venerdì 29 dicembre 2017

Un dio chiamato cuoco

Entro a casa dei miei, e la televisione è sintonizzata su uno dei tanti canali dove regnano dèi cuochi che ammanniscono pranzi e cenette presunte prelibate. Quasi tutti rigorosamente maschi, e quindi certo più autorevoli. Le donne sono loro accanto in veste di vallette, e si mostrano in salsa professionale, paffuta e materna.

Osservando le ricette di questi Brighella televisivi e faccendieri, mia madre ha sbagliato le sue un tempo eccellenti lasagne verdi.

E non solo per questo: da mesi mi assale un senso di disgusto per  la cucina italiana e la sua eccellenza, e gli osanna levati nei confronti dei suoi cuochi e  pasticceri, trattati tutti come protagonisti di un firmamento che si mostra in grande spolvero.
E anche la morte di un cuoco sembra una tragedia nazionale.

E' il grande affare, far mangiare e bere la gente, ma in genere lo si fa male, e non può essere che così, visto che per ben cucinare ci vuole quanto meno, oltre ai buoni ingredienti, tempo e modo, e spesso nei ristoranti non si trova né dell'uno né dell'altro.

Preferisco poi, se proprio ci deve essere un dio, una dea in cucina, che poi è quello che accade di solito, e il motivo è solo uno: è un desinare generalmente più tranquillo e meno pretenzioso e aggressivo; infatti la donna più difficilmente diventa dio, cucina e basta, e tutti i giorni e silenziosamente, anche se prepara manicaretti sempre più frettolosi e disattenti, perché deve produrre ,consumare e badare a mille cose, ché deve essere sfruttata non solo in casa, ma anche fuori.

Ma anche la casa, proprio per questo mercato culinario che si propaga dai media, sta assomigliando sempre più a un ristorante, dove si diventa cuochi dèi almeno per un pranzo o una cena.  E mangiando devono levarsi dal desco lodi e commenti per i piatti preparati,  e il senza fine 'ma come buono qua, ma come buono là'.

E anche a me ogni tanto capita di vestire i panni della Brighellina vanitosa dei miei mangiarini, e del mio pane fatto in casa e di questo e dell'altro... Ma direi che ora basta.

Mia nonna Ada Benvenuti dell'Incisa era, oltre a poetessa contadina, gran cuoca, ma a tavola nessuno poteva commentare il suo mangiare. Lo si doveva gustare in silenzio. Era una donna austera e non amava i commenti, nemmeno quelli positivi che ogni tanto qualcuno le porgeva...per sbaglio. E ora valuto quanto fosse saggia, ché le lodi, che continuamente bisogna concedere al cuoco e alla cuoca che ci ammannisce il pasto, sono diventate un rito insopportabile.

E anche il rito del mangiar fuori sta diventando tale; anche perché rarissimi sono i luoghi ormai non abitati da dèi cuochi superbi, faccendieri o pasticcioni.


lunedì 25 dicembre 2017

Imparato tanto

Come passa il tempo
come passa,

è quasi già
la fine del mondo.

Poco ci manca.

E ho imparato
tanto,
e quasi tutto
da dimenticare.


venerdì 22 dicembre 2017

Stasera Barzelletta

Dopo errori e assenze nei comunicati 'ufficiali': replico stasera ore 21 alla Baracca "La Barzelletta vien dalla campagna". Ogni volta lo spettacolo è un po' diverso, perché il mondo della barzelletta è praticamente infinito. Con questo ho concluso la trilogia della letteratura popolare (sui proverbi, Gatta al lardo e la 'sgrammatica' italiana, Asinerie).
Approfitto per ringraziare  tutti coloro che ci sostengono con la loro presenza. 
Lo spettacolo non è inserito nelle Natalogie, il teatro, sapete, fa una programmazione totalmente indipendente, e poi quest'anno il Comune di Prato (chi l'ha visto?) non aveva più soldi per le manifestazioni natalizie. Poco male, vero? Tuttavia, basta farsi un giro in città per avere una idea dell'aria che tira, e non solo in questo periodo.

Alla Baracca concludo l'anno con uno spettacolo per ragazzi e famiglie il 26 dicembre ore 16,30, Pagliaccia Secca, e il 30 dicembre ore 21 replico L'infanzia negata dei celestini.

Considerazioni sulla Giornata di Studio per Gonfienti

"Cosa resta della Giornata di Studio svoltasi a La Baracca?

Due personali considerazioni:
1) Il riconoscimento della straordinarietà  per l’etruscologia della scoperta di Gonfienti e del grande santuario che qui fu fondato, come pure dei ritrovamenti sui Monti della Calvana ed oltre. Pur tuttavia, alla soddisfazione di avere finalmente potuto dimostrare la strettissima relazione tra gli insediamenti proto etruschi ed etruschi di Poggio Castiglioni e la città sul Bisenzio teo-pianificata  in epoca etrusco arcaica, allo straordinario riconoscimento ad essa connesso  della “reggia-santuario” (già erroneamente indicata come una domus di un’agiata famiglia), dall’esistenza di un’area sacra dedicata, come già annunciava L’Offerente, al dio Vertumno, al profondo legame territoriale instaurato dalle reticolate relazioni spaziali (anticipatorie delle centurie romane) e dalle strade glareate etrusche nella piana superiore dell’Arno, tra Fiesole (Vipsul), Arnina (porto fluviale fiorentino) e  la stessa Gonfienti (naturale baricentro della valle), qualificato come  luogo d’eccellenza per l’ interscambio viario e fluviale, alla conferma della via transappenninica dei Santuari in collegamento con Marzabotto (Kainua) e Felsina, fa da contraltare l’assoluta, incomprensibile indifferenza della città di Prato, che pure dovrebbe essere la prima beneficiaria di queste enunciazioni che promuovono in chiave di ricerca un’epocale rivisitazione dell’etruscologia pallottiniana fin qui dominante.

2) La visione cristallina di una nuova inclusiva, culturalmente parlando, lezione di storia dell’epopea etrusca in Occidente, unanimemente condivisa da tutti gli studiosi presenti e da molti altri, tanto da fare seriamente meditare sull’opportunità di promuovere anche a livello universitario un grande convegno internazionale a carattere multidisciplinare che prenda atto del nuovo palinsesto di ricerca che è stato proposto e dettagliatamente presentato a La Baracca.

