Qualcuno, Ferrarotti per esempio che la tradusse per primo, preferisce però usare la parola "Appunti per...", altri invece "Note per..." al posto della parola "manifesto", che in effetti non compare nel titolo originale, Note sur la suppressione générale des parties politiques.
Comunque sia, a parte le pubblicazioni in riviste diciamo di nicchia, il suo Manifesto è uscito in Italia solo nel 2008, e credo che siamo ancora gli unici - ne leggemmo alla Baracca, già nel 2012 alcuni stralci - a farlo a teatro. Questa volta per intero.
D'altronde questi sono tempi in cui la gente ama pensare poco, e andare a infilarsi in un teatro di campagna per ascoltare e capire, eh ci vuole determinazione, no?
E poi lei stessa scrive: "Non c'è niente di più confortante del non pensare!".
Però poi ho deciso di rischiare, che è sempre la cosa migliore.
Non temete di non capire: la prosa della Weil è chiara, limpidissima, e non c'è bisogno di alcuna preparazione filosofica per intenderla; in più i suoi testi, pur politici e filosofici, e anche questo che andiamo a leggere oggi pomeriggio, sono contraddistinti da elementi poetici come in stile epigrammatico e da morbida ironia, battute di spirito che muovono, alzano l'espressione del concetto.
La Weil è filosofa, politica e poeta. Oltre ad aver scritto versi, anche la sua unica opera teatrale, incompiuta, Venice sauvée, (Venezia salvata,) dramma storico messo in scena molti anni fa da Ronconi, è scritto in rima.
E poi è stata vendemmiatrice, operaia, combattente. Ma di questa bella dualità parlerò a teatro.
Sì, ci vuole molto coraggio a venire ad ascoltarla, così attuale e giovane, intatta nel suo pensiero la Weil, che ci affronta e ci sfida con l'arma invincibile ed eterna della verità!
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