. Mi dispiace non essere venuta a conoscenza del precedente spettacolo su Carla Lonzi. Proprio in questi giorni rileggevo l'articolo che Pasolini scrisse contro l'aborto,  la risposta che la Lonzi inviò, e tutto il dibattito che si generò sui giornali. Come lei stessa ha detto...Non sono d'accordo con tutto quello che Pasolini ha detto e scritto!
Grazie ancora per tutto il suo lavoro...(Chiara Zanoccoli)

Pubblico la lettera di PPP a Silvana Mangano di cui abbiamo parlato nel dibattito.

Cara Silvana,

è tanto che ti devo una lettera. Una lettera, se non un «mazzo di magnifiche rose». Invece di scrivertela privatamente, te la scrivo pubblicamente. Ciò pone dei limiti alla confidenza e all'affetto; ma le conferisce, forse, un maggior valore.
È una lettera piena di amarezza. Un’amarezza confusa e imprecisabile – un disgusto leggero e immenso: che però non ti voglio comunicare. Si tratta forse del processo a « Teorema», che la gente crede sia per me un fatto di comune amministrazione, preventivato e giocato come in una specie di scommessa con la vita: e invece è un avvenimento drammatico. Se così non fosse mi sarebbe troppo facile (la mia lotta). Se non ci fosse in me – ineliminabile, coagulato nei giorni infantili – un conformismo che produce drammi, sarebbe troppo facile il mio anti-conformismo.
Non ti pare?
Nell’amarezza che provo (e che mi investe tutto, dall’alto al profondo) nello scriverti questa lettera, ha un ruolo importante la sensazione che il tuo lavoro con me non ti abbia dato la soddisfazione, che io speravo. (Tu, infinitamente più «amara» e più saggia di me, non avevi queste speranze, lo so). Ma, tuttavia, la spinta a scriverti questa lettera me l’ha data un viaggio di due giorni a Parigi (sempre per «Teorema»): dove, al «Dragon» stavano dando in prima visione per la Francia, l’ «Edipo Re»: è un grande successo – come si dice trionfalmente, tirando un sospiro – di «pubblico» e di «critica». Vorrei riportarti i brani in cui i critici parigini parlano di te. La soddisfazione (che tu non vuoi avere) sarebbe veramente grande.
Ma torniamo alla nostra amarezza (di cui la soddisfazione parigina non è che una contraddittoria conferma). Amarezza, come stato diffuso e non realizzato di nevrosi. Nevrosi, come conflitto di conformismo e di anticonformismo. Di paura e di coraggio. Di grazia e d’impotenza. In modo così diverso, così profondamente diverso, ambedue ne siamo vittime. Forse su questa amarezza — che ci consente di lavorare con grande animo e con poca speranza direi… stoicamente — si fonda la nostra collaborazione così magicamente solidale. Siamo ugualmente puntuali e ligi come ragazzini bravi a scuola, non è vero?, e abbiamo un ben radicato senso del nostro dovere: non mancheremmo mai alla nostra parola… Non mi era difficile ‘contemplare’ tutti questi aspetti della tua natura – puntualità, senso del dovere, lealtà – mentre lavoravamo insieme, nel Marocco, a Roma, a Milano. Ed è tutto questo, strano a dirsi, che produce il mistero della tua bellezza. La tua bellezza amara: che si offre, incombente, come una teofania, uno splendore di perla; mentre in realtà, tu sei lontana. Appari dove si crede, si lavora, ci si dà da fare: ma sei dove non si crede, non si lavora, non ci si dà da fare. Richiamata qua da un obbligo che (chissà perché) si ha vivendo, resta la realtà della tua lontananza, come una lastra di vetro fra te e il mondo. Senza che ce lo siamo mai detto (dato il selvaggio pudore) la mia anima era spesso con te, dietro quel vetro.
