martedì 30 giugno 2020

Il tele-lavoro è fascista

Il titolo potrebbe sembrare eccessivo.
Ma in quanto il tele-lavoro esclude la realtà e la sostituisce con una non libera e costretta, non verificabile e non umana, che ci viene propinata tramite piattaforme su cui noi non possiamo nulla, questo sistema è in effetti come fu il Fascismo o se vi piace, come tutte le dittature di ogni colore, dove conta solo quello che dice il capo, il padrone, il generalissimo. Un sistema che non può essere osteggiato, contrastato dai cittadini, che lavorano in solitudine - anche se sono collegati fra loro - ognuno nella propria stanza, monadi ma con finestre di vetro, dove non passa che l'immagine di una umanità sempre più impotente e malata. Soffocata.
Questo dittatore della macchina neo (o post?) capitalista impone la tele-reality e costringe, tramite la scusa della pandemia, professori maestri studenti e impiegati e tutti coloro che lo possono fare, a un tipo di lavoro disumanizzante, totalizzante, dittatoriale appunto.  Con il telelavoro muoiono anche i diritti dei lavoratori, e i diritti degli studenti e degli insegnanti; negli impiegati cresce l'alienazione, e cresce la schiavitù femminile.

Ho sperimentato anch'io le lezioni on line e posso dire che non ricordo nulla, non mi è rimasto nulla di quello che ho insegnato tramite il computer. E credo che possano dire altrettanto gli studenti, diventati sempre più sfumati e lontani, studenti al plexiglass, passivi e schiacciati, incapaci e impossibilitati non dico al dibattito, ma anche al dialogo.

Spero che qualcuno cominci a boicottare questo sistema di lavoro e studio,  in particolare nella scuola e nelle università, esattamente come qualcuno ha fatto durante il Fascismo o altre dittature nel mondo.

lunedì 29 giugno 2020

Presento le mie opere teatrali

Sabato 11 luglio, ore 11 al Teatro La Baracca (via Virginia Frosini 8 Prato),
presentazione performance? delle mie opere teatrali in due volumi per cui ho vinto un premio eccetera eccetera. Segue rinfresco.
Ingresso libero ma prenotazione obbligatoria.



domenica 28 giugno 2020

Area archeologica di Gonfienti: un cartello vuoto

Eravamo lì per una intervista, che poi è saltata. Ci sono cose più importanti e urgenti, in questi tempi, che un'area archeologica. Però ne è valsa la pena: dopo anni che lo chiediamo, finalmente ci hanno accontentato, e hanno fatto stampare una scritta su un cartello bianco a indicare l'area archeologica.
Finalmente C'E'.
Chissà cosa scriveranno, in quello spazio bianco...E speriamo che lo facciano prima che la scritta, posta a occidente, si scolori coi tramonti dell'estate.
Intanto i reperti di Gonfienti sono a Bologna fino a novembre  (Viaggio nelle terre dei Rasna al Museo Archeologico) . Poi lo faranno un bel museo etrusco a Prato?






mercoledì 24 giugno 2020

Foto di Memorie

Pubblico qui altre foto del racconto teatrale, che domani replico, "Memorie di un teatro di campagna" donate, ancora una volta, da Angelo Sabanito Polizzi. Grazie.

Sono fotografie a me care, perché legate a una speranza di rinascita.






Schiava moderna

Certamente la schiavizzazione, compresa quella santificata tramite il "telelavoro",  riguarda tutti, maschi e femmine. Ma è un dato di fatto, le donne sono state schiacciate molto di più dalle conseguenze del Covid 19.

Se le Nazioni Unite si svegliassero, sarebbe l'ora di svolgere una indagine mondiale su questa nuova ondata di schiavizzazione planetaria, che va di pari passo con l'epidemia.  E non riesco a immaginare cosa stiano vivendo le donne africane, le sudamericane e via discorrendo. E come pochi uomini sono così poco onesti da ammettere questo sfruttamento, che comprende ovviamente anche quello sessuale, così poche le donne che se ne rendono conto, ché, notoriamente, ne sono spesso complici.

