lunedì 31 maggio 2021

Lezione di umanità

Ho trovato questa lettera nella cassetta della posta del teatro, e mi sono commossa.

"Non sono potuto venire a teatro in queste settimane, ma con tutto il mio cuore vi lascio la decima del mio stipendio.

Per l'arte dimenticata in questo tempo, per le poltrone vuote e il silenzio".

Chiunque tu sia, sei un grande. In questi tempi aridi ed egoisti, davvero senz'arte, una così alta lezione di umanità.

Grazie.



giovedì 27 maggio 2021

Proverbi e resistenza

 

Proverbi e resistenza culturale: come dire praticamente la stessa cosa.

                                                                   
                                                                 La Nazione 27 05 21

mercoledì 26 maggio 2021

Il teatro che non riapre

Sotto copio un articolo de L'Espresso sui teatri, molti dei quali non riapriranno più, e in particolare quelli privati, piccoli e indipendenti. Per esempio il mio piccolo spazio ha ricevuto, in 15 mesi di chiusura e morte, solo 2000 euro. E chi paga l'affitto non ce la fa. E poi si aggiunga anche che il pubblico non ci va, a teatro; alla Pergola, e non è un teatro privato!, al debutto qualche giorno fa, nemmeno 30 spettatori. Forse chi di dovere, oltre a pensare ai suoi libri, alle vetrine culturali, al partito e agli amici, dovrebbe darsi più daffare.

"Solo un teatro su tre ha riaperto: e molti resteranno chiusi per sempredi Francesca De Sanctis" 

Sale storiche e avamposti di cultura non possono permettersi di riprendere le attività. Ecco la situazione città per città.

Ci guardiamo con sospetto mantenendo una certa distanza, ma i nostri occhi brillano di gioia. Sì, siamo tutti felici di ritrovarci in teatro, di tornare a vedere dal vivo corpi che vibrano e di incrociare i nostri sguardi prima e dopo lo spettacolo. Ma quanti sono i teatri che hanno riaperto al pubblico? Basta farsi un giro in città, ciascuno nella propria, per rendersi conto che in realtà la maggior parte delle sale ha le porte d’ingresso sbarrate. Quante? Diciamo i due terzi del numero totale di teatri in Italia, più o meno il 70 per cento, che corrisponde alla percentuale di sale private, circa 500 in tutto. Perché? Eppure il decreto parla chiaro: dal 26 aprile 2021, in zona gialla, tornano gli spettacoli aperti al pubblico nelle sale teatrali. Ma a quali condizioni? Numero limitato di spettatori e distanziamento, fattori che scoraggiano e impediscono la ripartenza, almeno fino all’autunno. Senza contare che questo lungo periodo di chiusura ha lasciato dietro di sé già tante macerie.

Solo nella città di Roma, per esempio, per ora restano chiusi teatri importanti come il Quirino, la Sala Umberto, il Sistina, l’Ambra Jovinelli, ma anche luoghi più piccoli ben radicati nel territorio e diventati un punto di riferimento per la ricerca teatrale come Carrozzerie N.o.t., spazi storici come il Teatro della Cometa, chiuso per lavori di ristrutturazione dopo la scadenza del contratto di affitto di Giorgio Barattolo, che di sicuro non tornerà a gestirlo. Perfino il Salone Margherita, il “bagaglino” di via Due Macelli, non ha retto al Covid-19 ed è rimasto chiuso al pubblico da settembre scorso, complici le pressioni della Banca d’Italia, che chiedeva indietro lo stabile (e parliamo di un teatro che registrava circa 300 repliche all’anno). Porte sbarrate - ma per problemi precedenti la pandemia - anche al Teatro dell’Angelo che presto cederà il posto ad un supermercato, e al Teatro San Raffaele, zona Trullo, gestito da anni dall’associazione il Cilindro, impegnata in una campagna per chiedere al Vicariato il rinnovo del contratto di locazione.

Insomma, un disastro? «Solo in autunno potremmo fare un bilancio e capire se davvero i teatri potranno riaprire al pubblico», spiega Massimo Romeo Piparo, portavoce dell’Atip (Associazione teatri italiani privati). «Se non si torna alla normalità, che significa eliminare coprifuoco, mascherine, distanziamento, molte sale non riapriranno mai più.

