giovedì 24 marzo 2016

FO due parole


Su Dario Fo, che compie 90 anni, e che tutti celebrano. 
Bravo come attore, ma come scrittore no. Nobel immeritato, dovevano darlo a Mario Luzi. Ma Luzi era un poeta schivo, non compromesso con il potere i partiti. Non era ruffiano, né falso. Ecco, il tono falso di Fo è quello che più mi disturba. In parte condivido il giudizio di Pasolini, che lo considerava appunto falso, 'la peste del teatro'. 
Tuttavia Fo, al netto di tutto, ha dato molto al teatro, anche facendo spettacoli brutti, nel senso che ha sostenuto il teatro come arte seguita da un pubblico sempre più distratto e indifferente. Franca Rame: quanta pazienza, povera donna, deve aver avuto. Ma anche in lei c'era quel tono che disturbava, anche in scena, e il sospetto che tutte quelle battaglie siano state un po' strumentali alla grancassa necessaria per il successo. 
Un po' quello che fanno tutti sui social.  

Ecco il terribile passo di Pasolini. Fo ha dato a lui, di rimando, del pornografo:

" L'Italia è un paese che diventa sempre più stupido e ignorante. Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili. Non c'è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra: soprattutto naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra. Il teatro italiano, in questo contesto (in cui l'ufficialità è la protesta), si trova certo culturalmente al limite più basso. Il vecchio teatro tradizionale è sempre più ributtante. Il teatro nuovo - che in altro non consiste che nel lungo marcire del modello del « Living Theatre » (escludendo Carmelo Bene, autonomo e originale) - è riuscito a divenire altrettanto ributtante che il teatro tradizionale. È la feccia della neoavanguardia e del '68. Sì, siamo ancora lì: con in più il rigurgito della restaurazione strisciante. Il conformismo di sinistra. Quanto all'ex repubblichino Dario Fo, non si può immaginare niente di più brutto dei suoi testi scritti. Della sua audiovisività e dei suoi mille spettatori (sia pure in carne e ossa) non può evidentemente importarmene nulla. Tutto il resto, Strehler, Ronconi, Visconti, è pura gestualità, materia da rotocalco. È naturale che in un simile quadro il mio teatro non venga neanche percepito. Cosa che (lo confesso) mi riempie di una impotente indignazione, visto che i Pilati (i critici letterari) mi rimandano agli Erodi (i critici teatrali) in una Gerusalemme di cui mi auguro che non rimanga presto pietra su pietra.

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