mercoledì 28 febbraio 2024

Non mi mandarono ai celestini


Io in un febbraio di tanti anni fa nel cortile dell'Istituto di Santa Caterina di Prato. Dove ora hanno sede l'Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione.

Ricordo che questo vestitino che forse voleva alludere a Biancaneve, ma chissà, me lo cucì mia madre.

Sembro una brunetta, ma è solo l'effetto del bianco e nero.  Ricordo il nome del fotografo, Carlo, che mi chiedeva di prendere le pose più false e assurde. Rammento la sua faccia, perfettamente. Lui era bruno.

Le fotografie di queste tristi feste organizzate in quel luogo tutt'altro che ameno non le ho mai mostrate a nessuno.

Rimosse. Nascoste. Forse le ho buttate, bruciate, ed è rimasta solo questa, e un'altra forse.

Dietro questo mio mesto sorrisetto c'erano le angherie e le violenze, e la minaccia costante del "ti mando ai celestini".

Gli spilloni conficcati nella mano sinistra ripetutamente.

Per fortuna mi tolsero da quel lager, anche grazie al processo del celestini e a tutta quella vicenda.

Solo molti anni dopo seppi che a noi bambine non ci potevano mandare ai celestini.

Come racconto nella Mostra Parlante, dopo il processo dei celestini quell'istituto fu chiuso per sempre, e una delle carceriere, Suor Luisa, finì anche processata, ma solo per truffa perché non aveva i titoli per insegnare. Nonostante amasse tracciare sui quaderni delle bambine lo zero spaccato, e tanto affondava la penna in quell'O che forava il foglio. Poi, come raccontano anche altre, e una l'ho incontrata anche alla Mostra sabato scorso, si finiva nello sgabuzzino al buio. O in altro modo punite. Legate nei lettini, e sulla pipì che capitava di fare perché eravamo legate e non si poteva andare al bagno, ci strusciavano il viso come si fa ai cani.

Al Comune di Prato, come mi raccontò un ex dipendente comunale, sapevano tutto. E appunto, dopo lo scandalo dei celestini, nascosero tutto.

Sono rimasta mancina.

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