Il problema riguarda soprattutto quelle private che non ricevono finanziamenti pubblici o che prendono una cifra così bassa da rendere impossibile pensare ad una programmazione. Se a un teatro pubblico vengono assegnati 3-4 milioni di finanziamento in un anno, è chiaro che si può e si deve fare attività. Ma se una sala privata ne prende 50-70mila, come si fa? Noi siamo pronti a ripartire, ma in autunno o mai più». E infatti per ora non riaprono neppure i teatri privati ai quali sono stati assegnati aiuti economici, figuriamoci quelli che non hanno avuto nulla. «Nel 2020 abbiamo ricevuto un ristoro a fondo perduto di 48mila euro, ma quei soldi sono serviti a coprire solo i costi fissi», aggiunge Vincenzo Zingaro, direttore artistico del Teatro Arcobaleno e coordinatore nazionale del Movimento Spettacolo dal vivo. «La pandemia ha fatto esplodere una situazione che era già al limite. Siamo disorientati, è una continua corsa ad ostacoli».

Secondo i dati forniti dall’Agis i teatri pubblici e privati che usufruiscono del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo) sono: 31 su 42 in Lombardia, 39 su 45 nel Lazio, 22 su 26 in Campania, tanto per fare qualche esempio e capire quante sono le sale escluse dal finanziamento ministeriale e che sicuramente si trovano in gravi difficoltà. Tanto che nel frattempo qualcuna ha già tirato giù le saracinesche definitivamente. In provincia di Napoli resta chiuso il Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano, fondato nel 1971 da Massimo Troisi, un piccolo teatro privato con 70 posti, dove però si sono esibiti, con Troisi, anche Enzo De Caro e Lello Arena (che formavano il trio La Smorfia). «Le porte del teatro sono sbarrate e rischiano di rimanere così per sempre se la situazione non cambia», racconta Vincenzo Borrelli, il direttore artistico. «Da quando è scoppiata la pandemia abbiamo continuato a pagare affitto e bollette, persino una tassa sui rifiuti di circa 2mila euro, nonostante la chiusura al pubblico. Siamo riusciti solo a portare avanti l’attività di formazione online. Purtroppo non abbiamo avuto nessun tipo di aiuto. Se la sala fosse riconosciuta come “teatro storico”, la situazione sarebbe diversa. Abbiamo già raccolto 25 mila firme e siamo in causa con il Comune. Intanto restiamo chiusi».

A Milano, il Teatro Libero, uno spazio privato situato al terzo piano di un palazzo in zona Navigli, storicamente dedicato alla drammaturgia contemporanea, alla sperimentazione, cessa definitivamente la sua attività. «È una scelta dolorosa, ma inevitabile», racconta Corrado Accordino, che lavorava lì con la sua compagnia da 20 anni, e negli ultimi 6-7 anni anche con ruolo di direttore artistico insieme a Manuel Renga. «Con l’arrivo della pandemia, quindi dal mese di marzo dello scorso anno, sono cessate tutte le attività e dunque sono venuti meno gli incassi. Ma l’affitto abbiamo dovuto pagarlo lo stesso (40 mila euro all’anno, cifra impossibile da coprire con un finanziamento di 30mila euro da parte del Comune, Ndr.). Per fortuna abbiamo salvato i posti di lavoro, i 15 dipendenti della compagnia La Danza immobile ora lavorano a Monza, al Binario7, che è la nostra sede storica. Ma da quando abbiamo riconsegnato le chiavi del teatro e si è sparsa la voce abbiamo ricevuto fiori, lettere, messaggi di solidarietà da parte di tanti abbonati. La chiusura di un teatro è una perdita per tutti. Ora bisogna capire cosa e come ricostruire».