Quando Dioniso è arrivato a Tebe, sotto le spoglie di un bel ragazzo mortale, coi capelli lunghi (tanto che, anche allora, Pènteo avrebbe voluto tagliarglieli), aveva l’aria piena di grazia, di allegria, di pigrizia giovanile (quando si è giovani si ha tanto tempo davanti che non si ha paura di buttarne via). Piano piano quella sua presenza realmente felice, forma di liberazione (Tiresia dirà: «Non sarà certo Dionisio a volere – le donne caste: ma virtù non nasce – che da natura. E tu rifletti a questo: – se donna è casta, anche nell’orgia bacchica – non si corrompe…»), si rivela come una presenza spaventosa, forma di distruzione. «Dionisio è dio – tra i numi il più benigno e il più tremendo»: dice lui stesso di sé.
Egli è venuto in forma umana a Tebe per portare amore (ma, mica quello sentimentale e benedetto dalle convenzioni!) e invece porta il dissesto e la carneficina. Egli è l’irrazionalità che cangia, insensibilmente e nella più suprema indifferenza, dalla dolcezza all’orrore. Attraverso essa non c’è soluzione di continuità tra Dio e Diavolo, tra il bene e il male (Dionisio si trasforma, appunto, insensibilmente e nella più suprema indifferenza, dal giovane pieno di grazia che era al suo primo apparire in un giovane amorale e criminale). Sia come apparizione «benigna» che come apparizione «maledetta», la società, fondata sulla ragione e sul buon senso – che sono il contrario di Dionisio, cioè dell’irrazionalità – non lo comprende. Ma è la sua stessa incomprensione di questa irrazionalità che lo porta irrazionalmente alla rovina (alla più orrenda carneficina mai descritta in un’opera d’arte). Sono gli I.M., per citare Elsa Morante, gli Infelici Molti, ossia la maggioranza, o la media, fondata sulla razionalità e il buon senso, che non comprendono la grazia di Dionisio, la sua libertà, e perciò finiscono atrocemente nella strage: di cui peraltro la irrazionalità stessa è patrona. Quanti Pèntei, nella nostra società, cara Silvana: che prima vogliono tagliare i capelli lunghi al giovane Dio che compare loro e che essi non vogliono riconoscere, e poi finiscono con l’andare a spiare le Menadi, vestiti da donna, e con l’essere dilaniati un una carneficina orrenda (Auschwitz, Vietnam, Biafra… ndr e chissà se fosse ancora vivo, come continuerebbe il suo elenco fino a Gaza, la Libia, la Siria etc).
I Pèntei italiani sono dei mediocri, dei meschini imbecilli, neanche degni di essere dilaniati dalle Menadi. (Del resto, per quanto li riguarda, basta rileggere la canzone di Elsa Morante che ho già citato: basta, insomma, alla loro infelicità appartenere alla categoria degli «Infelici Molti»!)
Per tornare a noi due, noi abbiamo riconosciuto Dionisio: ma con paura, una paura nata nel mondo degli Infelici Molti. E ciò ci dà quell’amarezza, che corregge e rende ambigua la felicità che abbiamo capito: rinuncia o impegno, sono droghe con cui cerchiamo di riempire il vuoto lasciato da quella metà di felicità che non siamo in grado di godere. Da ciò la tua nevrotica indifferenza per le cose, da ciò la mia angoscia per avvenimenti come il mio processo ecc. Ma insomma, con l’aiuto di Dionisio, speriamo di lavorare insieme ancora. E di avere, insieme, quelle soddisfazioni di cui non abbiamo speranza, e che passano fulminee, pure o semplici opposizioni, rivelatrici, alla nostra amarezza.

