La mostra Lo stile dello Zar, diciamo subito, non ci interessa quasi per nulla. Non ci stimola la curiosità. Certo andremo a visitarla, ma ci paiono lo solite robe calate dall’alto, come a teatro, il deus-ex-machina a risolvere l’intreccio. Qui parecchio ingarbugliato.
Sono anni che dobbiamo sorbire queste inutili mostre, questi eventi che passano su di noi, fanno sperperio di soldi e poi non ci lasciano che la dimenticanza.
Perché le città, e Prato in testa, hanno bisogno casomai di ben altre mostre, di ben altri eventi, di un significato che nessuno sa e può trovare, perché farlo significherebbe, in parte, andare a togliere il masso dove sotto vivono i bachi. E togliere il masso non si può.
Sono anni che dobbiamo sorbire queste inutili mostre, questi eventi che passano su di noi, fanno sperperio di soldi e poi non ci lasciano che la dimenticanza.
Perché le città, e Prato in testa, hanno bisogno casomai di ben altre mostre, di ben altri eventi, di un significato che nessuno sa e può trovare, perché farlo significherebbe, in parte, andare a togliere il masso dove sotto vivono i bachi. E togliere il masso non si può.
Per quello che sarà la mostra basta guardare l’invito che è stato gentilmente inviato. Un cartoncino ben ricco e di certa dimensione, dal colore delicato, con scritte piccolissime e spazi vuoti, dove non c’era verso scrivere nulla.
Cosa avrebbero potuto scrivere, quanto costa la mostra? Che con quei soldi si poteva far qualcosa per la nostra Gonfienti, per esempio?
Che si poteva far qualcosa per valorizzare meglio lo stesso Museo del Tessuto?
Si passa da sbaglio in sbaglio, la programmazione culturale in mano a gente che non ha idee, coraggio, preparazione.
Basta con la cultura in mano ai mercantucoli, il cui orizzonte è solo il libro mastro.
Maila
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