Il momento è drammatico anche per il Teatro ragazzi, fermo ormai da un anno e mezzo. «L’80 per cento del nostro pubblico è costituito dalle scuole, che per tutto il periodo di pandemia non hanno autorizzato le uscite», spiega Lucio D’Angelo, presidente di As.t.ra. (Associazione Teatro Ragazzi): «Ecco perché tutto il circuito è bloccato. Tra l’altro sono bloccati anche i finanziamenti degli enti locali, le politiche di ristoro non ci sono state, e sfuma anche la possibilità di avere dei finanziamenti Fus perché al di sotto delle 60 repliche annuali richieste. Vedremo se si riuscirà a programmare qualcosa in estate, ma con il coprifuoco diventa un problema. Insomma, siamo in una situazione molto difficile, non so fino a quando resisteremo». Viene da chiedersi cosa resta. Festival, arene, terrazze, piazze, palcoscenici in parte si stanno ripopolando. Ma intanto stiamo perdendo pezzi. Bisognerà capire, prima che sia troppo tardi, in che modo il settore teatrale riuscirà a sopravvivere.

https://espresso.repubblica.it/idee/2021/05/24/news/covid_teatri_chiusi-301969390/?__vfz=medium%3Dsharebar&fbclid=IwAR3uvUpeTA-y0ehyNqc4xS4GdIH7ksNMgI9J9ImvcLA0AyPw9C74CbK-nrI

domenica 23 maggio 2021

Proposte



Invito tutti a fare proposte per la prossima stagione alla Baracca.

Proposte di tutti i generi, non solo le benvenute classicamente teatrali,  o quelle di musica, canto, poesia; ma anche discorsi impossibili come  di filosofia politica antropologia cosmologia e geologia, storia geografia ecologia matematica e geometria o materie immaginate, e tutti i qualsivoglia discorsi e ragionamenti o lezioni impossibili, che altrove non potrebbero o vorrebbero essere tenuti,  e discorsi piccoli o immensi, quelli rifiutati, o le sempre attuali considerazioni inattuali.

Lo spazio è piccolo, modestissimo, non ci sono finanziamenti pubblici, e per inviare le proposte c'è tempo fino al mese di giugno.

mercoledì 19 maggio 2021

Gli operai della Texprint e Sindaco di Prato: un incontro alla Tazza D'Oro

Il Sindaco di Prato Biffoni non riceve gli operai della Texprint, costretti a orari massacranti di lavoro - e dopo mesi di protesta davanti alla fabbrica! - , e loro, insieme ai sindacalisti di SìCobas lo vanno a incontrare al Caffè Tazza d'Oro di Viale della Repubblica.

Ma il Sindaco non risponde, anzi accusa gli operai e i sindacalisti di maleducazione.

Perché?

Perché non parlare dello sfruttamento del lavoro del Macrolotto e dintorni nel Comune di Prato e zone limitrofe, perché non ascoltare questi sindacalisti e tentare di dare risposte?

Perché non è stato dato un appuntamento in Comune, come chiedevano?

Guardate il video!

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/05/18/prato-operai-della-texprint-provano-a-fermare-il-sindaco-biffoni-protestiamo-da-mesi-ci-ascolti-lui-si-rifiuta-di-parlare-e-scoppia-la-lite/6201257/

lunedì 17 maggio 2021

Su I comizi delle streghe


Ringrazio tutti coloro che sono venuti a vedere (e prima e dopo) I comizi delle streghe, che hanno sostenuto con la loro presenza il mio piccolo, minuscolo teatro. 

Fra tutti i commenti - era tanto che non ne mettevo uno, no? -, scelgo questo, anche perché è quello più lungo, e che mi sembra intonato al personaggio. Grazie Tina Cecchi per le tue parole di lode, ché mi regali allegria:

"Ti scrivo sul tuo spettacolo, I comizi delle streghe, io son venuta qualche giorno fa. Subito dopo non sono riuscita a scrivere nulla, ma ora ti dico perché so che voi ci tenete ad avere un giudizio. M'è parsa originale la strega-befana addobbata con quel cappellone bellissimo, e che parla come parla nei vari dialetti. Ho pensato: ma questa qua di dov'è? Toscana, romana, emiliana, pugliese o... E così sembrava anche non fossi una, ma tante. Capito? Il comizio, era chiaro quello che dicevi, era pieno di riferimenti, ironie, e qualcosa mi son persa. Mi son piaciute anche le canzoni, come cantavi, la recitazione, non sembrava nemmeno recitassi, che eri tu davvero la befana strega. Forte. Brava. E ganza".

