martedì 18 febbraio 2020

Flavio Bucci e gli sciacalli (Dell'estetica del brutto e maledetto)

Ora gli sciacalli del cinema si butteranno sulla vita ormai conclusa di Flavio Bucci, l'attore maledetto.

Non c'è più altro modo per attrarre questo mondo di sciacalli che vive aspettando i vermi altrui, che essere appunto quello che Flavio era diventato.

Lo conobbi al teatro di Pescia una ventina d'anni fa, ci andai a parlare in camerino. Lo volevo ingaggiare (follie di gioventù), ma era cotto, letteralmente cotto, ubriaco.

Era molto bravo, ma la sua testa ormai non teneva una battuta, e per il teatro non funzionava più.
Ma la gente lo andava a vedere per questo. E lui lo sapeva bene.

 Cosa deve fare un attore, e un artista in genere,  cosa deve diventare?

Altrimenti, del teatro in sé, come anche in fondo del cinema o di arte che sia,  che l'artista sia bravo, capace, serio, no, non gliene frega più niente a nessuno.

Il pubblico, infelice e distratto, vuole il sangue, la maledizione, l'abisso. E da Baudelaire in poi che stiamo andando avanti con questa "estetica del brutto e maledetto", unita al mito del dialetto e popolare, morto sepolto e ormai impossibile, rinfocolato in anni di contestazione tardonovecentesca,  e al suo nascere aveva un senso, era necessario, mentre adesso è solo operazione commerciale...Ci siamo caduti tutti. Oggi però in aggiunta, quando la storia è finita, arrivano gli sciacalli, e santificano a proprio vantaggio. Degli affanni del tizio non si curano, anzi; vogliono il cadavere.

D'altronde, se non ci sono questi ingredienti, allora...l'unico spettacolo che la gente vuole vedere, e per cui paga un biglietto saporito, è quello dell'amato Sé, e per questo hanno già predisposto tutto l'occorrente.

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