domenica 10 settembre 2017

Scipione De' Ricci, il vescovo rivoluzionario 'contro' il sacro cingolo

Non tutti gli amministratori o gente di rango di Prato o di Pistoia sono stati 'codini'. Come sembra oggi invece siano in maggioranza.
Il passato riserva sorprese.
Poco conosciuta a Prato è la figura del vescovo Scipione de' Ricci, vescovo di Prato e Pistoia fra il 1780 al 1791.
Seguace del Giansenismo (così è liquidato) e fautore delle idee illuministe,  insieme al Granduca Leopoldo di Toscana riteneva il culto della sacra cintola una superstizione e intendeva addirittura smantellare l'altare della cintola del Duomo di Prato, come aveva fatto per San Jacopo a Pistoia. Dice che per questo tentativo a Prato ci fu una sollevazione popolare: correva l'anno 1787.
La Rivoluzione Francese sarebbe arrivata due anni dopo.

Scrisse Opuscoli riguardanti la religione, e le Memorie, dove espresse le sue idee innovative e per certuni eretiche, che si possono leggere con molto piacere, e per la bella lingua e chiara, e per le sue idee di uomo religioso che era 'molto avanti'.
Introdusse riforme interessanti che sarebbero state accettate dalla Chiesa anni dopo, come la messa celebrata in italiano, e si oppose alla monacazione forzata delle ragazze nobili.
Il suo intento era quello di riformare la Chiesa, togliendole potere politico; a tal fine organizzò anche un sinodo a Pistoia, dai toni veramente rivoluzionari.

Quando Leopoldo diventò imperatore d'Austria, Scipione rimase senza appoggi politici, non lo aiutò nemmeno Napoleone che aveva necessità di fare accordi con la Chiesa di Roma, e così finì punito a Firenze dove era nato.

Altra gente,  altro coraggio.



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