Rompiamo dunque gli indugi, qualora permanessero paure di scardinare un parte del sapere costituito, decisi e forti nelle convinzioni  oggi avallate da ragionamenti scientifici inoppugnabili. Costruiamo dunque insieme  un nuovo modo di guardare alle origini etrusche ed italiche prima di Roma come risorse universali da rivalutare nell’ambito della cultura occidentale e non solo, per proiettare queste verità a lungo nascoste come patrimonio da salvaguardare, comunicare e diffondere anche in chiave di sviluppo economico e sociale di coesione in tutto il bacino del mediterraneo,  come lo fu l’incontro dei popoli nell’antichità, tra il VII e il V sec. a.C.,  periodo che sancì la nascita della democrazia e della repubblica nella costruzione, pur ancora embrionale, dell’Europa stessa".

Giuseppe Centauro


P.S. Le sottolineature sono mie. La giornata di studio, dal titolo Un nuovo palinsento per gli Etruschi di Gonfienti, si è svolta domenica 17 dicembre 2017. 

giovedì 21 dicembre 2017

I voti di marzo

Io andrò a votare. Dopo tanti dubbi, mi sono convinta ad andare a votare.
E so già per chi voterò.

E poi, le elezioni a marzo, non s'erano mai viste. 
I voti di marzo, che emozione! 
Dopo tanto ritardo, hanno avuto fretta di farci votare, e nemmeno hanno pensato di accorpare le elezioni nazionali con quelle amministrative che ci saranno in primavera in alcuni comuni (più di 700, mi pare...).

In certi giorni le prossime elezioni mi sembrano organizzate a posta per togliere dal gioco, 'rottamare' qualcuno di molto ingombrante; uno di questi potrebbe essere Renzi, che ha perso molto dello smalto di un tempo. Tutto invece ripreso dall'eterno, il semper vivens ad interpellandum pro nobis Berlusconi. E poi, a quale lotta assisteremo fra il celtico 2.0 Salvini e il 5.0 Di Maio!, una lotta all'ultimo elettore (e non si sa se il risultato sarà  3.0, 7.0, oppure 10.0!).
Che poi, se i numeri non fossero di gradimento, si potrebbe tornare dopo qualche mese al voto.  Già.
Dopo tanta astinenza, ci sarà un affollamento elettorale? 
I voti di marzo: sembra alludere a un evento importante, che richiama qualcosa di classico, di antico, di tipicamente italiano...



mercoledì 20 dicembre 2017

lunedì 18 dicembre 2017

Gonfienti: santuario e acropoli

Pubblico alcune foto del convegno di ieri La Baracca (Un nuovo palinsenso per gli Etruschi di Gonfienti), a vent'anni dalla scoperta di Gonfienti etrusca (1997), dove abbiamo registrato l'ennesima assenza della politica locale, che ha dimostrato il suo sostanziale disinteresse, non solo per il passato, ma anche per il presente e futuro della città di Prato e perché no,  di tutta la Piana.

Però, in compenso, la piccola sala del teatro era piena, con la presenza anche di associazioni venute da Perugia e Arezzo.

La nuova 'interpretazione' della domus che ieri è stata data dal Prof. Mario Preti rilancia il progetto per un parco di un'area archeologica che, da oggi, non potrà essere considerata solo un 'interporto del passato'; non si potrà più dire 'anche un tempo vi passavano qui le autostrade', come se fosse un antico nodo commerciale e basta,  a giustificazione della costruzione dell'Interporto moderno, che ha totalmente o poco meno ricoperto l'area archeologica.

Il Prof. Preti,  che da anni compie studi sulle antiche civiltà, sulla base di calcoli e raffrontando con templi di altre civiltà, ha dimostrato che la 'domus' bisentina ha tutti i 'numeri' per essere considerata un tempio, una reggia santuario probabilmente con attorno una zona sacra dedicata al dio Vertumno.

A mio avviso la tesi della presenza del santuario vicino alle acque del Bisenzio potrebbe essere anche avvalorata dalle testimonianze di antichi poeti ed eruditi latini, secondo cui quel dio aveva la capacità di arrestare le acque del Tevere.

In aggiunta si è parlato dei ritrovamenti in Calvana: le imponenti 'mura' di Poggio Castiglioni, per esempio, non possono essere considerate solo 'terrazzamenti' costruite da contadini; sono troppo imponenti e richiedono una tecnologia di cui singole persone non potevano essere dotate. Tutto questo potrebbe far pensare all'esistenza di un' acropoli, che purtroppo non può essere dimostrata perché, come ha ricordato  il Prof. Zecchini, finora  non è stato permesso alcun studio in zona e quindi di ufficiale non può dirsi nulla.

Proprio Prof. Zecchini ha ripercorso brevemente, ma con grande efficacia e con il suo solito guizzo 'politico', la storia dell'area archeologica e ha ricordato a tutti la sua importanza.

Il convegno è stato introdotto dal Prof. Carlo Aberto Garzonio,  professore ordinario di Scienze della Terra all'Università di Firenze; il dibattito coordinato dal prof. Centauro, docente di Restauro a Firenze, a cui si deve il merito di aver voluto e organizzato il convegno.

Materiale di studio del prof. Preti si possono trovare sul suo sito: http://www.mariopreti.it/





Articolo de La Nazione, Prato, del 18-12-17

sabato 16 dicembre 2017

"Un nuovo palinsensto per gli Etruschi di Gonfienti": una anticipazione

Copio di seguito una anticipazione del Prof. Preti per la conferenza che terrà domenica 17 dicembre ( ore 16 con ingresso libero) al Teatro La Baracca dal titolo "Un nuovo palinsensto per gli Etruschi di Gonfienti".
Ricordo che l'ingresso è libero. La conferenza inizierà alle ore 16.