Sulle panchine rosse non ci si siede nessuno



Perché colorate le panchine di rosso? 

Meglio non farlo, perché sono panchine che nessuno usa e non serve per lo scopo: nessuno ama sedersi su una panchina colorata di rosso che simboleggia la violenza alle donne.

Ci avete mai visto qualcuno seduto?

Meno panchine colorate, più aiuti concreti, umanità, sostegno, rispetto, cultura, e propria a partire dai comportamenti quotidiani della politica. 

C'è bisogno di politica vera, e non di "gesta inutili" che troppo a buon mercato, e quindi in modo anche ipocrita, la sostituiscono.

E bisogna muoversi, perché durante la pandemia l'oppressione e la violenza sono aumentate, e le donne, ancora una volta, sono state le prime a farne le spese.

Istat.it - Violenza sulle donne

venerdì 14 maggio 2021

Sequestrata la casa di Vannino

 


Hanno sequestrato in via cautelativa la casa di Vannino di Agliana e lui è stato portato via, ma sembra senza alcun TSO, anche perché è una persona totalmente inoffensiva, e ragiona benissimo.

La casa dicono sia a rischio crollo, e quindi un pericolo anche per lui. 

Gli hanno dato un alloggio, sembra, all'albergo popolare di Pistoia. Ma chissà come va a finire. Vannino è un essere totalmente libero. Mite. Simpatico e vanitoso. 

Va rispettata la sua libertà.

Uno scandalo per tutti noi.

                                                                        (Vannino, foto di Gabriele Bellini)


giovedì 13 maggio 2021

Se anche in biblioteca vince il mercato


Qualcuno mi ha chiesto se il libro delle mie opere teatrali (Tutto il teatro) fosse disponibile alla Biblioteca di Prato, a cui ho donato una copia nel febbraio scorso.

Allora, non risultando ancora l'opera nel catalogo dopo quasi quattro mesi, ho domandato che fine avesse fatto, e così una persona addetta, che conosco, aperta e disponibile,  mi ha risposto:

"...siamo molto indietro anche a causa dei recenti pensionamenti, al momento non sostituiti.

Siamo quindi ingolfati di scatole e scatole di libri da catalogare e dobbiamo dare la precedenza a tutta quella saggistica generale e divulgativa legata all'attualità che, se non raggiunge velocemente gli scaffali, diventa poi obsoleta nei contenuti.

Questo vale anche per i cosiddetti bestseller che sono legati alle classifiche ed alle campagne promozionali.

La catalogazione dei classici e di quei libri che "non invecchiano mai" siamo stati purtroppo costretti a rallentarla in attesa di uno snellimento delle procedure..."


Dunque si devono operare priorità: troppi i libri pubblicati, troppa pressione da parte delle case editrici sulle scelte dei lettori che richiedono alla biblioteca i pompatissimi bestseller, e queste scelte sono messe in campo, oltre che da situazioni oggettive (carenza di personale, propaganda dei grandi gruppi, ecc.),  dai dirigenti, che non possono far altro che accettare il dato di fatto. O potrebbero far qualcosa di diverso?  


Il sospetto è che ormai anche in biblioteca vale, anzi spopola - nel senso che toglie al popolo il suo spazio -  la legge di mercato. Non c'è scampo.


Ho anche l'alternativa di pensare, e sorrido, di essere diventata un classico o di appartenere alla schiera dei "non invecchiati".


Comunque il libro ancora non si può prendere in prestito a Prato; e tuttavia, per chi non lo possa acquistare, e solo da me alla Baracca - il libro si trova alla Nazionale di Firenze e a Roma, così come risulta dal catalogo elettronico, e si può avanzare richiesta di prestito interbibliotecario: Risultati sintetici (sbn.it).


Ora si sa, e anche in questo vince il mercato, che manca personale "vero" in biblioteca - notizia che non dà nessun giornale - e che per questo ci si avvale dei volontari del servizio civile. Ben 15 in forza da gennaio 2021. 


Solidarietà e cultura, assenti

Il Prof. Giuseppe Centauro, in un articolo uscito oggi su La Nazione,  auspica una ripartenza della città attraverso maggiore partecipazione e coinvolgimento nelle manifestazioni culturali.  Solidarietà.

