Sabato 15 maggio, ore 18, replico I comizi delle streghe alla Baracca.Al riguardo vi invito a leggere quanto un misterioso esoterista-antropologo attivo negli anni 70-80, Francesco Piccolo (omonimo di uno scrittore alla moda per il quale la Strega è solo un premio, e che con il nostro non ha nulla a che vedere ), alla domanda: "Esistono, oggi, autentiche streghe?", risponde:
"Ne conobbi una durante un mio vagabondaggio in Molise (N.d.R. negli anni '60) e la soprannominai Giacinta, perché il giacinto era il fiore che prediligeva per i suoi filtri magici. Era molto vecchia e abitava in un casolare decrepito sullo sperone di una montagna desolata e riarsa. Con molta pazienza riuscii a conquistare la sua fiducia, e un giorno (avevo portato biscotti e una bottiglia di vino), mi raccontò la storia della sua vita. Era la prima di undici figli di una miserabile famiglia contadina. Aveva sedici anni quando il padre morì con il cranio sfondato dal calcio di un cavallo. Il dolore e la fatica fecero perdere il lume della ragione alla madre, che una sera si gettò da una rupe con l'ultimo nato in braccio. Giacinta lavorò duramente per sopravvivere con i nove fratelli. Si sposò a 24 anni con una spaccapietre tisico, mise al mondo sette marmocchi malaticci e continuò a sfacchinare come una bestia. Quasi novantenne, si stupiva di essere ancora viva. In paese la consideravano un strega proprio perché era sfuggita a un estino rigoroso come le stagioni. E lei alimentava la favola uscendo di notte a raccogliere fiori, radici e bacche, da cui ricavava intrugli tanto disgustosi quanto inutili. All'imbrunire sedeva sulla soglia di pietra e intonava nenie senza senso, faceva genuflessioni alla luna nascente, imprecava alle stelle, invocava il fulmine della tempesta. Anche Giacinta, infine, aveva finito per credere di essere una strega. Non si rendeva conto, ignorante com'era che la sua illusione e il suo mito erano nati dal desiderio disperato di sfuggire a una condizione ingiusta e spietata.
Queste sono le vere streghe, le streghe in cui credo, le uniche streghe esistenti in tutti i tempi...La suggestione e l'empirismo trovano terreno nell'ignoranza, e la religione, sempre attenta alle esigenze dei potenti, favorisce l'affermarsi del mito demoniaco della stregoneria. Un legittimo sentimento di rivolta contro inique condizioni di vita si trasfigura così in una disciplina tenebrosa, praticata da individui perduti che hanno venduto anima e corpo al diavolo. La donna è la strega per eccellenza, il veicolo immondo della contaminazione fisica e morale.
Anche questo aspetto della grande mistificazione ha una sua ragione logica, perché è proprio la donna, vissuta per secoli come una schiava, a esprimere le insoddisfazioni più brucianti, a gridare l'orrore della sua antica oppressione, a cercare la liberazione nel delirio. E' la denuncia irrazionale e confusa di una maledizione che ha molte matrici: fame, miseria, violenza, sudore, soprusi, sesso deluso, morte, fatica, impotenza, lacrime.
La strega è il simbolo della rivolta sociale, e come tale minaccia l'ordine costituito. La strega è libertà e se non fosse nata spontaneamente dagli incubi del popolo, i potenti avrebbero dovuto inventarla: è il pretesto ricorrente per soffocare ogni moto di ribellione...
La ribellione favorì quella che chiameremmo oggi una "controcultura femminile" opposta alla cultura dominante. Poiché da sempre l'esercizio della medicina era riservato agli uomini, le streghe di tutti i tempi vollero crearsi rimedi propri. E per giungere a ciò attinsero soprattutto al mondo vegetale. Vi furono alcune fortunate, in passato, che raggiunsero posizioni invidiabili, tanto da essere considerate insuperabili maestre di magia.
Come avrebbe potuto una "semplice donna", con le sue povere doti, andare tanto lontano? Che fosse grazie alla sua intelligenza, nessuno si sognava neppure di pensarlo."
Nella foto io nei Comizi delle Streghe, fotografata da Angelo Sabanito Polizzi.
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