"Gli Etruschi nella piana dell’Arno fra Fiesole e Gonfienti
Abstract della comunicazione al teatro della Baracca, Casale di Prato, 17 Dicembre 2017 Il caso della strada Kaunia/Marzabotto - Gonfienti  e quello della divisione spaziale della piana Vipsul/Fiesole-Gonfienti di Mario Preti.
Gli Etruschi della piana dell’Arno fra Vipsul/Fiesole e Gonfienti e quelli di Velza/Felsina/Bologna si sono insediati già nell’VIII sac. Non dovevano avere in comune gli stessi riti mortuari, perché di là dall’Appennino non troviamo tumuli, come, del resto, nella Campania etrusca di Vulturnum. Tuttavia si sentivano interamente Etruschi e condividevano attività economiche che li hanno spinti a strutturare con una strada il più importante valico appenninico di allora. Infatti il percorso fra la piana dell’Arno con la valle del Bisenzio e la valle del Reno fra Marzabotto e Sasso Marconi, di circa 50 km in linea d’aria, è il più corto fra i monti dell’Appennino Centro Settentrionale e con il passo più basso, a circa 700 mt slm. Certamente il più strategico che unisce importanti areali etruschi. La sua particolarità è di essere stato tracciato con una linea retta che unisce Kaunia-Marzabotto a Gonfienti.
Il sito urbano di Gonfienti, posto all’imbocco della valle del Bisenzio, è un abitato etrusco diviso geometricamente. Esso viene datato dalla fine del VII alla fine del V sac, quando è stata abbandonato “per cause ignote”. Esso presenta (secondo le prospezioni attuali) una superficie di circa 16 ha, cioè l’equivalente di un quadrato di 400x400 mt, in po’ meno di Marzabotto, 25 ha, la cui fondazione viene fatta risalire alla fine del VI sac, con una vita etrusca bisecolare: infatti la città è caduta nelle mani dei Galli alla metà del IV sac. La scoperta di Gonfienti ha valorizzato l’abitato etrusco di Misa-Kaunia rendendolo meno isolato e più partecipe di un sistema infrastrutturale etrusco che presentava una via commerciale/militare transappenninica che univa i porti del tirreno, come Vetulonia-Populonia-Pisa con la Val Padana e l’Adriatico. Una via che arrivava da un lato al Nord dell’Ambra e dall’altra al Mar Tirreno e da qui al Medioriente e l’Egitto (via Corsica, Sardegna, Cartagine).
Mentre la via è complessivamente logica, a ben guardare non è comprensibile secondo i principi della logistica dei trasporti proprio la scelta della posizione di Kaunia-Marzabotto. Infatti, da questo punto di vista il vicino sito di Sasso Marconi posto alla confluenza del Reno e del Setta avrebbe avuto maggior senso. Provenendo da Sud, il percorso devia dalla valle del Setta presso Pian di Setta dirigendosi verso la valle del Reno con un percorso tortuoso che aggira il Monte Sole fino a Sperticano per passare il Reno prima di entrare in città. Oggi la ss 325, che ricalca il percorso etrusco, prosegue lungo la valle del Setta direttamente fino a Sasso Marconi. Mettiamola così: la deviazione della via etrusca è una forzatura evidente. Dobbiamo proprio pensare che vi fosse una motivazione molto più importante della logistica dei trasporti, che io colloco necessariamente nella sfera religiosa, come un santuario particolarmente importante, formato da quei templi e altri edifici che si trovano nell’acropoli della città.
Di Kaunia ho ricostruito la sua struttura matematica basata su due triangoli pitagorici che si trasformano in
un grande rettangolo, con la geometria dell’abitato basata sull’uso del rettangolo Iugerum di 36x72 mt e quella dell’acropoli basata sul rettangolo di 22,5x45 mt, ripetendo le geometrie della Pompei etrusca. Non vi sono dubbi sul fatto che la città nascesse da un Progetto urbanistico strutturato matematicamente e che la sua forma fosse meridionale. Questo fatto non significa necessariamente che gli architetti venissero dall’Etruria Marittima. Io penso che la il progetto della città sia stato generato dalla presenza di un santuario preesistente e che fosse molto importante, a giudicare dalle forme geometriche adoperate per articolare la sua struttura matematica.
Torniamo alla linea virtuale diritta che congiunge Kaunia a Gonfienti per 50 km di colline: essa comincia e finisce in due città e necessariamente le caratterizza: anche nell’area di Gonfienti doveva esistere un santuario, e mi sembra che i reperti archeologici trovati intorno possano avallare il fatto. Altro fatto: si parla sempre in letteratura di una via appenninica fra Marzabotto e Gonfienti, semplicemente perché si è scoperto prima l’uno dell’altra. In realtà l’archeologia sembrerebbe indicare invece prima l’altra dell’uno, cioè una costruzione che è iniziata dalla piana dell’Arno.
Sta di fatto che la lunghissima linea esiste, si conforma alla valle del Bisanzio, scavalca l’Appennino fra Montepiano e Castiglion dei Pepoli, rimane dritta fra il Brasiamone e il Setta e poi scavalca d’un balzo il Monte Sole per trovare nella valle del Reno Marzabotto-Kaunia. Un progetto realizzato con i soli strumenti ottici come le grome. Che si trattasse di un progetto meditato e scelto dopo un processo di ricerca è dimostrato dalle stesse caratteristiche orografiche di questa via. Infatti, dei i possibili transiti appenninici fra l’Etruria e l’Emilia Romagna da Bologna e Rimini questo è il più corto e il più basso. Per questo è stato infrastrutturato e, ovviamente, messo sotto la protezione di un dio o due dei, visibile nella presenza dei santuari e in quella linea originaria di ben 50 km che la strada vera cercava di ricalcare il più possibile. Come? per me con uno strumento semplicissimo come quello che nell’Egitto faraonico era utilizzato durante la costruzione delle piramidi per controllare continuamente, concio sopra concio, l’inclinazione delle facce. Un compasso (qui usato in orizzontale) che funzionava come un triangolo rettangolo. In questo caso un’asta
(cateto) del compasso veniva fatta combaciare col Nord (con uno gnomone o con la stella polare) e l’altra (ipotenusa) veniva regolata come ampiezza secondo la lunghezza dell’altro cateto regolando l’angolo misurato come N5:1E, che è proprio l’orientamento della strada. 
È interessante notare il rapporto che c’è fra tre direzioni spaziali presenti nella piana dell’Arno:
N5:3E è l’inclinazione della divisione spaziale del territorio della Piana;
N5:2E è l’inclinazione del Palazzo di Gonfianti chiamato Domus, e probabilmente dell’intero abitato; N5:1E l’inclinazione della via appenninica.
È possibile che vi fosse stato un progetto unitario partendo dalla divisione della piana.   
