venerdì 14 gennaio 2011

Gonfienti e la censura

Questo è l'articolo frutto del sopralluogo di ieri.
Naturalmente la frase che 'all'assessore Nesi stia a cuore Gonfienti' non la credo certo opera di chi ha scritto l'articolo; e comunque non è vero. E' il risultato di un ritocco redazionale, un lifting verbale, un restyling di quelli che conosco bene (anch'io ho bazzicato i giornali...).  L'assessore Nesi non sta facendo proprio niente per la Gonfienti antica. Lo sanno tutti. Esattamente come tutti gli altri amministratori con le loro vane promesse. E soprattutto e tutti, non fa nulla la Soprintendenza.
La sostanza che ne viene fuori è solo questa: gli scavi non saranno ripresi, perché non devono esserlo.
Come dicevano i vecchi: il baco è più grosso della mela.
Un vera e propria vergogna.


Una discarica vicino agli Etruschi
Visita al futuro parco un anno dopo, le erbacce crescono e il degrado avanza.
I lavori dovevano iniziare 4 mesi fa Ancora non c’è neppure una strada decente per raggiungere gli scavi
MARIA LARDARA

 PRATO. A Prato c’è una civiltà sepolta che aspetta sia fatta giustizia. E invece, ci sono solo i tanti tir e camion che sfrecciano sullo sfondo dell’Interporto e ne coprono la visuale: il tesoro degli Etruschi, su cui il professor Giuseppe Centauro e l’associazione Camars spesero tanti di anni di studi e ricerche, è ormai circondato. Solo con un binocolo portato da casa, ieri mattina si potevano scorgere i resti dell’antica domus di 1400 metri quadri. Sembrava di stare alle porte di un lager, prigionieri del reticolato che, per motivi di sicurezza, fu installato a suo tempo dall’Interporto della Toscana Centrale. Altro che parco archeologico, il grande sogno del sindaco Roberto Cenni: il progetto dei parchi cittadini è il fiore all’occhiello dell’ultimo piano strutturale. Gonfienti sta a cuore soprattutto all’assessore alla Cultura della Provincia, Edoardo Nesi. E’ passato quasi un anno dalla firma del protocollo d’intesa fortemente voluto dalla Provincia, con l’adesione dei Comuni di Prato, Campi, Carmignano, Regione e Interporto per la ripresa degli scavi archeologici, con un cofinanziamento da 500mila euro (300mila della Regione e 200mila della Provincia). Settembre, data ipotizzata per l’inizio dei lavori, è passato da tempo.
Ma la città etrusca ancora non risorge dalle sue ceneri.
Nemmeno una strada dignitosa per arrivarci. Quella che s’imbocca da Villa Niccolini è disseminata di buche da safari. Tocca sterzare verso la pista ciclabile, con il rischio di travolgere qualche ciclista, per farsi un’idea di cos’è oggi il sito. Benvenuti a Gonfienti, anzi all’Interporto. Magari un cartello indicasse che lì dormono gli Etruschi. «L’ho chiesto ormai un anno fa al presidente della Circoscrizione Est», ricorda Maila Ermini, madre di tante battaglie per Gonfienti alle quali continua a dare voce nei suoi spettacoli e libri (“Storia di una battaglia” sarà presentato domani alla biblioteca di via Corridoni, alle 17). I suoi occhi si velano di tristezza quando ammette: «Una battaglia che mi avrà attirato in questi anni tante antipatie, ma non si può tacere di fronte a questo scempio, dopo tanti fiumi di parole spese per salvare il sito». Molto probabilmente oggi gli Etruschi si rivolterebbero nella tomba vedendo quella discarica a cielo aperto che campeggia alle spalle di Villa Niccolini, al confine con l’area recintata. Che la storia abiti da queste parti lo testimonia anche il lavatoio d’età settecentesca  mai finito di ristrutturare. Giusto per farsi un’idea della cinta muraria che costeggiava la città etrusca che si spingeva fino a Campi (venti ettari in tutto), bisogna sporgersi da un muretto pericolante: all’orizzonte, alcune tettoie pericolanti che servivano a proteggere i materiali all’epoca degli scavi, interrotti nel 2006. La città etrusca “bunkerizzata” è scollegata da tutto: in lontananza, riecheggia il viavai del traffico sulla la Perfetti-Ricasoli. Nel mezzo c’è un terreno agricolo con il tracciato di una stradina sepolta dalle erbacce: si capisce che da lì transitavano i tir per scaricare i materiali di restauro. Alla fine del 2009 il sito fu ripulito dal mucchio di erbacce e sterpaglie. Ora siamo punto e a capo e questo inverno piovigginoso non è certo un toccasana per i ruderi scoperti. «Non si possono fare piccole manutenzioni per poi abbandonare tutto - denuncia l’architetto Giuseppe Centauro -: di certo questo è il modo peggiore per pensare, in prospettiva, a un recupero complessivo dell’area. Il tempo passa e gli scavi non riprendono. Dovrebbe essere la Soprintendenza a fare da pungolo». (IL TIRRENO, cronaca di Prato).

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