venerdì 27 novembre 2009

MANIFESTO CONTRO IL MONOPOLIO CULTURALE

Trascrivo qui un 'vecchio' manifesto del 1999 che fino a qualche anno fa veniva fatto circolare e firmare, nella speranza che aiutasse nel rinnovamento culturale e politico, al fine di creare un 'circuito d'intenti' fra gli artisti, a tutti i livelli.
Le firme di adesione arrivarono a più di cento, ma non ne nacque nessuna rete di solidarietà.
La situazione della gestione dei 'centri culturali' che viene denunciata è immutata; anzi, se possibile, è diventata ancora più meschina e retriva, ipocrita, senza offrire nessuna prospettiva per coloro che - se ancora esistono- intendono l'arte come significato, come azione politica, oltre che estetica.
Gli artisti, invece di combattere questa situazione che ostacola di fatto le loro libertà espressive, vi si sono acriticamente adagiati. Essi non pongono minimamente in discussione il sistema politico-culturale, la sua gestione; anzi, ci stanno dietro e intorno come cagnolini fedeli al fine di potervisi inserire.
Il risultato è che essi, a tutti i livelli, sono quasi totalmente disimpegnati. O fintamente impegnati. O manieristicamente impegnati-insensati. E le loro azioni artistiche, a tutti i livelli, sono solo un'azione propagandistica a favore dello status quo, e per questo sono pagati, corteggiati, 'inseriti'.
Dell' arte 'ribelle' degli anni '70, la cui eco era ben percepibile fino a qualche anno fa, rimane nei giovani (ma anche nei meno giovani!) l'estetica, concessa e finanziata dal potere centrale, sia esso statale o regionale, che ha inglobato in questo modo la protesta, e così si definisce 'democratico', ma che in realtà ha imposto i suoi diktat.
Dell' 'arte di denuncia' quella di oggi ha solo il guscio, la forma vuota -la commistione dei generi e mezzi, l' 'estetica del brutto', la provocazione e l'insulto, lo straniamento fisico-spaziale. Qualche scandalo, dosato qua e là, giusto per la scena e la cronaca.
Oggi non si 'denuncia' se non ciò che deve essere denunciato.
Sono questi gli anni del 'ribellismo' codificato, delle 'denunce santificate', come quelle celebrate nelle sante feste civili, come per esempio, nella Festa della Toscana.
(Che per fortuna ci sono, almeno ogni tanto, per sbaglio e metterci a tacere, arriva qualche soldo anche qua).
Maila Ermini
MANIFESTO CONTRO IL MONOPOLIO SULLA CULTURA IN ITALIA
Questo manifesto intende denunciare la mancanza di un serio rinnovamento in ambito artistico a causa della stagnante presenza di un monopolio culturale di grossi centri, gruppi produttivi e amministrativi sulle attività culturali in Italia. Il monopolio si esplica nel controllo degli spazi e delle modalità delle manifestazioni culturali, e, dunque, conseguentemente, nello stretto controllo sui contenuti e le forme degli eventi stessi.

Analisi

La nostra protesta nasce da un’analisi del fenomeno artistico del teatro: quello professionale è quasi del tutto lottizzato, mosso soltanto da movimenti nepotistici o di clan e gestito - ove il ricambio sia funzionale alle scelte produttive –solo dai grandi centri di potere. Basta osservare attentamente la programmazione dei circuiti teatrali italiani per scoprire che le compagnie che lavorano sono spesso le stesse o solo quelle.

E’ inteso, però: il monopolio culturale riguarda tutto il settore artistico.

Esso causa ciò che è a tutti manifesto: una vita artistica scialba, senza novità, stimoli o benefiche rivoluzioni che producano nuove idee e stili. Anzi, di tutto questo la gran parte dei centri di produzione-potere intende fare a meno, visto che si dedica del tutto a raccogliere pubblico e quindi danaro, a promuovere la propria immagine e a togliere i pochi spazi ancora restanti per le realtà autonome e autogestite. Inutile dire che i centri di produzione e di potere che vivono con finanziamenti pubblici avrebbero il dovere di non tralasciare e di valorizzare quello che accade loro attorno, evitando di fagocitare tutto.

La situazione non è per niente migliorata con il decentramento politico e amministrativo; al contrario, si è verificata una proliferazione di supermercati culturali a livello regionale, provinciale e comunale. Il supermercato culturale è però più dannoso di quello alimentare. Esso non fa sconti e non garantisce affatto né la freschezza né la varietà della merce. I risultati, evidentissimi, dimostrano il contrario. Per esempio, a teatro si assiste a un’offerta omogenea che va dall’opera classico-comica di cassetta con attori di fama televisiva (tutti a capofitto su papà Goldoni o sulla ‘situation comedy’), alla finta avanguardia (il cosiddetto ‘teatro di ricerca’, con le scontate crudeltà).

La cosiddetta ‘politica verso i giovani’ attuata da alcuni enti, centri culturali, istituti, teatri eccetera è in gran parte falsa e strumentale, perché ha di mira soltanto il giovane come consumatore, fruitore dell’evento. Per il resto, egli viene tenuto a debita distanza. Il giovane artista deve, se intende ‘entrare nel giro’, cercarsi il protettore e diventar ruffiano, apprendere velocemente le usanze e i riti dell’asservimento artistico. Né più né meno come in epoche formalmente meno democratiche della nostra.


Obbiettivi

INVITIAMO TUTTI A FIRMARE QUESTO MANIFESTO CHE CONCRETAMENTE CHIEDE:

-una politica seria per la distribuzione degli spazi per gli eventi culturali in Italia che eviti l’accorpamento di più centri sotto un’unica direzione amministrativa (per esempio, più teatri in una provincia gestiti dallo stesso ente: ciò significa una programmazione piattamente omogenea, standardizzata, scambio di favoritismi e diktat culturale);

-l’impegno, per coloro che decidono su programmazioni di eventi culturali, di una minima quota di accesso per le nuove realtà emergenti o i nuovi singoli artisti (per esempio l’inserimento di un pittore ancora sconosciuto al pubblico in una mostra; di almeno di una giovane compagnia nei cartelloni di tutti i teatri pubblici);

- più visibilità ed equità di accesso ai finanziamenti pubblici per la cultura, terreno di poche realtà privilegiate.

-amministratori più capaci e meno occupati degli scambi di favore o della fama personale, veramente interessati al rinnovamento e alla promozione culturale e umana della realtà amministrata.


Conclusione

Firmate e fate firmare questo manifesto. Diffondetene i contenuti, se sentite il bisogno di un rinnovamento culturale in questo paese. Intendiamo procedere anche a forme di lotta civili, come l’organizzazione di un astensionismo attivo nei confronti di spettacoli emblematici di ciò che noi riteniamo frutto di quanto denunciamo, con volantinaggio davanti ai vari ‘luoghi della cultura’, più o meno deputati e paludati. Riappropriamoci del diritto di critica attiva, cominciamo a dire basta agli applausi convenzionali delle varie lobbies, palesi e non.

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Grazie a chi non pregiudica

In tutti questi anni di lavoro qui in Toscana, io sono toscana, non sono mai stata chiamata a presentare un mio spettacolo nel circuito dell...