Della strada dovremmo trovare dei resti come quelli rinvenuti vicino a Porcari e anche delle strutture edilizie che potevano essere guarnigioni e ripari per i viaggiatori, Proprio come le strade micenee da cui derivano. Dell’abitato di Gonfienti non possiamo dire molto sul suo assetto urbano, dato che gli scavi ci presentano aree parziali. La dimensione che gli studiosi ci rivelano è di circa 400x400 mt, ma io non la ritengo definitiva, prima perché la città etrusca quadrata è improbabile dopo le mie esperienze di analisi dei più importanti siti etruschi; secondo, perché  sono misure non significative e al di fuori delle regole della divisione spaziale. Non sappiamo poi se l’abitato fosse una città oppure un agglomerato di sosta per i viaggiatori transappenninici, come un caravanserraglio. Io propendo per la città, per via di Kaunia dall’altra parte.  Per evitare ridicoli campanilismi che dalle parti dell’Arno e dintorni sono forti, dobbiamo dire che l’intera valle inferiore dell’Arno doveva essere abitata da un unico gruppo etrusco, a giudicare dalla divisione spaziale del territorio che va da oltre Fiesole ad Est fino a Empoli a Sud e a Ovest una buona parte della piana se non arrivava a Pistoia. Il nucleo abitato più importante era Fiesole, per come tutti gli autori romani ci tramandano. i limiti fiesolani avanzavano ad Est comprendendo una parte del Valdarno superiore confinando con Arezzo; nell’arco Sud confinava con Volterra. Molti nuclei abitati più piccoli punteggiavano il territorio. Il rapporto fra Gonfianti e Fiesole va visto come quello fra Kaunia e Felsina al di là dell’Appennino. Se non posso approfondire i caratteri dell’abitato di Gonfienti per mancanza di dati, posso invece dire che l’orientamento della domus che ho già dichiarato suggerisce una rotazione del nucleo urbano rispetto alla divisione spaziale della piana che è un fatto canonico nel rapporto fra città etrusche e romane, quasi una regola, come ci riportano i testi Gromatici Veteres.
Questa direzione spaziale riesce a giustificare meglio la presenza di una struttura urbana tipo acropoli alla sommità di Poggio Castiglioni, che potrebbe essere sia un santuario sia una fortezza per il perfetto controllo militare della via appenninica (o ambedue). Dalla lettura delle mie carte potrebbe essere anche parte della città se ipotizziamo un bosco sacro sul fianco Sud del poggio, dove oggi si trova la Cementizia. Questo elemento si giustifica anche con la mancanza di necropoli da questo lato, che invece presentano una grande quantità di tumuli sugli altri fianchi. Non mi sembra che i grandi tumuli di Quinto e Comeana possano riferirsi a Gonfienti.
Le impronte planimetriche delle strutture murarie esistenti possono essere generate dalla medesima divisione spaziale territoriale della piana, ma inclinate NS (come Firenze). Mi pare anche dai segni sulla mappa che si possa parlare di una sub divisione interna di 90x90 cubiti, che è tipica delle acropoli etrusche (come ad esempio quelle di Marzabotto e Pompei).
Ci sono quindi molti promettenti indicatori che meritano approfondimenti.  
Soprattutto c’è una presenza a Gonfienti di un elemento architettonico eccezionale, che per  non è stato percepito dagli studiosi a causa della persistenza di luoghi comuni nella disciplina archeologica. L’analisi che ho fatto sulla cosiddetta domus, purtroppo senza poter usare i rilievi metrici in scala, mi ha fornito risultati inaspettati. Ho utilizzato la chiara foto satellitare di Google Earth su cui si possono effettuare misurazioni (approssimate) e verificare l’orientamento (molto meglio delle carte archeologiche che troppo spesso ho verificato errate); ho sovrapposto varie mie griglie geometriche secondo una metodologia che ho sperimentato e affinato con successo in una ventina di templi e tumuli etruschi, e per avvicinamenti successivi ho determinato le misure in cubiti etruschi secondo le geometrie. 
In tal modo quella “domus di un’agiata famiglia etrusca" si è trasformata in un Palazzo Etrusco simile a quello di Murlo, probabilmente coetaneo, che i numeri dimostrano in maniera netta come un edificio sacro, un tempio. Infatti le misure interne ci mostrano un rettangolo di 60x72 cubiti (30x36 mt) diviso in una scacchiera base di 5x6 quadrati di 12x12. Il Palazzo di Murlo è molto più grande, un quadrato di 120x120 cubiti (60x60 mt) diviso in una scacchiera principale di 8x8 quadrati di 15x15 cubiti, ma il riferimento è certo. Ora spiego perché i numeri sono letteralmente sensazionali: il rettangolo di 5x6 corrisponde alla planimetria del tempio etrusco descritto da Vitruvio diviso in due parti, postica e antica, di 5x3. Poiché io credo che Vitruvio non si sia messo a misurare i templi etruschi ma abbia attinto a fonti scritte, probabilmente gli stessi Libri Rituales, questa planimetria deve essere paradigmatica. La figura geometrica del rettangolo 5x6 si ritrova ancora una volta fra quelle mesopotamiche fino alle sumere nello Shar che troviamo anche come divisione spaziale etrusca nella piana dell’Arno e quindi anche a Gonfienti. È un elemento carico di sacro. Un edificio etrusco con le proporzioni di 5x6 non pu  che essere un edificio sacro.
Potremmo definire il Palazzo Etrusco di Gonfienti un “ante-tempio” arcaico, anche se rimane una tipologia di Palazzo. In questi edifici, così anche a Murlo, il cortile era il luogo di culto, aperto al cielo; o il luogo di culto di riti solari, mentre in altri ambienti si praticavano riti ctoni. 
Il cortile ci mostra un’altra divisione spaziale: un rettangolo di 16x20 cubiti, cioè di 5x4 con una griglia minore di quadrati di 4x4 cubiti. Questo cortile è stato progettato espressamente con queste geometrie e numeri senza tener conto della scacchiera di base di 12x12; per questo deve anche esprimere un concetto legato al culto: i numeri 5 e 4 sono ricorrenti e simboleggiano il 5 la natura, il mondo degli uomini; e il 4 il mondo divino del cielo. È un rapporto duale che indica da una parte la terra e dall’altra il cielo, cioè culti solari. Così i numeri del tempio vitruviano 5,6, indicano invece palesemente il rapporto Terra-Sottoterra, cioè un culto ctonio. Il Palazzo di Gonfienti mantiene questo carattere nell’insieme dell’edificio ma destina un cortile ad un culto legato al cielo. Così tutte quelle bellissime teste di donna in terracotta non sono solo belle immagini, ma immagini divine.

