Grazie per questo bell'articolo domenicale, forte e chiaro, sulla prossima vita al Teatro La Baracca.
La domenica è sempre domenica.
Se non si riesce a leggere bene, lo si può all'indirizzo:
Grazie per questo bell'articolo domenicale, forte e chiaro, sulla prossima vita al Teatro La Baracca.
La domenica è sempre domenica.
Se non si riesce a leggere bene, lo si può all'indirizzo:
Mi stanno arrivando messaggi di gente interdetta per lo spettacolo Gli Etruschi non parlano, gli Etruschi non esistono previsto per sabato 12 ottobre prossimo.
Alcuni mi scrivono di essere rimasti scandalizzati e, quasi arrabbiati, giurano sull'acqua calda che testi di letteratura etrusca non ne abbiamo.
Altri, curiosi, chiedono maggiori informazioni. Vogliono capire "di che si tratta". Ci vanno cauti.
Ricevetti qualche messaggio simile quando presentai due anni fa Cimiteri, e uno addirittura mi scrisse: "Non verrò mai a vedere uno spettacolo del genere".
E' chiaro che ormai il pubblico è abituato al musical, al teatri che ridono, e al "confortante" contemporaneo che viene loro propinato con tanto di foto dell'autorità a latere, quasi avessero bisogno di un'autorizzazione certificata ad andare in un posto.
Versioni diverse sono temute.
D'altronde gli Etruschi, quando mai sono stati visti o vissuti come "confortanti"?
Non serve scandalizzarsi né da addurre, a smentita del titolo e del nostro lavoro, prove e controprove scientifiche. Vi collocate su un terreno sbagliato.
Le maggiori informazioni poi che qualcuno mi chiede si scoprono vedendo lo spettacolo, che si svolgerà alla Baracca come annunciato.
Voglio dire due parole su questo nuovo percorso chiamiamolo didattico, ma forse dovrei dire di studio sulla narrazione, Raccontare storie, che partirà da martedì 15 ottobre alla Baracca.
Innanzi tutto si tratta della necessità della mia bambina, quella che porto dentro. Ha bisogno di ascoltare storie e nessuno più gliele racconta.
Morti tutti coloro che mi narravano, la comunità narrativa di cui facevo parte, nonne nonni e babbo, scomparsa la loro fisicità, ho necessità di continuare a prendere quel nutrimento.
Se mai è ancora possibile.
Vorrei che non si facesse confusione: si tratta di un fatto ben diverso dallo "storytelling" (raccontare storie per vendere storie su Internet), o dai milioni di video che vediamo e facciamo, che sono sì importanti come documento o quello che volete, ma niente a che vedere con la narrazione vera, in presenza, carnale: solo quella costituisce un vero nutrimento e un insegnamento efficace. Di fantasia e memoria.
Contrariamente a quello che si pensa, la narrazione è fisicità, e quindi nei nostri incontri sarà necessario anche curare il corpo.
Qualcuno obbietta: ma quando si racconta, si racconta e basta, non servono tecniche.
E' possibile, ma non per tutti; e comunque è certo più nessuno racconta o capisce ormai cosa questo possa costituire. Non ci sono più occasioni. Comunità.
Quante volte ne ho parlato con il mio amico Fulvio Silvestrini!
In realtà non si racconta anche perché non siamo più capaci di ascoltare. Anche se vediamo centinaia di video.
Raccontare presuppone il restare in ascolto, attenzione senza immagini.
Il racconto in presenza senza immagini è quello che più stimola la fantasia. In questo è come la musica; e d'altronde nel parlare la musica è imprescindibile, la musica delle parole, come i silenzi, le pause...
Ma non abbiamo più la pazienza necessaria per ascoltare, e dunque è venuta meno quella di immaginare liberamente, e quindi la capacità di raccontare.
P.S. Scrivo per chi ha conosciuto Fulvio: lui era un grande narratore, oltreché lettore, e sapeva ascoltare come pochi.
Per questo tutti lo scansavano, perché era un grande narratore. Certo, non aveva il senso della misura, che invece è importante; ma alla fine l'aveva imparata, quell'arte della misura e del tempo e noi avevamo stabilito un accordo, quando interveniva alla Baracca, che a un certo punto lo dovevo fermare.
Altrettanto importante è stato quello che ho imparato da lui nelle mattinate che abbiamo passato insieme a raccontarci. O al telefono. Lui è stato uno degli ultimi a telefonarmi per raccontare qualcosa.
Anche se sembra ormai tutto inutile, fatto (come il museo di Prato a Campi Bisenzio) e deciso, non lo è.
Dobbiamo sempre ricordarci che se è rimasto qualcosa dell'area archeologica di Prato, che se non hanno interrato anche questa col cemento, è anche grazie a coloro che hanno "camminato" in questi anni.
E poi: la settimana dopo alla Baracca, sabato 12 ottobre, presenteremo uno spettacolo davvero originale sulla "letteratura etrusca": Gli Etruschi non non parlano, gli Etruschi non esistono.
Credo che sia il primo spettacolo sull'argomento, e molto appassionante e significativo.
E non finisce qui.
Ci confrontiamo sempre di più con una classe politica totalmente fuori dalla realtà, e a livello locale e a livello nazionale, solo presa nei giochi di potere, nella fuffa mediatica, nel conformismo più ottuso e ridicolo, immobile, ricattabile e imbelle.
Tu lo eri, ma anche no. Lo eri a certo livello, nel senso che molti ti detestavano, ma avevi anche amici importantissimi, prima durante il Fascismo, e poi subito dopo.
Ma tu eri Malaparte.
