Culturalmente sempre più allevati a concerti, festival passeggeri, fugaci, anche se ricorrenti, ma svincolati da un progetto collettivo profondo e radicato che li giustifichi, andiamo schiacciati da un evento all'altro, da un artista all'altro.
Cultura da ticket-office.
La cultura è diventata spettacolare, ma di uno spettacolo che deve essere brutalmente di massa, come un investimento economico o politico, un ritorno di immagine, una 'vetrina', come mi disse un ex sindaco di Prato qualche anno fa. Già detto tante volte.
E quando si legge che nel passato un Giordano Bruno era protetto da Michel di Castelnau prima di essere tradito da Mocenigo e consegnato all'Inquisizione per finire arso vivo con vergogna infinita della Chiesa di Roma, mentre fino a qualche anno fa si pensava che l'intellettuale, protetto dal mecenate, non fosse libero, ora si capisce bene che la nostra libertà culturale, nell'ambito del sistema spettacolar-democratico, è di poco superiore, e certo meno significativa di quella.
Il signore di Castelnau sapeva bene chi andava a proteggere e alimentare, e lui voleva. E Bruno non doveva cambiare sé stesso, non doveva fingere di essere altro o addomesticarsi più di tanto.
E Mocenigo probabilmente lo tradì per invidia.
L'Inquisizione voleva da Bruno che non difendesse, abiurasse il sistema copernicano o non negasse i dogmi della Chiesa?
No, per non bruciarlo da Bruno si voleva molto di più, altrimenti non lo si sarebbe tenuto otto anni in cella; si voleva che abbassasse il capo per chiudere lo spiraglio accecante che aveva aperto guardando verso le stelle, questo si voleva.
Ma lui preferì la morte, che per lui non era altro che la scomparsa dell'accidente, trasformazione della materia sostanziale che solo così può vivere la sua eternità.
Certo, noi non ci bruciano vivi, ed è un gran vantaggio. Ma solo per la nostra carne, per il nostro 'accidente'. Per il senso, per la cultura va molto peggio.
Perché questa tolleranza universale, imposta e falsa, è terroristica, assoluta e asfissiante. Produce la mostruosità dell'insensatezza, il vuoto culturale. Sottomette molto meglio del rogo. Che come l'Inquisizione di un tempo, anche oggi il potere non ci permette di guardare verso le stelle; ma non vuole essere più responsabile di atrocità sulla carne, e usa altri metodi per abbassare il capo a chi guarda in su. Il Potere è diventato più furbo; ha imparato come si fa a durare nel tempo e a sottomettere l'uomo per bene.
Sopraffatti dall'andazzo commerciale e politico, dalle stesse informazioni, dagli stessi linguaggi, dall'uniformità assoluta del collegamento perenne, chi riflette sul mondo e cerca nuovi o antichi codici, viene escluso. Stritolato, reso insignificante dalla folla vincente e comunicante in cui è inserito, nel villaggio globale, finisce presto nella fogna artistica. L'artista viene automaticamente inserito nel sistema-silenzio-dimenticanza, lo si isola in una cella a cielo aperto, tortura raffinata ché invisibile. Se pure l'artista o l'intellettuale come si voglia, ha tentato di sperimentare qualcosa di diverso.
Infatti è difficile che si possa sperimentare: proprio perché il linguaggio è unico e il collegamento perenne, ognuno ormai dice le stesse cose, racconta le medesime storie che, ha imparato o impara presto, devono essere inoffensive e non pericolose. Gli artisti emozionano sempre meno, e la gente va a vederli e li segue solo per moda, perché sono stati scelti, di volta in volta, per illudere, divertire le masse.
Per proteggersi dalla vera offesa, che è guardare cercare trovare oltre e altro, il potere tollera l'offesa verbale che dilaga in questo nostro tempo nelle piattaforme di Internet. Si scambia il poter offendere e dire tutto per libertà di ricerca e di espressione, anche politica ed economica, non solo artistica. E' una falsa libertà, un altro mito. E gli artisti che dicono parolacce, si ubriacano, che conducono vita sregolata sono amati, popolari, simpatici e ricercati, ché si pensa che loro siano liberi, e si scambia la forma con la sostanza; senza contare la malizia con cui certuni si costruiscono il personaggio a fini commerciali.
Quindi, se l'artista è 'fortunato' , viene baciato dalla moda, diventa un breve mito, e prima di scomparire e far posto al prossimo, viene lustrato ammirato sul palco o in uno studio del mondo commerciale del teatro, della televisione, di Internet. (Che ormai sono tre luoghi diversi ma uguali).
Dopo esser diventato famoso, l'artista, l'intellettuale, l'essere spettacolare diventa ricco, si compra la villa; non brucia più sul rogo, ma solo fra inutili ricordi.