Mi sembra che oggi proprio il Palazzo ex domus debba essere considerato il maggior indicatore di importanza dell’abitato arcaico di Gonfienti, un edificio di cui non esiste uguale in Etruria." (Prof. Mario Preti).

venerdì 15 dicembre 2017

Il mondo del lavoro (3): il corriere

Ormai il giardino della Baracca, il pereto, è il luogo preferito dai corrieri di varie ditte per buttarci tutto quello che rimane loro dalla consegna. Vanno di fretta e non hanno tempo di trovare un cestino.
Stamani ne ho beccato uno mentre lanciava uno scatolone vuoto dentro il pereto.

-Scusi, ma che fa?

- Butto via.

-Ma mica è una discarica.

- Lo so. Ma almeno lei lo butta via da qualche parte. Altrimenti lo lascio per la strada.

-Ma non lo può mettere dentro il camion?

- Non ho tempo. Devo consegnare per Amazon Ebay eccetera, e in questo periodo non ce la faccio. Se metto questo vuoto dentro, poi mi si accumula e non ci capisco più niente.

- Ma come?

- Abbia pazienza...

- Ma insomma!

- Ascolti, ora non posso parlare, vado di fretta, devo correre e sono in ritardo con le consegne, porto le consegne oggi che dovevano essere lasciate tre giorni fa...Sa il periodo di Natale. Sembriamo tutti impazziti.

- Va bene, metterò un cestino.

- Sì, qui non ci sono cestini e non si sa dove buffare...Come si fa? Arrivederci.

- Ma ascolti...Ma almeno, la pagano bene visto che deve correre come un matto?

- Non mi faccia bestemmiare...avevo un'edicola, e l'ho dovuta chiudere. I giornali non si vendono più, quelli di carta. I negozi sono finiti. L'unica cosa che ho trovato, visto che avevo la patente adatta, è stato questo lavoro. Le giuro che dopo Natale non butto più nulla.

Il corriere salta sull'Ivecone che spetazza forsennato su di me.

giovedì 14 dicembre 2017

Prato città cannibalizzata

Prato è una città che è stata cannibalizzata.
Basta confrontare il suo centro storico con un'altra città toscana che non sia Firenze. 
Non solo il centro è stato svuotato di negozi e attività varie a causa della crisi e del mondo 'informatizzato',  ma il 'sistema cinese' le ha tolto ogni vitalità.
Anche la  'movida' estiva si dimostra, paradossalmente, non efficace per la vitalità e l'economiaa cittadina: si tratta di un effetto estemporaneo, volatile, che crea soprattutto conflittualità e svalutazione.
E le periferie appaiono morte, con poche eccezioni.
Senza scomodare il solito Macrolotto, faccio l'esempio di Galciana, che avendo una biblioteca ben funzionante vicino alla Circoscrizione Ovest, e con la riqualificazione della zona attorno, era riuscita a diventare un centro periferico dignitoso. Nonostante i pochi negozi, ora peraltro quasi del tutto chiusi anche a causa del centro commerciale di Parco Prato e della rete viaria, con una tangenziale-muro che la separa dal resto della città.
Ora la abitano i cinesi, che vivono e lavorano per lo più 'nascosti', non curandosi di quello e come vivono. E anche i proprietari dei fondi e delle case li lasciano fare, permettono loro di distruggere le abitazioni, di saccheggiarle.
In più la crisi culturale, la stessa internettizzazione del mondo fa sì che le biblioteche, se non sostenute in modo forte esattamente, come accade peraltro ai musei, non siano frequentati.

Il progetto politico per la città di Prato, che nel 2019 avrà nuove elezioni, pur nelle varie sfaccettature politiche - se ci saranno!  - deve pensare di tentare, almeno tentare di invertire questa tendenza per cui l'obbiettivo della vita, come si vede nella maggioranza della comunità cinese e nei tanti proprietari italiani che affittano eccetera, è quella di accumulare soldi e basta, per cui le città diventano 'usa e getta'.

Oggi su Il Fatto Quotidiano compare la notizia che Prato ha un triste primato (un altro!) anche grazie al vizio del gioco di cui soffre la comunità cinese. A Prato si buttano nelle slot 8 mila euri l'anno!

In più quest'anno le iniziative culturali legate al periodo natalizio, dopo lo stordimento a suon di decibel (sic!) del Settembre Pratese, sono davvero poche e irrilevanti, se si escludono quelle già programmate dagli enti culturali stessi, perché i soldi sono finiti.
Insomma, la poca vitalità, i negozi chiusi, la poca gente in giro, tutto questo rende la città davvero spettrale.

Urge un cambio di rotta immediato, con la collaborazione di tutti. 
E più presenza sul territorio e meno sul proprio smartphone della classe politica. Tutta.

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/slot-record-a-prato-ogni-famiglia-brucia-8-mila-euro-allanno/

Il mondo del lavoro (2): l'attrice bravissima e Berlusconi

Due giorni fa Berlusconi ha presentato per l'ennesima volta un libro del giornalista Bruno Vespa. All'improvviso i due sono stati interrotti da una donna:

"-Posso intervenire? Vorrei intervenire...io sono un'attrice, l'ammiro tantissimo, però io vorrei parlare un attimo con il Presidente Berlusconi...io sono un'attrice bravissima, conosciuta dai più grandi registi, non riesco a   l a v o r a r e! ...l a v o r a r e!...perché nessuno mi dà una mano, nessuno! e non è giusto!  perché non mi chiamo...e sono b r a v a! e sono b r a v a!...(Applausi). Presidente, quando la chiamo?...io sono brava! e sono italiana!...le devo ridare...non devo fare niente...Lei sa chi sono io, perché l'ho sempre seguita, qui non mi aiuta nessuno a fare l'artista, io sono nata artista...quando posso vederla?...mi dica quando posso...Presidente!...Presidente!...(sghignazzi nel sottofondo)...Presidente, mi dica quando posso incontrarla...Presidente, mi dica quando posso incontrarla...non ho l'invito di nessuno...mi dica quando posso incontrarla...scusi...oppure al figlio...lo dica a suo figlio...non è possibile, lo dica a suo figlio...
-Sono la moglie del dottor Vespa, venga con me...".