Pier Paolo Pasolini, Lettera a Silvana Mangano - in Tempo Illustrato, 16 novembre 1968

Infine, aggiungo un documentario "sacro", La forma della città. Dura poco più di 15 minuti.
 


giovedì 13 novembre 2025

A che serve Pasolini?

In realtà non serve a molto, sembra.

I Parlamenti che lo celebrano, poi non fanno niente per gli artisti, che se sono sinceri e appassionati, vengono perseguitati oppure oscurati. Direttamente spogliati. O lasciati nel sadico oblio degli organizzatori culturali.

Gli organizzatori di entità come mostre e teatri, pur presupponendo la loro buona volontà e dispiacere, non hanno altro modo di operare se non quello di fare i pappagalli di chi li ha messi là in vetrina.

E Pasolini va sempre trattato con le mollettine. 

Infatti, se guardate bene, se osservate attentamente le manifestazioni per il 50 anni dalla morte, sono quasi tutte fuori dai teatri o edulcorate. Qualche eccezione l'ha fatta il Comune di Roma, che è stato, per ovvie ragioni, il comune più attivo.

Ma nei teatri, come opere previste nei cartelloni, praticamente zero. E chi si azzarda?

E' vero che gli stabili devono programmare molto tempo prima e quindi all'ultimo momento non si può fare, ma in realtà questa obbligatorietà è una buona scusa per non fare, per escludere, per non rischiare...(Come puntualmente mi hanno ripetuto per anni i direttori, e l'ultimo è stato il signor Civica del Metastasio che pensava non avessi esperienza di balle burocratiche, quelle che si usano per tagliare le gambe agli artisti).

In questo cinquantenario della morte, anzi dell'assassinio, c'è stato un po' di movimento, ma soprattutto editoriale, ristampe, approfondimenti criminali, articoli su riviste gialle e arancioni, di cui anche i giornali importanti hanno dato notizia per motivi di interesse editoriale o di presenzialismo di qualche figura da omaggiare.

Ricordare Pasolini dunque è servito a questo, paradossalmente, a tenere lontano lo scandalo che suscita ancora oggi la sua opera e la sua esistenza, a renderlo celebrativo, appunto, memoria da rotocalco.

(La più tenera e forse più sincera è stata l'attrice Stefania Sandrelli, anche lei l'ha voluto ricordare, il poeta abitava vicino a casa sua..).

Celebrato lui, e in pace con la coscienza e con il compitino istituzionale, si può continuare a lasciare nella loro cacca gli isolati artisti e i miseri intellettuali che minimamente tentano di essere appassionati e disinteressati nel proprio obbiettivo artistico ed ideologico. (Come insegna appunto Pasolini).

Ecco forse anche questo il senso della carta igienica che mi hanno lasciato nel giardino del teatro. (Sta ancora lì, e ci rimane).



mercoledì 12 novembre 2025

Commenti su "Intervista a Pasolini" e solidarietà

Ricevo e volentieri trascrivo questi commenti sullo spettacolo, e sulla vicenda che ne è seguita.


Ero presente alla rappresentazione di ieri sera. Maila si è presentata da sola su un palco che aveva una scenografia scarna, essenziale; così come, ci sarà spiegato dopo, richiedeva il poeta per le sue rappresentazioni teatrali. A sipario aperto, si entra subito in un clima di complicità. Quello che mi ha colpito di questo testo, è stata appunto la grande complicità, la confidenza che Maila ha mostrato fin da subito nel dialogare con Pierpaolo. Una confidenza che a sua volta il poeta le ha riconosciuto, quasi autorizzandola, come se si conoscessero, come se ci fosse stata anche Maila, lì con lui sulle dune di Sabaudia a discutere con Moravia, Dacia Maraini, Vincenzo Cerami ed Elsa Morante. E questa complicità reciproca questa autorizzazione di Pasolini a Maila, sta tutta dentro quel luogo pasoliniano che, come detto, è il teatro la baracca; luogo dove si respira una grande e autentica libertà, così come dovrebbero essere e non sono, tutti i teatri. 
Consiglio dunque , a chi non c’era e a chi vorrà, di andare a La Baracca ad assistere alla rappresentazione di questo testo (non si può chiamare spettacolo) intensa emozionante, viva, vera e con un finale rivelatore.
Che non rivelo.
E poi c’è il dibattito, fondamentale e necessario.
Luca 

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Non sono solita fare commenti sugli spettacoli. Volevo solo dire che il rito culturale su Pasolini alla Baracca è stato comunque qualcosa di esemplare. Primo perché ti aspetti altro, e poi per il testo, come qualcuno ha detto nel dibattito, davvero profondo e come dire, scientifico e poetico al tempo stesso. Aggiungo la mia solidarietà per quello che è successo.

Lella

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Signora Ermini, 

non ho visto lo spettacolo su Pasolini, ma sul giornale ho letto che hanno buttato nel giardino del teatro due rotoli di carta igienica. Sono cose da non sottovalutare. Io penso che non sia un'azione di popolo, ma di gente di certo livello culturale. Travaglio offese Renzi con la carta igienica "decorata" col volto del politico fiorentino (Renzi denunciò, ma non vinse la causa), e anche Salvini fu offeso nello stesso modo. 