https://www.repubblica.it/dossier/tecnologia/rivoluzione-smart-working/2020/06/22/news/smart_working_nel_lockdown_meno_lavoro_e_piu_stress_per_le_donne-259881432/?ref=RHPPTP-BH-I257572611-C6-P15-S1.6-T1

domenica 21 giugno 2020

La Baracca si racconta…



Dopo il lungo lockdown, frutto avvelenato della globalizzazione, è bello tornare a vedere, sentire, toccare. Il teatro ancora c’è! Avevamo paura di non ritrovarlo, ma ancora vive tra noi poveri umani trasmutati in robot. Il 18 giugno a La Baracca lo abbiamo finalmente ritrovato come il vaccino tanto cercato. Un vaccino caritatevole e solidale per gli  spiriti affranti e depressi dalla forzosa privazione e dal subdolo morbo del ‘generalismo’ mediatico. Viva il teatro!  E le Memorie di un teatro di campagna sono il primo stupendo affresco di questa nuova stagione. Un capolavoro miniaturizzato, ideato e messo in scena con ardore e lucido sentimento. Una piece a misura d’uomo, o meglio dei singoli individui partecipi dello spettacolo,  perché niente di meglio può esservi per il ristoro dello spirito se non il rapporto intimo che s’instaura tra l’attore e il pubblico nel pathos fascinoso del luogo. La scena è protagonista silenziosa e viva del racconto. La Baracca che, pur ogni volta si racconta, qui si supera trasformando persino le memorie della sua giovane ed intensa storia in una dimensione di viva, vivissima attualità.  La penna di Maila, genius loci e ammaliante seduttrice, ha superato la barriera del tempo, tanto è vibrante, intenso ed emozionante il racconto del piccolo teatro di campagna che persino la nostalgia delle origini, delle prime eroiche battaglie,  diviene un caleidoscopio di valori. Mai come in questo caso la metafora del piccolo è il buono, del piccolo è il bello, del piccolo è  l’antidoto alle convenzionali banalità, il naturale veicolo dell’emozione che ti rapisce.

Già il palco vuoto con le austere panche poste sopra ricchi tappeti persiani introduce ci fa penetrare in un’atmosfera dove il pubblico è l’ospite atteso, gli schienali come tanti ’poveri cristi’ appesi alle pareti  ci raccontano la sofferenza del distanziamento sociale a lungo patito e che non dovrà più esserci nel nostro futuro per non sprofondare nell’oblio. Maila, profetessa e maga allo stesso tempo riesce così ad essere già presente in scena ancor prima di iniziare il racconto … poi sarà solo meraviglia, stupore, emozione e mirabile prosa poetica.

Giuseppe Centauro

(Testo e foto).

Prato, 21 giugno 2020

 

venerdì 19 giugno 2020

Una recensione e commenti su "Memorie di un teatro di campagna"

"Ieri sera sono tornata a teatro per la prima volta dopo mesi. Non avrebbe potuto esserci un "ritorno" migliore se non nello spazio raccolto e "magico" del Teatro la Baracca di Prato, che proprio ieri riapriva le sue porte al pubblico.
Lo spettacolo "Memorie di un teatro di campagna", di e con Maila Ermini preceduto da una magnifica lettura dei "Limoni" di Montale da parte di Gianfelice D'Accolti, è un racconto, una testimonianza, una confessione, una riflessione a tratti amara e malinconica, ma sempre costellata di spunti comici, la rievocazione di un passato ancora vivo, ma, soprattutto, il segno di una rinascita.

Nel monologo di Ermini si rivendica con orgoglio la creazione di una realtà controcorrente, apparentemente semplice ed umile (come i già citati "Limoni"), volutamente contraddittoria (un teatro in campagna), sempre tenacemente difesa come luogo di cultura, capace di coniugare e di fondere due anime opposte ma complementari: quella popolare e quella intellettuale.

Forse è per questo che, nonostante sia seduto su "scomode" panche e sedie - ben diverse dalle più canoniche poltroncine di velluto -, il pubblico, in qualche modo, si sente sempre a casa: la Baracca è uno spazio fortemente caraterizzato da chi lo ha costruito (non solo metaforicamente), vissuto e amato, ma al tempo stesso aperto a tutti. Qui ognuno può trovare un pezzetto di sé.

Giovedì 25 lo spettacolo verrà replicato: lo consiglio a tutti, come esperienza culturale e non solo."  (Eloisa Pierucci).



Volevo farti i miei complimenti per  l'interpretazione di ieri sera. Sei proprio brava e emozionante. (Marco T.)

Come sempre non lesina emozioni...(Angelo S.)