http://video.corriere.it/signora-urla-berlusconi-sono-attrice-voglio-lavoro-dica-suo-figlio/86d19cd2-e03c-11e7-b8cc-37049f602793?intcmp=video_wall_hp&vclk=videowall%7Csignora-urla-berlusconi-sono-attrice-voglio-lavoro-dica-suo-figlio

mercoledì 13 dicembre 2017

Il mondo del lavoro (1) : Babbo Natale

Buongiorno.
Finalmente ho trovato lavoro. Da oggi fino alla fine dell'anno.
Mi hanno assunto come Babbo Natale e mi trovo davanti al centro commerciale. Ho preferito essere Babbo Natale piuttosto che renna o elfo.
Comunque come elfo non sarei stato adatto.
Mi hanno dato il kit di Babbo Natale: un bel vestito rosso, una barbona e capelloni bianchi, un pancione, una slittona e un sacchetto rosso con regali finti, un campanello. Domani dovrebbe essere assunta anche la renna e, se trovano qualcuno, appunto anche un elfo.
Ma per l'elfo ci vuole un uomo piccolo. I ragazzi, ha detto il capo struttura, purtroppo non possono essere assunti, nemmeno part-time.
Per ora non c'è molta gente. Mi hanno detto che dopo le quattro e mezza del pomeriggio, quando chiudono le scuole, arrivano anche i bambini e io dovrò lasciarmi fotografare con molta pazienza.
Mi hanno fatto imparare a memoria tre o quattro frasi di rito da dire all'occasione.

Ho preferito venire qui piuttosto che andare a fare Babbo Natale ai mercatini di Merano, dove ti tocca stare sempre al freddo, dalla mattina alla sera, anzi la notte.
Un mio amico c'è stato per due anni, e doveva parlare sempre in tedesco.  Ma Babbo Natale è tedesco? Per gli altoatesini sì.
Certo quelli si sa, pagano molto di più.
Però qui sono al coperto e vicino casa.
Non si sa se dovrò lavorare anche per Natale, c'è chi dice che il centro commerciale sarà chiuso, e c'è chi dice il contrario. Ma sono disposto a tutto; tra l'altro il festivo lo pagano un euro in più l'ora.

Ho dato la mia disponibilità anche per fare la Befana, che dovrebbe sostituire Babbo Natale dal 1 gennaio. Vediamo se mi accettano. So che ci sono tante offerte, però magari riesco a convincere il capo-struttura.
Vi farò sapere.

lunedì 11 dicembre 2017

Sogno di una meteo-allerta-terrorizzata

Piove piove piove.
Sono affaticata.
Sono alla guida.
Sulle strade la segnaletica è assente.
Si vede solo asfalto nero. Che brilla brilla. Acceca.
Devo tornare a casa.
Asfalto nero. Luci accecanti.
Acqua.
Capisco finalmente cos'è una piana di origine alluvionale.
Le strade sono allagate.
Capisco che l'acqua va sopra il cemento.
Che hanno buttato tanto cemento.
Acqua.
Rivedo il passato
faccio un salto nel passato
e quasi muoio di rara nostalgia
le campagne allagate, i fossi straripati.
Laghi con betulle svettanti.
La morte passa presto, resuscito e vedo
solo capannoni.
Asfalto allagato con capannoni.
Natura morta.
Torno finalmente a casa, e il telefono squilla.
Riconosco la voce del sindaco.
Capisco che è un messaggio registrato.
Decifro solo le parole '...ezione civile'.
E' sufficiente.
Intanto piove piove piove.
Ancora stravolta accendo il computer e leggo le previsioni meteo.
Ho indosso ancora l'impermeabile.
E intanto piove.
E intanto mi spoglio.
Leggo che l'allerta è rossa.
ROSSA!
Domani devo partire.
Prendere l'aereo.
Partirò?
Partirà l'aereo con il vento ostro?
Intanto, sotto la pioggia,
stanno costruendo un'altra pista
che sfida il vento.
Partirò, al mattino sarà pronta
e partirò.
Intanto piove piove piove.
e l'allerta è diventata viola.
Temo il volo.
Ma no, ma no!
qualcuno mi dice!
-Non temere il volo.
Vedrai, sei sopravvissuta
in automobile
in mezzo alle strade
dissestate nere allagate
allertate
sopravviverai anche nel volo ostro!

In fondo nel volo
ci sono solo tre pericoli:
il decollo, il volo e l'atterraggio,
mentre in queste strade
andando in automobile
puoi morire di mille pericoli!

Piove piove piove!

Intanto l'allerta è nera.
Vado a letto ma non dormo.
Squilla la sveglia e non ho dormito
un minuto.
Arriva il tassista
per l'aeroporto.

E' il sindaco
che fa servizio per tutti.

"Stamani non si paga".
Allerta nera, guido io!

In un attimo con l'anfibio comunale
mi porta all'aeroporto.
Capisco che ha guidato
sopra ai capannoni.
C'è già la nuova pista.
C'è anche il vento ostro.

Intanto qualcuno
accende l'albero di Natale
dell'aeroporto
c'è la banda, suonano
inaugurano la nuova pista.
Ta-ta ta-ta-taaaa...
Felici mi mettono
sull'aereo.

Qualcuno suggerisce
di mettermi in stiva.
-Se lo merita
corre voce che...-

Dialogo interrotto
dalla bufera.
Infatti
Piove ancora di più.
Diluvia.
C'è l'alluvione.
Il vento diventa ostro-goto
o villanoviano.
Intanto l'allerta diventa 'non classificabile'.
La pista frana
l'albero vacilla
l'aereo galleggia.

Sogno interrotto.

domenica 10 dicembre 2017

Recensione e commenti su "La Barzelletta vien dalla campagna"

Pubblico una recensione e i commenti sullo spettacolo La Barzelletta vien dalla campagna, che replicherò sabato prossimo, 16 dicembre, ore 21 a La Baracca.


