martedì 29 aprile 2014

Serata sulla cultura con i candidati sindaco (1)


Non era per nulla scontato che all'incontro ci fossero tutti i candidati (eccetto Rubino) e, soprattutto, così tanta gente. Troppa per la capienza del teatro, tanto che abbiamo dovuto aprire  le porte di sicurezza. Alcuni assistevano al dibattito dalla strada riparandosi dalla pioggia con l'ombrello.

La serata è stata dunque riuscitissima intanto per l'affluenza di pubblico, serata che, voglio sottolineare, è stata la prima sulla cultura; con candidati sindaco poi, credo non sia  stata mai realizzata, almeno a quanto mi risulta e per quanto ho potuto verificare.

Ai candidati avevo inviato già inviato le 10 domande previste, ma al momento di riformularle ho pensato di accorparle, per dare più spazio al dibattito con il pubblico, cercando insomma di ottimizzare il tempo. Per rispondere i candidati avevano un tempo preciso,  che quasi tutti hanno rispettato.
Anche questo modo di procedere, qualcuno mi ha detto, era nuovo. Nessuno aveva mandato loro domande in precedenza per non arrivare impreparati all'incontro. 

D'altronde un candidato non è un tuttologo, e dato che la cultura è un argomento molto complesso e sfaccettato, era obbligo farlo.

I candidati sono stati, eccetto Cenni impegnato in una cena, puntuali.

Abbiamo iniziato alle 21, 27.

Dopo la mia breve introduzione, in particolare sul modo in cui si sarebbe svolta la serata e un breve accenno al Teatro La Baracca, ho iniziato a porre le domande.

All'inizio i candidati hanno avuto difficoltà ad attenersi al tempo imposto, ma dopo un po' l'andamento è stato più  scorrevole.

A parte qualche momento di tensione, in particolare fra Gisberto Gallucci e Cenni sulla Torre al Vento; e fra Tognocchi e Biffoni in merito alla celerità della presentazione del programma;o fra Bini e Biffoni, la serata è seguita abbastanza tranquilla, anche se tesa e, sul finale, più movimentata.

Abbiamo terminato verso le 00,20.

Da un punto di vista formale della comunicazione, e ora analizzo solo questo punto, per energia e novità espressiva Mario Tognocchi è risultato senza dubbio il più vivace, pur tornando sempre sul concetto dello 'scaricare tutto tutti'; insieme a un convincente Riccardo Bini, che non conoscevo.
La più precisa e concisa nelle risposte, senza dubbio Mariangela Verdolini.
Cenni ha mostrato di aver affinato la sua eloquenza, anche grazie all'esperienza di questi anni e alle informazioni in suo possesso come sindaco. 
Matteo Biffoni è più bravo ed energico nel rispondere a ruota libera, come è risultato chiaro nell'intervento finale,  piuttosto che nelle singole domande.
Anche Emiliano Bonini è stato una sorpresa, sicuramente un candidato preparato, un buon 'acquisto' degli Indipendenti per Prato.
Carlo La Vigna ha tenuto testa all'argomento, pur non essendo non il suo privilegiato come ha onestamente dichiarato. Gisberto Gallucci si è contraddistinto per la vis polemica, in particolare verso la parte 'liberal'.

Alcune domande aspettano tuttavia ancora risposta.
Approfondirò in un successivo articolo i contenuti, ma mentre la parte liberale, la Destra era molto rappresentata, la Sinistra (intendo nel suo aspetto ideologico, ma anche di partito, certo) era drammaticamente carente, assente.

Il pubblico ha posto domande, ma le risposte sono state deboli, come dirò. Alcune domande anche fuori tema: qualcuno ha tentato di parlare della questione aeroporto (più dialetticamente e polemicamente 'facile') o sui rifiuti; o sulla sicurezza.

Ma sono stata implacabile nel non andare fuori tema, anche se sono ben consapevole dell'implicazione (in)culturale dell'ampliamento dell'aeroporto o della cattiva gestione dei rifiuti.

Osservo la malacreanza di alcuni intervenuti: come entrare in teatro e attaccare il carica-batteria del proprio cellulare a una presa di corrente dell'ingresso; l'uso costante degli Iphone in sala, che disturbano con le loro luci.
Infine, registro l'usanza  asfissiante di fotografare e registrare tutto, anche se ho limitato quest'uso.

Più che malacreanza in quest'ultimo caso si tratta di un modo monoculturale di vivere, e per questo avrei voluto fare io qualche domanda, non solo ai candidati, ma anche al pubblico, che sempre si aspetta cultura calata dall'alto, ma che spesso vive in modo da non favorire nessuna vita culturale alternativa.

Ma anche di questo parlerò in altra occasione.

Infine, a parte una giornalista, si tratta di una free-lance e non so se scriverà qualcosa, era del tutto assente la stampa locale che, ancora una volta, ha mancato un'occasione importante, significativa e forse unica, oltre che a un dovere, e solo per non dare soddisfazione alla sottoscritta e al mio piccolo teatro.

Invece il Teatro La Baracca, come commentavamo con Gianfelice D'Accolti, il cui aiuto è stato fondamentale per la gestione del pubblico, e senza aver pensato a un ritorno di immagine nell'organizzare la serata, ancora una volta ha dimostrato di essere un luogo significativo e innovativo, di vera ricerca anche politica, oltre che artistico culturale, della città di Prato. Ne sono orgogliosa.

(Segue).

