venerdì 12 aprile 2024

Che non se ne parli: il Fascismo e la pubblicità politica

In questi giorni di. campagna elettorale, dove grandi manifesti campeggiano ovunque, ci si sente come circondati. Schiacciati.

Soprattutto gli attori si sentono in grande imbarazzo. Quasi inutili.

Qualcuno prende loro la scena in modo prepotente, con una "storia" che è in realtà "storytelling". Pubblicità politica.

Questa è una eredità antica in Italia; anzi, specificatamente italiana. E' stato il Fascismo a inventare la pubblicità politica.

Fu il Fascismo che elaborò la narrazione del capo, in particolare Mussolini.  Tutti gli altri l'hanno copiata da lui, raffinandola con i mezzi di informazione moderni. 

Conquistare attenzione significa conquistare consenso e per questo Mussolini pensò bene di mettere in scena il potere come spettacolo.

E così facendo, per converso, represse in modo invisibile, e in molti casi nemmeno ammise l'esistenza, a parte gli oppositori politici, di quelli che voleva schiacciare. 

Li passò sotto silenzio. Magari emanando decreti sottobanco.

Un tempo erano gli omosessuali, per esempio. Oggi la repressione è più raffinata, e mentre difende o dice di difendere la presunta "diversità", che ha inglobato e dirige (omosessuali, femministe ecc.), ecco che perpetua la repressione in modi sempre più raffinati.

Il silenzio resta tuttavia il mezzo sempre ancora preferito, come ai tempi del Fascismo: che non se ne parli troppo; anzi, che non se ne parli.

Non è un caso che oggi la letteratura che parla dell'oggi sia muta, anzi tacitata, e si preferisca trattare del futuro o del passato.

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