Barzellettando con Maila
La barzelletta viene dalla campagna, un’affermazione! o un punto di domanda? Buona questa, verrebbe da dire così come recita il sottotitolo. Ma, per saperlo veramente, occorre andare a La Baracca ed assistere oltre il sipario alla colorata e colorita messa in scena di Maila, che con questo spettacolo chiude in modo originale e intrigante la trilogia “popolare” iniziata coi proverbi. Personalmente non avevo mai capito fino in fondo il perché della barzelletta e il meccanismo che induce qualcuno a raccontarla; ieri sera l’ho capito. Maila, scomodando Freud, ci induce ad una riflessione non di poco conto, rammentando che essa rappresenta un’azione che trae origine dall’inconscio profondo e, toccando le sfere più intime del pensiero nascosto, ne fa un atto liberatorio dell’uno che racconta verso l’altro che ascolta e, soprattutto, dell’altro (il ricevente) che dovrebbe cogliere le allusioni. Per tutto questo contorto meccanismo la barzelletta può divertire ma anche lasciare indifferenti (annoiare) o peggio irritare. Di certo, la storiella è un racconto a se’ stante, una sceneggiata che punta dritto al bersaglio, senza filtri e inibizioni. Un bravo barzellettiere è anche un intrattenitore sopraffino oppure, al contrario, un cattivo barzellettiere può dimostrarsi un pessimo comunicatore, un gran cafone che, non solo non sa raccontare, ma sbaglia i tempi o i soggetti del racconto: barzelletta, aneddoto o aforisma che sia. Si è capito a La Baracca che la barzelletta vive esclusivamente in uno spazio di socializzazione, non avrebbe altrimenti senso, anche se può sempre capitare che tu incontri uno per strada (che già conosci) che ti ferma per dirti l’ultima. Questo era il barzellettiere professionista, un personaggio ormai estinto, perché i messaggini telefonici hanno ormai sostituto il dialogo scanzonato col mutismo di internet, tanto da far rimpiangere persino quelle lunghe e contagiose sequele di barzellette che accompagnavano il convivio. Per la barzelletta l’approccio è la base di tutto, alla “bisogna”: cattiva, buonistica, sarcastica, surreale ma anche spesso volgare oltre ogni limite. Il barzellettiere conduce la danza e può talvolta ridurre un’amicale scambio di battute in un modo sbrigativo e osceno. Per lo più il maschio è protagonista verso colei o colui che condivide il suo puro esibizionismo per un’intesa che può essere assai pruriginosa. La barzelletta da questo punto di vista è un’azione di genere, intesa come espressione dominante di potere. Geniale la storia della barzelletta che Maila illustra, quasi educando alla lettura filologica del testo: la storiella babilonese di 1900 anni or sono (prima barzelletta della storia!), che vede una matrona dell’antico postribolo (mi immagino un “donnone corpulento”) che scorreggia in grembo al satanasso, poco avveduto cliente, era a quel tempo qualcosa di estremamente irriverente che evidentemente suscitava ilarità e faceva, al contrario di oggi, ridere i commensali. In questo esempio troviamo la sintesi di un genere (quasi letterario) che vive nella battuta orale in un immaginario vignettistico che è sopravvissuto senza troppi scossoni fino alla soglia del XXI secolo, poi minato nei fondamenti dai computer e dai social network. Già c’è aria di nostalgia in questa rievocazione e quindi è legittimo che il teatro ne racconti la storia, sostituendosi allo spazio negato della tavola imbandita, della scena ripetuta del rituale dopo pranzo, del dopo cena, oggi occupata da altre facezie. Tuttavia  lo spettacolo teatrale è esso stesso a  rischio in quanto spazio assoggettato al puro intrattenimento cabarettistico. Maila è  però riuscita nel miracolo di farci passare due ore di pura leggerezza, liberando lo spirito di ognuno con sagace modulazione e piacevoli intermezzi in un ascolto da non perdere!.
Giuseppe Centauro


COMMENTI
"Complimenti a Maila per la genuinità e la semplicità che ci ha trasmesso  stasera. Da vedere!" (Serena Squatrito).

"Brava sempre, ma anche interessante come hai costruito una lezione-spettacolo. Grazie". (Maura Salvi)

"Una serata interessante e divertente. Tema della barzellette affrontato in modo molto approfondito". (Piera Salvi).

"Una risata ci salverà". (Cristina Giuntini).



venerdì 8 dicembre 2017

“Un nuovo palinsesto di ricerca per gli Etruschi di Gonfienti” - Giornata di studio al Teatro La Baracca


Teatro La Baracca / Associazione “Ilva- Isola d’Elba- Via Etrusca del Ferro”
presentano

Giornata di studio
“Un nuovo palinsesto di ricerca per gli Etruschi di Gonfienti”


Domenica 17 dicembre, ore 16,00 – 19,30 (Teatro La Baracca, via V. Frosini, 8 – Casale di Prato)
Non solo “onori di casa”  Maila Ermini 
Presenta gli interventi Carlo Alberto Garzonio
Relazione introduttiva di  Michelangelo Zecchini: “L’importanza di Gonfienti in epoca Etrusco Arcaica”
Conferenza di Mario Preti: “Dalla ricerca di E’: gli Etruschi nella piana fra Fiesole e Gonfienti”
Coordina  il dibattito pubblico Giuseppe A. Centauro
La Giornata di Studio che l’Associazione Ilva – Isola d’Elba - Via Etrusca del Ferro” e il Teatro La Baracca di Maila Ermini congiuntamente promuovono intende avviare un nuovo percorso di conoscenza nei confronti della Civiltà Etrusca e della protostoria in genere, attraverso un approccio libero da qualsiasi preconcetto o dogma ideologico per riscoprirne la dimensione autentica troppo volte negata o obliterata nel buio della “damnatio memoriae”.
L’insediamento etrusco arcaico di Gonfienti costituisce da questo punto di vista un caso emblematico: già dichiarata eccellenza dell’archeologia toscana all’indomani della suo pur fortuito rinvenimento, la città è stata rapidamente derubricata nella categoria delle scoperte ingombranti e irricevibili  per conflitto di interessi, prima ancora che si potesse conoscerne tutte le distinte specificità e le enormi peculiarità testimoniali. Si è fin qui trattato di un vero fallimento per l’archeologia, per le istituzioni e per il mondo accademico, distratto e inerte.
Oggi, con questo convegno, intendiamo raschiare la carta del consunto spartito che fin qui è stato scritto per la città degli Etruschi sul Bisenzio, per riscriverne uno di nuovo che osservi, studi e protegga, a tutto tondo, i lasciti di incommensurabile valore culturale di quel popolo presenti in quel sito. In particolare, interessa porre l’accento sull’organizzazione e le conoscenze, sui modi del vivere quotidiano, sull’arte, sul loro modo di intendere il trascendente, recondita espressione della volta celeste e della Madre Terra, non disgiunto dalla matematica e motore dell’avanzamento tecnologico. Interessa soprattutto capire e divulgare quella scienza che pare dimenticata dall’uomo moderno di saper vedere la natura,  di fondare le città con sapienza in luoghi di energia positiva, di tracciare arditi percorsi carrabili per agevolare l’interscambio e il commercio, di aprire nuove vie alla ricerca di frontiere inesplorate nel segno di un desiderio di scoperta e di viaggio mai sopito tanto che riscopriamo quella civiltà in terre lontane a latitudini impensabili; interessa rigenerare quella capacità  gromatica a loro riconosciuta dai tempi del dominio di Roma in grado di realizzare trame territoriali in armonia con le risorse dell’ambiente, come pure di sfruttare da abili metallurgi i giacimenti minerari più profondi e di regimare le acque per l’agricoltura, la caccia, la pesca e l’habitat stanziale dimostrando progettualità invidiabili dalle quali dovremmo ancor oggi apprendere molto.
Un condensato di tutti questi saperi gli Etruschi lo hanno improntato nella piana fra Fiesole e Gonfienti.
A noi il compito di non disperdere questi valori, intercettarli, farli leggere e conoscere, ma anche custodirli adeguatamente, proteggerli e valorizzarli per il futuro. (GAC 2017).