D'altronde non si va in giro con la carta igienica. Bisogna corredarsi di rotoli, l'azione si fa con intenzione, si parte da casa apposta. Questo vuole dire che: 1. Pasolini fa ancora paura 2. Che chi gestisce la Baracca infastidisce.

L'Italia è, come diceva lo stesso Pasolini, un paese profondamente fascista e invidioso. Fa benissimo a denunciare, e non demorda, e con lo spettacolo su Pasolini e con l'attività teatrale che evidentemente dà fastidio. Ma è anche questo che l'arte deve fare, altrimenti fa salotto.

Alla Baracca vidi (quando potevo muovermi!) il suo meraviglioso spettacolo sui celestini e a Firenze (era all'Isolotto mi sembra) quello non meno toccante sui concubini di Prato.

Giuseppe Rossetti, Lecore

martedì 11 novembre 2025

Indagine su un rotolo di carta igienica

 
Oggi La Nazione pubblica un articolo sull'ennesimo spregio di ieri alla Baracca. Grazie al giornale e a chi ci mostra solidarietà!
Qualcuno potrebbe dire: ma sono solo due rotoli di carta igienica! Certo. Proprio per questo.
E' soltanto uno spettacolo teatrale, Pasolini, che hanno voluto attaccare? Certo, e proprio per questo. In realtà colpiscono anche me e lo spazio, che è libero.
Ho fatto il conto degli attacchi che la Baracca ha ricevuto, e siamo sull'ordine di una quindicina almeno. (Di alcuni non ho nemmeno detto: per esempio, quello in coincidenza dello spettacolo La tessera verde di un anno fa, mi rigarono il plexiglas della bacheca ed fu necessario sostituirla. Non dissi nulla per non essere accusata poi di fare la solita "vetrina"!). 
Oltre ai quattro furti subiti, di cui uno molto sospetto!
Senza contare le offese e le denigrazioni verbali alla sottoscritta, come quelle per Gonfienti, per la Camminata, per la raccolta delle firme eccetera! 
 
Non ho alcuna intenzione di muovere i rotoli di carta igienica dal Pereto, vi rimarranno chissà per quanto tempo. Perché? Perché sto svolgendo un'indagine accurata sul tipo di carta, sulla posizione dei rotoli, su come e da dove sono stati lanciati eccetera. Vi terrò informati.

lunedì 10 novembre 2025

Pasolini, e arrivano gli spregi alla Baracca

Non è la prima volta che subiamo spregi (e anche sfregi), derisioni, offese in occasione di qualche spettacolo.

Ci furono per Matilda, L'infanzia negata dei celestini; per il Dramma intorno ai concubini di Prato, Le maschie, e in altre diverse occasioni.

Stanotte qualche decerebrato ha buttato due rotoli di carta igienica (puliti, almeno!) nel Pereto. A significare che Pasolini, è cacca, che noi che lo rappresentiamo, - è di questi giorni il debutto di Intervista a Pasolini -  lo siamo eccetera.

E' così facile e vigliacco colpire, umiliare il Teatro La Baracca.

Comunque sabato 15 novembre alle ore 21,15 replichiamo.


domenica 9 novembre 2025

Intervista a Pier Paolo Pasolini fa il bis


Caro Pier Paolo,

la serata ieri è stata per me così meravigliosa che replico. 

Nonostante tu fossi contrario alle repliche, ripresento il "rito culturale" dell'Intervista a Pier Paolo Pasolini sabato 15 novembre, sempre in quel luogo un po' pasoliniano che è la Baracca. 

Ieri sera, durante il dibattito, mi sono dimenticato di dire che questa definizione fu data alla Baracca da Fulvio Silvestrini che la frequentava assiduamente (La Baracca è pasoliniana!, mi ripeteva sempre). E infatti ieri sera abbiamo dedicato lo spettacolo a lui (che sono certa conoscerai benissimo).

Ripeto la definizione "pasoliniano" con gioia ma anche con certo dolore, com'è imprescindibile.

Oggi mantenere un luogo così, con la finta indifferenza se non piuttosto il disprezzo che lo circonda, è molto difficile: qui non ci sono "successi" se non nel senso di veri accadimenti.

Ancora nel bosco

Poi torno. Vi aspetto alla Baracca sabato 6 dicembre ore 21,15 per Scaramanzia.