Dovrei parlare delle prossime elezioni al Parlamento Italiano. C'è già il mondo che ne parla e comunica affannoso su questo. Avrei poche cose da dire, e tutte brutte. No.
Dovrei parlare di guerra, terza mondiale, e chiedere: dopo averci reso malati, ci renderete affamati?
Secondo quanto mi è dato di capire ci troviamo nel secondo atto del dramma, o della tragedia, vedremo.
Altri due o tre anni così, e così avanti, in questo terrore costante in cui siamo stati e saremo immersi. Cotidie.
Non manca molto, e per questo finché sarà possibile abbiamo il dovere di parlare, noi piccoli, d'altro. Pensare ad altro. Agire e andare altrove.
Per restare in vita e umani, e tentare la felicità. Ognuno come può, ed è già un contrasto, un opposizione al terrore e al disumano, alle armi e alla guerra.
Per questo lavoro lavoriamo frenetici e senza tregua, senza concedere tempo e modo al mondo alto e potente che ci vorrebbe atrofizzati, schiavi, assertivi, passivi. Votanti.
Le lettere a Curzio, Io malaparto, sono pronte, curiosamente allestite, e aspettano solo di incontrare il pubblico. Tra pochi giorni.
Dell'opera sui poeti, Il poeta è un bandito, riprenderemo presto le prove tutti insieme e saremo in scena per la data stabilita, il 22 ottobre.
E ancora tante cose, di cui solo aggiungo: sto preparando Cimiteri, Primo Spasso per l'aldilà che, se non ci sono intoppi, presento a novembre alla Baracca.
Viva la vita.
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