Leggo che Luca Barbareschi, attore e direttore del Teatro Eliseo di Roma, durante una trasmissione a La7 domenica 11 aprile, ha affermato che dopo il Covid il teatro cambierà, e continueranno a vivere solo quelli capaci di attrarre interesse, e quindi ricchi e finanziati: perché, chi vorrà andare a teatro dopo che siamo stati colonizzati nella fantasia dal sistema Netflix, eccetera?
Quindi dopo il periodo aziendale del teatro, in cui ci troviamo, si dovrà passare a quello industriale post Covid e post era-streaming.
Il signor Barbareschi, che purtroppo non fa cenno a come funzioni male la distribuzione delle opere nei teatri (sistema che lui conosce bene), per cui a girare sono sempre gli stessi e le stesse, ha detto, testuali parole (che però non si ascoltano nel video sotto):
…alcuni Teatri non hanno ricevuto i ristori perché pagano in nero, perché riciclano soldi, perché fanno cose terribili…”. (1)
Sappiamo bene che il teatro italiano non è un luogo di cultura, ed è proprio per questo che la gente non ci va, ma sarebbe interessante sapere per chi si riciclano i soldi, a chi vanno insomma, come funziona il presunto sistema teatrale a nero, se funziona così.
Peccato che non abbia approfondito.
Perché, signor Barbareschi, non riapre l'Eliseo con questo racconto? Magari anche per solo per chiarire, approfondire appunto. Smentire? Che serata, sarebbe!
Quasi quasi una storia simile la racconto io: anche se sono direttrice, anzi proprietaria di un piccolissimo spazio di provincia, anche se non ho mai praticato l'arte del riciclaggio anche perché di finanziamenti nemmeno l'ombra, anche se non circuito né ai Piccoli né ai Medi, un po' di esperienza nel settore ce l'ho. "Ho visto cose che voi umani...".
Ci facciamo uno spettacolo, signor Luca Barbareschi?
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