E' un articolo bello e significativo, che invita soprattutto coloro che hanno in mano il timone a impegnarsi in attività e partecipazione per indirizzare la nave fuori dalle secche in cui si trova.

Lo ringrazio anche per aver citato la mia commedia sul lavoro, Capomastro, che due anni fa misi in scena con Gianfelice alla Baracca. Purtroppo la commedia fu rifiutata da chi doveva portarla nelle scuole perché l'autrice ero io, colpevole di indipendenza.

Alla seconda riapertura del teatro nel marasma pandemico (la prima è stata nel giugno 2020), tuttavia nessun rappresentante politico è venuto a esprimere vicinanza, dimostrando, ancora una volta, che rara è in quelle persone che a vario modo gestiscono politicamente la città una idea collettiva e plurale, democratica.

Spero che le parole del professore ci aiutino, ma per quanto mi è dato di vedere in questi giorni a teatro e attorno a me, la ripartenza si annuncia pessima.


LA RESISTENZA DELLA CULTURA /2

La transizione culturale e la Prato solidale

Nella settimana della riapertura del Museo del Pretorio, del Museo del Tessuto, comprese le ultime in ordine temporale, del Centro Pecci e quelle annunciate dei musei diocesani e delle mostre d’arte in gestazione, si potrebbe pensare che per il fare cultura in città il ritorno alla normalità sia ormai cosa fatta. Se poi considerassimo che, trainati dal rilancio turistico della città del giglio, potremo presto riascoltare concerti dal vivo, riscoprire i grandi palcoscenici dei teatri e tornare a vivere il piacere di passeggiare nei giardini storici delle Ville Medicee e tanto altro ancora, si dovrebbe raccontare di un lieto fine dopo il lungo incubo dell’isolamento che ci ha privato di quei valori preziosi e irrinunciabili che sono le attività culturali. Ma, a ben guardare e riflettere, non è proprio così perché allo stato odierno delle cose torneremo nella migliore delle ipotesi ad una normalità che abbiamo lasciato alquanto lacunosa e imperfetta. Per questo ogni comunità locale dovrebbe trovare il coraggio civico e politico di affrontare con energia un’effettiva transizione culturale che sia  in grado di elevare la cultura a motore della crescita sociale per spingersi oltre i limiti attuali in ogni ambito delle attività. Per rendere possibile questo progetto, da valutare come una sorta di rivoluzione copernicana, occorrerebbe in primis maturare una nuova consapevolezza sul peso effettivo che la cultura potrebbe avere nella società contemporanea e che adesso ancora non ha. L’occasione di rinnovare attraverso l’offerta culturale vive testimonianze di vicinanza e di solidarietà costituisce da tempo una peculiarità intrinseca per chi fa o promuove l’arte, sia a livello individuale che di gruppo, e questo in tutte le manifestazioni: un concerto, una pièce teatrale, un’installazione ambientale, una collettiva d’arte ed altro. Per una città come Prato l’occasione ricercata per fare valere le migliori attitudini che la comunità ha saputo dimostrare e manifestare con continuità tutte le volte che ce n’è stato bisogno. Il caso di Luana D’Orazio, giovane madre di un bimbo di cinque anni, morta sul lavoro da apprendista nel tessile in un modo tanto drammatico quanto incomprensibile per quanto non hanno potuto garantire le misure di sicurezza che pure avrebbero dovuto essere i valori primari da rispettare in quella sua attività, ha smosso le coscienze e suscitato moti spontanei di solidarietà. Ancora una volta gli artisti sono scesi in campo, ma già lo erano. L’impegno per sostenere la dignità e la sicurezza per chi lavora fa proprio parte di quel profilo culturale dal quale dovremo ripartire nella transizione al cambiamento che auspichiamo per il presente e per il futuro. A Prato è stata anche dedicata in un recente passato dal Teatro La Baracca anche una commedia sul  lavoro e i temi della sicurezza. Ora l’iniziativa di fare un’asta benefica con le opere che saranno  messe a disposizione da tanti artisti di varia provenienza che, grazie all’invito di Carlo Palli, si stanno attivando per sostenere la famiglia di Luana D’Orazio, potrà essere di nuovo l’occasione di dimostrare una Prato solidale purché a questi gesti faccia seguito anche un reale cambiamento nella consapevolezza sull’importanza della cultura per la crescita di tutta la comunità.

