Sull'Informatore della Coop Unicoop Firenze c'è una intervista a Beatrice Magnolfi, recentemente diventata direttrice della Fondazione Toscana Spettacolo, ente che vuole essere monopolista della scena regionale.
Anche per questo hanno affossato Sipario Aperto, il circuito dei piccoli teatri che, seppur morente, aveva comunque dei costi e prendeva spazi
Facciamo qui una analisi semantica dell'intervista:
Un circuito di teatri diffuso capillarmente nel territorio. La Fondazione Toscana spettacolo
«Assumere la presidenza della Fondazione, da parte mia, è un po' una sfida, anche perché c'è chi dice che con la cultura non si mangia... Invece c'è bisogno di cultura, c'è bisogno di una ricerca di senso. E nello spettacolo dal vivo ci sono più stimoli, e risposte alle domande. Bisogna investire nel teatro».
(In teoria parole sante: ma quale senso si vuol trovare se non si dà spazio, non c'è un senso democratico a quello che si fa e, soprattutto si chiamano soltanto compagnie da cassetta o del giro?)
In tempi di vacche magre, anzi magrissime, "investire nel teatro" è, cifre alla mano, tutt'altro che eresia. E Beatrice Magnolfi (nella foto qui a fianco), dalla scorsa primavera alla guida di Fondazione Toscana spettacolo - ente nato nel 1989 che si occupa della distribuzione dello spettacolo e della formazione del pubblico - le cifre le snocciola con determinazione. «Del circuito Fts fanno parte una quarantina di teatri in Toscana (praticamente quasi tutti, il 95% del territorio toscano, e lo stesso accade con altri circuiti regionali come il Piemonte, la Puglia, le Marche..., per cui c'è occupazione partitica e ideologica dei teatri) presentiamo un cartellone di circa 200 titoli, nella passata stagione abbiamo avuto 160.000 spettatori (anche lei ragiona come tutti, non cambia nulla, snocciola numeri). E il pubblico è in crescita. Pensiamo agli ultimi dati di Federculture: in Italia sono stati venduti 2.800.000 biglietti, 700.000 in più rispetto a quelli staccati per le manifestazioni sportive».
In tempi di vacche magre, anzi magrissime, "investire nel teatro" è, cifre alla mano, tutt'altro che eresia. E Beatrice Magnolfi (nella foto qui a fianco), dalla scorsa primavera alla guida di Fondazione Toscana spettacolo - ente nato nel 1989 che si occupa della distribuzione dello spettacolo e della formazione del pubblico - le cifre le snocciola con determinazione. «Del circuito Fts fanno parte una quarantina di teatri in Toscana (praticamente quasi tutti, il 95% del territorio toscano, e lo stesso accade con altri circuiti regionali come il Piemonte, la Puglia, le Marche..., per cui c'è occupazione partitica e ideologica dei teatri) presentiamo un cartellone di circa 200 titoli, nella passata stagione abbiamo avuto 160.000 spettatori (anche lei ragiona come tutti, non cambia nulla, snocciola numeri). E il pubblico è in crescita. Pensiamo agli ultimi dati di Federculture: in Italia sono stati venduti 2.800.000 biglietti, 700.000 in più rispetto a quelli staccati per le manifestazioni sportive».
Dunque è vero che c'è la crisi; però, evidentemente si rinuncia a tante cose ma non allo spettacolo. «Forse perché la crisi fa venir voglia di partecipare, di uscire - aggiunge -. Il teatro come strumento partecipativo a un evento che è unico e irripetibile, e soprattutto non passivo. È uno squarcio di verità in un Paese che è diventato un enorme reality».
(Strano, abbiamo proposto il nostro Anito e Garibalda, ma non l'hanno preso in considerazione, era proprio una satira sul reality. Ma per entrare nel circuito bisogna: essere televisivi, famosi, oppure grati alle alte sfere e ai cherubini, e noi con Gonfienti abbiamo sbagliato, non dovevamo farlo. Puniti, puniti per sempre!)
Gli stessi teatri costituiscono in Toscana uno straordinario patrimonio culturale: «Negli anni le comunità locali li hanno ristrutturati e curati con molto amore. E Fts consente ai Comuni, con il suo lavoro di gestione della distribuzione, di presentare spettacoli e artisti importanti, il meglio del panorama. (Il meglio del panorama? Quale panorama? Ah, Carmelo Bene, perché non resusciti , senti senti quello che dobbiamo sentire! OSCENITA') Anche nel territorio più remoto arriva il grande teatro». (Ma cosa ne sa LEI del grande teatro?)
