ILVA
MATRIX
di
Giuseppe Alberto Centauro
Alla ‘XXII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico’ di Paestum
(BMTA), svoltasi tra il 14 e il 17 novembre, è stato presentato a cura
dell’Associazione ‘Ilva-Isola d’Elba’ il progetto “Ilva Matrix” che, tra le varie
implicazioni tematiche, contiene il caso ‘Gonfienti Etrusca’ quale questione
emblematica da studiare per approfondire la presenza etrusca nella piana
fiorentina pratese. Nel tracciare questo percorso di ricerca è stato posto l’obiettivo
di contribuire a fissare un’unitarietà geografica e storico evolutiva delle
origini dei popoli Tirrenici nel segno degli antichi colonizzatori etruschi che,
in epoca arcaica e tardoarcaica (fine del VII/inizio del V SAC), dopo secoli di
occupazioni territoriali parziali in condivisione con tribù già insediate, hanno
saldato in un unico grande alveo territoriale, lungo l’intera penisola, le
terre del Centro Sud (dal Cilento fino alla Baia di Napoli, dal Volturno di Capua al Circeo) con quelle dell’Etruria
propriamente detta fino al Po ed oltre. Terre
etrusche, vecchie e nuove, sono dunque: le fertili pianure della Campania e del
Latium Vetus, le ubertose colline della Tuscia (Meridionale, Centrale e
Settentrionale), le rigogliose campagne padane ecc.. A ben guardare queste
delineano una prima carta unitaria della penisola che, nonostante tutti i
successivi domini, conserva ancor oggi una semantica paesaggistica legata alle
origini etrusche.
Il progetto “Ilva Matrix” intende dunque percorrere questi remoti “traccianti
evolutivi”, per risalire dai processi insediativi arcaici a ciò che rimane di
essi attraverso una visione transdisciplinare della storia, perseguita nella
lettura sul campo ed anche, laddove l’archeologia
non fosse ancora in grado di fornire tutti gli adeguati riscontri sul piano
scientifico, attraverso l’osservazione dei segni impressi sul territorio, l’antropologia
storica e la storia stessa della cultura materiale, dei miti e delle leggende,
della geomorfologia sacra applicata alle discipline filosofiche e storico
umanistiche. Così facendo si offrono ulteriori spunti di studio che vanno a legarsi
indiscutibilmente con gli ambiti territoriali di volta in volta indagati, che
sono oggi alla base della moderna analisi urbanistica ed ambientale. Nello
specifico si sono tracciate le rotte marittime e terrestri che fecero dei
Tirreni i principali portatori di quella straordinaria rivoluzione tecnologica e
fertile stagione culturale che convenzionalmente indichiamo come ‘Età del Ferro’.
Ben prima però, fin dal principio del II millennio AC, erano stati gli
esploratori e gli abili naviganti provenienti dal sud est mediterraneo, sospinti
da carestie e guerre fratricide che avevano incendiato le loro terre di origine,
a muoversi dalle coste dell’Egeo orientale
verso ovest e nord ovest, dando continuità a diaspore ancor più remote che
privilegiarono le penetrazioni balcaniche verso nord. Insieme all’élite di quei
popoli, che assai precocemente s’insediarono in queste terre, arrivarono anche
i saperi degli abili metallurgi di stirpe anatolica e caucasica per sfruttare
al meglio i nuovi bacini minerari che si andavano a trovare e, a loro seguito,
sapienti bronzisti e orafi sopraffini. Ben presto risultarono ben note le
dislocazioni delle ricche risorse metallifere della Tuscia e dell’Elba che
costituirono l’humus ideale per sperimentare ed avanzare in tecnologia a
supporto delle talassocrazie costiere e degli empori fondati all’interno dei
territori seguendo gli assi fluviali maggiori.
Si formarono così intricate mescolanze di popoli e di lingue che
ancora oggi non pare dipanarsi, confuse come sono nelle babeliche
classificazioni dei ceppi indoeuropei. Resta il fatto che, in particolare “l’oro
rosso”, così fu chiamata l’ematite
elbana, abbia accelerato in modo esponenziale l’emancipazione tecnologica nella
lavorazione di leghe ferrose. Da qui la
centralità, anche geopolitica, che venne ad assumere l’Elba nello scacchiere delle
polis etrusche, un’espansione bruscamente interrotta a sud est all’indomani della
rovinosa sconfitta navale di Cuma del 470 AC. In precedenza, dopo la battaglia
del Mare Sardo (540 AC), parte della lega delle città etrusche aveva già spostato
l’asse mercantile del ferro sulla costa adriatica, realizzando collegamenti
terrestri di rapida e più sicura percorrenza. In uno stretto lasso temporale si
realizzò tra i due mari una strada maestra: la ‘Via Etrusca del Ferro’ (da Pisa
a Spina); si potenziarono i capisaldi dei percorsi transappenninici con insediamenti
di nuova fondazione, in primis Gonfienti e, nell’area felsinea, Marzabotto (l’etrusca
Kainua).
Le recenti scoperte dell’insediamento posto al centro della piana
fiorentina pratese, avvalorate con i primi scavi del 2001, e il ritrovamento della grande
strada glareata di ‘Casa del Lupo’ a Capannori (Zecchini 2004), dimostrano la forza
aggregante di quei centri e la rilevanza strategica della ‘via di terra’ e del
crocevia bisentino di Gonfienti, memori dell’arteria citata dal geografo greco
Scilace che diceva collegasse i due mari in soli tre giorni.
Perché Ilva? Il toponimo Ilva, come ben ci rappresenta Michelangelo Zecchini (Zecchini
2014, Elba isola, olim Ilva, pp. 70-78 ), deriva dall’etrusco Ils
che fu l’appellativo più antico dell’Elba, lo stesso dato all’isola della
Maddalena, come cita Tolomeo (III, 3,8),
e non già Aithàle (nome greco, per certo posteriore) che, riferito
all’isola, significherebbe ‘la fumosa’, epiteto legato al gran numero di forni
costieri deputati all’arrostimento dei minerali estratti nelle miniere dell’interno,
ben visibili dal mare.
Perché Matrix? Il progetto “Ilva Matrix” percorre nelle sue complesse
connessioni spazio temporali una traccia, ancora poco esplorata (dalla
preistoria alla completa romanizzazione dell’Etruria) che, viste le ampie connessioni
geografiche con i territori d’Oltralpe e dei luoghi mediterranei, riconduce ad
un’unica matrice gli studi che segnano cronologicamente il segmento storico
evolutivo che ha originato prima di Roma la costruzione dell’Europa. Lo
dimostrano gli straordinari reperti riemersi dal pantano della Gonfienti Etrusca,
con il grande palazzo - santuario di oltre 1400 mq, con i preziosi tesori
d’arte rinvenuti al suo interno, reperti ancor oggi poco fruibili, che meritano un’adeguata
valorizzazione in situ in vista della ripresa degli scavi e della creazione di
un parco archeologico da collegarsi con le vie etrusche che proprio dall’Isola
d’Elba s’irradiano a 360 gradi.
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