Giuseppe Alberto Centauro (Docente di Restauro- Università di Firenze).

 


mercoledì 12 maggio 2021

Esistono, oggi, autentiche streghe?


Sabato 15 maggio, ore 18, replico I comizi delle streghe alla Baracca.

Al riguardo vi invito a leggere quanto un misterioso esoterista-antropologo attivo negli anni 70-80, Francesco Piccolo (omonimo di uno scrittore alla moda per il quale la Strega è solo un premio, e che con il nostro non ha nulla a che vedere ), alla domanda: "Esistono, oggi, autentiche streghe?", risponde:

 "Ne conobbi una durante un mio vagabondaggio in Molise (N.d.R. negli anni '60) e la soprannominai Giacinta, perché il giacinto era il fiore che prediligeva per i suoi filtri magici. Era molto vecchia e abitava in un casolare decrepito sullo sperone di una montagna desolata e riarsa. Con molta pazienza riuscii a conquistare la sua fiducia, e un giorno (avevo portato biscotti e una bottiglia di vino), mi raccontò la storia della sua vita. Era la prima di undici figli di una miserabile famiglia contadina. Aveva sedici anni quando il padre morì con il cranio sfondato dal calcio di un cavallo. Il dolore e la fatica fecero perdere il lume della ragione alla madre, che una sera si gettò da una rupe con l'ultimo nato in braccio. Giacinta lavorò duramente per sopravvivere con i nove fratelli. Si sposò a 24 anni con una spaccapietre tisico, mise al mondo sette marmocchi malaticci e continuò a sfacchinare come una bestia. Quasi novantenne, si stupiva di essere ancora viva. In paese la consideravano un strega proprio perché era sfuggita a un estino rigoroso come le stagioni. E lei alimentava la favola uscendo di notte a raccogliere fiori, radici e bacche, da cui ricavava intrugli tanto disgustosi quanto inutili. All'imbrunire sedeva sulla soglia di pietra e intonava nenie senza senso, faceva genuflessioni alla luna nascente, imprecava alle stelle, invocava il fulmine della tempesta. Anche Giacinta, infine, aveva finito per credere di essere una strega. Non si rendeva conto, ignorante com'era che la sua illusione e il suo mito erano nati dal desiderio disperato di sfuggire a una condizione ingiusta e spietata. 
Queste sono le vere streghe, le streghe in cui credo, le uniche streghe esistenti in tutti i tempi...La suggestione e l'empirismo trovano terreno nell'ignoranza, e la religione, sempre attenta alle esigenze dei potenti, favorisce l'affermarsi del mito demoniaco della stregoneria. Un legittimo sentimento di rivolta contro inique condizioni di vita si trasfigura così in una disciplina tenebrosa, praticata da individui perduti che hanno venduto anima e corpo al diavolo. La donna è la strega per eccellenza, il veicolo immondo della contaminazione fisica e morale. 

Anche questo aspetto della grande mistificazione ha una sua ragione logica, perché è proprio la donna, vissuta per secoli come una schiava, a esprimere le insoddisfazioni più brucianti, a gridare l'orrore della sua antica oppressione, a cercare la liberazione nel delirio. E' la denuncia irrazionale e confusa di una maledizione che ha molte matrici: fame, miseria, violenza, sudore, soprusi, sesso deluso, morte, fatica, impotenza, lacrime.

La strega è il simbolo della rivolta sociale, e come tale minaccia l'ordine costituito. La strega è libertà e se non fosse nata spontaneamente dagli incubi del popolo, i potenti avrebbero dovuto inventarla: è il pretesto ricorrente per soffocare ogni moto di ribellione...

La ribellione favorì quella che chiameremmo oggi una "controcultura femminile" opposta alla cultura dominante. Poiché da sempre l'esercizio della medicina era riservato agli uomini, le streghe di tutti i tempi vollero crearsi rimedi propri. E per giungere a ciò attinsero soprattutto al mondo vegetale. Vi furono alcune fortunate, in passato, che raggiunsero posizioni invidiabili, tanto da essere considerate insuperabili maestre di magia.

