Diverso perché, in ambito estivo, quando le programmazioni sono tutte per la leggerezza e il divertimento o il finto-engagé (ma ormai anche quelle invernali perché si deve far numero, per cassa e consenso), questo sposta completamente l'asse verso un teatro di significato, che non vuole di-vertire, ma stare nelle cose, nel presente e in questo passato, così vicino - gli anni '70 in questo caso - ma lontanissimo ormai.
Scrivendo il testo, - ho studiato come per le mie tesi di laurea e soprattutto Lonzi, perché lui, Pasolini lo studio dagli anni dell'università senza soluzione di continuità,- ho praticato ancora una volta la mia solita passione-necessità per l'archeologia: ogni materia per me è tale, e so di farvi ridere dicendo che faccio teatro archeologico, e anche quello comico lo è, come L'amore è un brodo di capperi o La cervelliera, ma è archeologia anche in questi casi, psicologica.
Ormai pratico solo scavi. Ma i reperti sono vivi!
Paziente, Gianfelice, a mandare a memoria un testo difficile, oltreché bravissimo a interpretare Pasolini, così diverso da lui fisicamente.
Pasolini non può essere imitato, nemmeno da uno che fosse il suo sosia, può essere solo interpretato o alluso. Per questo ogni attore che lo ha fatto al cinema ha fallito, anche se gli somigliava. In teatro, se l'attore è bravo, invece può farcela. Il cinema ci inchioda sempre alla realtà, e un personaggio come lui così ben documentato, così presente, non è possibile imitarlo. E' così forte la parola il gesto, tutto di Pasolini, che schiaccia ogni tentativo di mimesi.
Sono contenta di questo scavo. Ha consegnato reperti - vivi!- importanti, che metto nel mio museo, mio sì ma poi di tutti.
E nulla, non le folle alla Dario Fo (cito Pasolini che lo detestava), o i teatri paludati con i giochi di luce (che Pasolini e Lonzi detestavano) mi renderebbero più ricca o felice.
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