Avete notato come certi politici stiano zitti davanti a questa seconda chiusura?
Non solo perché ci dominano meglio, politicamente succubi. Ma perché così possiamo essere migliori consumatori. Affinché possiamo meglio lavorare per loro!
Esempio: Berlusconi, dopo il virus che l'ha colpito come nessuno in tutto il mondo s'intende, balbetta insulse frasi 'd'amore' e buoniste: "Sono angosciato all'idea che gli italiani provino quello che ho provato io...".
Perché?
Perché con queste chiusure del mondo, dei cinema, dei teatri, la gente guarda di più le sue televisioni. E lui, oltre a ricevere più attenzione per il suo partito, vende più spazi pubblicitari.
Per questo anche certi giornali pompano sul virus! Ci campano.
Le grandi società, anche culturali, che lavorano con e mezzo internet non hanno interesse che il mondo sia "aperto", preferiscono lo stato-virale.
Le società Sky, Netflix (20 ml di fatturato nel 2019!), ma anche la stessa Rai: preferiscono che noi rimaniamo a casa e guardiamo quello che loro mandano in onda sulle varie onde. Non gliene importa niente della realtà, o che ci sia un mondo alternativo a loro, e ormai il pubblico è così addomesticato che quasi non sa che farsene delle sale cinematografiche, dei teatri, dei concerti, della danza, addirittura degli stadi, quando si può vedere tutto da casa con un clic!
La cultura in presenza non serve, non ci si può mettere le pubblicità in mezzo. Non ci si può fare un lauto pasto e non la si può strumentalizzare a larga scala per fini politici. La cultura in presenza, in carne, è una caccolina nel naso enorme del mondo. Ma comunque meglio toglierla, anche se ormai è appesa a un filo e sta per cadere. Questione di pochi anni.
Il teatro, gli stabili con la prosa, la lirica eccetera, sono tenuti in vita solo in funzione politica locale, di consenso e vetrina di assessorati o poco più. D'altronde chi vuole più gli spazi autonomi, off? Non sono finanziati, e anche al pubblico non piacciono, non sono belli, non hanno le poltroncine rosse...E poi che spettacoli miseri, senza scenografie, che propongono!
Ovviamente il cinema si presta bene, oltre alla musica, all'assorbimento globalizzato che ora serve.
E infatti ormai lo producono solo le grandi società di intrattenimento. Che fanno i film che dicono loro, li distribuiscono come dicono loro, in assoluta dittatura culturale. Senza controllo politico, anzi in complicità con la politica. Non ci sono più i produttori, i Ponti, i Cristaldi, per non parlare di produttori come Alfredo Bini (che forse oggi sarebbero fisicamente eliminati), che rischiavano di tasca propria, con registi e sceneggiatori a volte ribelli e preparati, che avevano qualcosa da dire.
Ora le trame si scelgono con l'algoritmo, che dice il possibile gradiente, con tabelle e parametri. Per questo le mega produzioni prevedono anche temi scottanti, argomenti sociali, lacrime e risate in quantità, ma sempre stile e puntamento standard; il cinema oggi si fa così.
Ora tutte le manifestazioni culturali che passano su Internet e ovviamente in televisione sono derubricate a puro intrattenimento a fine di consumo, e sono, devono essere funzionali all'economia e alla politica. I falsi critici cinematografici - in realtà mediatori del sistema - che si sentono anche alla orami inascoltabile radio - letteralmente dei venduti - si guardano bene dal dirlo.
In questa seconda chiusura generalizzata che cade a fagiolo (ma dopo il tranquillo Natale, se ci sarà, la serie Lockdown proseguirà con altre puntate, non temete), tutti continueranno a tracannare, come da un imbuto, l'intrattenimento confezionato in maniera così uniforme e varia con pubblicità, divertendosi al grande gioco del pensiero unico, che conforta e non fa durar fatica.
La vera rivoluzione non è solo scendere in piazza - atto nella realtà subito criminalizzato, e infatti nessuno ha detto, dopo le proteste anti-chiusura di Napoli, "siamo tutti napoletani", ma anche per quanto e più possibile boicottare, rifiutare il pasto.
Morendo di fame.
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