Come avrebbe potuto una "semplice donna", con le sue povere doti, andare tanto lontano? Che fosse grazie alla sua intelligenza, nessuno si sognava neppure di pensarlo."


Nella foto io nei Comizi delle Streghe, fotografata da Angelo Sabanito Polizzi.

martedì 11 maggio 2021

Giovani: come trovare lavoro

 Leggo che i giovani si iscrivono con fervore al partito.

Qualche anno fa, Simone Weil spiegava già il fenomeno, e allora, per molti aspetti c'era meno crisi di oggi (anche se c'era la guerra e si stava parecchio male!); insomma i giovani si iscrivono in gran numero ai partiti quando non hanno certezze per il loro futuro, e in sostanza sono in cerca di lavoro e di sostegno.

I partiti, dice Weil, fungono da ufficio di collocamento; pensate a quante persone a spasso in più se non ci fossero partiti!

I giovani hanno capito come va il mondo e lo vogliono migliorare.  Certo, che diamine, se possibile si migliora per tutti ma, se l'impresa va proprio male, ci s'arrangia e ci s'accontenta anche di una piccola miglioria... solo per sé.

sabato 8 maggio 2021

Il virus che si prende guardando la televisione



Cari spettatori, che avete paura ad andare a teatro per il virus, vi avviso 
che alla Baracca siamo in regola con le procedure e che in aggiunta abbiamo ridotto il numero degli ingressi al minimo minimo, non dovete temere.

Il virus, non so poi se lo sapete, si prende anche, anzi soprattutto, guardando la televisione.

Per questo oggi alle 18 alla Baracca si va tranquillamente in scena con "I comizi delle streghe".

A più tardi, e con piacere vi saluterò dal vivo.


Le foto sono di Angelo Sabanito Polizzi.

venerdì 7 maggio 2021

Le critiche al potere

Che una filosofa rivoluzionaria come la Weil, altro che mistica!, sia stata e sia sistematicamente dimenticata è emblematico, e dice che la maggioranza di noi sta bene nel sistema in cui sta, nel grande e comodo racket.

Il colposo oblio nei confronti della Weil fa pensare anche che purtroppo le critiche al potere, per avere risonanza, devono avere potere.

Dunque, direbbe la filosofa, sospettare sempre chi ha risonanza, a qualsiasi livello, nei mezzi di comunicazione!

mercoledì 5 maggio 2021

Recidiva

Tutti a stracciarsi le vesti sui morti sul lavoro ma, tanto per fare un esempio, quando abbiamo presentato lo spettacolo sul lavoro - pochi mesi fa - , c'era poca gente. NON INTERESSAVA NEMMENO AGLI ADDETTI...AL LAVORO, non ce n'era uno, nonostante gli inviti!

Solo chi è unto dal partito, dal sistema, dal giro, allora "passa" ed è accolto!

D'altronde lo abbiamo visto anche con Simone Weil (che nessuno legge, nessuno conosce), una delle più originali filosofe del XX secolo, anche in Francia l'hanno dimenticata solo perché non è funzionale al sistema!



martedì 4 maggio 2021

Siete mai stati a Montemurlo?

Sieti mai stati a Montemurlo in quel di Prato?

Non parlo della Rocca, la parte antica, d'impianto etrusco, in alto. Quella in basso, piena di fabbriche, proprio quella di cui tanto si parla perché c'è morta una operaia di 22 anni, Luana D'Orazio, e qualche mese fa, e praticamente nello stesso modo schiacciato, anche un giovane operaio tunisino, Sabri Jaballah, anche lui di 22 anni.

La zona di Oste.

Se ci siete stati, sono convinta che vi siete persi. Una volta che siete entrati nel dedalo delle fabbriche e delle strade piene di buche e trasandate, dove sfrecciano furgoncini, difficile uscirne.

Tutto è stato costruito per la produzione, il lavoro, lo sfruttamento, la dea-macchina-telaio e il guadagno, senza alcuna cognizione urbanistica, senza alcuna cura per l'umanità e la natura.