Io no, e sono però anch'io un'artista tabu.
Pensa: ho un'opera sull'eccidio di Figline di Prato, che si ricorda in questi giorni, su Karl Laqua, il boia di Figline che uccise quei giovani e la fece franca, che non è mai stato processato, è scomparso si è dileguato, e non me lo hanno fatto rappresentare se non una volta, ed è stato poi durante la giunta di cosiddetto centro-Destra, mi sembra di ricordare nel 2010.
Quest'opera, tra l'altro, è legata a mio padre e alla sua drammatica esperienza di quei giorni che precedettero la Liberazione: era un ragazzo, quando si nascose, insieme alla famiglia, in un anfratto della montagna a Santa Lucia a Prato, sulla cui cima sei sepolto tu e da te prende il nome, il Malaparte.
Ho una sua registrazione, un ricordo preciso di quello che accadde in quei giorni. Il babbo per anni me l'aveva tenuto nascosto, perché si vergognava, lui socialista, di essere diventato amico del "gelataio di Amburgo", un ragazzo buttato nell'esercito della Wehrmacht che negli anni '20 era venuto a Firenze a imparare l'arte della gelateria. E parlava un po' di italiano. Faceva parte dell'esercito tedesco in ritirata ed erano accampati nello stesso anfratto, ma dalla parte opposta: in quei tragici momenti lui riuscì in qualche modo a parlarci col gelataio, e fu grazie a questa diciamo amicizia che la famiglia dei miei nonni, con tutti i figli, riuscì probabilmente a salvarsi. Perché, raccontava mio padre, in ritirata i tedeschi uccidevano gli uomini così, senza un motivo preciso, e lui vide ucciderne uno, un vecchio che se ne tornava dai campi, e sì, senza motivo lo uccisero.
Mio padre rimase scioccato, e quella notte fu un inferno perché pensavano che la stessa sorte sarebbe capitata a loro.
Ma lui rimase in qualche modo colpito da questo "gelataio tedesco" che andava a cercare mio padre in quei pochi giorni che rimasero là accampati, e io ho apprezzato il coraggio di questi ragazzi e la capacità di trovare umanità e vita anche quando sembrava non essercene più.
Questa storia è intrecciata alla vicenda principale nel dramma, quella dei poveri ragazzi impiccati a Figline, ed è mostrata come un ricordo del boia che, ormai vecchio, vive solitario e roso dal cancro. Solo una figlia lo accudisce, ma lui è divorato soprattutto dai rimorsi, dai fantasmi. Anzi, il cancro sono i suoi rimorsi che si materializzano e lo uccidono.
E' un'opera contro la guerra e la barbarie.
Ora a causa del tabu sulla mia persona (anche se sono pronti a dire di no, e a dimostrarlo tramite l'opera che ogni anno mi hanno fatto rappresentare - freddamente direi come qualcosa che va fatto - nella Pretestate) questo dramma sui Martiri di Figline che io considero importantissimo, ed è l'unica opera teatrale sulla vicenda, non è stata minimamente considerata in dieci anni di amministrazione di Centro-Sinistra.
Perché?
Io sarei pronta a rappresentarla anche subito, se lo volessero; ma non lo vorranno mai, e quindi sarò costretta, come ho già fatto l'ultima volta nel 2015, a ripresentarla alla Baracca appena mi sarà possibile: nonostante il disprezzo che mi hanno sempre dimostrato, caro Malaparte, sono fiera delle mie opere teatrali che in un modo o nell'altro vedono protagonista la nostra città e che sono:
L'infanzia negata dei celestini (la trilogia comprende anche La Mostra Parlante Ti mando ai celestini e il dramma Felino, Fughe e vita di un celestino).
Dramma intorno ai concubini di Prato
Karl Laqua, vita immaginaria e reale del boia di Figline
Prato nel Sacco.
Cafiero Lucchesi (Vita e morte fra Mussolini e Stalin)
Gaetanina Bresci (Mio padre Gaetano, il regicida)
Io e Federico (Dialogo con l'imperatore)
Nel nome di Dio e del Quattrino (su Francesco di Marco Datini)
Controdiva (Appuntamento con Clara Calamai)
Io Malaparto (Lettere a Curzio)
Ti ricordi della vita? (Dialogo impossibile fra Roberto Giovannini e Sibilla Aleramo)
Do qui conferma della prima parte della stagione teatrale alla Baracca, indicando i primi spettacoli. A breve spero di pubblicare anche il programma di dicembre, con la conclusione del ventennale dello spettacolo-narrazione della vicenda dei celestini di Prato.
Di volta in volta darò gli approfondimenti legati ai singoli spettacoli, tutti con inizio alle ore 21,15.
Ricordo che gli spettacoli possono subire modifiche di data, il teatro è autogestito.
Sabato 28 settembre 2024
PINOCCHIA
in collaborazione con l'associazione culturale tedesca SI-PO
Sabato 12 ottobre
GLI ETRUSCHI NON PARLANO, GLI ETRUSCHI NON ESISTONO
Rassegna di letteratura etrusca
Sabato 26 ottobre
INTERVISTA COL FANTASMA
Sabato 9 novembre
CARLA LONZI SONO IO!
Sabato 30 novembre
LA TESSERA VERDE
A partire dal 15 ottobre, come già comunicato, partirà anche il laboratorio, quest'anno con un occhio puntato sul teatro di narrazione: si svolgerà ogni martedì dalle ore 21 alle 23.
Grazie per questo bell'articolo domenicale, forte e chiaro, sulla prossima vita al Teatro La Baracca. La domenica è sempre domenica. Se ...