giovedì 7 dicembre 2017

Perché non vi seguo

Come ribelli non mi dispiacete.
In certi momenti osservo in voi le caratteristiche giuste.
A tratti siete anche affascinanti. Convincenti.

Perché non vi seguo dunque?
Ho la risposta.
Fiuto in voi gli oppressori di domani.

mercoledì 6 dicembre 2017

La Piana: altro che area archeologica, è solo una grande area cemento!


Questo è un articolo de Il Tirreno di oggi, cronaca di Prato.
Ma potrebbe essere anche un articolo di qualche anno fa. Ancora la storia di un interporto 'vero' quando l'intermodalità non c'è! Non c'è la ferrovia, e l'interporto non funziona come tale! Il trasporto è ormai quasi completamente su gomma! Questa storia della merce dal porti della Liguria la raccontano da quasi dieci anni.

Senza contare come la costruzione dell'Interporto della Toscana Centrale ha ridotto i quartieri della Querce e della Macine, assediati tra monte e cemento, senza alcuno spazio!

E poi quella vendita di Gonfienti allo Stato e al Maggio (?) così c'è scritto, in una Piana totalmente assediata dall'espansione dei capannoni, non industriale!, dell'aeroporto, inceneritore, di tutto il resto, che ce ne facciamo dell'area archeologica, senza nessun piano nessun progetto, con il Parco archeologico andato nel totale dimenticatoio...e per forza! Senza che alcun rappresentante politico locale o regionale si occupi della questione veramente; non hanno ancora capito nulla della 'scoperta di Gonfienti' e non l'hanno ancora collegata a tutti le altri mostri che ci sono attorno!

Ci spiace che poi certi amministratori locali, invece di occuparsi di progettare benessere e cultura per i cittadini, si siano così messi a disposizione dei 'grandi' progetti del cemento.

martedì 5 dicembre 2017

Le barzellette e il premio di due dita

Sabato 9 dicembre debutto con lo spettacolo che chiude la trilogia dell'italiano, dopo Gatta al lardo, sui proverbi e  Asinerie, sulla lingua italiana: La barzelletta vien dalla campagna.

Qualche anno fa non avrei mai pensato di presentare uno spettacolo comico-didattico simile, non amavo né le barzellette né chi le raccontava.

Ma i tempi sono cambiati. Come i proverbi, anche le barzellette stanno scomparendo, nessuno le racconta più, nonostante in Internet si trovino siti pieni di, brutte peraltro, barzellette.

Ma la barzelletta scritta e non raccontata è come per molti quel latino lingua morta che non hanno voluto studiare. Inefficace, perché la barzelletta è strettamente legata alla forma orale.

La cultura popolare è ormai morta e quindi bisogna celebrarne la funerale. Nessuno inventa più nulla di originale, e nemmeno le tanto deprecate barzellette, o se qualcuno ancora lo fa, è mal visto e considerato, perché gusto e maniere sono omologati dai mezzi di informazione e dai social.

Pensavo che Internet fosse diverso dalla televisione, e che ognuno potendo scrivere liberamente di sé, mantenesse intatta la propria originalità  e creatività. Che ci potessero essere diversi 'programmi', non trasmessi dall'alto come avviene in radio e televisione.

Non è così. In Internet ognuno, e proprio dal basso per andare in alto, cerca di essere uguale all'altro, e l'  'uguaglianza',  si traduce nell'essere una massa di 'homologos': che scrivono uguale dell'uguale e condiviso da tutti. Anzi, copiandosi l'uno l'altro! In più c'è un controllo diretto da parte dei simili - socialmente parlando - e del potere.

Fine dell'originalità e della libertà.

Certo, il popolo è sempre stato massa; e tuttavia, nell'oscurità della vita dei molti,  nasceva e viveva una cultura in qualche modo alternativa e di opposizione, e questo è continuato per secoli e fino a oggi. Infatti, se vedo i miei vecchi faccio alcune riflessioni importanti, che ora voglio condividere con un esempio.

Mio padre Loris ha novant'anni. Cinque anni fa una anestesia gli ha causato uno shock anafilattico grave per cui ha rischiato di morire e che gli ha compromesso alcune funzioni cerebrali. Però ha ancora momenti della sua antica indomita lucidità, e usa un linguaggio pieno di metafore, immagini, parole non più in uso. Mentre noi, con tutte le nostre lauree e i nostri distintivi stiamo diventando sempre più...dotti ignoranti!

Sono andato a trovarlo e gli ho detto: -Sai babbo, ho vinto un premio per il teatro...
E lui:  - Brava. Ma è un premio di due dita?
E io: - Babbo, cos'è un premio di due dita?

Allora lui si è messo a ridere, ha alzato la mano destra e ha sfregato il pollice con l'indice, che è il gesto che facciamo per indicare i soldi.

Il premio di due dita è un premio in danaro! 

Che immagine meravigliosa.


domenica 3 dicembre 2017

Ancora sul premio alla drammaturgia

Oggi, domenica 3 dicembre 2017, su La Nazione si dà notizia del premio nazionale che ho ricevuto. Grazie.



Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.