Kant sosteneva che la prima arte fra le arti belle è la poesia: "Essa allarga l'animo mettendo l'immaginazione in libertà; e, tra l'infinita varietà di forme che possono accordarsi con un concetto dato, presenta quella che congiunge l'esibizione del concetto con una quantità di pensieri, cui nessuna espressione verbale è pienamente adeguata; e si eleva così esteticamente alle idee".
La musica come seconda: "Perché, sebbene quest'arte parli per mere sensazioni, senza concetti, e quindi non lasci qualcosa alla riflessione, come la poesia, essa commuove lo spirito più variamente, e più intimamente, sebbene solo con effetto passaggiero; ma essa è piuttosto godimento che coltura....e, giudicata dalla ragione, ha minor valore di qualunque altra delle arti belle. Perciò, come ogni godimento, essa abbisogna di frequente varietà, e non sopporta d'essere ripetuta varie volte, senza produrre noia".
Quest'ultima musica, utilizzata come sottofondo, Kant la inseriva nelle arti piacevoli; il filosofo parla dei grandi pranzi con sottofondo musicale che "deve mantenere negli animi la disposizione allegra e, senza che nessuno presti la minima attenzione alla sua composizione, favorisca la conversazione libera tra l'uno e l'altro vicino".
Insomma, anche al tempo di Kant la musica serviva a far passare il tempo e a ben disporre l'animo, ma oggi, nella contemporaneità commercializzata, molto di più e con finalità distorte, e con più sfacciato gusto proprio perché essa non produce concetti ma sensazioni, e quindi non disturba, ma ammansisce. E' anche per questo motivo che essa è preferita nelle programmazioni culturali, perché intrattiene, 'riempie' senza infastidire, non è - come è stata per qualche tempo nel '700 e '800 - più intesa 'politicamente'. Naturalmente escludo qui l'opera lirica e le canzoni dei cantautori del Novecento, il difficile ma potente connubio della nota musicale con la parola, anch'esso assorbito nel flusso commerciale e dell'insignificanza.
Con tale finalità distorta e stordente la musica è usata nei grandi magazzini, nei supermercati e dove sia necessario comprare; più che la disposizione allegra, essa stimola l'acquisto, e si confonde con le voci, creando più delle volte un chiasso indistinto che non sopporto.
Un supermercato in silenzio, o addirittura un luogo in silenzio dove convengano più persone, oggi è difficilmente tollerato.
E dunque la musica è diffusa in ogni luogo - è così facile mettere un disco! - , anche i comuni si organizzano e trasmettono musica nel centro storico, proprio per favorire gli acquisti.
Le conseguenze di questa mondo-diffusione della musica sono devastanti, in particolare da un punto di vista estetico dato che oggi - proprio grazie al massacro internettiano e tecnologico- si ascolta di tutto e senza gusto, e che Bach e Mozart sono abbassati - da tempo la pubblicità li ha volgarmente fatti suoi - a corollario del marketing.
A me l'operazione da finta atmosfera allontana dai luoghi commerciali e dal centro, perché quello che cerco, per esempio nell'atmosfera di Natale (se ce n'è rimasta una e per me tutta laica e pagana, pre-cristiana) è tutt'altro, ed è un luogo tutto interiore.
Io preferisco, se proprio ci deve essere, all'aperto o sotto i portici, l'angolo della musica: un luogo minuscolo, delicato e protetto, dove mi abbandono all'ascolto, alle sensazioni e alle immagini della mente.
Ma è proprio quello che oggi non si vuole.
Ma è proprio quello che oggi non si vuole.
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