Da diversi anni i sindaci amano assumere anche il ruolo di assessori alla cultura.
Cosa significa? Che la cultura è più valorizzata e tenuta in conto?
No, al contrario.
Significa che la cultura è sempre meno libera, che dipende sempre di più da un sistema che mira a renderla solo contorno e vetrina. Oltre che controllo.
La cultura diventata sempre di più propaganda e mediatica, raramente è gestita da personaggi preparati che stimolano le attività culturali e artistiche autonome diffuse nelle città, o coordinano le varie iniziative attraverso strutture adeguate alla libera espressione. Men che meno si salvaguardano i beni culturali, se non in funzione turistica.
Infatti cosa sono la gran parte degli assessorati alla cultura, se non camuffamenti di assessorato al turismo?
Che il sindaco, con tutto il daffare che ha, si prenda anche l'incarico della cultura così "mediatica", mostra di cosa soprattutto si può occupare il suo assessorato: della sua immagine e di quella della città nel senso più superficiale del termine; della protezione degli enti e delle strutture esistenti, che non operano affatto per valorizzare gli artisti o le opere originali o i beni culturali, ma piuttosto tendono a rafforzare lo status quo.
In questo contesto, dico per inciso, dove la cultura si associa sempre più alla propaganda e al mantenimento del potere, chi cerca di creare qualcosa di originale è visto negativamente, e controllato a vista. Di solito, se gli va bene, viene umiliato variamente. Scartato. Considerato eversivo! Per questo gli artisti chiamati e lodati sono quelli "famosi", che vuol dire anche "sicuri", sia a livello ideologico che economico, e i beni culturali protetti sono quelli "storici", assodati e turistici.
Nell'accorpamento sindaco-assessore alla cultura si va in direzione opposta alla democrazia, alla varietà, al dissenso.
Che è il sale e il pepe della cultura.
Banalmente poi: si cerca di evitare che altri stia sui media per eventi manifestazioni, generalmente cose belle, che danno prestigio. Quante volte è capitato che l'assessore alla cultura che ha saputo ben spendere la sua immagine - magari con vari filmetti sui social - è diventato poi anche sindaco?
Il sindaco che è anche assessore alla cultura riflette questi nostri tempi culturalmente affogati, dove si assiste al concertone in piazza di fine estate o alla sagra della birra o del mangiare (lo street-food!) travestito da festival di qualcosa. Che porta un sacco di soldi. Gente. Numeri. Oppure dove si mette in mostra qualche direttore o direttora di teatro di sicura fede che snocciola il programma della stagione con i soliti "nomoni".
Insomma la diffusione del sindaco assessore alla cultura è un'altra spia di questi tempi dove le idee originali e creative non trovano spazio (a tal punto che nemmeno le vuole più nessuno, anzi sono considerate un'offesa!), dove gli artisti, i poeti, gli uomini di cultura e ricercatori vari che non sono allineati non entrano nei circuiti ufficiali se non si piegano alle regole del gioco.
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