Si è insediato il nuovo ministro alla cultura Bonisoli ed è andato a Pompei. S'è messo in vetrina e ha fatto il suo discorsetto, affermando le solite banalità sull'Italia ricca di giacimenti culturali, con la prospettiva però tutta nuova di assumere gente alla cultura.
"La cultura non è profitto, ma lavoro".
Aspettiamo le assunzioni.
In realtà sono anni che mi aspetterei qualcosa di diverso, nel senso del rispetto della diversità di pensiero e creazione, e quindi di 'assunzioni' veramente a tempo indeterminato.
Che si faccia piuttosto una riflessione sulla espropriazione culturale che il nostro presente sta subendo ormai definitivamente in tutti i settori della cosiddetta cultura, una espropriazione antropologica, in un clima terroristico senza precedenti per cui chi non è affiliato al partito di maggioranza e non produce numeri da stadio è un perdente e non è considerato. Proprio non se ne parla.
Chi dice di difendere il diverso lo straniero eccetera poi mette in opera un'azione di denigrazione e svalutazione assoluta nei confronti di chi non è emanazione del dominio o non ne fa parte.
Il potere gestito dall'alto e dal profitto, dopo aver distrutto definitivamente la cultura delle classi subalterne in funzione manipolatoria per immetterle nel circuito del consuma e vota quello che devi, oggi distrugge il resto che rimane e si oppone, e lo stritola con la maschera della democrazia e della tolleranza.
Di questo il ministro del 'governo del cambiamento' si dovrebbe anche occupare.
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