Ripartire alla grande parlando dei sogni che non temono sconfitta (Marco T.)

Grazie dell'emozione che ci hai regalato. Grazie del coraggio di ripartire e raccontarci una storia di sacrifio e speranza che non conoscevo, ma che si adatta benissimo al nostro momento. Grazie di cuore.  (Edi G.).

Ho visto un paio di giorni fa lo spettacolo di Maila Ermini Devo dire che questa rappresentazione è esattamente come l'opera d'arte ambientale, cioè creata per essere rappresentata solo ed esclusivamente su quel palcoscenico, dove acquista un elevato valore artistico. Come l opera d arte ambientale, che viene collocata in un luogo ben preciso e non può essere spostata altrove, così quest ultima fatica di Maila deve essere rappresentata in quel teatro, perché è lì che acquista valore e significato. In sostanza un'opera molto speciale, testimone della vivace ripresa culturale del teatro La Baracca. (Tiziano Pierucci).

Riapertura de La Baracca con il debutto di "Memorie di un teatro di campagna"

Stasera il Teatro La Baracca ha ripreso la sua attività,  dopo il blocco per la pandemia, col debutto per me indimenticabile di Memorie di un teatro di campagna, seguito da un lungo e denso dialogo fra e con il pubblico.
E' stata una vera e propria rinascita.
Una serata importante anche per la  città!

Abbiamo seguito con scrupolo e senza infastidire il pubblico la nuova normativa imposta ai teatri per contenere l'epidemia; anche se lo spazio è piccolo e gli spettatori ridotti, tuttavia nulla è stato lasciato al caso.
Spero di poter aggiungere presto qualche commento sulla serata davvero straordinaria,  su testo e spettacolo, ma soprattutto non vedo l'ora di replicare giovedì 25 giugno prossimo!

(Foto di Angelo Sabanito Polizzi scattate durante le prove).



mercoledì 17 giugno 2020

Nessuno è più come prima

Nessuno è più come prima.
Girano le persone, vagano, ma quelle che conoscevo, non le riconosco più. Sono tutte cambiate. La loro faccia è la stessa, eppure, se ci parlo, se mi parlano, tutto è cambiato. E anch'io, non sono più la stessa. Nulla è più come prima dell'epidemia.
Tutta questa teoria di dottori, esperti, maghi, terapeuti, web-politicanti ci avranno salvato dal virus con i loro consigli, le loro terapie, le loro sapienze, le loro presenze minacciose e terroristiche, ma siamo ormai infetti nell'anima, smarriti, modificati. Malati.