Perché non dirlo? Perché non dire che il rispetto per l'uomo e il suo lavoro passa anche per l'ambiente in cui questo si svolge? 

E come si può rimediare oggi a tutti queste distruzioni che portano all'assurda morte, alla cancellazione della vita, a questa serie ininterrotta di cemento asfalto elettrodotti antenne macchine aeroporti macrolotti interporti, caos violenza domino-speculatrice, così come si vede poi in tutta la Piana, fra Prato e Pistoia e Firenze, e proprio dalla Rocca di Montemurlo si osserva bene il disastro compiuto nella Toscana felix!, così simile a tanti altri luoghi in Italia e altrove?

E così anche quest'oggi, come diceva Brecht, mi sono messa dalla parte del torto, perché tutti gli altri posti erano occupati.

lunedì 3 maggio 2021

Morire all'orditoio

E' morta una operaia a Prato in una fabbrica tessile, intrappolata in un orditoio. Luana D'Orazio, 23 anni, mamma e bella come il sole.

E allora, e lo scrivo senza alcun interesse perché non si replicherà e c'era un progetto ma è andato alle ortiche come tutto ormai, m'è venuto in mente un nostro spettacolo di tre anni fa, snobbato da tutti, che trattava della sicurezza sul lavoro, Capomastro.

L'ultima volta l'abbiamo presentato a Padova il 1 maggio di due anni fa, grazie a una sindacalista fuori dagli schemi, Grazia Morra, proprio per sensibilizzare sulla sicurezza.

Non sarà mai abbastanza.

Non solo il lavoro non c'è, ma quello che c'è, ci uccide.

Che dolore.


I comizi delle streghe

Il prossimo appuntamento alla Baracca:  sabato 8 maggio 2021, ore 18, vanno in scena I comizi delle streghe. Confidiamo anche di replicare il sabato dopo. Per la prenotazione, obbligatoria, scrivere a teatrolabaracca@gmail.com.



sabato 1 maggio 2021

Una sfida chiamata Simone Weil


Riaprire la piccola Baracca nel giorno del 1 maggio con Simone Weil, uff, che dilemma è stato per qualche giorno, e con un'opera così lontana apparentemente dal teatro come può essere un  trattato politico-filosofico, ostile al mondo immerso nel sistema partito e nella sua propaganda, il Manifesto per la soppressione dei partiti politici!

Qualcuno, Ferrarotti per esempio che la tradusse per primo, preferisce però usare la parola "Appunti per...", altri invece "Note per..." al posto della parola "manifesto", che in effetti non compare nel titolo originale, Note sur la suppressione générale des parties politiques.

Comunque sia, a parte le pubblicazioni in riviste diciamo di nicchia, il suo Manifesto è uscito in Italia solo nel 2008, e credo che siamo ancora gli unici - ne leggemmo alla Baracca, già nel 2012 alcuni stralci - a farlo a teatro. Questa volta per intero.

D'altronde questi sono tempi in cui la gente ama pensare poco, e andare a infilarsi in un teatro di campagna per ascoltare e capire, eh ci vuole  determinazione, no?

E poi lei stessa scrive: "Non c'è niente di più confortante del non pensare!".

Però poi ho deciso di rischiare, che è sempre la cosa migliore. 

Non temete di non capire: la prosa della Weil è chiara, limpidissima, e non c'è bisogno di alcuna preparazione filosofica per intenderla; in più i suoi testi, pur politici e filosofici, e anche questo che andiamo a leggere oggi pomeriggio, sono contraddistinti da elementi poetici come in stile epigrammatico e da morbida ironia, battute di spirito che muovono, alzano l'espressione del concetto.

La Weil è filosofa, politica e poeta. Oltre ad aver scritto versi, anche la sua unica opera teatrale, incompiuta, Venice sauvée, (Venezia salvata,)  dramma storico messo in scena molti anni fa da Ronconi, è scritto in rima.

E poi è  stata vendemmiatrice, operaia, combattente. Ma di questa bella dualità parlerò a teatro.

Sì, ci vuole molto coraggio a venire ad ascoltarla, così attuale e giovane, intatta nel suo pensiero la Weil, che ci affronta e ci sfida con l'arma invincibile ed eterna della verità!



Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.