venerdì 20 marzo 2020

Prato, un ritorno al futuro


Prato , un ritorno al futuro

Chi l'avrebbe detto che nel giro di poche settimane si sarebbe, giocoforza, vissuta l'esperienza dannunziana d’inizio del ‘900, scoprendo una Prato, prima tra le “città del silenzio”, terra di campanili e di storia. Un vero paradosso per chi del "rumore",  prima che del baccano, ha fatto, volenti o nolenti, motivo di modernizzazione, addirittura di scalata economica, di  giovanilismo ma anche di un sregolato attivismo.  Figlia e madre allo stesso tempo di un caotico accrescimento, Prato si trova adesso sospesa insieme alle sue molteplici etnie, sommersamente accolte,  ad imparare dai cinesi come fare a stare fuori dallo strisciante rischio contagio. Paradossi appunto. Ed invece è andata proprio così. Non ci resta che il suono delle campane a scandire il passaggio delle ore in un percorso cognitivo surreale per tutti noi, nessuno escluso, che dal chiuso delle case indugiamo ancora a cercare di capire. Non siamo affatto abituati al distanziamento sociale che ora s’impone, come potremmo esserlo, tuttavia percepiamo intorno a noi un crescente movimento di avvicinamento di un'umanità viva e, a ben vedere, il prossimo, anche quello finora sconosciuto, appare molto meno lontano. I condomini si parlano dalle finestre, la gente canta, suona, balla sui terrazzi. Lo spettacolo è servito come antidoto alla paura. Un effetto che è dilatato dalle magnifiche giornate di sole che  annunciano sopra i tetti una Calvana già rigogliosa, una primavera ormai prossima a contrastare il buio di una sempre più avvolgente angoscia, di un’ansia non 'sopibile' per la sorte dei propri cari, troppo vicini al contagio da sfiorarlo al solo parlarne. Stiamo imparando, chi l'avrebbe detto, come si fa nelle aule delle scuole ad essere smart, tecnologici, a comunicare h24, ma il cuore batte sempre più forte.
Chi l'avrebbe detto poi che la globalizzazione, maligna spina nel fianco di una fragile identità da riconquistare e salvaguardare, si sarebbe trasformata in una espressione  di pace, di vicinanza tra i popoli e di solidarietà.
Prato per tutto questo è tornata ad essere come in origine lo era un laboratorio di umanità, senza scorciatoie, furberie e deroghe, una città che non vuole essere mai più distratta dal fare prima che dal pensare, che sta guardando a se stessa come prima mai nel recente passato, nell’affrontare questo positivo “iter di meditazione” che le cambierà  il futuro per quello stato imperfetto delle cose che si vuole emendare  purché non si smetta di immaginare.

17/03/20 Giuseppe Centauro

Altri due giorni sono trascorsi dall’atteso picco del contagio (che non c’è stato) e la voglia di ballare sui balconi si è spenta un poco. Stamani, a mezzogiorno, quel signore che dal condominio in fondo alla strada si agitava con clacson e canzoni è stato portato via con l’ambulanza. Oh Signore! Che scellerati che siamo, ancora non ci rendiamo ben conto di quanto sia vicino a noi quel oltraggioso parassita. Per  San Giuseppe si mangiavano le frittelle in famiglia, tutti in festa per l'arrivo prossimo della primavera. Stasera pregheremo in silenzio, osservando in streaming l’Ostensione del Sacro Cingolo affinché la Madonna ci protegga, proprio come cinquecento anni fa quando la peste falcidiava il popolo, dentro e fuori le case, e il Savonarola predicava agli animi colti e gentili dei monaci di San Domenico perché l'umanesimo di quel tempo non doveva  escludere la religione e nella stessa persona potevano coesistere la fede sincera e il profondo interesse per il mondo della filosofia classica della cultura  pagana. Se Papa Francesco chiede i ventilatori per gli ospedali, anche il comune cittadino potrà trovare il coraggio di pregare per curare lo spirito come forse non aveva mai fatto prima, senza voltarsi da un'altra parte, ma guardando dritto in faccia la realtà. Si sia prudenti nel chiuso delle case  ma non inerti, sopraffatti dal fatalismo dell’occulto. L’occasione di una scoperta interiore non va emarginata. Questo momento che stiamo vivendo a tutte le latitudini, senza più confini, ricorda molto l’esperienza di chi ha sopportato gli effetti del terremoto che tutto ti toglie all'improvviso, senza preavviso. La filosofia come la fede vanno nella stessa direzione per guidarci, ma ce ne accorgiamo solo eccezionalmente, poi più spesso dimentichiamo: “rendi cosciente l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino” (C.G. Jung), come pure per chi ripone speranza nella fede: “ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (S. Agostino, Confessioni, 1.1.1.). Due facce della stessa medaglia che a Prato conosciamo molto bene da molti secoli e che custodiamo gelosamente.

19/03/2020 Giuseppe Centauro

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