Un ricordo di Giovanni Feo

L'ultimo aruspice, in ricordo di Giovanni Feo
di Giuseppe Centauro

Giusto un anno fa ci lasciava Giovanni Feo,  insieme scienziato e poeta, gran cantore di quella "scienza non scienza"  che fu propria della cultura  del mondo etrusco. Scopritore del cerchio di megaliti di Poggio Rota e di molto altro ancora, Giovanni è stato anche, a mio modo di vedere, l'ultimo aruspice dottrinale di una memoria storica pressoché perduta, proprio come lui  ci 'comunicava'  nei racconti delle  antiche storie e, attraverso di esse,  spiegava le sue straordinarie intuizioni, dalle più semplici alle più complesse lezioni, firmandosi con ironia:  "Tagetis Disciplina Docet" (TDD).
A proposito dell'ormai prossimo solstizio d'estate lo voglio qui ricordare con un inedito scritto dettato ai giovani apprendisti della Disciplina ai quali ben volentieri si rivolgeva : 
"Per gli antichi il Sole era una divinità, un essere divino e superiore quotidianamente venerato e interpellato tramite riti e celebrazioni. Nelle necropoli e nei templi orientati verso importanti direzioni spaziali il più diffuso orientamento era verso l'alba o il tramonto del Sole nei giorni dei solstizi, il 22 giugno e il 22 dicembre. La diffusione di monumenti orientati in tal modo è rinvenibile presso le più varie civiltà antiche, anche se non mancano orientamenti diversi, soprattutto per segnare le fasi lunari e le date equinoziali. Ancor oggi, nel giorno del solstizio estivo, giungono al tempio megalitico di Stonehenge turisti, curiosi e folle d’ogni tipo per assistere al corteo dei Druidi, i sacerdoti celtici dalle bianche vesti convenuti a celebrare il giorno di massimo splendore del Sole; così come già facevano 5 mila anni fa i loro antenati pre-celtici. In modi non troppo dissimili, all'alba del solstizio invernale, si officiavano ritualità e celebrazioni in particolari luoghi sacri dell'antica Etruria rupestre. Sulla piattaforma scolpita nel tufo sotto al ‘tempio’ della tomba Ildebranda salivano sacerdoti e sacerdotesse poco prima dell'alba. I sovanesi e altri etruschi provenienti da tutta la valle del Fiora (Armine in etrusco) assistevano dal basso, sotto la grande rupe dove era stato scolpito il tempi a dodici colonne, dodici come i mesi dell'anno solare. Il momento in cui il Sole toccava con i primi raggi la facciata del tempio, penetrando tra le colonne e nel corridoio funerario, era forse il momento più importante. Il tempio “si accendeva”, sia dal punto di vista visivo, poiché poteva risplendere la smagliante policromia con cui era stato dipinto, sia dal punto di vista sacro. In quei momenti, infatti, dovevano svolgersi diverse operazioni, tra cui il rito di offerta al Dio solare (Tinia o altra figura omologa) per propiziare la buona riuscita delle attività e delle opere umane. Contemporaneamente venivano controllate e ricalibrate tutte le “misure” utili all'osservazione astronomica, in modo da poter seguire il dio-sole nel percorso annuale tracciato sulla volta celeste. Una tradizione analoga, ma in diverso contesto storico, la si ritrova nel duomo romanico di Sovana, orientato verso l’alba del solstizio estivo, giorno dedicato a San Giovanni Battista. Il duomo, però, è oggi dedicato a San Pietro. La contraddizione deriva forse dall’esistenza di un antico Battistero di San Giovanni, precedente all'attuale edificio romanico; comunque sia, all'alba del solstizio estivo una lama di luce solare penetra nella stretta finestra sopra l'altare maggiore, attraversando in lunghezza tutta la chiesa. Nella cripta si verifica un fenomeno analogo: il raggio di sole entra da una stretta finestrella e va a illuminare l'altare, situato sulla parete di fondo del sotterraneo" (Giovanni Feo) 



venerdì 12 giugno 2020

Memorie di un teatro di campagna, 2


Memorie di un teatro di campagna: per il 18 giugno non c'è più posto, e quindi replico giovedì 25 giugno sempre a La Baracca. La prenotazione è obbligatoria. Raccomando a tutti coloro che verranno un atteggiamento responsabile, seguiremo con scrupolo le procedure anti-Covid.
(Durante lo spettacolo non è obbligatorio indossare la mascherina, ma solo per entrare e spostarsi).

Era Covid: riapre tutto ma non gli scavi di Gonfienti (né il museo, che non c'è!)



Come ho suggerito in un formulario che l'irraggiungibile Assessore alla Cultura di Prato qualche giorno fa ci ha invitato a fare, a parte le questioni di teatro, alla domanda cosa può fare il MIBACT ho risposto: certamente riaprire gli scavi di Gonfienti, e continuare quelli che, nell'ultima miracolata mirabolante mirabollosa apertura del settembre passato, prima dell'ERA COVID, era stato promesso: ossia continuare gli scavi del Lotto 15. (O mi ricordo male il numero?), e perché no riportare i reperti, che ora stanno altrove, a Prato.

Ricordate la questione del museo di Gonfienti che non c'è?

Qualcuno proprio oggi mi scrive: "Nei prossimi giorni il nostro Sindaco, come presidente protempore dell'ANCI Toscana, presenterà  i progetti finanziabili anche con i tanto attesi fondi europei, ma non ci sarà traccia dell'archeologia bisentina. Intanto le eccellenze archeologiche si mostrano altrove senza neppure darne notizia in città...

Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna
Ha riaperto al Museo Archeologico, ed è visitabile fino al 29 novembre, l'ambizioso progetto espositivo dedicato alla civiltà etrusca, che riunisce 1.400 oggetti provenienti da 60 musei ed enti italiani e internazionali, tra i quali il British Museum di Londra, il Musée du Louvre di Parigi, il Musée Royal d’Art d’Histoire di Bruxelles, il Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen e i Musei Vaticani.  "

Ma bravi, continuate così, a disperdere il nostro patrimonio culturale.

lunedì 8 giugno 2020

Riapertura de la Baracca

In questi giorni affollati qui scrivo poco.  Ma torno stamani per dirvi alcune novità.
Sto ultimando la correzione delle mie opere teatrali, e questo fiume di opere, di cui pubblico solo una quarantina, mi prende molto tempo, giorno e notte.
Spero proprio di fare la presentazione entro luglio. Devo!