P.S. Mi hanno detto che su Facebook hanno creato un evento sulla serata, ma non a nome del Teatro La Baracca.  Altri hanno citato l'evento, senza però menzionare chi lo organizzava, ma solo il luogo. Non mi sono arrabbiata neanche un po', ma invito tutti a essere più corretti e meno invidiosi. Finalmente, imparate dagli americani, o voi americanizzati!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo con la tua analisi e aggiungo alcune considerazioni.
Ieri sera si è sentito spesso coniugare la cultura con i fondi per essa.
Riccardo Bini ha espresso la necessità di identificare le priorità perché i fondi non sono infiniti, Matteo Biffoni ed Emiliano Bonini di creare una cabina di regia ed una rete che permetta la programmazione, il collegamento e la diffusione degli eventi culturali (e su questo Mario Tognocchi si è detto contrario esprimendo la necessità di avere anche una cultura non inquadrata e libera di esprimersi).

Un concetto che a mio parere è emerso poco è la cultura intesa come essenza estetica, cura del bello.
La prima volta che sono passato dalla nuova Piazza delle Carceri - ormai quasi ultimata - provenendo da Piazza San Francesco, sono rimasto folgorato dalla bellezza del componimento architettonico delle linee orizzontali della pavimentazione che all'improvviso si impennano nei contorni della Basilica e del Castello ed ho avuto per un lungo istante la sensazione di essere stato proiettato in un quadro di De Chirico.

Ho ripensato a come era prima ed a come ora la sua funzione sia già cambiata drasticamente e mi è tornato in mente Cesare Lombroso.
Se le sue teorie antropologiche sulla connessione tra comportamento criminale e caratteristiche anatomiche sono oggi prive di qualsiasi fondamento, sono però fortemente convinto che si adattino perfettamente alle strutture urbane: un quartiere brutto, privo di qualsiasi attrattiva sociale e culturale, attira degrado ed incuria viceversa un quartiere bello contribuisce a ridestare il senso civico delle persone, il loro attaccamento alle cose comuni.

Certamente un'attenta programmazione urbanistica scevra da interessi speculativi potrebbe ripianificare la città per renderla nuovamente bella, ma ci vorrebbero decine di anni.
Quello che immediatamente si può fare è creare i presupposti strutturali e normativi affinché possa svilupparsi liberamente quel "genius loci" così ben identificato nella definizione che ne dà l'architettura moderna: l'insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città.

Per questo non servono regie o ingenti fondi, serve rivedere il concetto stesso di cultura, identificandola come quel moto creativo che produce qualcosa di bello che poi viene condiviso con gli altri.
Come detto, servono dei presupposti: spazi e leggi idonee che consentano lo sviluppo di queste espressioni.
Mi immagino così che si affidi a writers il compito di decorare gli asfalti all'interno dei giardini (chi è passato davanti al Pecci come non può essere rimasto affascinato da quei capolavori multicolore dipinti sui pannelli di delimitazione del cantiere?), che si incentivino azioni di guerrilla gardening nelle aiuole, che si recuperino spazi da dare in gestione ad associazioni di artisti, tanti piccoli luoghi decentrati che permettano lo sviluppo del pensiero estetico nelle persone, quel senso del bello che nasce nel momento in cui "l'artista" produce la sua espressione e che poi cresce e si radica nei soggetti che quotidianamente osservano quanto da lui creato.

Filippo Bonanni

Anonimo ha detto...

Non posso commentare veramente i contenuti espresso dai candidati-sindaco perché ieri sera ero impegnato a gestire la sala e il pubblico, davvero troppo numeroso.
Ma vorrei dire anche io la mia, a parte la considerazione su quelle donne – ne ho riconosciuta una del PD, non so le altre, - confinate con me nella piccola sala d’aspetto perché la platea era piena, che invece di tentare di ascoltare erano completamente assorbite dal loro “i-fonío”, senza tentare di prendere parte ma estraniandosi dal contesto. Un vero dispiacere, vederle.
Ma le cose importanti per me sono queste:
• Tutti hanno toccato il tema del rapporto tra cultura ed economia; ma nessuno ha stabilito la corretta interdipendenza, o meglio, quella che egli pensa che lo sia: una cultura che dipenda dall’economia, ipotesi questa che genera l’ambito del ’Sistema culturale’ tanto caro alla cosiddetta sinistra di oggi, ma non solo, vedi la prima Beltrame; o una cultura che invece informa di se’ l’economia, capace di generare nuovi modelli anche economici, perché nuovo è il mondo che genera, e, conseguentemente, nuova l’economia, che è un‘altra forma del rapporto culturale tra individui?
• Non so se nessuno abbia trattato il tema dell’educazione: senza educazione, senza piano educativo non può esserci cultura; senza quell’educazione permanente che accompagna l’uomo dalla tenera alla più coriacea età, che gli permette di conoscere altro da se’ e metabolizzare la diversità. Educazione che va coniugata col decoro, colla cura di se stessi, degli altri, dell’ambiente circostante. Per esempio, e' difficile parlare di cultura in una città popolata da individui irascibili al volante e irrispettosi delle comuni leggi del traffico e della viabilità. Cultura della strada, per esempio, che è cultura della mobilità. E mentre l’educazione è qualcosa che si apprende e si impartisce, la cultura, che ne è lo sviluppo diretto, è l’educazione stessa in continuo progredire, e’ un processo auto-educativo che si vede nel rapporto con gli altri e che quasi sempre ha i modi della cortesia e della benevolenza.
• Dai pochi sprazzi uditi, anche a me Mario Tognocchi e’ sembrato il più brillante e innovativo, quello dotato di maggiore energia dialettica, così pure concordo sul Bini, che è stata una novità.
Gianfelice D'Accolti

Anonimo ha detto...

Grazie, Maila.

Bella serata, interessante e intelligente. In chi era presente, qualcosa che rimane, che fa riflettere.

SL

Anonimo ha detto...

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