giovedì 29 dicembre 2011

Come riparare il disastro?

Riporto qui una lettera che ho letto su Il Tirreno, è di oggi.
Per chi non conosce la città di Prato, chi scrive la lettera si riferisce alla zona est, quella che l’Interporto ha distrutto dividendola in due.
Dunque i risultati che la costruzione dell’Interporto ha causato sono drammatici e sono:
-la distruzione di una parte della periferia che, come dice il signor Manetti, è stata divisa in due dall’Interporto stesso;
-il voluto abbandono della città etrusca di Gonfienti; 
-il duplice danno economico e culturale: dell’impoverimento della bella frazione, ormai ridotta a zona di passaggio, e del continuo ignorare della ricchezza, del prestigio, della crescita culturale dei cittadini che il valorizzare la città antica avrebbe significato; in più il danno ambientale che un mostro, l’Interporto, di tale portata ha significato; un mostro in perdita, fallimentare, vuoto, di cui ormai non sanno che farsene.

L’Interporto, voluto e pensato in tempi lontani, quando era sindaco Lohengrin Landini, è stato invece costruito e terminato in tempi in cui la concezione stessa degli interporti era conclusa, e sta terminando anche in aree più felici e di più antico insediamento.

Come riparare, ora, a questo disastro?


"LA MACINE Chiude l’ultimo negozio, la frazione muore   di FIORENZO MANETTI

 La frazione de La Macine lentamente muore.
 Infatti con la fine dell’anno, chiude l’ultimo negozio rimasto, con l’eccezione di due saloni di parrucchiera; l’ultimo negozio rimasto era quello del macellaio il quale si era convertito a vendere anche altri generi alimentari, come il pane, la pasta per grantire un servizio ai residenti della frazione.
 La colpa, si dice, è dei centri commerciali, ed in parte è vero, ma la colpa principale è quella di aver occupato con l’interporto tutto il territorio che poteva servire alla frazione per espandersi, stretta com’è fra la ferrovia e la collina.
 Si diceva che un’infrastruttura come l’interporto avrebbe portato benefici enormi all’economia pratese, invece dopo trenta anni di lavori e di disagi per gli abitanti della frazione, ancora non è andato a regime e forse non riuscirà mai a decollare, in quanto finora sta solo accumulando debiti.
 Con l’Interporto è stato diviso in due un territorio omogeneo come Gonfienti e La Macine, che storicamente sono un tutt’uno e adesso non si transita nemmeno con le biciclette. Avevano ragione coloro che all’epoca si opponevano a tale realizzazione.
 Ora resta solo il circolo Costa Azzurra, unico presidio sociale che con l’impegno e il lavoro di alcuni volontari cerca di sopravvivere insieme alla palestra comunale e alla pizzeria.
 Voglio sperare che vi sia da parte delle istituzioni la consapevolezza dell’importanza di questa realtà."

1 commento:

Simone ha detto...

Saranno contenti di questo il signor Marini, presidente degli industriali, il caro ex sindaco Romagnoli che ha , in 5 anni, solo eseguito ordini che gli piovevano dall'alto, e tutti coloro- pochissimi- che pensano all'Interporto come a una fantastica occasione di rilancio dell'economia pratese. MA DOVE SONO I SOLDI CHE L'INTERPORTO DOVEVA CONTRIBUIRE A ATTRARRE? Ammesso che ci siano, e ne dubito, nessuno in città se ne è accorto, da ormai quasi 14 anni a questa parte ( da quando è stata iniziata questa scellerata opera ). Si è scelto di devastare la zona Est della città, si è negato un fantastico ritrovamento archeologico, si è impoverito e mortificato la frazione della Macine...per cosa? Dove sono i benefici? Dopo oltre tutti questi anni dovremmo vederli. Non li vediamo perché NON ci sono. Nè ci saranno in seguito, visto il periodo di crisi.

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