E poi la riapertura del teatro La Baracca in modalità ferrea anti-Covid19: dato che per  la serata 18 giugno siamo al completo, replico il giovedì dopo, 25 giugno e con le stesse modalità, le Memorie di un teatro di campagna (Racconti dal tempo impotente).


mercoledì 3 giugno 2020

Memorie di un teatro di campagna


Dunque lo spettacolo del 18 giugno, con cui si riapre La Baracca, si sta definendo nel suo farsi.
La polifonia dei personaggi, i racconti dal tempo impotente, che nasceva esterna e frammentata, si riunisce ormai in un unico racconto, che li comprende, diventando le "Memorie di un teatro di campagna".
La voce del teatro di campagna,  teatro considerato minore, è naturalmente relegato nei confini dell'impotenza, condannato a dire, mostrare solo persone e situazioni marginali e ininfluenti.

Il teatro di campagna è uno dei luoghi propri dell'impotenza.

lunedì 1 giugno 2020

Dettagli sulla riapertura del Teatro La Baracca


Giovedì 18 giugno, alle ore 21,30 riapriamo il Teatro La Baracca con lo spettacolo

RACCONTI DAL TEMPO IMPOTENTE



Affresco teatrale di figure.

Si tratta di una mise-en-espace  che ha come tema la perdita di senso del mondo contemporaneo.
L’avvento del nuovo secolo sembra aver portato un sostanziale blocco nelle nostre vite, caratterizzate solo in apparenza da libere opportunità e scelte; uno stallo già molto evidente prima dell’inizio dell’epidemia di Covid19.  Stallo economico, politico e culturale.
L'affresco di figura è teatrale e antropologico al tempo stesso, alterna toni comici e drammatici, e pur contenendo a volte sfumature fantastiche o distopiche impreviste, affonda nella nostra realtà quotidiana e presente.

Dopo questo prima serata il teatro continuerà poi la sua attività senza soluzione di continuità, programmando altri  incontri e 'piccoli' spettacoli – monologhi o al massimo recite con numero limitato di attori -, durante l’estate anche nel suo piccolo spazio all’aperto accanto al teatro, magari replicando più volte l’incontro per dare a più persone la possibilità di essere presenti.
A luglio, al teatro La Baracca  avrà luogo la prima presentazione pubblica dell'opera teatrale di Maila Ermini in due volumi, edita grazie al contributo che l'ente PSMSAD (Pittori, Scultori, Musicisti, Scrittori e Autori Drammatici) ha riconosciuto all'autrice per la sua attività di drammaturgo.

Il teatro La Baracca, se non il primo, è certamente fra i primi in Italia a riaprire  dopo il blocco causato dall’epidemia: un grande sforzo per  uno spazio culturale così piccolo, difficile sia dal punto di vista economico che psicologico. Mai come questa volta la presenza fisica del pubblico a teatro significherà sostenerlo, non solo economicamente; mai come questa volta l'adesione e la presenza del corpo mostrerà che l'arte è necessaria e vitale per tutti noi.

Attenzione: seguiremo scrupolosamente le misure anti- Covid19 e quindi:

- La prenotazione è obbligatoria, perché i posti disponibili sono molto limitati.
- L’ingresso sarà regolato.   A tutti gli spettatori sarà misurata la temperatura con un termometro a fronte.  
- Gli spettatori dovranno indossare le mascherine durante lo spettacolo, se questo ha luogo al chiuso.
 -E’ vietato fare assembramenti davanti al teatro.      
- Nessuno degli spettatori è autorizzato a salire sul palco.  

L'ingresso sarà libero, ma  è gradita una offerta  al teatro.
La durata dello spettacolo è  di 50 minuti circa.

Si può prenotare al 3332713136, oppure scrivere una mail al teatrolabaracca@gmail.com o sul canale social de La Baracca.
No Whatasapp.

Dati i posti limitati, si chiede, in caso di cambio di programma,  di disdire almeno 24 ore prima dello spettacolo, per lasciare i posti liberi.

Teatro La Baracca
via Virginia Frosini 8

Casale, Prato.

Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.