Con un occhio attentissimo ai prezzi: «Facciamo miracoli per far sì che restino accessibili a tutti. Per questo l'importanza di stabilire contatti e accordi che facilitino il consumo di cultura. (Ecco ecco la parola, ci mancava CONSUMO!) I Comuni hanno pochi soldi da spendere, devono fare delle scelte in questi momenti, e certo è difficile scegliere la cultura tagliando i servizi sociali: noi cerchiamo di colmare questo vuoto».
E se avesse più fondi a disposizione? «Investirei di più sui giovani, artisti e spettatori. Perché è vero che i risultati di pubblico sono stati lusinghieri, ma la percentuale degli spettatori sotto i 30 anni è solo del 15%. La direzione deve essere quella. Già da quest'anno proviamo a coinvolgere le compagnie emergenti, che faticano a entrare nel circuito: e così le proponiamo, insieme alle ‘grandi firme' nel cartellone degli abbonamenti». (Dunque, usano i giovani, li usano e basta; li usano per una o due stagioni e poi, fuori! Abbiamo testimonianze di ex-compagnie giovani con cui è stato fatto così. Anche noi non entriamo nei circuiti, come altri, ma noi siamo sicuri che non ci entreremo mai e forse ha ragione Carlo quando dice: che è un onore non entrarci, è un onore...!)
Gli stessi teatri costituiscono in Toscana uno straordinario patrimonio culturale: «Negli anni le comunità locali li hanno ristrutturati e curati con molto amore. E Fts consente ai Comuni, con il suo lavoro di gestione della distribuzione, di presentare spettacoli e artisti importanti, il meglio del panorama. (Il meglio del panorama? Quale panorama? Ah, Carmelo Bene, perché non resusciti , senti senti quello che dobbiamo sentire! OSCENITA') Anche nel territorio più remoto arriva il grande teatro». (Ma cosa ne sa LEI del grande teatro?)
Con un occhio attentissimo ai prezzi: «Facciamo miracoli per far sì che restino accessibili a tutti. Per questo l'importanza di stabilire contatti e accordi che facilitino il consumo di cultura. (Ecco ecco la parola, ci mancava CONSUMO!) I Comuni hanno pochi soldi da spendere, devono fare delle scelte in questi momenti, e certo è difficile scegliere la cultura tagliando i servizi sociali: noi cerchiamo di colmare questo vuoto».
E se avesse più fondi a disposizione? «Investirei di più sui giovani, artisti e spettatori. Perché è vero che i risultati di pubblico sono stati lusinghieri, ma la percentuale degli spettatori sotto i 30 anni è solo del 15%. La direzione deve essere quella. Già da quest'anno proviamo a coinvolgere le compagnie emergenti, che faticano a entrare nel circuito: e così le proponiamo, insieme alle ‘grandi firme' nel cartellone degli abbonamenti». (Dunque, usano i giovani, li usano e basta; li usano per una o due stagioni e poi, fuori! Abbiamo testimonianze di ex-compagnie giovani con cui è stato fatto così. Anche noi non entriamo nei circuiti, come altri, ma noi siamo sicuri che non ci entreremo mai e forse ha ragione Carlo quando dice: che è un onore non entrarci, è un onore...!)
«L'importante - conclude - è partire dal presupposto che senza pubblico non c'è qualità, e che senza pubblico non si tengono aperti i teatri. E il pubblico spesso è più pronto a cogliere le novità di quanto si pensi. Noi dobbiamo assolutamente superare l'idea che il teatro è qualcosa per pochi, per una élite». E non a caso l'obiettivo di Fts per questa stagione è di portare a teatro 200.000 spettatori.
L'articolo con l'illustrare cosa fanno nei singoli teatri. Basta così, il disastro è completo.
E questa signora, emissaria del vecchio potere regionale, doveva costituire il nuovo?
Perché non dice che attuano censura nei confronti di chi non la pensa come loro e, con la scusa che non è televisivo, lo lasciano da parte?
In realtà sono destinati a morire, questi circuiti regionali. Però prima di morire daranno il loro bel daffare e cercheranno di far morire gli altri, quei pochi rimasti inattuali, come noi.
Ma come ci insegnavano alla vecchia scuola di Partito, noi resisteremo un minuto in più del nemico.
Perché non dice che attuano censura nei confronti di chi non la pensa come loro e, con la scusa che non è televisivo, lo lasciano da parte?
In realtà sono destinati a morire, questi circuiti regionali. Però prima di morire daranno il loro bel daffare e cercheranno di far morire gli altri, quei pochi rimasti inattuali, come noi.
Ma come ci insegnavano alla vecchia scuola di Partito, noi resisteremo un minuto in più del nemico.
Oltre che di Carmelo Bene, sento tanto la nostalgia di Sandro Pertini.
1 commento:
Col ca.... che i giovani teatranti sottoscrivono, lecchini come sono!
Pur di avere un ingaggio, ne fanno di tutte.
Peggio di quelli vecchi.
L'Informatore! che disgusto.
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